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dimora in quell'ultimo spazio di vita a Ravenna, se non se forse ne' pochi giorni che andò a Venezia per Guido. A chi mi starò? Vero è che l'editore del codice esalta la veracità ed il sapere di Giovanni Candido, ed è per avventura il più antico degli storici friulani: ma scriveva un mezzo secolo dopo l'ultimo de'Fiorentini; e, se ho da credere al Tiraboschi, « con poco corredo di critica (1). »,

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di radunare

XII. Bensì l'editore studiandosi e porre in chiaro ciò che nascosto è negli archivi, e di considerare attentamente cose trasandate dagli altri accatta fede a' suoi storici per via di non so quali croniche inedite, evite patriarcali ultimamente stampate, e genealogie e documenti di città' e di famiglie le quali ricoverarono Dante. E le sono, pur troppo, autorità efficaci a provare, che niuna città gli fu patria, e come poi tutte millantando di essere state le nudrici e levatrici del suo ingegno, pigliarono pretesto alle loro misere gare anche dalla gloria dell'uomo che primo e più fieramente le detestò e le compianse. Dante fu nel Friuli e per tutta l'Italia << Veramente io sono stato legno senza vela e senza governo, portato a diversi porti e foci e lidi per le parti quasi tutte dove questa lingua si stende, peregrino sono andato. (2) Ma i tempi de' suoi tristi pellegrinaggi sono incertissimi, e gli basto dire ch'ei scriveva ramingo. Se non che la vanità provinciale de' Fiorentini col Boccaccio; e i Veronesi col Maffei; e poscia capitanati

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gli altri chiamato Piero Piero ebbe un figliuolo chiamato Dante; e di Dante nacque Lionardo il quale oggi vive, e me venne a visitare come amico della memoria del suo prouvo. (Vita di Dante, verso la fine).

(1) Vol. VII, pag. 940. Ediz. Pisana.

Convito, pag. 70. Ed. Zatta.

da pigmei emuli de' giganti, i Romagnuoli e Friulani e Alpigiani e Tirolesi semitaliani, e monasteri e villaggi contesero che la Divina Commedia fosse o incominciata, o composta in parte, o compiuta dove il poeta era nudrito del grano cresciuto nel lor territorio. E tuttavia i panegirici municipali capitolari, abbaziali e patrizii, citali solto nome di documenti d'archivi sfidano a battaglia gli archivi di tutte le città d'Italia. La puerilità delle loro vanagloric si fa manifesta; ma il vero rimane più sempre confuso: e al veleno della discordia sono per lo più mescolate le sozzure dell'adulazione, sicchè Dante fu talor esaltato e talor calunniato in grazia degli altrui mecenati. Anzi è tale che andò magnificando tutto il poema con improperii contra chiunque non trova sovrumana ogni sillaba, e con eiaculazioni d'ammirazione perpetua fin anche ove le imperfezioni palesano che la è pure opera d'uomo; e nondimeno non si tosto certi antenati de' padroni del critico sono biasimati da Dante, l'estatico ammiratore diviene in un subito esecra Lore fanatico, e accusa il poeta di trascuraggine rea e di accanita malignità.

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XIII. Per altro le storie degli archivi e de'libri dell'editore del codice patriarcale sono avverate con le parole di Dante E noi fummo istrutti dal poeta stesso, che allora (nel 1318) dall' Adige al› Tagliamento crudelissima ardeva la guerra

E ciò non pensa la turba presente,
Che Tagliamento e Adige richiude,
Ne dell' esser battuta ancor si pente.

1

Però l'editore dice di dire con fondamento, che Dante attendeva a scrivere il Purgatorio nell'anno 1318. In tale orrendo pelago di sangue qual riva poteva allor Dante afferrare? Pagano della

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a

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Torre decantato per alio estimatore de'nobilissimi ingegni e per loro difensore ed amico venne in Udine nel 1319 e quest'epoca della sua traslazione dal vescovato di Padova al patriarcato di Acquileia è infallibile; e a sè chiamò Dante nei primi giorni del suo patriarcato. •Adunque siamo fatti certi che Dante stanziò per un anno in Friuli, e convinti che quivi diede opera a scrivere la cantica del Paradiso, mentre nel 1318 attendeva nelle terre trivigiane a quella del Purgatorio. Or se l'editore per fretta di memoria e di stampa non avesse traveduto nel canto nono del Purgatorio que'tre versi che in buona fede spettano al Pa radiso, avrebbe per avventura desunto date e aneddoti storici e corollari tanto quanto diversi. A me torna tutt'uno: quand'io non veggo perchè un poeta ghibellino implacabile si riducesse ad accattare pane da un prelato di casa e d'anima guelfa. E Pagano era per l'appunto quel buon patriarca il quale fulminava scomuniche, predicava crociate, guidava masnade friulane.contro agli esuli, ed. a'figliuoli e alle vedove de'ghibellini: era prete omicida, venduto al papa, e federato satellite di quel cardinale del Poggetto il quale un anno o due dopo da morte di Dante andò a Ravenna a dissotterrar le sue ceneri. (4) Senzachè la turba che il poeta dice « battuta, fra l'Adige e il Tagliamento» era guelfa: « nè si pentiva d'essere battuta» fino dall'anno 1311; e fu inoltre battuta nel 1314, e sempre in que' luoghi, finchè Cane della Scala avendoli rotti a morte presso Feltre su quel del Friuli, Dante, sperò che la lega de'ghibellini avrebbe predominato sino a Monte Feltro negli ultimi confini della Romagna. E però,

(1) Muratori, Ann. d'It. 1309, 1321, 1522, 1525. equirendis reis.

Bártolo de

dacchè l' eruditissimo illustratore del codice, emulando il creatore dell'Odissea,

ex fumo dare lucem

Cogitat ut speciosa dehinc miracula promat.

ei poteva da' pellegrinaggi di Dante desumere un mondo di meraviglie. Le date ch'ei ricava dalle allusioni nel Purgatorio ci mostrano tutt'al più che in due anni venisse fatta al poeta la meno breve e la più malagevole parte del suo grande lavoro. Ma se la composizione progressiva, ei numeri de' versi, canti e cantiche sono da ordinarsi secondo la cronologia degli avvenimenti di que'tempi, perchè non vorremo noi credere che Dante cominciasse il poema nel dicembre del 1318? Allora Cane della Scala, subito dopo la vittoria di Feltre, fu eletto capitano della lega ghibellina; e quella nuova sua dignità, e il verso

E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro,

si leggono nel primo canto dell' Inferno evidentissimi, e spettano negli annali d'Italia al 1518 e 1519. Quindi n'escirebbero due miracoli: l'uno de' cento canti composti in men di due anni; l'altro, della città d'Udine inspiratrice divina della Divina Commedia. Se non che all'editore basta la meraviglia d'un codice uscito d'un palazzo patriarcale, scritto e questo il dottissimo editore lo afferma in Friuli al tempo di Dante pochi mesi o giorni per avventura innanzi che egli andasse a morire in Ravenna.

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XIV. E tullo ciò s'accorda anche con quanto disse il Salviatinè per andar raffrontando le due antiche edizioni, e la nuova, trovo ch'egli abbialo, ricavato o da memorie di libri o d'archivi, o da tra

dizioni o argomenti, o da una unica congellura ; bensì per l'ispirata infallibilità ch'egli arrogavasi, e gli è tuttavia permessa da molti, il Salviati disse:

«

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Negli anni mille trecenventuno anch'egli insieme fù con la vita finito dall'autore (1) » . Quell'egli è il poema; e l'equivoco del pronome della persona assegnato alla cosa è una delle grazie autorevoli del principe de'grammatici. Nè io noterò l'editore d'irriverenza, se nel citare il passo si provò di tradurlo dal fiorentino, e rifece Il poema di Dante nell'anno mille trecento vent'uno fu dall'autore con la vita finito bensì mi duole ch'ei si riporti al libro secondo degli avvertimenti della lingua italiana, senza avvedersi che il Salviati non sapeva nè voleva sapere che lingua italiana vi fosse o potesse esservi mai; però scrisse que' suoi volumi d'avvertimenti sopra la lingua del Decamerone a provare che il modello d'ogni eloquenza e tutto il tesoro di questa lingua sta nel purissimo volgare de' Fiorentini. E mi duole ancor più che un industrioso e dotto scrittore s'aiuti ́ fin anche di quella novella del Salviati senza avvedersi, che quand'anche la fosse storia, un poema finito appunto quando l'autore moriva in Ravenna, non poteva essere trascritto tutto nel tempo ch'ei dimorava in Friuli.

XV. Quell'affannosa, contenziosa, boriosa indagine delle date, che riduce molte storie italiane a volumi di controversie cronologiche, guasta l'ordine degli avvenimenti; e pare lo strepito di certi maestri di musica, i quali, per ostentare la loro precisione nell'arte, ti picchiano le battute col loro bastone, e soverchiano i suoni di tutta l'orchestra. La irreligione

(1) Avvertimenti della lingua sopra il Decam., Vol. I, p. 197. Ed. Milan.

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