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al corpo, per appartenere propriamente la operazion d'esse all'animo, cosi come quella delle arme al corpo. Rispose allor il Conte: Anzi, all'animo ed al corpo appartiene la operazion dell'arme. Ma non voglio, messer Pietro, che voi di tal causa siate giudice, perché sareste troppo sospetto ad una delle parti: ed essendo già stata questa di- 10 sputazione lungamente agitata da omini sapientissimi, non è bisogno rinovarla; ma io la tengo per diffinita in favore dell'arme, e voglio che 'l nostro Cortegiano, poich'io posso ad arbitrio mio formarlo, esso ancor cosí la estimi. E se voi sete di contrario parer, aspettate d'udirne una disputazion, nella qual cosí sia licito a chi difende la 15 ragion dell'arme operar l'arme, come quelli che difendon le lettere operano in tal difesa le medesime lettere; ché se ognuno si valerà de' suoi instrumenti, vedrete che i litterati perderanno. Ah, disse messer Pietro, voi dianzi avete dannati i Franzesi che poco apprezzan le lettere, e detto quanto lume di gloria esse mostrano agli omini, 20 e come gli facciano immortali; ed or pare che abbiate mutata sentenzia. Non vi ricorda, che

Giunto Alessandro alla famosa tomba
Del fero Achille, sospirando disse:
O fortunato, che si chiara tromba
Trovasti, e chi di te si alto scrisse!

E se Alessandro ebbe invidia ad Achille non de' suoi fatti, ma della fortuna che prestato gli avea tanta felicità che le cose sue fosseno celebrate da Omero, comprender si pò che estimasse più le lettere

mi res militaris magis procederet. Nam et prius quam incipias, consulto at, ubi consulueris, mature facto opus est. Ita utrumque per se indigens, alterum alterius auxilio eget ».

23. Giunto Alessandro ecc. È la prima quartina d'un noto sonetto del Petrarca, il quale scrivendola è assai probabile avesse presente il seguente passo dell' orazione Pro Archia di Cicerone (10, 24): « Quam multos scriptores rerum suarum magnus ille Alexander secum habuisse dicitur! Atque is tamen, cum in Sigeo ad Achillis tumulum adstitisset, 'o fortunate', inquit, 'adulescens qui tuae virtutis Homerum praeconem inveneris!'». E l'oratore latino soggiunge: « Et vere; nam nisi Ilias illa extitisset, idem tumulus, qui corpus eius contexerat, nomen etiam obruisset ». Qualche anno prima del C. un poeta da lui ricordato con lode, Lorenzo il Magnifico, parlando dei « valorosi antichi ». cosi parafrasava, ma senza citarlo, il passo di Cicerone: «Erano questi mirabili e veramente divini uomini, come di vera immortal laude sommamente desiderosi, cosí d'un focoso amore inverso coloro accesi, i quali

potessino i valorosi e chiari fatti delli uomini eccellenti colla virtú del poetico stile rendere immortali; del qual gloriosissimo desio infiammato il magno Alessandro, quando nel Sigeo al nobilissimo sepolcro del famoso Achille fu pervenuto, mandò fuori sospirando quella sempre memorabile regia veramente di sé degna voce, O fortunato, che si chiara tromba ecc. E sanza dubbio fortunato imperocché, se'l divin poeta Omero non fusse stato, una medesima sepoltura il corpo e l'alma d'Achille avrebbe ricoperto ». (Epistola all'illustr. sig. Federigo ecc. fra le Prose di Lorenzo de' Medici inserite dal Carducci nel volumetto delle sue Poesie, Firenze, Barbèra, 1859, p. 25).

Il già famoso sonetto ebbe una fortuna speciale nel 500, dopo che Alessandro Piccolomini, recandosi nel 1540 a visitare la tomba del Petrarca in Arquà, pensò di farne una parafrasi, la quale trovò infiniti ammiratori e imitatori per tutta la penisola, specialmente fra le gentildonne senesi (V. C. Tèoli, [Camerini] Appunti per servire alla Vita di A. Piccolomini, che vanno innanzi alla Commedia l'Alessandro, ristampa di Milano, Daelli, 1864, pp. XII sg.).

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30 d'Omero, che l'arme d'Achille. Qual altro giudice adunque altra sentenzia aspettate voi della dignità dell'arme e dell che quella che fu data da un de' più gran capitani che

stato?

XLVI. Rispose allora il Conte: Io biasimo i Franzesi man le lettere nuocere alla profession dell'arme, e teng niun più si convenga l'esser litterato che ad un uom di queste due condizioni concatenate, e l'una dall' altra ajuta 5 è convenientissimo, voglio che siano nel nostro Cortegiano questo parmi esser mutato d' opinione. Ma, come ho detto, non voglio qual d'esse sia più degna di laude. Basta che quasi mai non pigliano a laudare, se non omini grandi e riosi, i quali da sé meritano laude per la propria essenzia 10 donde nascono; oltre a ciò sono nobilissima materia dei s che è grande ornamento, ed in parte causa di perpetuare li quali forse non sariano tanto letti né apprezzati se man il nobile suggetto, ma vani e di poco momento. E se A ebbe invidia ad Achille per esser laudato da chi fu, non 15 però questo che estimasse piú le lettere che l'arme; nelle qual si fosse conosciuto lontano da Achille, come nel scrivere che dovessero esser da Omero tutti quelli che di lui fo scrivere, son certo che molto prima avería desiderato il be sé, che il ben dire in altri. Però questa credo io che fosse u laude di sé stesso, ed un desiderar quello che aver non g cioè la suprema eccellenzia d' un scrittore; e non quello c presumeva aver conseguito, cioè la virtú dell'arme, nella q estimava che Achille punto gli fosse superiore; onde chiamo nato, quasi accennando, che se la fama sua per lo innanzi 25 tanto celebrata al mondo come quella, che era per cosí div chiara ed illustre, non procedesse perché il valore ed i m fossero tanti e di tanta laude degni, ma nascesse dalla fortuna avea parato inanti ad Achille quel miraculo di natura per

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31. Della dignità dell' arme ecc. Cioè del valore, del pregio maggiore o minore delle armi e delle lettere.

XLVI. 4. Queste due condizioni ecc. Queste due doti o qualità, di guerriero e di letterato, insieme riunite.

8. Non pigliano a laudare ecc. Questo, secondo il concetto che della storia si aveva, salvo qualche eccezione, durante il Rinascimento per riverbero dell'antichità; concetto che faceva della storia non una trattazione serena del vero umano in tutte le sue forme anche più umili, ma una ricerca soggettiva di fatti e di uomini grandi e clamorosi da lodare per ragioni morali od estetiche.

14. Per esser laudato da per avere un lodatore come A avuto.

17. Tutti quelli che di lu « multi scriptores rerum suaru accennava anche Cicerone nel citato, e fra essi Anassimene, Onesicrito, Tolomeo, Aristobol

ecc.

19. Però questa credo io periodo è un esempio deplore lissità di pensiero e di form non necessaria, né opportuna il concetto fondamentale del zione di Alessandro.

28. Per gloriosa tromba. È

tromba dell'opere sue; e forse ancor volse eccitar qualche nobile ingegno a scrivere di sé, mostrando per questo dovergli esser tanto 30 grato, quanto amava e venerava i, sacri monumenti delle lettere: circa le quali omai s'è parlato a bastanza. Anzi troppo, rispose il signor Ludovico Pio; perché credo che al mondo non sia possibile ritrovar un vaso tanto grande, che fosse capace di tutte le cose che voi volete che stiano in questo Cortegiano. Allor il Conte, Aspet- 35 tate un poco, disse, che molte altre ancor ve ne hanno da essere. - Rispose Pietro da Napoli: A questo modo il Grasso de' Medici averà gran vantaggio da messer Pietro Bembo.

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XLVII. Rise quivi ognuno; e ricominciando il Conte, Signori, disse, avete a sapere, ch' io non mi contento del Cortegiano, s'egli non è ancor musico, e se, oltre allo intendere ed esser sicuro a libro, non sa di varii instrumenti: perché se ben pensiamo, niuno riposo di fatiche e medicina d'animi infermi ritrovar si pò più 5

che parafrasa quella del Petrarca (chiara tromba) e quella di Cicerone (praeconem).

37. A questo modo il Grasso de' Medici ecc. In una redazione primitiva del Cortegiano il C. aveva scritto: «il Grasso de' Medici haverà quel vantaggio di messer Pietro Bembo circa questo, che ha una botte da un barile». Non sono riuscito ad avere precise notizie di questo Grasso, che è probabilmente il soprannome d'un grasso e corpulento capitano o soldato al servizio dei Medici, e forse va identificato con quel ☐ Grasso D, al quale il Bembo voleva essere raccomandato in una lettera indirizzata al Bibiena, da Casteldurante il 5 febbraio 1506 (Lettere, ed. Class. III, 1, 3). In ogni modo non è difficile spiegare la scherzosa osservazione di Pietro da Napoli, il quale, dinanzi alla eccessiva capacità intellettuale che il Canossa pretendeva dal suo cortigiano-guerriero, nota che in tal caso il Grassc de' Medici, conosciuto per la capacità della sua pancia e per le qualità soldatesche, sarebbe stato preferibile al Bembo, asciutto di persona e, come uomo tutto di lettere, affatto inesperto dell'armi. Nella frase avere vantaggio da uno abbiamo la preposizione da nel significato di « in confronto, sopra ».

XLVII. 1. Quivi ha valore temporale. Il lettore avrà notato in questi trapassi di discorso da un interlocutore ad un altro, una monotona ripetizione di questo avverbio e più ancora dell'altro allora. Dapprima il C. aveva scritto: « Rise qui ognuno e il Conte replicò: Dico adunque di non contentarmi del Cortegiano se non è... ». 3. Intendere ed esser sicuro a libro. Non essere un orecchiante, ma conoscitore della notazione musicale ed esperto ad ese

guire la musica scritta, cosi col canto come con gli strumenti. Nei documenti del tempo, parlandosi dei citaristi, troviamo fatta la distinzione fra i cantores ad liram e i cantores ad librum, dacché i primi accompagnavano i loro canti col suono della lira o cetra, i secondi cantavano da loro sulla parte (Vedi Valdrighi, Cappelle musicali degli Estensi negli Atti e Mem. d. Deputaz. di Storia patria p. le Prov. Modenesi e Parmensi, vol. II. P. II, 1884, p. 421).

4. Varii instrumenti. Nei secoli xv e XVI, con la straordinaria passione che si ebbe per la musica in Italia, specialmente nelle corti di Roma, Ferrara, Mantova, Milano ed Urbino (per quest' ultima, che piú ci interessa, si veda V. Rossi, Appunti per la storia della musica alla Corte di Francesco Maria e di Guidobaldo della Rovere nella Rassegna Emiliana, A. I, fascicolo VIII, pp. 453-69), era naturale che si ponesse la massima cura nella fabbricazione, nel perfezionamento e nella scelta degli strumenti musicali. Dei più usati fra essi non sarà inutile dare qui una breve lista, giovandoci di libri e documenti contemporanei e adottando una classificazione assai semplice (Cfr. Varchi, Ercolano, ed. cit. pp. 232 sgg.). Gli strumenti a corda preferiti nella società cortigiana, erano il liuto, la viola, la lira o cetra, l'arpicordo o clavicembalo; di quelli a fiato naturale, il flauto, il cornetto, la tromba, il piffero, la piva e la zampogna: di quelli a fiato artifiziale, principalissimo l'organo. (Vedansi, oltre l'Ambros, Geschichte der Musik ecc. già cit. e il Lavoix, Histoire de l'instrumentation, Paris, Didot, 1878, le utili ricerche del Valdrighi, Instrumenti di musica ecc. nelle Mem. dell'Accad. di Scienze

onesta e laudevole nell'ozio che questa; e massimamente nelle corti, dove, oltre al refrigerio de' fastidii che ad ognuno la musica presta, molte cose si fanno per satisfar alle donne, gli animi delle quali, teneri e molli, facilmente sono dall'armonia penetrati e di dolcezza 10 ripieni. Però non è maraviglia se nei tempi antichi e ne' presenti sempre esse state sono a' musici inclinate, ed hanno avuto questo per gratissimo cibo d'animo. - Allor, il signor Gaspar, La musica penso, disse, che insieme con molte altre vanità sia alle donne conveniente sí, e forse ancor ad alcuni che hanno similitudine d'omini, 15 ma non a quelli che veramente sono; i quali non deono con delizie effeminare gli animi, ed indurgli in tal modo a temer la morte. Non dite, rispose il Conte; perch' io v' entrarò in un gran pelago di laude della musica; e ricordarò quanto sempre appresso gli antichi

di Modena del 1884 (S. II A. II) e Ricerche sulla liuteria e violineria modenese antica e moderna, Modena, Toschi, 1878 e Fabbricatori di strumenti armonici nelle Mem. cit. Anche fra Sabba da Castiglione (Ricordi ouero Ammaestramenti, ed. cit. Ric. 109), ad istruire il suo gentiluomo, dava una lista dei principali strumenti che solevano adornare gli « studii» dei Signori del suo tempo. Alla Corte d'Urbino poi abbondavano i migliori strumenti musicali sino dal tempo del duca Federico, del quale Vespasiano da Bisticci scriveva che: «della musica si era dilettato assai, e intendea benissimo e del canto e del suono, e aveva una degna cappella di musica, dove erano musici intendentissimi.... Non era istrumento che la sua Signoria non avesse in casa, e dilettavasi assai del suono e aveva in casa suonatori perfettissimi di piú istrumenti... » (Vita di Federico da Montefeltro fra le Vite di uomini illustri ed. Bartoli, p. 93).

8. Per satisfar alle donne. Il C. non dimentica mai (cfr. cap. XLIV, 8) questo fine, eminentemente cavalleresco, del suo cortigiano, di piacere sempre alle donne, dacché in nessun' altra età forse, come nel 500, la donna diventò elemento essenziale di vita in tutte le sue manifestazioni, ma specialmente nell' arte, nella quale esercitò essa stessa un'azione grandissima. Sul quale argomento mi limito a rimandare alle belle pagine del Janitschek (Die Gesellschaft der Renaissance in Italien und die Kunst, cap. III, Die Frau u. die Kunst, pp. 50-72, Stuttgart, 1879).

16. Effeminare gli animi. L'accusa che la musica snervi gli animi degli uomini è antica, ed un letterato Urbinate, suddito devoto del duca Guidobaldo I, Polidoro Virgilio, nella curiosa operetta De Rerum inventoribus (ed. Romae, apud haeredes Antonii Bladii, MDLXXVI, p. 45) parlando

della musica, scriveva fra l'altro: « quam Aegyptii, ut Diodorus (Siculus) testis est, tamquam virorum effoeminatricem prohibebant iuvenes perdiscere ». A quest' accusa fanno eco, ma poche e inascoltate, alcune voçi anche in Italia, nello stesso Cinquecento, agli inizi della reazione cattolica: come quella del Giraldi che nel secondo dei Tre dialoghi della vita civile есс., che vanno innanzi alla P. II degli Ecatommiti (ed. Vinegia, De Alaris, 1574 c. 36 r.) inveisce contro la musica corrotta e corruttrice del suo tempo. Da un contemporaneo e compaesano del C. ed intelligente entusiasta della musica, Teofilo Folengo (Macaron. XX., v. 131 sgg.) apprendiamo che anche allora essa aveva i suoi avversarî. E in un' operetta di Agostino Nifo, pubblicata sino dal 1521, troviamo fra i molti passi riguardanti la musica, anche il seguente: « Prisci etiam ad mansuefaciendos feros hominum mores quasi pharmacon musicam adinvenerunt: sic Amphion, sic Orpheus, sic Solon poemata ac musicam ad continendum hominum mores inducerunt... Et quamquam Romani in suis principibus ejusmodi facultates non desiderabant, argumento quod illustrium virorum animum effeminarent, et corporis robur enervarent: tamen Aristoteles et Plato in viro ingenuo has laudant» (Libellus de his que ab optimis principibus agenda sunt, in fine: Florentiae per haeredes Philippi Juntae, MDXXI сар. 25).

18. Laude della musica. E veramente entrerebbe in un gran pelago chi volesse solo accennare agli entusiasmi teorici cho il Rinascimento manifestò per la musica accanto agli entusiasmi che dirò pratici. In quegli elogi della musica, dei quali riboccano le opere dei nostri scrittori dei se coli XV e XVI, si ricalcavano al solito, le orme degli antichi scrittori e si ricorreva

a stata celebrata e tenuta per cosa sacra, e sia stato opinione di pientissimi filosofi, il mondo esser composto di musica, e i cieli 20 el moversi far armonia, e l'anima nostra pur con la medesima raione esser formata, e però destarsi e quasi vivificar le sue virtú er la musica. Per il che si scrive, Alessandro alcuna volta esser cato da quella cosí ardentemente incitato, che quasi contra sua voia gli bisognava levarsi dai convivii, e correre all'arme; poi mu- 25 ando il musico la sorte del suono, mitigarsi, e tornar dall'arme ai onvivii. E diròvvi, il severo Socrate, già vecchissimo, aver impaato a sonare la citara. E ricordomi aver già inteso, che Platone ed

vecchio arsenale mitologico, rifacendosi à Orfeo ed Anfione e venendo giú sino ai reci e ai Romani. Uno specimen del geere abbiamo nella Laude della Musica e precede il primo libro del Toscanello musica di messer Pietro Aron fiorentino, seito la prima volta, come s'è già visto, el 1529. Né il C. in questo si mostra piú riginale dei suoi contemporanei.

Appresso gli antichi ecc. Passo tolto a Quintiliano (Inst. Or. lib. I, 10 De muce): Nam quis ignorat musicen tantum m illis antiquis temporibus non studii odo verum etiam venerationis habuisse, Et iidem musici et vates et sapientes iudicaentur (mittam alios) Orpheus et Linus...». 19. Opinione di sapientissimi filosofi. Alade alla dottrina pitagorica, accettata e volta da Platone, specialmente nel Timeo, della quale troviamo riflessi numerosi egli scrittori posteriori (come in Cicerote, De repub. lib. vi, cap. 5, libro noto otto il titolo di Somnium Scipionis), e m riscontro nell' armonia delle sfere setondo il concetto cristiano. Forse l'A. aveva presenti le parole con cui Plutarco chiudeva l'importante Opuscolo sulla Musica: Rerum omnium motiones, astrorumque conversiones Pithagoras, Archytas, Plato et reliqui veteres philosophantes, nec fieri, nec consistere posse absque musica praedicarunt: omnia namque opificem deum cum barmonia fabricasse contendunt ». (vers. di Carlo Valgulio ed. cit. c. 70 v.). E Quintiiano (ibid.): « Atque claros nomine sapien tiae viros nemo dubitaverit, studiosus muices fuisse; cum Pythagoras atque eum secati acceptam sine dubio antiquitus opinionem vulgaverint, mundum ipsum ratione esse compositum, quam postea sit lyra imitata; nec illa modo contenti dissimilium Concordia, quam vocant àpxoviav, sonum quoque his motibus dederint ecc. ».

23. Per il che si scrive, Alessandro ecc. L'A. allude ad un fatto narrato, piú diffuPamente che da altri, da Plutarco nell'OpuVolo della Fortuna e della Virtú di Ales

sandro (lib. II, p. 454 della vers. dell'Adriani, ed. cit.), dov'è detto che Alessandro ad Aristonico, suonatore di cetra, morto combattendo valorosamente per soccorrerlo, fece rizzare una statua di bronzo nel tempio di Apollo Pitio con la cetra in una mano e nell'altra con la lancia, non solamente onorando l'uomo, ma la musica ancora, come risvegliatrice della fortezza, e che principalmente riempie di furor divino e di ardore di ben fare quelli che sono nutriti rettamente. Perché udendo un giorno Antigenide suonare una canzone Armazia, talmente senti commuoversi ed infiammarsi il cuore, che incontanente mise mano alle armi e corse verso quelli che piú gli erano vicini ecc. ». L'Aron (Op. cit. c. Aii v), attingendo ad un' altra fonte, scrive che Thimotheo con modulationi concitò Alessandro Magno a prender l'arme in mano, come fusse presente il nimico che a morte lo. sfidasse, e concitato che l' hebbe, immantenente con altro tuono molle e quieto lo placò ».

27. Il severo Socrate ecc. Valerio Massimo (Factor. dictor. mem. lib. VIII, cap. 7), trattando de studio et industria, cita l'esempio di Socrate: Socratem etiam constat aetate provectum fidibus tractandis operam dare coepisse, satius iudicantem eius artis usum sero, quam nunquam percipere ». E Quintiliano (Inst. Or. 1, 10): « Quid de philosophis loquor quorum fons ipse Socrates iam senex institui lyra non erubescebat? ».

28. E ricordomi aver già inteso ecc. Platone tratta della musica come parte integrante d'una buona educazione nella sua Repubblica (Dial. III) e parimente ne discorre, e a lungo, Aristotele nella Politica (lib. VIII, capp. 3-6), dove, fra gli altri, è un passo (cap. 5) che può servire di commento alle parole del C.: « Sunt in rythmis et melodiis similitudines maxime penes veras naturas irae, et mansuetudinis ac fortitudinis et temperantiae et contrariorum his, et aliorum omnium quae ad mo.

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