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le opportune notizie, o per la viva voce del professor ricorrendo a certe opere, come l'ottima storia del Gasp che, pur non essendo di natura puramente scolastica, dovrebbero rimaner loro sconosciute, grazie alla cresc e cresciuta coltura liceale. I desiderosi di conoscere glio la vita del Castiglione potranno intanto giovarsi d vecchia ma succosa e fondamentale biografia del Sera opportunamente ristampata, non è molto, dal Riguti delle Notizie storico-bibliografiche intorno al Conte B. C glione 2 del Martinati (Firenze, Succ. Le Monnier, 18 dello Studio d' un compianto collega, il Bottari, su B. stiglione e il suo libro del Cortegiano (Pisa, Nistri, 18 della garbata prefazione di G. Salvadori all' edizi cina diamante del Cortegiano (Firenze, Sansoni, 181 A coloro poi i quali vorranno procurarsi una maggi conoscenza del periodo e dell'ambiente storico in cui sero il Castiglione e i personaggi principali del suo bro, son lieto di raccomandare un'opera capitale usc alla luce in questi giorni, dov'è anche frequente par del nostro autore: Mantova e Urbino, Isabella d'Este Elisabetta Gonzaga di A. Luzio e R. Renier (Tori Roux, 1893).

Ometto anche un riassunto del libro e perché si tro anche in tutti i Manuali di storia letteraria e perché tale mancanza possono agevolmente supplire i Somm che mandai innanzi ad ognuno dei quattro libri.

Bastino qui alcune poche considerazioni ed avverten La vita del conte Baldassar Castiglione (1478-1529) svolge durante il periodo piú felice del nostro Rinas mento, nel quale splendettero, in un meriggio luminos le arti, le lettere, le forme tutte dello spirito italiano. ] azioni e gli scritti suoi, il Cortegiano sovrattutto, rispe

1 Innanzi alla ristampa del Cortegiano « riveduto, castigato e annota per le scuole», Firenze, Barbèra, 1889, pp. xxш-xxxI. Per questa edizio mi permetto di rimandare a ciò che ne scrissi nel Giornale stor. d. letter tura ital. vol. XV, fasc. 43-44.

2 Cfr. il citato Giornale stor., vol. XVII, fasc. 49.

chiano con un'efficacia e una fedeltà che indarno si cercherebbero altrove, quel mirabile momento storico e leterario, degnissimo della più attenta considerazione da parte dei giovani nostri.

Nel Castiglione, quella stupenda varietà e versatilità di attitudini, di pensieri, di azioni, onde va notabile sovra gli altri l'ingegno italiano a quel tempo. E in tanta varietà e molteplicità un calore, una dirittura morale, che conferiscono a quest'uomo una superiorità innegabile e simpatica sulla folla dei suoi contemporanei letterati e guerrieri, artisti e diplomatici. Perciò, s'egli può dirsi davvero, con la frase d'un celebre inglese, una figura eminentemente rappresentativa dei tempi suoi, reca già in sẻ medesimo, nella immagine sua reale, quella idealizzazione e purificazione che, senza grande sforzo, ma non senza chiara e leggiadra consapevolezza, egli ci offerse di quella società, specialmente urbinate, nel suo Cortegiano.

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Uomo di lettere, riceve il battesimo alle acque lustrali del migliore umanesimo derivanti e confluenti dalle piú pure sorgive di Grecia e di Roma; ma attinge anche, e nella Corte sforzesca e in quella mantovana, mercé lo studio indefesso dei classici nostri, alle correnti piú varie e più ricche della poesia e della coltura volgare. E a quelle corti e, in séguito, in Roma ed in Urbino, il letterato erudito e poeta, esercita ed affina il proprio gusto nella consuetudine affettuosa, intelligente dei più gloriosi artisti di quell' età - Raffaello per tutti consigliere desiderato e ascoltato da essi. Quindi, in lui, nell' opera sua principale, quella larghezza di concepimenti, quel savio e temperato ecclettismo, quella illuminata, squisita rappresentazione e fusione di fatti e di elementi letterarî ed artistici, di antichità e modernità, di idealità alte aristocratiche e di concezioni pratiche e positive, non mai grossolane e plebee, che vorrei additare alla considerazione dei giovani lettori, non solo perché è l'elogio migliore che si possa fare di quei nostri antenati, ma anche perché ci fa sentire di più la molta e deplorevole deficienza e certi travia

menti e certe miserie della nostra odierna e pur cresci coltura, sovrattutto scolastica.

Uomo d'arme, cavaliere nel senso più alto della par si ispira agli esempî del padre suo Cristoforo, che av combattuto da valoroso a Fornovo, a fianco del March Francesco di Mantova; e a lui succede degnamente suo braccio e la sua sagacia guerriera pone ai servigi Gonzaga e poi dell' ultimo duca Feltresco e del primo d Rovere. La bontà cavalleresca del sangue Castiglione con lui, discesa veramente per li rami, e accresciuta virtú nuove e maggiori.

Diplomatico, statista, ha la prima visione di quel mo torbido e turbinoso cui perfino l'occhio d'un Machiav era debole troppo, nell' ultimo autunno del secolo quando il Marchese Francesco lo volle del séguito suo trionfale ingresso di re Luigi XII di Francia in Mila e si viene addestrando ben presto alle Corti di Manto d' Urbino, di Roma, in mezzo a principi e ambasciato papi e prelati e politicanti, in missieni varie e lonta E quando dell'opera sua onesta e indefessa sembra ch' debba cogliere i frutti migliori, e la maturità della esperienza politica e diplomatica par destinata a sciogli uno dei nodi più difficili e aggrovigliati della politica ropea, a lui, Nuncio pontificio alla Corte di Carlo V im ratore in Madrid, la fortuna darà un colpo ben rude, colpo mortale. Eppure egli, dalla lontana penisola iber. tra le bellezze lussureggianti di quella natura ch'è ritra al vivo nelle sue lettere, tra gli splendori della Corte im riale, sospirava l'Italia, i suoi figliuoletti che, tra le rezze non più della madre, ma dell'avola materna, ter vano impazienti le braccia al genitore, cui un ponte indiscreto invidiava al loro memore affetto. Dalle brig dalle amare ambizioni irrequiete della politica milita egli sognava di poter presto rifugiarsi nella sua Manto

1 Vedansi specialmente alcuni documenti da me pubblicati nelle didature nuziali di B. Castiglione, Venezia, tip. Visentini, 1892, pp. 62-3 nozze Salvioni-Taveggia).

nel suo Casatico, dove in un otium meritato avrebbe atteso a dare l'ultima mano a quell'opera, che fu il pensiero dominante della sua vita di letterato.

Il Cortegiano, concepito dapprima, io credo, dopo la morte di Guidobaldo e colorito meglio poco dopo che il Castiglione, lasciata la Corte urbinate, era passato a quella romana di Leone X, allorquando fra gli amici che egli rivedeva in gran parte nell' Eterna città gli rampollavano i ricordi di quel periodo felice, fu propriamente composto a cominciare dal 1514. Abbozzato subito dopo, quindi ripreso e continuato con varie interruzioni, era compiuto quattro anni più tardi, nel 1518. Ma non in modo definitivo. Le varie redazioni che d'esso ci sono rimaste in manoscritti o interamente autografi o forniti di correzioni originali, delle quali non è qui il luogo di parlare, ci mostrano come il libro fosse fatto e rifatto più volte e sottoposto al limae labor et mora dall'autore, che anche in questa preoccupazione tormentosa della forma si rivela uomo del tempo suo, contemporaneo del reggiano poeta del Furioso, a simiglianza del quale egli, il cavalier mantovano, aveva a lottare anche contro le difficoltà della lingua. Basti dire che il codice laurenziano, che rappresenta la redazione ultima, definitiva, reca in fine la data di Roma, 23 maggio 1524, l'ultima primavera che il povero Castiglione doveva passare in Italia.

Questo spiega in parte la lentezza con cui procedette l'autore nell'opera sua e il ritardo con cui egli, quasi per un inconscio presentimento della morte precoce, la diede alla luce, nel 1528, nelle condizioni piú disadatte, spintovi dalla indiscrezione di alcuni, specialmente di Vittoria Colonna, alla quale aveva affidato una copia manoscritta del libro. Nella quale stampa venne aiutato, per fortuna sua e nostra, da degni amici, come Giovan Battista Ramusio ed il Bembo, e dall' intelligente e vigile affetto della madre sua, Luigia Gonzaga.

Ma questa non è sola, né sufficiente ragione del fatto. Uno studio un po' accurato delle fonti, quale apparisce in

gran parte dalle note da me apposte al testo di qu edizione, e l'esame di certi abbozzi originali dell'au provano come quest' opera sia un documento caratteri di quello spirito e di quell'abitudine di assimilazione l'antico, di compenetrazione di questo nel nuovo, che minano, anzi tiranneggiano, dove piú, dove meno, le n festazioni tutte del pensiero e dell'arte di quel temp parte la differenza della materia e della forma, il C glione si rivela, anche in questo, degno contempor dell'Ariosto. Ben diceva con la sua solita arguta effic Paolo Giovio, maligno sempre ma destro a colpire segno; là dove parlando del Cortegiano, affermava ch questa giocondissima opera « opere iocundissimo », il stiglione « Graeciae latinaeque facultatis peramoenos f

decerpsisse videtur ». Allo storico comasco soccor pare, il ricordo dell' ape oraziana « grata carpentis th per laborem plurimum »; e non a torto, chẻ messer dassarre, degno discepolo di Giorgio Merula e di Dem Calcondila, aveva trasvolato con l'ingegno curioso, di in fiore, pei giardini di Grecia e di Roma, e ne a tratto, con molta pazienza e con finezza di gusto, su mirabili. Tuttavia, come altrove dimostrerò, non ser l'assimilazione gli riusci felice, e talvolta la trasformaz diciamo, chimica dell'antico col nuovo rimase un tras mento ed un accostamento puramente meccanico, un bido ed incerto miscuglio. Alla quale dimostrazione dono specialmente alcune note della presente rista Ma è tempo ch' io dica alcunché del metodo e dei cr in essa adottati.

Anzitutto il testo riproduco qui nella sua integrità genuina, dolente di dover dissentire dagli egregi editori ultimi, mi hanno preceduto, il Rigutini ed il Finzi. Né a giustificare e spiegare me stesso, intendo d'ingolfarn una discussione che sarebbe per piú motivi inopport

Al primo dei due valenti colleghi questo solo osser che mutilare un libro come il presente, «non per << metter malizia (com' egli scrive) nei giovani stessi

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