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ti, Lycii, Brundufii, Cupersani, & totius fere rapi giæ Domino (1)-.

Oltre alla memoria, che del detto Goffredo abbiamo nel Malaterra, e preffo l'Autore Anonimo della Cronica Normannica, e l'Ughelli, n'efifte un' altro irrefragabile monumento nella inquifizione, che fe Guglielmo II. detto il Buono nel 1187. di tutti i Ba roni del Regno, il quale dovendofi preparare per, l'imprefa di Terra Santa volle fapere ciò, che dovea ciascun Barone per lo fervigio militare. Si veggono in detta inquifizione tutti i Feudatarj dell'intero Reame numerati Provincia per Provincia, i quali manifestano il loro debito, e perchè l'imprefa era pia of feriscono duplicato il fervigio militare. Nella denuncia, che fe Tancredi Conte di Lecce ripete l'origine della fua Contea, e del fervigio militare da effo dovuto, come Conte di Lecce, la ripete dico dal noftro Goffredo, come fi rileva dalle feguenti parole riportate da Camillo Tutini (2), e dal Borrelli (3). De Terra Comitis Tancredi filii Domini Ducis Rogerii, que fuit Comitis Goffridi, Montis Caveofi, ficut dixit idem Comes Goffridus, Demanium fuum de Lycio eft Feudum decem militum, de Carminea Feudum trium militum, fumma demanii prædicti Comitis Tancredi

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(1) Ughell. Ital. Sacra pag. 1040. Tom. I. de Epifcopis Neritinis.

(2) Ne' difcorfi de' fette Officj di quefto Regno, parlando de' Contestabili, ed estratte dal Regiftro di Carlo II. anno 1322. pag.34.

(3) Nelle vindicie della nobiltà. Napolitana pag. 19. de' monumenti Comitatus Lycii.

Feuda militum XX. & cum augumento militum XXXX. Ecco dunque, che il Conte Goffredo era Signore di Lecce, è di quafi tutta la provincia Salentina, e perciò non può dubitarfi, che il fuo dominio fi eftendeffe fopra di Cupertino, ove egli fabbricò un ben ampio Caftello, fulla porta interior del quale ancor oggi vedefi fcolpita la fua immagine tra l'effigie di Manfredi, e degli altri Signori poffeffori di detta terra, come apparifce dall'antico manofcritto intitoPræcedentia quarta Funerum efiftente nell' Archivio di quel Capitolo (1), e dal detto conforme de' teftimonj efaminati ful primo articolo. Che poi nello steffo Cupertino egli fondaffe la controverfa Chiefa, non folo è additato dal menzionato manofcritto, e dalla memoria confervatali di età in età viva e costante preffo i Cupertinefi, ma ce ne dà chiaro indizio, ed argomento la fua pietà. Dell'animo pio e generofo del Conte Goffredo verso le Chiefe efiftono ancor oggi infiniti monumenti. Fu egli riedificatore del Moniftero di Converfano, ficcome in pieno giudizio decife la Real Camera di S. Chiara nel 1760. Di molti altri facri Edificj da effo innalzati fi fa diftinta menzione dal Sig. Giovan Bernardino Tafuri (2), e da Jacopo Antonio Ferrari (3). Abbiamo altresì indubitate riprove della pietofa generofità dello fteffo Conte Goffredo, nella fopraccennata relazione dall' Abate Epifanio fatta al Pontefice Gio

(1) Fol. 94. 125. vol. 2.

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(2) Nell' origine, ed antichità della Città di Nardò presso il Calogera Tom. 11.

(3) Apologia Paradoffica lib. 2. quast. 12. pag. 337.

Giovanni XXIII. ove annoverandofi i feudi dalla Chiefa di Nardò poffeduti fi legge Donata autem fuerunt a Domino Gosfrido Comite dominatore Neritoni una cum multis aliis bonis annis Domini millefimo nonagefimo fecundo, millefimo nonagefimo quarto, millefimo centefimo quarto (1).

Laonde confrontando colla Storia, e colla pietà del Conte Goffredo l'edificazione, che il Vefcovo Sanfelice afferisce il medefimo aver fatta della Chiefa di Cupertino, non può rivocari in dubbio, ch' egli ne fia ftato l'edificatore, e come tale ne abbia avuto il Padronato, che oggi deve fupporfi trasfufo al nostro Sovrano fuo legittimo Succeffore Imperciocchè pur troppo è noto, che i Conti di quel tempo erano Dinafti affoluti delle loro Contee, le quali fi aggregarono al Reame allorchè Ruggieri fondò la noftra Monarchia. Onde non può dubitari, che tutti i diritti di quei Principi appartengono al Re noftro Signore.

C. A P. II.

Riedificazione, e dotazione della fteffa Chiefa di Cupertino fatta dal Sereniffimo Re Manfredi.

MA

A quantunque voglia dagli Oppofitori tenerfi per incerta la divifata fondazione del Conte Goffredo, non potranno effi certamente contraftare la riedificazione, e dotazione fatta della medefima Chiefa di Cupertino da Manfredi ultimo Re Svevo. Oltre alla confeffione, che di ciò fa nella menzionata

(1) Ugbelli Italia facra t. 1. col. 1044. de Epif. Nevit.

la

lapide il detto Prelato Sanfelice Vefcovo di Nardò abbiamo di questa verità monumenti ancora efiftenti, e parlanti.

Ancor oggi fi veggono fopra al di fuori della Porta Maggiore della Chiefa di Cupertino in baffo rilievo le Reali imprese Sveve in un campo, che in mezzo ha tre leoni, uno fopra dell' altro, a diritta tre frutta di Pino, a finiftra una Croce Patriarcale, al di fopra due tefte di Aquila, che foftengono il Diadema, è che coll' ali abbracciano i due lati del fudetto campo (1). Nè può dubitarfi, che il detto Stemma fia della Cafa Reale Sveva, mentre in tutto corrisponde all' Imprefe della fteffa Real Gafa Sveva rapportate dal Summonte nell'Iftoria della Città, e Regno di Napoli (2). e da Scipione Mazzella nella defcrizione del Regno di Napoli (3).

Secondo i più accreditati Canonifti- baftano le infegne fcolpite ne Tempj per coftituire fu de' medefimi il Padronato. Ma noi non fonderemo fu quefta dottri na foltanto il Padronato, che al noftro Sovrano (petta fu quella Collegiata. Sotto all' indicate Reali imprefe Sveve fi legge la feguente Iscrizione.

D.V.M.AD NIV.BASILICE REGIVM
MANFRIDVS STEGMA, REGALESQUE
LARGITVS REDDITVS ANNO DOMINI
CIƆ. CC. X. X. X, V. (4)

(1) Proc. fol. 121. vol. 2.

(2) Tom. 2. lib. 2. Cap. 10. pag. 124.

(3) pag. 434.

(4) Fol. 1 21. vol. 2,

Ecco

1

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Ecco dunque, che il Re Manfredi non folo, come nella fua lapide accenna il Vefcovo Sanfelice, riedificò la Chiefa di Cupertino, ma ben anche la dotò, il che ad evidenza rilevafi da quelle parole Regalefque largitus redditus.

Qui però il dotto Contradittore fi avanza a decantare per falfa la riferita ifcrizione. Per provare una tal falfità il primo argomento, ch'egli ne adduce è, che la medefima fia fatta in lettere majufcole, ed in ca ratteri moderni. Che domine è cotefta obbiezione? Neppure un fanciullo ardirebbe dare per falfa una lapide, perchè fia fcritta in caratteri majufcoli; anzi io domanderei all' erudito Prelato qual marmo, quale lapide di qual fecolo, e di qual età abbia egli trovato fcritta in carattere corfivo? Che poi i caratteri dell'indicata lapide fiano moderni niuna prova dal Vefcovo fe ne adduce, e da altro forfe egli a mio credere non lo ritrae, che dal vederli tondi, e diritti, e non barbari a guifa de' caratteri Longobardici quali che a tempo di Manfredi l'Italia ancor foffe fotto il giogo di Totila, Alboino, e Rotari Se non aveffi a fare con un contraddittore oftinato mi difpenferei dal citargli una ifcrizione dell' ifteffo Manfredi efiftente nel porto di Salerno, e riportata dal Summonte (1), la quale nei caratteri, e nello tile è del tutto conforme alla noftra.

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La debolezza di tali vane obbiezioni non ha potuto occultarfi all'ifteffo Vefcovo, il quale vedendo fvanita la pretefa falfità della lapide ha perciò dopo la compilazione del termine, non oftante la giuridica prote

(1) To. 2. lib. 3. p. 445.

fta

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