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il sonno non si cava la fame; Chi dorme non piglia pesce, e vale Chi opera negligentemente non conchiude cosa veruna Chi vuol far non dorma, Prov. Chi la premura di far alcuna cosa non dee trattenersi a perder tempo Chi dorme d'agosto dorme a suo costo, Prov. degli Agricoltori per far intendere che Allora è tempo di rassettare e riporre i frutti della terra, e chi dorme corre pericolo che gli sieno rubati · Chi fugge fulica non fa la casa a tre solai, e dicesi degl' Infingardi che poco approdano.

DORO, Isidoro, Nome proprio di Uomo. DORONDONA, Voce che più da noi non si parla, ma vedesi usata dal Dotti per Agg. a Femmina mondana, e vuol dire Meretrice, ma s'intende di Quelle che vagano per le piazze o per le strade ad uccellare i merlotti.

DORÒNI, s. m. Gangheri, Strumenti di ferro con piegatura simile ad un anello e inanellati insieme; servono per congiungere i coperchi delle casse e simili arnesi che sopr'essi si volgono.

DORONZINI, s. m. Gangheretti, Due fili di ferro ec. V. DORONI. DORSODURO, 8. m. dettosi ancora ORSODURO e SCOPULO, chiamasi Una delle isole maggiori componenti la Città nostra, da S. Agnese sino a S. Marta, che dà altresì il nome ad uno de' Sestieri o Rioni in che la Città stessa è divisa. Pretendesi da una antica Cronaca che quest' Isola si formasse artifizialmente a' tempi del Doge Orso Participazio dopo l'anno 864, calcando e battendo il terreno onde divenisse sodo; dal che si chiamasse Dorsoduro, quasi Dosso

duro.

DOSA (coll' o aperto) s. f. Dose e Dosa.

UNA BONA DOSA DE BASTONAE, Rovescio Carico di legnate, di bastonate; Una bastonatura di santa ragione. DOSANA, 8. f. T. de' pescatori (i Francesi dicono jusant) Riflusso, che i marinai toscani chiamano Empifondo della luna, Il ritorno della marea. V. CEvente.

GH'È UNA GRAN DOSAN▲, V'è un riflusso gagliardo o forte, L'acqua corre rapidamente verso il mare. DOSAR, Dosare.

DOSE (coll' o chiuso) s. m. Doge, dal latino Dux, Nome del capo supremo o Principe della già Repubblica di Venezia, ed anche di quella di Genova. Qui esso era nominato a vita; aveva il titolo di Serenissimo; la veste era magnifica e principesca; e non usciva in pubblico che col corteggio dei Senatori, tutti ricoperti della veste ducale (V. DUCAL). Il primo doge Veneto fu Paolo Lucio Anafesto di Eraclea, nell'anno 697 dell' era cristiana, stato creato in vecc de' Tribuni; l'altimo a' dì nostri fu Lodovico Manin, che fini colla Repubblica il 12 maggio 1797, cioè mille e cento anni dopo. L'autorità del Doge anticamente era grande e quasi dispotica, ma fu in seguito moderata in tante cor

rezioni, a segno che gli ultimi Dogi non avevano influenza decisiva nel governo, salva però tutta l'apparenza e gli onori di Principe; dal che soleva dirsi che il Doge era In hubilu princeps, in senatu senator, in foro civis. Ed era anche da ciò che comunemente a quei tempi col nome di Principe intendevasi il Governo o sia la Repubblica, non già il Doge, al quale non veniva dato che il suo titolo di DoSE o per antonomasia quello di Serenissimo. DOSE DEI NICOLOTI, Gasta'do della Comunità di S. Nicolò, det'o dei Mendicoli. Chiamavasi ai tempi del Governo Veneto il Capo della Contrada o Parrocchia di S. Nicolò, in gran parte composta di poveri pescatori. Questo così detto Doge. che si mantenne fino alla cessazione della Repubblica, e ch' era in sostanza un capopopolo, godeva di alcune distinzioni e diritti. Il suo abito pubblico di formalità consisteva in una sopravvesta lunga, rossa, di damasco a maniche larghe, cinta ai lombi con fiocchi di seta dello stesso colore, e portava a' nostri giorni la parrucca corta e al di dietro inanellata. Esso aveva il privilegio di seguitare il Doge con una barchetta legata alla poppa del Bucentoro nel giorno solenne dell' Ascensione, allo sposalizio del mare; il diritto di esigere una tassa su tutte le barche pescarecce della sua parrocchia; e quello di tener due banche da pescivendolo nelle pescherie di S. Marco e di Rialto. L'ultimo Doge Nicolotto era di cognome Dabalà, il quale fu anche membro della Municipalità provisoria nel tempo democratico, l'anno 1797.

DOSI IN ZENOCHIÒN, dicevasi metaf. ai tempi Veneti nel sign. di Zecchini, perchè era in essi rappresentato il Doge inginocchiato dinanzi a s. Marco.

DOSETA, 8. f. Così chiamavasi ai tempi Veneti la Nuora del Doge, quasi Piccola Dogaressa o Duchessina. V. DOGARESSA. DOSSO s. m. e per lo più Dossi e CONCHE, Ridosso, si chiamano que' Siti ineguali del fondo nelle nostre lagune a guisa di monticelli, che sono formati da sabbia e limaccio, pieni d' erbe, ad eccezione de' luoghi dove l'acqua muore. V. BARENA.

FARSE FAR UN ABITO SUL 80 DOSSO. Farsi fare un abito a suo dosso o assestato a suo dosso.

DOTA e DOTE, 8. f. Dote e Dota, Quel che la Donna porta al marito al tempo del suo matrimonio - DOTA GRANDA, Dotone - Dotone- DOTA DEL FRIUL, Nutiche e zinne.

CHIAMARSE LA Dota, V. Chiamar.
DOTÀR, v. Adottare, Eleggere alcuno per
suo figliuolo secondo la legge.
DOTAR, V. V. INDOTAR.

Doris, per far la dote, V. INDotår.
DOTAZZA, 8. f. Dotone, Gran dote.
DOTIVO, add. Adottivo.
DOTOR, 8. m. Dottore.

DOTOR COGION O DE MERDA, Dottorello; Dottorino; Saputello; Saccentuzzo; Dottor de' miei stivali.

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PARLAR DA DOTòr, V. Parlar.

ESSER DOTOR D'UNA Cossa, detto in altro sign. Esser informato o conscio o consapevole d' una cosa.

Voler far el DOTÒR, Fare il caffaggiaio, cioè Cercar di dominare nelle società particolari, voler sempre far le carte. DOTORA O DOTORESSA, s. f. Dottora e Dottoressa, detta anche Monna merda; Salamistra; Salamona; Saputona. DOTORADA, 8. f. Saccenteria, Presunzione di saperne Dottoreria vale Tuono magistrale. Parlare per dottoreria, vale Parlare in tuono magistrale. V. Sprotezzo. DOTORAR, v. Dottorare; Addottorare; Laureare, Dicesi anche in sign. neutro pass.

DOTORARSE A LA NOBILISTA, Addottorarsi all' uso de' nobili, ch' era Farsi laureare in legge senz' aver fatto il corso regolare del quadriennio negli studii. Tal era il privilegio che ai tempi Veneti godevano i nobili patrizii, ed anche talora i cittadini per cagioni di convenienza, ch' erano riconosciute dalla competente Magistratura de' Riformatori degli studii. La voce NOBILISTA trovasi tra le barbariche del du Cange, che si spiega per Nobile Alunno.

VOLER DOTORAR, Salamistrare; Fare il salamistro; Fare il saccente.

TUTI DOPO SA DOTORAR, Del senno poi ne son ripiene le fosse, Prov. che si dice a Coloro che dopo il fatto dicono quel che si doveva o poteva far prima.

DOTORARSE, T. del giuoco del Vinciperdi (COTECHIO). Dicesi quando un Giuocatore rimasto perdente de' primi segni, ne prende degli altri pagando la posta doppia, per seguitare il giuoco, e dicesi Dottore il Giuocatore stesso, e quindi Dottorarsi. DOTORESSA, V. DOTORA. DOTORÈTO, 8. m. Dottorello; Dottoretto; Dottorelluccio e Dottoricchio, direbbesi per avvilitivo di Dottore.

Detto per agg. a Giovanetto pretendente, Dottorino; Saccentino; Saccentuzzo; Saputello; Arrogantuccio. DOVE, avv. Dove.

IN DOVE CHE, Quando che ; Laddove — EL PRETENDE D'ESSER CREDITÒR, IN DOVE CHE SON CREDITOR MI, Egli pretende d'essere creditore, laddove lo son io. DOVESSEU, s. m. Serratesta, Sorta di cuffia che usavano una volta le nostre donne civili, e che copriva loro quasi il volto. DOZÈNA, 8. f. Dozzina o Dodicina, Quantità numerata di dodici.

CHIAVE DA DOZENA, Chiave da dozzina, cioè Rozza, ordinaria.

ROBA DA DOZENA, V. Roba.

STAR ▲ DOZENA, Star a dozzina, cioè Vivere con altri in compagnia per una pattuita mercede.

METERSE IN DOZena con qualcùn, Maniera metaf. ant. Affratellarsi; Domesticarsi; Apparentarsi, si dice di Chi si dome. stica più del convenevole o Usare colla maggiore intrinsechəzza. DOZENAL, add. Dozzinale; Comunale, Di mediocre condizione o lavoro volgare.

OMO DOZENAL, Uomo o persona dozzinale, vale Plebea. Dozzinalissimo è il Superlativo. DOZENANTE, s, m. Dozzinante, Quegli che sta a dozzina Commesso, dicesi a Quello che dando tanti danari il mese s'aggiusti con altro a stare alle sue spese e far vita seco; il che fare si chiama Commettersi.

-

DRAGANTI, 8. m. Dragante o Draganti e Adraganti, Lagrima o Gomma ch' esce da una pianta spinosa detta Tragacante, e da Linn. Astragalus Creticus, che nasce specialmente in Candia.

DRAGANTI NOSTRANI, Orichicco, dicesi la Gomma che stilla da alcuni alberi, come dal Susino, Ciriegio, Mandorlo etc., e che serve al medesimo uso del Dragante. DRAGANTE, 8. m. Mar. Dragante, L' ultimo de' sbagli o l' ultima latta del vascello, che serve a tener salda tutta l'opera della poppa.

DRAGO, detto per Agg. a uomo, Imbestialito; Inferocito — ANDAR IN COLBRA COME UN DRAGO, Indracarsi o Indragarsi, Inferocire a guisa di drago · - FAR ANDAR IN COLERA COME UN drago, Indracare alcuno, Far andar uno nelle furie.

PESSE DRAGO, V. CAVALMARIN. DRAGOMAN, s. m. Dragomanno, Interprete di lingua, che dicesi anche e molto meglio Turcimanno o Torcimanno, dalle voci barbariche Dragumanus e Turchema

nus.

DRAGON, 8. m. Dragone, Soldato addestrato a combattere a piedi ed a cavallo.

Erba dragon, T. degli Erbolai, Dracuncolo ortense o Dragone, detta Dragoncello dal Mattioli e Targone dal Cav. Re. Pianta detta da' Sistematici Artemisia Dracunculus. È detta ancora Erba anice e si mangia in insalata.

DRAGONCÉI 。 DragoncÈli, s. m. Gongola; Gonga; Gangola; Gavine e Stranguglioni, Malattia a guisa d' un certo noccioletto, che viene sotto il mento attorno alla gola, e che porta impedimento all' inghiottire. I Milanesi lo chiamano SGOLTERA, da SGOLTA, Guancia - Senici si dicono que' Grumi duri che vengono vicini al polso e che si scacciano con freghe forti.

DRAGONI, chiamano i Maniscalchi certe Macchie che vengono all' occhio del Cavallo; ed è un'escrescenza piana sopra la membrana lucida, per cui l'animale si adombra e perde la vista, se la macchia tutta invade la cornea lucida. DRAPAMENTI, Voce antiq. V. DRAPI. DRAPAROLO, 8. m. Voce antiq. chiamavasi il Venditore di drappi, cioè di vestimenta

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DRAPI, chiamano le nostre donne quei paunilini che servono loro per ripararsi nel tempo de' menstrui: lo stesso che BRAGHIER, V.

DRENTO, Prep. Dentro o Entro. Il suo contrario è Fuori.

DRENTO DE MI, In mio cuore ; Nel mio dentro; Nel mio me; Nel mio segreto. DRENTO SIN AI OCHI, Abbandonato a checchè sia totalmente; Cieco, Detto fig.

O DRENTO O FOR▲, O dentro o fuori ; Risolvere o dentro o fuori; 0 si o no: 0 guasio o fatto.

QUEL CHE GO ORENTO GO FORA, Locuz. metaf. Le mie labbra non mentiscono i sentimenti del cuore, cioè lo son sincero, non son finto o doppio.

TEGNILA DRENTO DE VU, Serbatela nel vostro cuore ; Tenetela occulta.

DARGHE DRENTO, V. Dar.

DRETO, 8. m. Ritto, contrario di Rovescio.
DRETO O DRITO add. Diritto o Diritto, Per
linea retta Relto; Rettissimo.
Dreto in ple, Diritto o Rilto in piedi,
Alzato su.

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- Nè uti nè pu

dice di Cosa senz' ordine ti, dicesi d' un Cotale non capace nè di ben nè di male. V. Ng ti nè mi.

OGNI DRETO CA EL SO ROVERSO, Ogni ritto ha il suo rovescio; Ogni casa ha cesso e fogna.

PARLAR DA DRETO, V. ParlÅR.

PORTAR DRETO, Portar pari, vale Trasferire una cosa da un luogo all'altro in maniera che non penda

SAVERLA PER LE SO DRETE, Sapere il vero diritto, Saper la verità.

TEGNIR DRETA LA BARCA, Dirigere ; Essere al timone; e dicesi anche metaf. TEGNIR LA BALANZA DRETA, Tener la bilancia del pari.

TORLA PER LE SO DRETE, Pigliare una cosa pel suo verso; Pigliare il verso ď una cosa o in una cosa.

TROVAR EL DRETO, Trovare il verso; il costrutto, la congiuntura, Pervenire alla cognizione del fatto.

DRETO, come voce ant. vuol dire Giusto-VOGIO EL MIO DRETO, Voglio il mio giusto, cioè Quel che la giustizia m'accorda. Voglio la parte mia fino al finocchio.

DRETO, avv. Ritto; A dirittura; A corda; A linea retta; Dirittamente. Andar ritto a casa.

VEGNIR DRETO, Venire a dirittura o dirittamente, Senza fermarsi. DRETON O DRITON, detto per agg. a uomo, Dirittaccio, acer. di Diritto, in sign. di Accorto, astuto; Destrissimo; Accortismo; Avvedutissimo; Avvisatissimo; Volpe vecchia; Furbo in cremisi; Bambino da Ravenna.

In altro sign. Barattiere; Giuntatore, Truffatore; Dirittaccio; Più scaltro che il fistolo o uno zingano. V. PRATICO.

GUARDITE DAI DRETONI, Chi ha il lupo per compare porti il can sotto il mantello, e vale Chi ha a trattar co' tristi, vada cauto. Egli ha da far con un barbiere che sa radere. DRETURA O DRITURA, S. f. Dirittura, La linea retta.

STRADA IN DRETURA, Strada rettilinea o a rettifilo.

ANDAR ▲ DRETURA, Andar diviato o diviatamente o affilato, a gitto, di filo, disteso, tirato, al diritto, a corda, ratto.

DBETURA dicesi per lo più fig. nel sign. di Astuzia; Avvedutezza; Accortezza; Furberia e simili. V. INDRETURA.

DRETURA O SORAMAN, in T. de' Falegnami, Piallone, Pialla lunga oltre un braccie per uso de' Legnaiuoli e de' Finestrai. DREZZA, 8. f. Treccia o Trezza, dicesi Tutto quello ch'è intrecciato insieme, specialmente i capelli di donna.

-

FAR LE DREZZE, Intrecciare DESFAR LE DREZZE, Strecciare. DREZZA, add. Drizzato; Addrizzato ; Ridirizzato; Ridiritto; Rettificuto.

ONO DREZZA, Ravviato; Rimesso o Avviato sulla buona via.

DREZZAGNO, 8. m. Dirittura, Corso dritto del fiume.

DREZZAGNO. detto in gergo per Agg. ad uomo, lo stesso che DRETON. DREZZAR O Drızzir, v. Dirizzare e per sincope Drizzare, che anche dicesi Raddirizzare; Addirizzare; Rizzare; Rettificare.

Sbiecare, dicono i Legnaiuoli quando pareggiano alcun pezzo di legno e 'l fanno eguale.

TORNAR A DREZZAR, Ridirizzare o Raddrizzare e Ridrizzare.

DREZZAR I PIE O LE GAMBE A QUALCOSSA, detto fig. Raccomodare; Riaccomodare; Racconciare; Ripiegare ; Ripescare le secchie, Rimediare a' falli altrui.

DREZZAR LE GAMbe ai cani, Dirizzare il becco agli sparvieri o le gambe ai cani; Torre a pettinare un riccio o lisciare una spugna, detti metaforici e valgono, Voler fare delle cose impossibili.

Drezzar qualcùn, detto fig. Addirizzare o Ravviare alcuno, Ridurre, correggere, ricondurre alcuno sulla buona via.

DREZZARSE, Alzarsi; Rizzarsi. DREZZARSE A QUALCHE PARTE, Volgersi ; Addirizzarsi o Indirizzarsi.

Drezzarse duro DURO, Intirizzarsi, Rimaner diritto sulla persona.

DREZZARSE I CAVÈLI, Arricciare i capelli o Rizzare i peli o i capegli, dicesi dell' Intirizzire che fanno per subitano spavento di che che sia o per ironia-Raccapricciarsi; Rizzarsi i bordoni.

DREZZAR LA BACHETA A Le cime de quaLCÙN, Maniera ant. V. BACHETA. DREZZIOLA, 8. f. Trecciuola, Piccola treccia dei capelli, o di checchè sia. DRIAN, add. T. de' Barcaiuoli, Dietro ; Seguente; Susseguente, Quelo che va dopo l'altro.

Mi sarò driàn de TI, Io ti seguirò; Verrò dopo di te; La mia volta sarà dopo la tua, dicono i Barcaiuoli del Succedersi l'uno all' altro ordinatamente nella, volta delle barche ai traghetti.

DRIEDO O DRIÈTO; T. antiq. e vale Dietro V. DRIO.

DRIO, Prep. Dietro e Addietro, contrario di Innanzi. Fu detto anche Dopo. V. INDRIO. SUBITO DRIO, Accanto per Dietro, Poco dopo-Accanto accanto, vale Vicin vicino, Appresso appresso.

A DRIO ▲ DRIO, Successivamente, L' un dopo l'altro.

ANDAR DRIO DE QUALCUN Attergursi ad alcuno; Seguire alcuno; Addoparsi.

ANDAR DRIO, detto in altro senso, Camminar per la pesta; Andar per la battuta, valgono Seguitare l'esempio dei più. ANDAR PER DA DвIO, Andare pel di dietro, per la parte deretana.

CALUMARSE DRIO, lo stesso che CALARSE DRIO, V. CALAR.

CAMMINAR DRIO ▲ UN FIUME o un arzere, Camminar lungo o lunghesso il fiume o l'argine.

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DAR IN DRIO, parlando di Piante o di Animali, Ammutolire, dicesi degli occhi della vite e degli alberi quando perdono le mes· Intristire; Dimagrire; Diseccarsi Parlando di bolle o simili malori, Tornare addietro, vale Non venire innanzi, non far capo.

se

DAR IN DRIO DE PREZZO, parlando di biade o altre merci, Calare; Rinviliare. Il grano rinvilia.

FAR DAR IN DRIO, Rincacciare o Rincalciare, Risospingere indietro per forza. Restår in drio, V. Restir.

DRIO DE CHE, Dopo di che; Appresso a che.

DRIO STRADA SE CONZA SOMA, detto fig. Per le vie si acconciano le some; Cosa fatta capo ha, Tutto s'aggiusta col tempo.

EL DA DRIO O EL DA DRIO LE GROPE, Il diretro; Il dietro a casa; Il dietro via ; Il di dietro; Il deretano; La parte postica, Il culo.

EL GA DA DRIO LE SPALE, Gli andò di dietro e lo colpi alla traditora.

EL ZORNO O LA NOTE DRIO, Il giorno o la notte vegnente, appresso, cioè Il giorno o la notte seguente.

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ANDAR DRIO A QUALCUN, detto fig. Cattarsi l'amicizia o la benevolenza d'alcuno, cioè Procacciarsela con lusinghe o carezze o simili. Coltivarsi alcuno o Coltivarsi l'amicizia o la benevolenza altrui, Porre ogni studio per acquistarla, accrescerla o conservarla.

DRIO PONTO, V. in PONTO.
DRÌOGHE, Drietole; Drietrogli; Dietrole,
Dietro a quello o a quella.

DRIO MAN, Dietro mano; Successivamente; Seguentemente.

DRITO, V. DRETO.
DRITON, V. DRETON.
DRITURA, V. Dretura.
DROGA, s. f. Droga.

BONA DROGA, detto iron. per agg. a Giovane o Femmina, Buona spesa ; Mala lanuzza; Bravaccio; Bravazzone; Mal tartufo.

TI XE UNA BONA DROGA, Non sei farina da cialde; Non sei farina netta, Sei cattivo.

DROGHIER, s. m. Droghiere e Droghiero,
Colui che vende droghe.

DROGHIERA, 8. f. La femmina di Dro-
ghiere, la quale sull'esempio di altre vo-
ci consimili e così formate, potrebbe dirsi
Droghiera.

ESSER DRIO A QUALCOSSA, Lavorare, Es-
sere nell'azione del fare o del lavorare
Detto in altro senso, Essere o Entrare in DROMIDA, V. Dormia.
piscina, Aver maneggi.

ESSER DRIO A QUALCUN, Sollecitare; Sti-
molare alcuno; Essere o Star alle spal-
le d'uno; Serrare il panno o i panni ad-
dosso ad alcuno.

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FARSE VARDAR DRIO, Dar da dire o da parlare di sè; Dar che dire o Dar che dire alla brigata; Far dire di sè o de' fatti suoi o Far dire altrui o la gente.

FAR UN DRIO L'ALTRO, Alternare, Operare scambievolmente, a vicenda.

Là ▲ DRIO, All' incirca; Circa; In quel torno.

STAR DRIO A UNO, Esser alle costole d'alcuno; Insipillare uno, vale Pressarlo acciò che faccia etc.

NO STAR IN DRIO PER NISSUN, Non rimaner per alcuno.

TOR IN DRIO, Ripigliare; Ritogliere; Ritorre.

TRAR DRIO LA ROBA, Gittar via, Dare o Vender le cose per manco ch'esse non valgono.

DUCAL, Ducali, in forza di sust. ed anche
Lettere ducali, chiamavansi sotto il ces-
sato Governo veneto, le Lettere del Mag-
gior Consiglio, del Senato e del Consiglio
de' Dieci dirette ai pubblici Rappresentanti
dello Stato, le quali erano scritte in foglio
aperto di carta pergamena. Esse portavano
fino ai nostri tempi per proemio una for-
mola latina così concepita, (supposto per
esempio che si scrivesse, regnante l' ultimo
Doge Manin, all' ultimo Rappresentante di
Bergamo.) Ludovicus Manin Dei gratia
Dux Venetiarum etc. Nobili et Sapienti
Viro Alexandro Octolino de suo mandato
Capitaneo et Vice Potestati Bergomi, fide-
li dilecto salutem et dilectionis affectum.
Susseguiva poi in italiano la lettera, dopo
cui dicevasi Data in nostro Ducali Palatio
die... mense... anno ....
.... indictione ...
ed era firmato soltanto da un Segretario.
V. BOLO DUCAL & BOLA.

e

Ducale, in forza di sust. o Vesta ducale, dicevasi quell' ampia Toga di drappo di seta di color chermisino, lunga ed a maniche larghissime, che portavano i patrizii veneti nelle pubbliche comparse. Una egual veste si permetteva per onore ai Segretarii Regii, quando intervenivano alle feste per l'elezione del Gran Cancelliere loro capo, e nel giorno del di lui solenne ingresso, per accompagnarlo.

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DUCATELO, 8. m. Piccolo ducato, dimin. della moneta Ducato. Non si trova che da buoni Autori sia stato detto Ducatino o Ducatello. V' ha però Duchetto per dim. di Duca, e Scudicciolo dim. di Scudo. Nel Dizionario enciclop. dell' Alberti, alla voce Seudicciolo, trovasi quest' esempio. Ogni povero lavoratore etc. potrebbe avere o un pezzo di panno o uno scudicciuolo etc. ch'è appunto lo stesso significato in cui s' usa la parola DUCATELO. DUCATO, 8. m. Ducato o Ducatone, Moneta che in Venezia distinguevasi sotto il Governo Repubblicano dal Ducato corrente: perchè il ducato effettivo o d'argento del peso di carati 109, grano uno, valeva lire otto, e il corrente lire sei e soldi quattro Il Ducato di banco era moneta ideale, e valeva lire nove e soldi dodici, e il Ducato da olio L. 6. 19.

DUCHIA, s. f. Duglia, T. Mar. Così diconsi que' giri ne' quali sono raccolte le gomone o cavi delle navi, perchè occupino minore spazio. V. CURcuma.

METER IN DUCHIA, Adugliare una gomono o un cavo, è disporla in giri; raccoglierla in duglie. Adugliare a destra, a sinistra, a rovescio.

DUERNO, s. m. Duerno, T. degli Stamp. Due fogli uniti, e così dicesi Terno e Quaderno.

DUGÀO, 8. m. Voce ant. detta dal nostro Calmo per DOGADO, Ducato, cioè Il primitivo Stato della Repubblica Veneta. DUGO, s. m. o GUFO DE MONTAGNA, T. degli Uccellatori, Gufo reale, detto anche Gufo grosso e Barbagianni selvatico, e da Linn. Strix Bubo. Uccello di rapina, di piuma si folta, che lo fa parer grosso quanto un' Oca, sebben ne sia molto minore.

CANTAR DEI DUGHI, V. CANTÅR. DULCAMALIA, 8. f. Volcameria, Pianta fruticosa del Giappone, che anche fra noi si coltiva da pochi anni ne' vasi, per l' odore grattissimo de' suoi fiori, simile a quello del Mugherino. Linneo la chiama Volkameria fragrans, ed il naturalista Ventenat la dice Clerodendrum fragrans. DULCAMARA, 8. f. Dolcamara, Pianta coltivata anche fra noi, detta da' Botanici Solanum Dulcamara. I Contadini portano a vendere de' ramoscelli di questa pianta, che servono per fare sciroppi, e ch'essi denominano lucamara.

DULIMÀN, 8. m. Voce ant. che da' Greci

era già detta Dolumas e Dulamàs e dai moderni Anteri, in Francese e in Tedesco Doliman, Sottoveste di panno senza fodera, ch'era anticamente usata da' Greci e dai Turchi, ed anche da' Veneziani di bassa mano nel secolo XVI, come raccogliesi dal poemetto sulla guerra de' Nicolotti e Castellani avvenuta nell'anno 1521. Nel dizionario tedesco dell' Henke, e cosi purc nel Francese dell'Alberti, si dà il Dulimano per Vestito turchesco ad uso teatrale. DULIPAN O VIOLIPAN, 8. m. Tulipano, Sorta di fiore notissimo, detto da' Sistem. Tulipa Gesneriana Linn. Noi conosciamo il Parrucchetto che ha le foglie tagliuzzate; il Trombone che le ha intiere; il Lanciuola, Specie di Trombone di minor forma, colle foglie intere; e il Tulipano vergato o venato o filettato di nero. DUPLA, 8. f. Lista o Nota doppia, con la quale si propongono due persone ad una carica. Nel Dizionario universale dell' Alberti trovasi Duplo, sust. V. TERNA. DUPLICADA, 8. f. T. degli Stamp. Duplicatura. È la ripetizione d' una o più parole, d'una linea o d'una frase, che il Compositore ha fatto nella sua composizio

ne.

* DUPLON, 8. m. Gallone molto largo, cioè alto il doppio del solito. DURACHÈTO, Lo stesso che PAROCHETO, V. DURADA, s. f. Durata, Conservazione.

STO PANO XE DE DURADA, Questo panno è d'un buon uso, È atto ad usarsi per molto tempo, È durevole o durabile. V. DURÈLO.

DURÀR, v. Durare.

FRUTI CHE DURA, V. Fruto.

ROBA CHE DURA, Cosa durevole o di buon uso, cioè Che si mantiene.

CHI LA DURA LA VINCE, Chi più dura o Chi la dura la vince, Col tempo si supera ogni difficoltà.

DURÈLO (coll' e aperta ) s. m. Ventriglio, e per similit. Cipolla, Il ventricolo carnoso de' polli, uccelli e simili.

AVER POCO DURÈLO, Esser maldurevole, Di poca durata.

NO AVER PIU BON DURÈLO CON UNO, Non aver più buon sangue; Non aver più amicizia con uno; Aver il sangue grosso

NO GO PIÙ DURELO, Maniera fam. o Atto d'impazienza che vale Non posso più; Sono annoiato o ristucco; Non duro più a lungo, cioè Non resisto, non reggo.

DURENGO, 8. m. Voce di gergo de' Barcaiuoli che vuol dire Cacio; Formaggio. DURÈTO, add. Duretto, Alquanto duro.

DURETO DE RECHIA, Sordastro.
DURLINDANA, V. Dorlindana.
DURO, add. Duro, contrario di Tenero.

DURO COME UNA PIETRA, Petroso; Impetricato, dicesi di Certe frutta non mature. DURO COME UN PALO, Sodo come un travertino.

DURO DA CUSINAR, Crudele o Di mala cucina; Di mala bozzima o bollitura. II suo contrario è Cottoio, V. CoTÒR.

DURO DE BOCA, Bocchiduro, dicesi de' Cavalli.

DURO O DURETO DE RECHIA, V. DURETO. DURO DE TESTA, Duro, dicesi ad Uomo che non ha buona apprensiva. Coticone; Di dura colica; Ghiozzo; Capoduro; Capas

sone.

COSSA DURA, Cosa ostica, detto metaf. e vale strana e difficile da comportare LA ME PAR DURA, E NO POSSO MANDARLA zo. Ella mi par troppo ostica e non posso ingozzarla.

ANDAR VIA DUro o Star durO DURO O STAR DURO INARCA, Andare o Stare intirizzato o impettilo, che vale Troppo intiero sulla persona: Incamatito; Impalato Andare in contegno o ritto, vale Andar con portamento alto, sostenuto Sellato, dicesi per metaf. di Uomo e donna quando ha schiena che piega verso la pancia.

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STAR DURO, Stare alla dura, al quia; Stare sodo; Addurarsi; Ostinarsi ; Incaparsi; Attestarsi - Tenersi o Tenersi a martello, Non si lasciare svolgere.

STAR DURO A CONFESSAR, V. CONFESSAR. TEGNIR DURO, Tener duro o Stare alla dura, vale Fare ogni sforzo per sostener che che sia - Tener duro vale anche Stare nell' opinione primiera, tenervisi costante.

DURO, detto per agg. a uomo, Duro, vale Ostinato, Caparbio, che anche fu detto Sodo alla macchia o al macchione, Fermo nella propria opinione - VEDARE CHE STAGO DURO, Vedrete ch'io non mi muovo a vento, cioè che non desisto dalla mia opi

nione.

DURO DE MODEGAL, V. MODEGAL.
MUSO DURO, V. in Muso.

DUSENTO, Dugento, Nome numerale. DUSENTO E CINQUANTA, Dugencinquanta.

DUSENTO E SESSANTA, Dugensessanta.

Boerio.

E

ECE

E, Lettera vocale dell' alfabeto, che pronunciata in forza di sust. è femminina.

Particella congiuntiva del discorso, che, per quanto vedesi nelle scritture del Calmo, era anticamente usata nel nostro parlare, in quello stesso significato che nel Padovano e nel Polesine s'usa odiernamente la particella A. Dicevasi, per esempio, E NO ME ARECORDO; E VE CREDO; E NO VORIA, come a Padova e nel Polesine si dice A NO ME RECORDO; A VE CREDO; A NO VORIA. Ora però i Veneziani ommettono del tutto queste vocali congiuntive, e dicono No ME RECORDO; VE CREDO; No Vorave o NO VORIA e simili.

EBREO O ABREO, 8. m. Ebreo o Giudeo, detto altrimenti Circonciso.

EBREO LEVANTIN, Grecastro, Ebreo nato nella Grecia.

Ebreo, dicesi anche in vernacolo fig. ad un Usuraio o a Chi vende a prezzo esorbitante i viveri e le mercanzie. L'È UN ABREO, Egli è un Ebreo, cioè un usuraío

Dicesi pur EBREO in vernacolo, e in buona lingua Bigio e Nero, a Colui che non è conforme ai dogmi della cattolica Religione.

FAR DA EBREO, Giudaizzare.

MISSIAR ABREI CO SAMARITANI, Mescolar le lance con le mannaie, Mescolar insieme cose disparate.

Avevamo in Venezia nel Governo Veneto una Magistratura di Tre Inquisitori sopra gli Ebrei, senatoria e gravissima, la quale soprintendeva alle Università di tutti gli Ebrei dello Stato, e in conseguenza a tutte le leggi disciplinari emanate nel proposito. ÈBULO, V. ERBA DA CIMESI, in ERBA. ECELENTE, add. Eccellente, era titolo d'onore, che davasi qui ne' tempi Veneti alle persone laureate. V. CELENte. ECELENTEMENTE, avv.- - VA ECELENTEMENTE, Va per eccellenza; Va benissimo, a capello.

ECELENTISSIMO, add. Eccellentissimo, era Titolo d'onore e di distinzione, che davasi per aggiunto ai Magistrati della Repubblica Veneta, ed anche talvolta, parlando familiarmente, ai patrizii, come SIOR ECE

LENTISSIMO ME RACCOMANDO A LA SO PROTEZIÓN, E GHE BASO LA VESTA. ECELENZA, 8. f. Eccellenza, era titolo di distinzione che davasi anche familiarmente

ai Patrizii Veneti, e che qui ora compete ai Consiglieri intimi di Stato e ad altri personaggi titolari di cariche distinte dell'Impero. V. ZA.

ECO

ECELSO, add. Eccelso, Titolo aggiunto per onoranza, che davasi nei tempi della Repubblica al Consiglio de'Dieci; anzi la sola parola Eccelso detta per antonomasia e sustantivamente, valeva per lo stesso Consiglio. Quindi dicevasi; Decreto dell' Eccelso; Ordine dell' Eccelso.

PIATANZA ECELSA, Cibo o Mangiare eccelso o prelibato, cioè Eccellente, squisito. ECEPİR, v. Eccepire, voce latina da Excipere, usata più nelle scritture che nel discorso, particolarmente dai Legisti, e significa, 1.) Eccettuare: p. e. Da questa regola conviene eccepire il tal caso. 2.) Escludere e dicesi di qualche giudice che per qualche eccezione legale si escluda dal giudicare in una causa. 3.) Opporre qualche eccezione legale alle pretese dell' avversario in una causa civile: p. e. La prescrizione mi valse per eccepir la pretesa dell' attore. In tutti questi sensi si può usare anche in latino. Si noti che questo verbo colla qualificazione di Voce dell' uso, fu registrato nell'Ortografia enciclopedica della lingua italiana del Bazzarini. ⚫ECESSO O ESSESSO, s. m. Eccesso, quantità o misura eccedente di checchè sia. V. anche ESSESSO.

ECÈTARA O ETCETARA, Eccetera o Etcetera, Nota di abbreviatura che si fa da chi scrive; o Maniera di reticenza o pretermissione.

L'ECETERA, detto per traslato, vale Il culo; Il deretano.

AVER NE L'ETECETARA, lo stesso che AVER

IN CULO.

ECEZIONÁR, v. Lo stesso che ECEPIR. V. ECO O LECO (coll' e larga) s. m. Eco o Ecco, Voce che, mediante il ripercotimento in alcuni luoghi atti a rimandarla, ritorna alle orecchie. V. LECO.

ECONOMICO, add. — Detto sustantiv. Economico vale Economia. L' Economica, cioè La parte che riguarda l'economia o sia il risparmio.

IN VIA ECONOMICA, Maniera avverb. di nuovo uso presso li Regii uffizii, e vale In breve ; Alle brevi ; Brevemente, cioè Sommariamente, senza le formalità d'ordine. ECONOMIZAR, v. Risparmiare, Astenersi da gravi e superflue spese, Vivere con economia o parsimonia. ECONOMO, add. Economo.

Dicesi Assegnato ad uomo che spende con regola e con misura. È divenuto il più assegnato uomo del mondo.

BON ECONOMO, Massaio o Masserizioso,

EFE

dicesi a Uomo atto a far roba ed a mantenerla.

ÈCOTE, Eccoti, si dice per Ecco, senza che si riferisca ad altra persona, Eccoti quel malvagio.

ECRISSAR, così pronunciato dall' infima plebe v. Ecclissare o Eclissare. ECRISSE, s. f. trivialmente pronunciasi Ecclisse o Eclissi, s. m. L'oscurazione del Sole o della Luna.

ECULOMIA, s. f. dicono alcuni idioti per Economia, ch'è L'assegnatezza nello spendere.

EDOMADARIO, s. m. Ebdomadario, detto sust. dagli Ecclesiastici, s'intende di Colui che nella settimana corrente debbe celebrare e fare le altre funzioni sacre. V. SETIMANAL. EFE, s. m. Effe s. f. La sesta lettera dell'alfabeto.

BECO CO L'EFE, dicono scherzevolmente e talora per impazienza o per vezzi, le nostre donne qualche loro fanciullo cattivelluccio, per non dirgli BECOFOTUO O BR

COFUTRISTO.

BABUIN CO L'EFE, leggesi in una satira del nostro Varotari, il quale parlando di certe mogli pessime e moleste ai poveri mariti del suo tempo, così s' esprime:

DISE QUEL CHE SENTÌ, LE SE NE MOCA, SEMPRE SE MATO E UN BABUÌN CO L'EFE.

Ritenuta la frase antecedente di Beco co L'EFE, che usasi ancora, e debb' essersi usata anche due secoli fa, l'Autore interpretandone il significato, è dell' avviso, che trattandosi d'una satira sul costume pubblico, il Poeta siasi astenuto per onestà dall'esprimere chiaramente la suddetta frase, ed abbia quindi sostituito BABUÌN in vece di BEco; che dunque BABUIN CO L'EFE Voglia dire BABUIN FOTUO.

Osservasi in oltre che la frase LE SE NE MOCA (Non se ne curano) è precisamente il s'en moquer de' Francesi: non potendosi però decidere se tale francesismo appartenga al solo autore o al dialetto di quel tempo.

EFÈTO, s. m. Effetto.

EFETO, detto in T. merc. vale Capitale; Avere; Sostanza.

EFETI (dal Franc. Effets) si dice e si scrive dagl' imperiti in senso di Robe; Masserizie; Suppellettili; quindi EFeti preZIOSI si chiamano le gioie.

EFETI STERICI, Affetti o Affezioni isteriche, cioè Malattia uterina; è idiotismo per isterici.

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