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XI.

TRE LUSTRI DI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE

NEI BRUTTII.

Comunicazione di PAOLO ORSI.

L'antica regione dei Bruttii comprendeva il piede d'Italia, colle tre Calabrie d'oggi; la valle inferiore del Sybaris e lo sbocco del Laus col poderoso Monte Polino al centro ne formavano quasi il naturale confine verso la montana Lucania. Questa bella regione, divisa da una cresta longitudinale di forti montagne, che nella Sila raggiungono la massima elevazione, interrotta fra il golfo scilettio e l'ipponiate da una depressione, fatta apposta per agevolare il passaggio dall'uno all'altro dei due mari che la cingono, e per evitare il giro sovente pericoloso dell'acra di Leucopetra e dello stretto, dovette avere fin dalla più remota antichità, quasi ponte fra Italia e Sicilia, una notevole importanza politica e commerciale. Io non tocco qui la tanto agitata questione, se tutta la regione od una parte di essa rappresentasse l'Italia antiquissima e la Oenotria; ma assai tempo prima che si pronunciasse il nome sacro d'Italia, la terra che fu poi detta dei Bruttii, fu abitata da popolazioni archeolitiche e neolitiche. Delle prime si ebbero fin qui deboli tracce, come nella grotta di Torre di Scalea (Notizie 1897, p. 177; Bull. Paletn. Ital., 1898, p. 80); assai più delle seconde, che ovunque sui monti, sulle colline, sulle coste ridenti lasciarono reliquie di loro industria; le collezioni Lovisato (ricchissima di ascie), Nicolucci, Foderaro, Fazio e Lucifero, non che i musei Preistorico di Roma. e Civico di Reggio Calabria contengono abbondanti ricordi di codeste genti. Si sa altresì, che una vasta stazione neolitica esisteva presso Monteleone, ma per quanto chiaramente additata dal Lenormant (Gr. Grèce, III, p. 166) nissuno curò poi di esplorarla a fondo. In complesso, e malgrado che da quasi mezzo secolo sia sorta in Italia la paletnologia, in tutta la Calabria non si è ancora eseguito un solo scavo

Sezione IV.

Archeologia.

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diretto a studiare la civiltà dei litoplidi ed a stabilire i loro rapporti etnici ed industriali colle popolazioni coeve del continente e della Sicilia.

Altrettanto può dirsi della pura età del bronzo, se pure una ve ne fu, ciò che ancor resta a dimostrarsi, per la Calabria. I bronzi preistorici sono abbastanza rari, nè tutti certamente, anzi il minor numero di essi va riferito ad una non ben delineata epoca del bronzo. Per gli ultimi tre lustri io non saprei indicare armi o strumenti calabresi, che con tutta certezza risalgano a tale periodo, come quelli usciti dalla terramare di Taranto. L'ascia di bronzo ad alette di Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza, come ben notò il Pigorini (Bull. Paletn. It. 1890, p. 154), non è documento bastante; così dicasi di quella di Cariati (Notizie 1900, p. 605). Come semplice indizio, per ora, di uno strato, di una civiltà, e con ogni verosimiglianza di un popolo affine ai Siculi del 2° periodo (età del bronzo della Sicilia orientale), io attribuisco assai maggior importanza alle poche ceramiche primitive del Museo di Reggio (Bull. Paletn. It. 1890, p. 47), da me segnalate 13 anni or sono, ed in tutto eguali a quelle della Sicilia. Sono certo che una paziente ed oculata esplorazione delle colline reggine ci darebbe inattesi risultati sugli stretti rapporti etnici delle genti che abitavano sulle due rive del fretum siculum. Dei quali sono in qualche modo indizio alcuni bronzi del comune di Palmi (Bull. Paletn. It. 1900, p. 191), sebbene la maggior parte di essi scenda giù nella prima età del ferro (3° periodo siculo). Vero è che grotte artificiali antichissime furono segnalate dal Di Cicco in vari punti della provincia di Cosenza, in quel di Pietrapaola e di Campana, e così costruzioni megalitiche preelleniche (Notizie 1900, pp. 605-607); ma se e quali relazioni esse abbiano colle sicule, io non oserei per anco affermare, e tutto fa desiderare si pensi ad una metodica investigazione di esse.

La prima età del ferro dei Bruttii coincide coll'aurora dei tempi storici, sempre però nel momento anteriore alla invasione greca; a questo punto intervengono anche le tradizioni classiche, per quanto confuse ed oscure. Esse ci parlano di popolazioni diverse; le più antiche sarebbero Siculi, Coni, Morgeti, Enotri, ai quali si sovrapposero da conquistatori i Bruttii, affini ai Lucani; essi furono poi rinserrati nelle montagne dai Greci, che nell' VIII-VII secolo occuparono tutte le coste, e nell' hinterland fecero sentire l'azione della loro potenza militare e politica, della loro superiorità civile ed artistica. Sarà un compito arduo ma attraente per il futuro archeologo dei Bruttii, quello di differenziare, se pur sarà possibile, gli strati archeologici della regione

che fu il ponte fra Sicilia e Magna Grecia, e per la quale transitarono, lasciandovi i loro detriti, tante genti diverse.

Il mistero che avvolge il sito dell'antica Sibari e la speranza di grandiose scoperte indussero nel 1887 il Governo a tentare nella valle del Crati e del Coscile indagini su larga scala e con forte nerbo di mezzi, quale mai erasi adoperato nella Magna Grecia. Magnifico era certamente l'obbiettivo, ed altamente rimuneratore ne sarebbe stato il risultato, se si avesse potuto metter il piccone sulla città achea, fondata verso il 712 e distrutta nel 510 dai Crotoniani. Ma io non oso dire, nè sono in grado di far apprezzamenti, se quella campagna dispendiosa sia stata condotta colla dovuta preparazione, e colla necessaria profonda conoscenza dei luoghi; certo è che essa aborti. Invece della opulenta Sibari nel sito denominato Torre del Mordillo venne fuori una vasta necropoli di inumati della prima età del ferro avanzata; e, quasi tutto in quella disgraziata impresa dovesse fallire, oggi ancora, dopo 15 anni, si attende una ampia ed esauriente pubblicazione su quelle scoperte; perocchè, se gli articoli del Pasqui nelle Notizie del 1888 sono ottima cosa, come pubblicazione preliminare e provvisoria, oggidì il buon metodo dello studio richiede un più ampio corredo di informazioni e di disegni sulle forme dei sepolcri, sulle ceramiche, sui piccoli bronzi ecc. Il materiale di Torre Mordillo, dopo lunghe peregrinazioni, dopo esser stato per anni nascosto ai dotti, venne con improvvida disposizione relegato a Potenza, dove, ne sono certo, pochi o punti si sono recati a studiarlo, perchè sottratto alle sue sedi naturali di Roma (M. Preistorico) o di Reggio. Comunque sia, la necropoli di Torre Mordillo è il primo spiraglio luminoso che brilla nella notte dei Bruttii preellenici; il Pigorini (Notizie 1888, p. 240) collocò la necropoli fra il 600 e 500, attribuendola ad Italici spintisi in epoca tarda fino nell'estremità meridionale della penisola. Ma nel 1888 era ancora terra incognita la Sicilia orientale, e le scoperte avvenute dopo quel tempo, pare a me debbano sensibilmente modificare nei rispetti della cronologia, e più in quelli etnografici le conclusioni dell'illustre archeologo. Gli strati più antichi di Torre Mordillo a me sembra debbano risalire, per lo meno, al secolo VIII, forse al IX: la popolazione colà deposta a me pare sia piuttosto sicula che italica. Affinità di rito, di forme vascolari e di bronzi colla Sicilia, mi inducono a tale giudizio. Nel quale sono vieppiù rafforzato da un'altra necropoli analoga, ma forse più antica, segnalata da me, ora non è molto, a S. Lorenzo presso Spezzano (Notizie 1902, p. 33 e segg.), di cui raccomandai invano, ed ancora raccomando, la esplorazione metodica. Essa presenta nei bronzi le più

grandi affinità con quelle sicule di transizione dal 2° al 3o, e del 3o periodo; il rito è anche qui la umazione, e se i morti sono disposti dentro fosse rivestite di pietrame, come a Torre Mordillo, gli è perchè nelle basse valli del Crati e del Coscile mancano le consistenti roccie calcari per aprirvi le cellette funebri come in Sicilia. Eppure della esistenza di così fatte grotte funebri artificiali nella montagna a ridosso di Locri io ebbi precisa notizia, e vidi numerosi bronzi tratti da esse, ed in tutto simili ai siculi del 3° periodo (Notizie, 1902, p. 42).

Siamo arrivati al punto in cui la tradizione letteraria e la ricerca archéologica si danno la mano; ricorda Polibio (XII, 6) che i Greci, fondando verso il 700 Locri, trovarono nel sito della città e nel territorio circostante dei Siculi, e li cacciarono; e la notizia, con un significato topografico più vasto, è confermata da Tucidide (VI, 2). Che più adunque si attende per una constatazione ufficiale di questo fortunato connubio della tradizioae colle scoperte? Io ho all'ingrosso indicate le necropoli sicule in quel di Locri; la loro sollecita esplorazione è un dovere che spetta alla Direzione Generale delle Antichità.

Di commercio miceneo nissuna traccia sin qui in Calabria; eppure esse non dovrebbero mancare, sia che si ammetta un paraplo lungo le coste ioniche dalla sicura base di Taranto, sia che si pensi ad una traversata diretta dei commercianti egei da Corcyra all'acra di Japigia, e di qui sino all' Heraeum Lacinio, e poi una navigazione di cabotaggio per il Leucopetra sino allo stretto. Di questo difetto di tracce micenee è ovvia però la spiegazione; mancando sin qui la esplorazione metodica degli strati preellenici dei Bruttii, è naturale che nulla siasi trovato riferibile ai primi commerci transmarini, trattandosi di piccoli oggetti o di cocci in apparenza insignificanti, che solo dall'archeologo vengono debitamente apprezzati.

Colla fine del secolo VIII, e col principio del VII, s' inaugurava l'èra più splendida per la storia e per l'arte di questa regione. Lungo la costa orientale sorgono verso il 720 le achee Caulonia e Sibari, opulenta e lussuriosa, Croton col grande santuario al Lacinio, e le città da loro derivate di Laos, Pandosia, Terina, Skylletion; così gli Achei si stendevano dalla regione lucana, chiusa fra il Bradano ed il Silaro, fin giù all' istmo scillezio. Un po' più recente è la fondazione di Locri Epiz., che sull'opposto versante si assicura sbocchi e scali colle colonie di Hipponium e di Medma; l'elemento calcidese fonda

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