Immagini della pagina
PDF
ePub

XII.

INTORNO AI PIÙ RECENTI SCAVI ED ALLE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE DELLA REGIONE CORRISPONDENTE ALLE ANTICHE CAMPANIA E LUCANIA.

Relazione del prof. G. PATRONI.

Nel dare esecuzione all'onorifico incarico ricevuto dalla Presidenza della Sezione di Archeologia, di riferire al Congresso internazionale di scienze storiche intorno al tema sopra detto, io accennerò in rapida sintesi quello che può soprattutto interessare e dar luogo a discussioni scientifiche, insistendo alquanto solo sulle scoperte o sulle indagini che a mio avviso hanno una vera importanza per l'antica storia delle regioni di cui è mio compito disserire, e appena toccando delle cose principali venute a luce negli ultimi dieci o dodici anni, dalle quali non si tragga se non in genere una migliore cognizione dell'antichità, un aumento del materiale archeologico, o dati troppo particolari e di una portata storica assai limitata.

E devo anzitutto lodare il savio consiglio della nostra Presidenza, che volle unite in questa breve relazione la Campania e la Lucania. Queste due regioni hanno un'intima unità geografica e storica, e per più riguardi si compenetrano a vicenda. Una parte della Lucania, la pianura cioè di Posidonia e la valle del Silarus, appartiene anche geograficamente piuttosto alla Campania che alla Lucania; l'arte e l'industria di Posidonia, quali ci si manifestano sia nelle pitture delle tombe a camera, sia nella ceramica, sia nelle armi e nelle vesti di cui le tombe ci conservano o gli originali o le rappresentanze, stanno nella più stretta connessione da un lato con quelle delle città litoranee e greche della Campania, ad esempio Cuma, dall'altro lato con l'arte e l'industria delle città campane interne, quale Volturnum-Capua, dove erano invece gli Etruschi quelli che affermavano la loro dominazione e la loro civiltà; gli Etruschi, della cui presenza bisogna ormai anche tener conto nel darsi ragione dei rapporti che intercedono tra la Lucania tirrena e la Cam

pania. E se l'aspra e montuosa regione interna della Lucania si mostra differente dalle spiagge tirrene nello svolgimento della civiltà e dell'arte, come ha comprovato anche lo studio analitico e comparativo della ceramografia (1), essa offre invece i più prossimi e più sicuri riscontri per lo studio dei popoli indigeni primitivi, in quei rudi periodi di barbarie o di civiltà incipiente nei quali la vita umana si svolgeva ancora attorno al ricovero offerto da un antro naturale, o di poco se ne discostava; periodi ai quali non si risale nelle pianure campane, e di cui possono solo, in quest' ultima regione, trovarsi tracce nei promontori e nelle isolette rocciose che circondano il golfo di Napoli. La Lucania interna, delle cui caverne preistoriche le recenti ricerche hanno dimostrato gl' intimi contatti con la grotta Nicolucci presso Sorrento e con quella delle Felci nell'isola di Capri, promette invece più copiosa messe di materiale per lo studio di quelle antichissime genti italiche, e la integrazione preistorica della più antica storia campana.

Non è mio compito esporre qui le ragioni per le quali lo studio delle questioni preistoriche e protostoriche rimase relativamente indietro nel paese di cui ho ad occuparmi. Ma è degno di lasciar memoria negli atti del nostro Congresso il fatto che appunto il decennio trascorso segnò l'inizio di una attività metodica esplicata in così fatte ricerche a nome dello Stato anche in Campania ed in Lucania. Non molto si potè compiere, ma si ebbero certo risultati migliori di quando le antichità preistoriche erano in queste regioni affidate a ricercatori volenterosi ma isolati dal mondo scientifico, ovvero tutt'al più ospitate quale accessorio nei gabinetti di antropologia, mentre venivano rifiutate ed escluse dai Musei nazionali di antichità. Ormai invece la via fu aperta, il programma fu tracciato, ed io ho fiducia che momentanee deviazioni e provvedimenti irrazionali non ritarderanno per molto tempo l'esplorazione metodica della regione e l'esposizione sistematica del materiale che verrà fuori in tali ricerche.

Per cominciare adunque dalla Lucania e dalle più antiche epoche, accennerò che materiale sporadico o proveniente da caverne fu segnalato in varie occasioni, e soprattutto in una ricognizione che precedette una serie di campagne di scavi condotte per conto della Direzione degli scavi e del Museo Nazionale in Napoli (2). L'insigne esempio dato dall'Orsi per la Sicilia orientale, la tradizione storica relativa ai Sikeli della penisola, talune vaghe notizie di trovamenti sporadici o

(1) PATRONI, La Ceramica antica nell'Italia meridionale, pp. 79, 114, 130. (2) Notizie degli scavi 1897.

di ricercatori locali facevano desiderare la scoperta di necropoli con tombe scavate nella roccia come quelle della Sicilia. Ma la ricerca non ebbe risultato positivo per quanto riguarda la Lucania, senza dubbio a cagione della natura di quei monti in gran parte franosi: tali tombe furono bensì segnalate e studiate dentro i confini della odierna Basilicata, ma fuori dell'antica Lucania, in territorio apulo (1), ove le rocce delle Murge si prestavano allo scavo di ipogei; e venne così confermata la presenza nell'Italia inferiore di una popolazione antichissima affine alle siciliane. Materiale estremamente omogeneo a quello delle tombe sicule d'Apulia, e però a mio avviso prova d'identico fondo etnico, si manifestò, benchè a grande distanza, in caverne naturali del versante tirreno della Lucania.

Intendo principalmente parlare della grotta di Pertosa in provincia di Salerno (2), che d'altra parte si rannoda alla Grotta Nicolucci dei pressi di Sorrento ed alla grotta delle Felci nell'isola di Capri, queste ultime due appartenenti al territorio dell'antica Campania; il quale verrebbe così anch'esso rannodato agli antichissimi occupatori neolitici e mediterranei della parte bassa della penisola e della maggiore isola italiana. La presenza, veramente nuova e sorprendente, nella grotta di Pertosa, di una palafitta preistorica che ne rialzava il suolo lasciando scorrere di sotto un torrente che tuttora va a versare le sue acque nel Tanagro; la scoperta avvenuta a Taranto di una stazione preistorica nella quale si ravvisò una terramara; le analogie che davvero non solo non mancano, ma appaiono notevoli, tra il materiale di Pertosa, quello di Taranto e quello delle terremare, indurrebbero quei paletnologi che vogliono riconoscere nei terramaricoli la nuova razza ària discendente lungo la penisola, a vedere nella palafitta di Pertosa e nella stazione di Taranto una conferma della loro opinione. Altri invece non solo negano l'identità di terramaricoli ed àrii, nè credono alla teoria della discesa di costoro dal nord, fino al Ionio, ma dalla maggiore antichità del materiale di Taranto e di Pertosa, ove sono ancora fresche e larghe tracce di puro neolitico, dalla affinità che giudicano prevalente con gli strati siculi della penisola e dell'isola, dal non poter concedere alla stazione di Taranto tutti i caratteri di vera terramara, sarebbero piuttosto indotti ad escludere ogni migrazione in massa di nuove genti, ed a riconnettere codeste stazioni a popoli che da tempo

(1) Notizie, ibid., p. 208 sgg.; Bull. di paletnologia italiana, XXII, p. 282 segg. Monumenti antichi pubblic. dalla R. Accad. dei Lincei, vol. VIII, col. 417 segg. (*) Caverna naturale con avanzi preistorici in provincia di Salerno (Mon. dei Lincei, vol. IX).

Sezione IV. Archeologia.

14

immemorabile occuparono la penisola, e che nel mezzogiorno sembra si siano affacciati all'orizzonte storico coi nome di Siculi, nel settentrione d'Italia con quello di Liguri. Non è qui il caso di recare argomenti pro o contro l'una o l'altra tendenza, sia per la brevità impostami, sia per il carattere di questa relazione, sia infine perchè io credo che i Congressisti debbano discutere piuttosto di problemi e di metodi, di fatti e di necessità pratiche, anzichè di opinioni e di teorie, le quali niuna maggioranza di voti può nè sorreggere, nè debellare. Altri scavi furono poi eseguiti da privati del luogo in quel medesimo vasto antro, dove il lavoro è malagevole. I risultati non furono sinora fatti conoscere, ma difficilmente apporteranno al già noto modificazioni sostanziali.

Venendo ora a parlare di civiltà più progredite, è da notarsi come appunto negli ultimi decennî sia venuta dalla regione lucana la prova della esistenza anche nell'Italia meridionale di quelle mura «pelasgiche che un tempo le erano negate. Benemerito delle ricerche di antichità e per aver messe in evidenza le cinte di mura megalitiche in Lucania fu particolarmente Michele Lacava, la cui opera, che volgeva al termine nel periodo di cui mi occupo più specialmente, fu in questo volenterosamente ed attivamente continuata dal Di Cicco. L'amministrazione governativa cui erano affidati gli scavi dell'Italia meridionale non mancò d'interessarsi della risorta questione pelasgica e del desiderio di conoscere chiaramente l'età ed i costruttori di quelle mura. Una campagna di scavi fu condotta nel 1898 in Atena lucana (1) per cercare soprattutto la necropoli corrispondente al muro di cinta, di cui tuttora esistono colà notevoli avanzi.

I risultati furono poco fruttuosi, a cagione delle condizioni del terreno, intensamente coltivato ed in forte pendio; si rinvennero solo poche tombe a ziro e qualche povera inumazione, le prime con materiale grecanico di epoca piuttosto recente. Apparvero però fra le terre materiali più antichi, fibulette di bronzo di tipi arcaici e frammenti di ceramiche locali con ornati dipinti che possono risalire ai secoli VII-VI av. l'èra volgare, nè mancò qualche frammento di ceramica preistorica, schegge di selce e frammenti di macinelli in pietra vulcanica, indizî di un assai remoto stabilimento di un nucleo di popolazione sull'altura ancora occupata dall'odierno paese di Àtena. Ma in qual'epoca queste genti elevarono anche le poderose difese murarie di cui restano i ruderi, non si potè stabilire. In ogni caso per Àtena lucana niuno vorrà

(1) Notizie 1901.

[ocr errors]

"

pensare ai Romani come recentemente si è fatto per Norba; e non vedo di meglio da fare, allo stato della questione e nella presente occasione, se non caldi voti perchè le ricerche continuino, con la speranza che offrano dati più completi. Non sarà poi mai abbastanza raccomandato di continuare gli scavi delle città pelasgiche appunto nella parte più meridionale della penisola, ove se non altro, restando esclusi i Romani dal novero dei possibili costruttori delle mura, è maggiore la speranza di veder chiaro. E benchè lo stato del terreno, per quanto potei riconoscere in una ispezione fattavi nel 1896, non prometta gran che, pure io credo che oggi, a risolvere la questione, s'imponga lo scavo dell'antica Numistro, non lungi da Muro Lucano, e da gran tempo abbandonata e deserta.

Il materiale grecanico apparso ad Atena Lucana ci riconduce all'influenza commerciale ed industriale delle colonie greche, soprattutto di Posidonia, e ad un periodo che in massima precede quel fenomeno che anch'esso accomuna le due regioni di cui parlo, voglio dire la discesa dei popoli indigeni dalle montagne interne alle pianure litoranee, e la conquista delle città greche che, con movimento simultaneo, compiono i Lucani ed i Campano-Sanniti. Un momento determinato di questo periodo, momento che potrebbe circoscriversi in alcuni decennî fra la fine del secolo VII e la metà del VI avanti l'èra volgare, rappresentano le tombe di Sala Consilina, venute in luce nel 1896 (1). Sala Consilina giace alle falde dei monti, in quella stessa valle di Tegianum (Vallo di Diano) ove si avanza lo sperone montuoso occupato da atena (Atinum), e che è solcata dal Tanagro (Tanager) afluente del Sele (Silarus). Non è noto a quale antico centro abitato corrisponda la Sala, come è chiamata da quei valligiani; forse non v'era che un pago: certamente poi esso non aveva nulla da fare con quella Consilinum da cui il paese moderno volle togliere il cognome, e di cui dovrò far cenno. Ad ogni modo la suppellettile delle tombe ci dà preziosi documenti per la storia della ceramica locale dipinta ad ornati. policromi, senza figure, esibendo motivi e reminiscenze che i coloni greci portavano dal mediterraneo orientale: ci attesta una importazione di vasi corinzî e ionico-attici in epoca precedente alla introduzione delle figure rosse, e ci offre, oltre a piccoli oggetti di argento, ambra, ecc., una suppellettile di bronzo decorata con figure, di esecuzione assai buona e che contrasta con la ceramica greca importata, la quale è addirittura scadente. Quando io ebbi altra volta ad occuparmi di questi

(1) Notizie 1897.

« IndietroContinua »