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Statuette di terracotta trovate tra i doni votivi del tempio di Giunone. L. SAVIGNONI

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Norba dopo i recenti scavi archeologici (n XVII).

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XVIII.

GLI SCAVI DI SATRICUM (FERRIERE DI CONCA) E LA NECROPOLI DI CARACUPA (PRESSO SERMONETA E NORMA).

Comunicazione dell'ing. R. MENGARELLI.

Satricum.

Già nelle Notizie degli scavi del 1896 e del 1898 fu data una descrizione sommaria delle scoperte fatte nell'antica Satricum, man mano che procedevano i lavori di esplorazione (1). L'importanza di tali scoperte richiamò subito l'attenzione dei dotti.

Il tempio della Madre Matuta, che era stato rimesso in luce fin dall'inizio delle esplorazioni archeologiche nei pressi di Conca (2), diede specialmente occasione a notevoli indagini.

La evidente ricostruzione del sacrario con altro orientamento al disopra delle sue più antiche fondazioni, la configurazione planimetrica dei due edifici, la loro struttura architettonica, la grande copia delle decorazioni fittili e delle statue di vario tipo e riferibili a periodi differenti, il carattere degli oggetti trovati in due distinte stipi votive, fornirono argomento a importanti deduzioni, e offrirono l'opportunità di porre fin dal principio sulle stesse Notizie degli scavi importanti questioni archeologiche e architettoniche.

Risultò pertanto che la più antica costruzione del tempio appartiene alla fine del VII o al principio del VI secolo avanti l'èra volgare, e che all'età medesima, e anche un poco anteriore, risalgono i materiali della più antica favissa.

(1) Cfr. BARNABEI e Cozza nelle Notizie del gennaio 1896. BARNABEI nelle Notizie del marzo 1896. BARNABEI e MENGARELLI nelle Notizie del MENGARELLI nelle Notizie dell'aprile 1898.

maggio 1896.

1896.

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(2) Cfr. GRAILLOT nelle Mélanges de l'École française d'archéologie, XVI, PETERSEN, Römische Mitth., 1896, XI.

Questi materiali sono in gran parte simili, tanto a quelli provenienti dalle tombe a fossa con grande loculo sepolcrale e dalle più antiche tombe a camera dell' Etruria meridionale, quanto a quelli della famosa tomba Bernardini trovata a Praeneste.

Si riconobbe altresì che la seconda costruzione, la quale si era sovrapposta alla prima alla fine del VI o al principio del V secolo, si mantenne poi, con varie modifiche esterne, fino al III e forse anche fino al II secolo avanti l'èra volgare: e risultò evidente che all'ultima parte di questo periodo corrisponde il contenuto della stipe più recente, costituito essenzialmente da vasellame della Campania, da figurine ellenistiche e da rozzi oggetti votivi.

Ulteriori e accurati esami degli avanzi ci posero in grado di meglio riconoscere e precisare le modificazioni più importanti che aveva subìto ciascuna delle due costruzioni principali del sacrario.

In base a molte circostanze di fatto, tra cui principalmente la quasi nulla entità dei materiali di scarico che potessero attribuirsi alle mura del tempio, l'assoluta mancanza di schegge di fusti di colonne, e la presenza di uno strato argilloso rimescolato intorno all'edificio sacro che è fondato su terreno vulcanico, potemmo argomentare che il santuario della Madre Matuta, nonostante la fama donde il suo culto fu circondato, e nonostante l'arte squisita delle sue decorazioni e delle sue statue fittili, aveva, come molti templi della Grecia, le colonne e l'ossatura di legno, e le pareti di argilla cruda impastata con strame. Questa circostanza porta nuova luce sulla causa delle varie modificazioni che subirono il più antico e il più recente tempio.

Man mano che le colonne di legno deperivano e marcivano, conveniva provvedere alla loro sostituzione. Se questa non si effettuava gradualmente, ma in una sola volta, si aveva una vera e propria ricostruzione del portico, la quale permetteva agli artisti di cambiare a loro agio la disposizione delle colonne. E quando la rinnovazione del portico corrispondeva con quella del tetto, il che si verificava a più lunghi intervalli, gli architetti potevano modificare intieramente l'aspetto esterno del sacrario, cambiando le decorazioni architettoniche, e, occorrendo, anche le statue del fastigio, disponendo le varie parti secondo nuovi concetti estetici più conformi ai tempi mutati.

La più assidua e paziente cura si richiese dopo che il Ministero della Pubblica Istruzione ebbe acquistata l'intera collezione, quando cioè si trattò di continuare le indagini sulle molte migliaia di minuti frammenti che si eran trovati confusi insieme nello scavo, e che si dovevano, per quanto era possibile, classificare e riavvicinare affine

di ottenere la reintegrazione dei varî elementi architettonici e decorativi. I risultati di questo lungo lavoro furono notevoli, perchè si raccolsero nuovi fatti relativi alla successione cronologica delle varie forme decorative, e alla posizione ad esse spettante nel complesso sistema. Si constatò che, in genere, la qualità delle terrecotte del tempio era diversa nei varî periodi principali della sua storia: e questo rese più agevole la reintegrazione.

Meritano di essere accennati alcuni dei risultati.

Si scoprirono nuove forme di antefisse, una delle quali è specialmente importante, perchè forse era contrapposta ad altra a forma di arpia. Rappresenta una figura fantastica, con barba a contorno smerlato e col corpo trasformantesi inferiormente in due serpi aggrovigliati e quindi ripiegati a S.

Si ricostruirono nel loro disegno e nelle loro dimensioni molti fregï e cornici fittili, anche quando non si riuscì ad ottenere la loro materiale ricomposizione.

Si riconobbe che le tegole dipinte della gronda del più antico tempio presentavano sul dinanzi un listello piano sporgente in basso quale gocciolatoio. Così pure si potè constatare che anche le tegole di gronda del tempio più recente avevano una specie di gocciolatoio consistente in un fregio basso a dischi e palmette, il quale era applicato mediante piombature a coda di rondine.

Si reintegrò parte del fregio arcaico con rappresentanza in rilievo di cavalieri armati di arco, e si constatò che sopra di esso era una zona piana dipinta a striscie verticali bianche e nere alternate imitanti baccellature, e, più in alto, un echino dorico ornato a squame graffite e colorate, con guscio sovrapposto.

Si riunirono altresì parecchi frammenti del fregio di squisita arte ionica della fine del VI o del principio del V secolo con figure a mezzo e a tutto rilievo, rappresentante una battaglia di Greci, Amazzoni e Persiani.

Si rimise insieme la parte inferiore di un gruppo di due statue, l'una virile e l'altra muliebre, di grandezza quasi naturale, modellate con evidente sicurezza e vigore da artista greco nello stesso periodo, cioè alla fine del VI o al principio del V secolo. Alla statua virile potrebbe appartenere la bellissima testa barbata che forma l'oggetto più ammirato della collezione, specialmente dopo che si è avuta la ventura di reintegrarne la faccia, innanzi mutila.

Gli scavi di Satricum non soltanto hanno importanza per il singolare e prezioso insieme dei materiali del sacrario; ma anche per

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