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XX.

GLI SCAVI DI POMPEI DAL 1873 AL 1900.

Comunicazione del professore A. SOGLIANO.

Benchè questa Relazione si riconnetta con quella pubblicata dal compianto sen. Fiorelli nel 1873: Gli scavi di Pompei dal 1861 al 1872, tuttavia, in quanto a metodo, non può considerarsi come continuazione del lavoro Fiorelliano, poichè, abbracciando un periodo di scavi di poco meno che trent'anni, deve restar contenta a rapidi accenni; e però vuol essere più una statistica che la descrizione, sia pur breve, dei monumenti tornati a luce e dei lavori compiuti in Pompei. Ma ad evitare che essa si riduca ad una nuda esposizione di cifre e di dati, ho creduto di dividerla in due parti, seguendo in ciò un opportuno suggerimento del Comitato direttivo di questo Congresso, al quale sento il dovere di professarmi riconoscente per avermi designato relatore degli scavi pompeiani: mentre la prima parte conterrà una esposizione assai sommaria dei principali risultati ottenuti dall' anno 1873 all' anno 1890, nella seconda si parlerà in modo meno succinto delle scoperte e dei lavori fatti in quest'ultimo decennio, cioè dal 1890 al 1900. E questa divisione in due periodi non solo sodisfa alle esigenze di ciò che dev'essere una Relazione, ma rispecchia i due diversi indirizzi che nel giro quasi di un trentennio si successero negli scavi di Pompei, giacchè il primo periodo cade tutto sotto la direzione del compianto Ruggiero ed il secondo di gran lunga più breve risponde suppergiù alla direzione del De Petra, al quale mi piace di rivolgere, fra i rappresentanti delle scienze storiche qui convenuti d'ogni parte del mondo civile, il mio riverente saluto.

PARTE PRIMA

(Gli scavi dal 1873 al 1890).

In questo periodo di tempo furono disterrate compiutamente o solo in parte diciotto isole, delle quali tre appartengono, giusta la divisione Fiorelliana della città, alla regione I, quattro alla regione V, due alla regione VI, quattro alla regione VIII e cinque alla regione IX. L'ordine cronologico degli scavi, con la indicazione numerica delle isole, può desumersi dal seguente specchietto:

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Gli scavi non sempre poterono procedere in ordine topografico, ma si dovè passare da una regione all' altra, e spesso si lavorò a più riprese in una sola e medesima isola. La causa di un tal fatto va ricercata innanzi tutto in ragioni d'indole giuridica, non essendo

l'Amministrazione pubblica in possesso di tutti i terreni che ricoprono la città; in secondo luogo, nella necessità di compiere lo scavo di isole lasciate in parte sepolte dall' Amministrazione precedente; e da ultimo in ragioni amministrative e di opportunità.

CAPITOLO I.

Edificî.

Un solo edifizio pubblico fu rimesso a luce, ed è quello delle terme centrali, così dette dal loro sito nel punto d'incrocio delle due strade principali, la stabiana cioè e la nolana. Disterrate nel 1877, esse occupano tutta l'isola IV della regione IX ed erano ancora in costruzione al tempo della catastrofe. Appartengono quindi all'epoca imperiale, di cui recano l'impronta così in una relativa grandiosità come in quella luminosità degli ambienti, che Seneca (Epist. 86) rileva qual caratteristica degli edifizî termali del suo tempo in paragone di quelli più antichi. E di fatto il visitatore, il quale abbia veduto prima le così dette terme stabiane, che risalgono all'epoca preromana, e quelle presso il Foro costruite nel tempo sullano, soffermandosi poi alquanto fra queste rovine, sente in sè rinnovarsi la medesima impressione, che provò il filosofo spagnuolo, quando, visitando circa l'anno 60 d. Cr. la villa di Scipione presso Liternum, ebbe occasione di paragonare quell' oscuro e semplice bagno ai luminosi e ricchi ambienti termali del suo tempo. È degno di nota che, oltre al caldarium, vi sia qui anche il laconicum o assa sudatio, che come ambiente a parte manca nei due stabilimenti termali precedentemente scoperti. A differenza di questi, il nostro edifizio non contiene un doppio bagno, l'uno per gli uomini e l'altro per le donne, ma presenta solo un'unica disposizione di ambienti.

Ma, se oltre alle terme centrali non fu disterrato in questo periodo di tempo nessun altro edifizio di carattere pubblico, le indagini fatte in alcuni degli edifizî pubblici anteriormente scavati hanno bene il valore di scoperte, che non poco contribuirono a chiarirli. Ed innanzi tutto meritano di essere qui ricordate le esplorazioni eseguite dalla Direzione degli scavi, in continuazione di quelle fatte dal professore Von Duhn nella primavera del 1889, nelle fondazioni del più enigmatico monumento di Pompei, cioè del tempio greco nel Foro triangolare: per quelle indagini, i cui risultati il riferente ebbe l'onore

di pubblicare nel primo volume dei Monumenti, editi per cura della Reale Accademia dei Lincei, non soltanto fu rettificata la pianta della cella del tempio, ma ebbero luce non poche questioni relative alla storia di quell' importante edifizio.

Un saggio di scavo iniziato nella estate del 1882, ma condotto a buon punto solo nel 1890 nel piccolo edifizio dorico innalzato dal meddix tuticus Numerio Trebio presso il detto tempio greco, tolse ogni dubbio sulla destinazione di quell' edificio sannitico, intorno al quale si era molto fantasticato dai dotti esso si è chiarito per una cisterna, a cui si attingeva l'acqua necessaria per il culto del Dio e per la nettezza del tempio.

Furono ricomposte e rizzate, insieme con l'epistilio, le colonne joniche dei propylei del Foro triangolare, dove i rocchi mancanti vennero suppliti con pietre della stessa sorta, ma lavorate lisce e senza scanalature per testimonio del restauro.

Nel febbraio del 1886 nel lapillo che ricopriva la scoria, sulla quale è costruite i mentovato Foro triangolare, rividero la luce alcuni tronchi di colonne, due pezzi di antae e parecchi pezzi di epistilio, il tutto di tufo nucerino. I tronchi di colonne scanalate di tufo sono quattro, di diverso diametro, ed un solo è di colonna dorica, avendo le scanalature con spigoli vivi, mentre negli altri tre le scanalature sono separate da listelli. I due pezzi di antae finiscono a mezza colonna dorica; ed i parecchi pezzi di epistilio, le cui modanature sono identiche a quelle dell' epistilio del Foro triangolare, mostrano chiaramente che erano in lavorazione al tempo del seppellimento.

Ad intendere meglio la struttura e l'uso della parte centrale dell' edifizio volgarmente detto Pantheon, furono fatti nel luglio 1888 alcuni saggi di scavi nel suolo di detta parte centrale, che, come è noto, ha forma dodecagonale ed è contornata da orlo di marmo e rilevata per circa centimetri 10 sul livello degli avanzi del pavimento antico circostante. E dalle indagini eseguite due cose risultarono evidenti: la prima, che n' esce sempre più rafforzata la destinazione di macellum già attribuita a quell'edifizio; la seconda, che ai giorni della catastrofe l'area centrale del macellum stava di certo subendo qualche modificazione.

Il tempio di Vespasiano, sgomberato dagli immensi cumuli di marmi lavorati d'ogni genere, che da tempo vi eran depositati e che rendendone addirittura inaccessibile l'interno ne impedivano lo studio, fu restituito alla scienza; ed il prof. Mau non mancò di trarne partito, istituendo intorno alla storia dell'edifizio un'accurata ricerca, i

cui risultati egli volle comunicare alla Reale Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli. Similmente nelle terme in prossimità del Foro tutti quegli ambienti, che prima erano luridi magazzini di deposito, furono rimessi allo stato originario antico, riaprendosi antichi vani che con poco giudizio erano stati murati, e completandosi il restauro del portico della palestra secondo le tracce antiche, facilmente riconoscibili.

Nell' estate del 1884 fu eseguito uno scavo a sinistra del Calcidico della Basilica, vale a dire nell'angolo sud-est di questo edifizio, al quale esternamente è addossata la gradinata di accesso alla galleria superiore del portico del Foro; e tornarono a luce due serbatoi d'acqua, comunicanti fra loro in origine, e dei quali il più interno metteva in un canaletto, che riusciva nella Basilica, quasi a livello del suolo.

Nel Calcidico stesso della Basilica furono rimessi al loro antico posto due massi di tufo, prima mal collocati sul pilastro angolare nord-est, ottenendosi così completo sino all' architrave uno dei pilastri della facciata.

Il punto di transizione per venire a parlare degli edificî privati scoperti nel periodo 1873-1890 mi viene offerto dal piccolo, ma elegante stabilimento di bagni tornato a luce il 1887 nell'isola 2a della regione VIII, n. 23. Non essendo verosimile che esso sia stato di uso affatto privato, poichè quel proprietario, che disponeva di un bagno così splendido ed elegante, non si sarebbe potuto certo contentare di abitare nel piano superiore, dove in Pompei non possiamo immaginare che ammezzati, è da ritenere piuttosto che il nostro piccolo stabilimento sia stato qualcosa di simile al balneum Venerium nei predî di Giulia Felice ed alle thermae M. Crassi Frugi, alle quali era preposto il liberto Januarius. Tutti e tre questi stabilimenti erano destinati ad accogliere il ceto più distinto della colonia, che non amava di frequentare i pubblici bagni; e col nostro stabilimento le terme di Marco Crasso avevan di comune la posizione topografica, in quanto che anch' esse dovevano sorgere sull' estremo limite della città, ma dalla parte di occidente.

Il numero delle case disterrate raggiunge l'ottantina, e le più cospicue appartengono all'isola 1a della regione V, all'isola 14a della reg. VI, all'isola 2a della reg. VIII ed all'isola 7a della reg. IX. Dell'is. 1 reg. V ricorderò la casa n. 18, che ci offre un prezioso esempio di decorazione del secondo stile nel suo pieno sviluppo di forme e di colori, e quella di L. Cecilio Giocondo (n. 26), il cui ta

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