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Possiamo quindi affermare con sicurezza riguardo a cotesta architettura, che le civiltà fiorenti nel Mediterraneo furono fra le più attive sue diffonditrici in Europa; ignoriamo però ove e quando siano stati creati i tipi dolmenici più caratteristici e complessi, le semplici casse di lastroni potendo aver avuto in varî luoghi origine indipendente, dalla medesima necessità di dover adoperare a difesa dei cadaveri i materiali più adatti offerti dalla natura.

Ho accennato alla connessione di cotesto movimento architettonico, in specie nel Mediterraneo, colle relazioni commerciali e politiche fra i popoli che abitavano cotesto bacino, ma avrei dovuto piuttosto accennare ad un fenomeno concomitante colle relazioni cui accenno, alla colonizzazione cioè più o meno intensa che di necessità accompagna i grandi movimenti commerciali. Sono i coloni greci e quelli fenicî che nella prima età del ferro contribuirono certo più largamente e ad ogni modo più direttamente dagli abitanti rimasti nella madre patria alla introduzione dei prodotti industriali, dei gusti artistici e delle idee colà adottate e che ritroviamo abbastanza largamente diffuse fra gli indigeni dell'occidente; e colle tracce delle antichissime arterie commerciali che da Cipro e dall'Asia Minore per le rive meridionali del Mediterraneo, e dal Peloponneso, o dalle isole circostanti per le spiaggie settentrionali facevano capo all'Italia, donde si indirizzavano alle bocche del Rodano o all' Iberia e di lì per le coste europee dell'Atlantico sino ai mari del nord e sopratutto con quelle più meridionali che facevano capo a Creta e Cipro già attive nella età del rame, o all'alba di quella del bronzo, si collega appunto la prima diffusione dell'architettura di cui ragiono, nè, gettato ovunque il seme, l'azione di queste grandi correnti commerciali e le connesse colonizzazioni si arrestarono, poichè invece proprio al continuo avvicendarsi di elementi trasportati dall'oriente all'occidente, o di qui alle regioni più presto visitate dal sole nascente si deve nelle età consecutive un certo scambio anche di elementi architettonici, che in misura diversa nei diversi luoghi, secondo l'intensità e la natura delle relazioni fra i varî paesi, costrinse entro certi limiti il libero sviluppo locale dei germi architettonici comuni, e fece sì che i tipi fondamentali diffusi nella età del rame, ancora in quella del ferro restassero in uso generalmente inalterati.

XXV.

I COSÌ DETTI MASSI-AVELLI DELLA PROVINCIA DI COMO.

Comunicazione del dott. A. MAGNI.

Nei monti del lago di Como e nei colli della vicina Brianza si osservano dei massi erratici di sarizzo (granitone) ed anche di gneiss

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duro che portano scavate a scalpello nella loro superficie superiore pianeggiante una tomba. È questa in forma di comune vasca da bagno arrotondata alle estremità, variante in lunghezza dai 2 m. ai 168 cm., della larghezza di circa 80 cm. e della profondità di circa 56 cm.

Tutto all'ingiro del bordo superiore della escavazione sporge un labbro in forma rettangolare, destinato ad entrare nell' incavo del coperchio onde questo rimanga fisso; tale labbro manca in qualche tomba.

Sezione IV.

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Archeologia.

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In taluna poi si osserva sul fondo e ad un'estremità un rialzo a guisa di cuscino onde posarvi il capo.

In generale sono escise regolarmente e con arte a punta grossa o mezzana; qualcuna è di lavorazione più rozza e meno regolare di forme; non contengono oggidì che sassi, terra od acqua. Nessun coperchio è in posto o nelle vicinanze.

In un trovante voluminoso sono scavate due di queste tombe parallelamente ed a 60 cm. di distanza fra loro.

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Dovevano essere queste tombe in rozzi ed informi blocchi di pietra assai più numerose pel passato, ma vennero distrutte, anche a memoria d'uomo, per cavarne roccia od utilizzarne l'avello; oggidì ne sussistono ancora una ventina sparse nei boschi o sulle rive dei campi.

Per quante indagini sieno state fatte, finora tombe simili non furono segnalate nel resto d'Italia nè in altri paesi.

Il parere di varî studiosi è che sieno sarcofagi romani o medioevali in elaborazione, cioè preparati sul posto ove esistevano massi erratici e pronti per essere staccati dal restante della roccia e lavorati nelle pareti esterne. Ed attribuiscono la loro presenza nella sola parte

alta della provincia di Como perchè appunto in questa sola trovansi erratici di pietra dura e resistente adatta a scavarvi sarcofagi. I trovanti delle altre provincie limitrofe sono di metafiro, porfido, gneiss, basalto ed arenaria, roccie che meno resistono agli agenti distruttori.

Altri invece ritengono queste tombe destinate a ricevere cadaveri sul posto ove sono collocate e senza essere isolate dal blocco informe che le contiene. Erano sepolture inamovibili, in vista, chiuse da pesante coperchio pure in roccia granitica a piani inclinati come il tetto delle case.

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Ed ecco i motivi che adducono a sostegno di questa opinione: I. In quei trovanti nei quali la superficie superiore si eleva al disopra dell'orifizio delle tombe è praticato nella roccia un canale parallelo ai lati della tomba onde l'acqua piovana non penetri in essa. Che se fosse stato praticato allo scopo di impedire che l'acqua penetrando nell'avello lo spaccasse convertendosi in ghiaccio nel verno, sarebbe bastato il riempire la tomba di terra compatta.

II. Nessun lavoratore di pietre scava un avello nel voluminoso masso per poi staccarlo, perchè le pareti andrebbero di certo infrante; prepara invece il blocco sagomato e scava in esso l'avello.

III. Taluni di questi massi-avelli comaschi trovansi in posizioni elevate, incomode, e sono voluminosissimi tanto da escludere il concetto di sarcofagi usuali in preparazione.

IV. Una di queste tombe è scavata nella roccia costituente il nocciolo del colle formato da gneiss a strati verticali. Per cui, tentando di distaccare l'avello dopo esciso, doveva di necessità frammentarsi nella direzione degli strati o vene.

E coloro che ritengono queste singolari tombe destinate a ricevere salme restando sul posto si domandano se in vicinanza non esistevano chiesuole cristiane ora distrutte, e citano quelle tuttora esistenti appunto a ridosso di tali tombe (Bevera, S. Giorgio di Cola, Bulciaghetto, ecc.).

Oppure si domandano se un popolo antico locale od una tribù speciale trapiantatavi od immigratavi possa aver scavate simili tombe, che davvero riescono magnifiche e regali.

Unisco tre fotozincografie di massi-avelli esistenti al Guello di Bellagio, alla Negrenza di Molina ed a Magreglio, onde i lettori se ne formino un'idea più chiara. (1)

(1) Prego i lettori, come rappresentante della Società archeologica comense, di volermi comunicare notizie ed idee riferentisi alla questione dei massi-avelli, che, posta dal defunto canonico Vincenzo Barelli di Como, agita ancora, insoluta, gli studiosi locali. Le cortesi comunicazioni saranno contenute in una non lontana pubblicazione che deve servire ad illustrare alcune di tali tombe non ancora note; pubblicazione che vedrà la luce nella Rivista archeologica della Provincia di Como.

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