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na non ancor maritata (1), questa si deve osservare : ma non si benedicano però le Nozze della vedova ancorchè si unisca con un uomo non maritato altra volta

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XIV. Il Matrimonio conviene principalmente che sia celebrato nella Chiesa (2); ma se venisse celebrato in casa, presenti il Parroco, e i Testimonj, gli Sposi poi verranno alla Chiesa per ricevere la Benedizione (3), ed in allora si guardi il Parroco di non esigere di nuovo il consenso, ma di conferire ad essi la Benedizione soltanto, celebrata già la Messa, come diremo fra poco,,.

(1) Perchè si reputa necessaria la Benedizione della Donna, attesa la maledizione data da Dio ad Eva madre dei viventi, come si ha nella Genesi ( Cap. 3.), dove si legge: Multiplicabo ærumnas tuas; in dolore paries filios, et sub viri potestate eris, et ipse dominabitur tui.

(2) Secondo il Concilio di Trento, (Sect. 14. de Reformat. Matrim. cap. 1. et Rota coram Concil. decis. 1887. n. 37) i Matrimonj si debbono fare nella Chiesa, si non de necessitate præcepti, saltem de honestate. Onde quantunque più Autori riferiti, e seguiti dal Barbosa ( D. c. 1 n. 35. ) affermino, che il Vescovo non può proibire che i Matrimonj si celebrino in casa, ma soltanto può esortare che si facciano in Chiesa; tuttavia in pratica il Monacelli tenne sempre il contrario (Tit. 2. t. I fer. 2 n. 7); perchè essendo la Chiesa il luogo proprio dei Sacramenti, i quali grandemente conviene che in essa si amministrino; così sono da lodarsi que' Vescovi, i quali seguendo le orme di San Carlo Borromeo ( T. 2 tit. 2 Decret. 28.) proibiscono che si facciano fuori di essa.

E questo è uso lodevole, e pratica della Città di Roma: imperciocchè il Cardinal Vicario neppure ai Principi, e ai Grandi suole concedere questa licenza.

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A Venezia poi il Patriarca Priuli nel suo Sinodo (Anno 1592 cap. 7.) proibisce ciò sotto pena di sospensione da incorrersi ipso facto. In domibus privatis (così il Patriarca) omnino nuptiarum benedictio ne fiat nobis inconsultis, pæna suspensionis quibuscumque Sacerdotibus ipso facto indicta.

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Per la Parola Benedictio s' intende la nuziale Benedizione al modo stesso che si fa nelle Chiese Parrocchiali.

(3) La quale quantunque cade sotto precetto, e perciò gli Sposi siano obbligati a riceverla. Quarti De Benedict. Prælud. 3 dub. n. 295.) tuttavia questa obbligazione non cade sub mortali: per la qual cosa di trascurarla, secluso contemptu, non eccederebbe la colpa veniale; perchè non è necessaria all' essenza, nè alla integrità del Sacramento. (Decis. aur. p. 1 lib. 2 cap. 85. n. 29.)

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XV. Si avvisino inoltre i Conjugi, che prima di contrarre debbono confessarsi, e ricevere la SS. Comunione; e si esortino ad accostarsi divotamente a ricevere il Sagramento del Matrimonio, non che s' istruiscano diligentemente colla Sacra Scrittura in qual modo debbano esattamente, e cristianamente conversare, prendendo l' esempio di Tobia, e di Sara, es' insegni loro colle parole dell' Angelo Raffaello quanto santamente debbano vivere i Conjugati

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XVI. Finalmente si ricordino i Parrochi, che dalla Domenica prima dell' Avvento fino al giorno dell' Epifania, e dalla Feria quarta delle Ceneri fino alla Ottava di Pasqua inclusive sono proibite le sollennità delle Nozze, come sarebbe benedire le Nozze, condurre alla propria abitazione la Sposa, e celebrare i Nuziali conviti. Il Matrimonio poi in ogni tempo si può celebrare. Le Nozze però si facciano con quella moderazione, ed onestà che conviene : imperciocchè il Matrimonio è una cosa santa, e perciò devesi trattare santamente ”

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Queste cose, che sono quasi tutte desunte dai Decreti del Tridentino Concilio e così pure tutte quelle altre che ivi s' ingiungono per contrarre esattamente questo Sagramento, si debbano diligenza,,. (Rit. Rom. De Sacramento Matrimonii,,.)

Osservare con

MATRIMONIO. Suo Rito da osservarsi nel ce

lebrarlo.

I.,, Il Parroco adunque, che dovrà celebrare il Matrimonio, fatte le tre sollenni pubblicazioni, come si è detto, se non osti alcun legittimo impedimento, in Chiesa vestito di Cotta e Stoła bianca, con un Chierico almeno che porti il Rituale, e il Vaso dell' Acqua benedetta, alla presenza di tre, o due testimonj, e dei parenti, o congiunti degli Sposi, i quali sarebbe di convenienza che si trovassero presenti; interrogherà l'uomo, e la donna del loro consenso,

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ROMA

VITTORIO EMAN

e ciò in questo modo separatamente in lingua volgare : Antonio, vuoi ricevere Elisabetta qui presente in tua legittima Moglie, secondo il rito della S. Madre Chiesa? Risponderà lo sposo: Voglio. Tosto il Sacerdote interrogherà la Sposa: Elisabetta, vuoi ricevere Antonio qui presente in tuo legittimo Marito, secondo il rito della S. Madre Chiesa? ed essa

sponderà: Voglio,, .

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II. Nè è sufficiente il consenso di un solo; ma deve essere di ambedue, ed espresso con qualche segno sensibile, ossia che si faccia da loro stessi, o per mezzo di un Procuratore (1) ,,.

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III. Inteso adunque il mutuo consenso dei contraenti, il Sacerdote comanderà loro di unire vicendevolmente le loro destre, dicendo: Ego conjungo vos oc., o userà altre parole, secondo il costume ricevuto di qualunque Provincia. Poscia li aspergerà coll' Acqua benedetta

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IV. Tosto benedirà l' Anello (2), dicendo : Adjutorium nostrum in nomine Domini. Indi il Sa

(1) Ed in allora egli si esprimerà così: Io Pietro p. c. legittimo Procuratore di Tizio N., ad effetto di contrarre Matrimonio a di lui nome, prendo te Berta in moglie. E Berta dirà: Ed io teco come Procuratore legittimo di Tizio N. prendo esso in Matrimonio. (Cuniliati Theolog. Moralis tract. 14 De Sacram. particul. cap. 7. § 11.)

Secondo il Jus Canonico poi, si debbono osservare dal Procuratore le seguenti condizioni: 1. Di avere una Procura legale di contrarre Matrimonio: 2. Di non sostituire altra persona per se, purchè non gli sia stato specialmente concesso: 3. Che la facoltà datagli non sia stata rivocata nel tempo, in cui egli contrasse Matrimonio; e ciò nulla ostante che la rivocazione non sia nota al Procuratore, nè alla parte con cui contrasse: perchè in allora manca il consenso di una delle parti: 4. Che la facoltà datagli sia determinata con quella tale persona: 5. Finalmente, dopo il Concilio di Trento, che il Procuratore contragga alla presenza del Parroco, e dei Testimonj. (Antoine Teo'og. Mor. tract. De Matrim. cap. 2. quæst. 7.)

(2) Il quale si dà come segno di mutua dilezione, come dice Sant' Isidoro (Lib. De Eccles. Offic. cap. 19.) Illud vero ( così il Santo) quod in primis Annulus a Sponso Sponse datur, fit hoc nimirum, vel propter signum mutuæ fidei, vel propter id magis, ut codem pignore, eorum corda jungantur.

cerdote aspergerà il detto Anello in modo di Croce, e lo Sposo ricevutolo dalla mano del Sacerdote lo imporrà nel dito anulare della sinistra (1) della Sposa, dicendo frattanto il Sacerdote: In nomine Patris &c. Poi soggiungerà: Confirma hoc Deus &c.

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V. Compiute queste cose, se si debbono benedire le Nozze, il Parroco celebrerà la Messa pro Sponso & Sponsa, come si trova nel Messale Romano, osservando tutte quelle cose che ivi vengono prescritte

VI. Del resto se vi fossero alcune Provincie che usassero altre formule, e ceremonie (2), oltre le predette, il Sacrosanto Concilio di Trento brama che si ritengano

VII. Finalmente il Parroco descriverà nel Libro dei Matrimonj i nomi dei Conjugati, e dei Testimonj, secondo la formula prescritta dal Rituale Romano, e ciò conviene ch' egli faccia, ancorchè un altro Sacerdote delegato da esso, o dall' Ordinario abbia celebrato il Matrimonio (Rit. Rom. Ritus celebrandi Sacram. Matrim.)

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MATTUTINO (3) I.,, Si premetteranno ad es

(1) Perchè in esso vi è una vena che tende al cuore, come attestano tutti i fisici. ( Baruf. tit. 42. n. 46. )

(2) Purchè siano vere, lodevoli, e mere consuetudini, e non riti Sacramentali, che difformino il Sacramento. S. Carlo Borromeo (Act. 4. In Instruct. Matr.) condanna, e proscrive affatto nella santa celebrità del Matrimonio tutto quello che sa di gentilesimo di profano; ed esorta a ritenere quelle Ceremonie che sono lodevoli, che non alterano la sostanza del Sacramento, e che non offendono la pietà.

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(3) Si prende per quella parte, che un tempo si recitava la notte, e perciò si dicevano Notturni, ossia Vigilie notturne. Ora poi perchè questi Notturni si uniscono colle Laudi, che si debbono dire nella prima luce del giorno, così si chiamano Mattutini dalla voce Mattuta, che significa Aurora.

Il Mattutino colle Laudi per una giusta causa si può recitare nei Vesperi del giorno precedente: cosi S. Tommaso (Quodlib. 3. art. 28.), e la comune de' Dottori. Al contrario poi quegli che differisce il Mattutino, senza una qualche causa, fino ai Vesperi, troppo notabilmente varia il tempo, e pecca venialiter, secondo la comune sentenza degli Autori.

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so queste cose (secondo la diversità dell' Uffizio, purchè non si noti altrimenti ), cioè Pater, Ave, Credo, e tutto ciò secretamente. Indi l' Ebdomadario dirà a chiara voce: Domine, labia mea &c. segnandosi col pollice nella bocca col segno di Croce : poscia Deus in adjutorium &c. segnandosi pure col segno di Croce colla mano estesa dalla fronte al petto, e dall' omero sinistro al destro ( ciò che si osserverà nel principio di tutte le Ore, quando si dirà: Deus in adjutorium ): poi Gloria Patri, ed altro nel principio del Salterio. Indi si dirà l' Invitatorio corrispondente all' Uffizio, che corre, e si dirà col Salmo: Venite exultemus, allo stesso modo nel principio del Salterio. Detto il Salmo e ripetuto l' Invitatorio, si dirà l' Inno conveniente all' Uffizio del giorno,,

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II. Poscia nei Doppj, e Semidoppj si diranno nove Salmi (ma più Salmi nelle Domeniche, si vede nel Salterio ) colle loro Antifone, e Versetti, che convengono al tempo, o alla Festa, che corre, ed altrettante Lezioni con otto Responsorj, ma alle volte nove, come si pone ai suoi luoghi, per tre Notturni distinti in questo modo

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III. Nel primo Notturno si diranno tre Salmi con tre Antifone, una dopo ogni Salmo ; ma nel Tempo Pasquale, cioè dalla Domenica in Albis fino alla Pentecoste (fuorchè nell' Uffizio dell' Ascensione del Signore) si diranno i tre Salmi di qualunque Notturno sotto una sola Antifona e nel fine dei Salmi, do

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Il Mattutino poi colle Laudi si deve recitare innanzi la celebrazione della Messa. Ma si ha certamente dai Dottori, che, urgendo una qualche legittima causa, sia lecito celebrarla innanzi al Mattutino, senza anche alcuna colpa veniale, come sarebbe p. se alla Chiesa si portasse un principe, o un Prelato ad oggetto di ascoltare la Messa; o che il Celebrante dovesse di buon mattino intraprendere un viaggio lungo. Non intervenendo poi alcuna causa, nou si può celebrare la Messa, se prima non siasi recitato il Mattutino ecc., altrimenti si peccherebbe venialiter, secondo la più probabile, e comune sentenza degli Autori.

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