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famiglia ligure, che, a Dio piacendo, ci proponiamo di svolgere in una futura publicazione.

Tali sono le più ovvie e più caratteristiche proprietà atte a seeverare sommariamente fra loro i singoli dialetti di questo ramo importante, per quanto è possibile determinarle nella confusa congèrie di tante favelle più o meno fra loro diverse. Ciò non pertanto, a provare la maggiore o minore esattezza delle esposte osservazioni, e meglio ancora a porgere un'idea più generale e adequata dell'indole di tutti questi dialetti e dei loro scambièvoli rapporti, varrà un attento esame delle seguenti versioni della Parábola del Figlio Prodigo, non che dei Saggi di Letteratura vernácola che soggiungeremo più oltre.

S. 4. Osservazioni grammaticali in generale.

Il principio 'ordinatore che generalmente collega in una sola famiglia tutti i dialetti gallo-italici non viene punto meno nei pedemontani, sebbene in apparenza dissonanti dagli altri. Diciamo, in apparenza, avuto riguardo al sistema concettuale, ossia a tutto ciò che costituisce la forma grammaticale dei medèsimi, mentre le dissonanze nella pronunzia, ed in conseguenza nella forma più o meno alterata delle singole voci, non che apparenti, sono assolutamente reali.

Tutti i dialetti pedemontani mancano d'una vera declinazione dei nomi, valendosi degli articoli e delle preposizioni italiane di, a, da, in, con, per, e simili, onde precisare nel discorso le varie relazioni dei nomi stessi colle altre parti. Gli articoli sono sempre gli stessi italiani il, lo, uno, pel maschile; la, una, pel femminile; e sono espressi in varia forma, giusta le varie pronunzie. Il maschile determinato vi è rappresentato colle voci el, 'l, l, lo, lu, er, 'r, ro, u, ul, che nel plurale fanno i, li, gi; il femminile dalle voci la, ra, che nel plurale fanno le, re; e sì gli uni che gli altri si contràggono nelle preposizioni, come in italiano, per dinotare i varii casi, facendo; del, d'l, der, du, dul, dela, dla, dra, oppure al, alu, ar, ála, ara, e così nei rispettivi plurali, L'articolo indeterminato è in, ün, 'n, inna, üna, 'na..

I gèneri che per lo più vi sono distinti, sono i soli due na

turali, maschile e femminile; e questa distinzione vi è determinata in vario modo; primieramente col mezzo dell'articolo, che è abbastanza diverso nel número singolare, ma non sempre nel plurale, màssime in alcuni dialetti; in secondo luogo, con voci diverse, il che avviene solo per distinguere il maschio dalla femmina in alcune specie d'animali indigeni, come 'l bò, e la vacca, proprietà comune a tutte le altre lingue; in terzo luogo, col mezzo della terminazione, che spesso è in e, oppure in o pel maschile, in a pel femminile, e tèrminano rispettivamente in i ed in e nel plurale. Questa règola per altro in tante svariate favelle, delle quali il carattere più costante si è una continua irregolarità, va soggetta ad un número indefinito di eccezioni, non solo da dialetto a dialetto, ma eziandio in ogni singola favella; di modo che si richiederebbe un lungo trattato ad esporre compiutamente solo le principali nozioni sulla distinzione dei gèneri. Bensi appunteremo come un fatto di somma importanza la differenza di gènere applicato ad un medèsimo nome dai varj 'dialetti, differenza assai più ripetuta, ove si raffròntino i dialetti pedemontani alla lingua comune d'Italia, nella quale sono maschili parecchi nomi, che in varj dialetti son di gènere femminile, ed inversamente; come l'aratro, il pipistrello, che diconsi in piemontese la slòira, la rata-volòira. Non v'ha alcun dubbio, che raccogliendo i copiosi materiali di tal fatta sparsi nei molteplici dialetti delle valli del Tanaro, del Po, delle due Dore e del Sesia, raffrontandoli fra loro e colle altre famiglie vernàcole, e risalendo alle origini, si otterrèbberó rivelazioni di somma importanza per l'etnografia e per la storia; giacchè non a caso il sole che è di gènere maschile nelle lingue latine, è femminile nelle germàniche, e inversamente la luna.

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Anche i numeri dei nomi, come in italiano, vi sono distinti e per mezzo degli articoli, e colle desinenze. Gli articoli non sempre, e non in tutti i dialetti, sono sufficienti, valendo talvolta lo stesso articolo per ambo i nùmeri; nè sempre bastano le desinenze, che vàriano indefinitamente, e pòrgono sempre nuove eccezioni. Ciò nullameno, tenendo conto dell'uso più ripetuto in maggior número di favelle vernácole, la desinenza í distingue il plurale maschile, la e il femminile, e nel maggior nù

mero dei dialetti alpigiani ancora la s, come in tutti i dialetti francesi. L'uso prevalente per altro di troncare le voci, elidendo le ùltime vocali, rèndono impossibile, per lo più, lo sceverare il singolare dal plurale senza il soccorso degli articoli.

Gli aggettivi, per lo più, sono corruzioni delle voci italiane, eccettuate le radici indigene e forse primitive peculiari di ciascuno. Nessuna legge per altro ne règola la formazione, tranne per avventura quelle che derivano dall'italiano, come a cagion d'esempio l'affissione delle particelle in, dis al positivo per renderlo negativo, nelle voci ütil, inütil, güstós, disgustos, ed altretali. Per la distinzione dei gèneri e dei numeri, sèguono le poche varianti che abbiamo accennato nei nomi; e divèngono diminutivi, aumentativi, peggiorativi, comparativi o superlativi con leggere flessioni, che derivano chiaramente dalle corrispondenti italiane, sebbene più o meno alterate e mutilate, a norma delle varie pronunzie..

Anche i pronomi derivano dalle radici comuni a tutte le língue indo-europee, e nella strana forma che li modifica si accostano assai più alle lingue della Francia, che non all'italiana. I personali sono: i, mi, me; li, te, tü; u, él, lü; chiel, chiàl; lè, chita, che restano indeclinabili nel singolare, e nel plurale vòlgono in noi, i, noȧč, voi, i, vodč, lor, lur, cui-lă, e variamente ancora. Nei casi obliqui sono preceduti dalle preposizioni, tranne il dativo che per la prima persona è me, o m', per la seconda, te, o ', e per la terza sì`maschile, che femminile, è j, je, li, gi, che corrispondono alle voci italiane gli, le.

I pronomi possessivi, sebbene derivati del pari dalle radici latine, vi subiscono molte e strane variazioni; per addurne alcuni esempj, mio vi è rappresentato colle voci: mè, miau, mio, miu, mon, mun; il pronome tuo colle voci: tio, tiau, ton, to, liu; così suo con: sò, son, sio, sun; e lo stesso dicasi dei pronomi nostro, vostro, loro. Di qui si vede, come la forma allontanandosi dall'italiana, si accosti all'occitànica, ed in qualche dialetto sia pura francese.

Ancor più vàriano, assumendo forme francesi, i pronomi dimostrativi questo e quello, che in un medèsimo dialetto sono espressi in molteplici guise. Per citare le più comuni, vàlgano i

seguenti esempj. Questo vi è alternamente rappresentato da achést, achést-issi, se-si, só-si, cost, cust, cust-si, sto, sto-sì, chést, sito, sel-issi, e quello, colle voci: chél, lò, achél, se-là, col, cul, cul-là, ed altre varie, che si possono scòrgere nei Saggi che soggiungeremo in seguito.

Nella conjugazione dei verbi prevȧàlgono ora le forme e le inflessioni dei verbi italiani, ora quelle dei francesi, sì le une che le altre modificate a norma delle varie pronunzie. Se si volesse tener conto delle continue varianti che s'incontrano, non solo nei molti verbi da dialetto a dialetto, ma in un solo dialetto medesimo, si richiederebbe un volume per le conjugazioni e due per le varianti. Ciò nulladimeno in tanta congèrie di forme diverse, trapela pur sempre in ciascun gruppo un certo tipo generale di conjugazione, intorno al quale più o meno da presso si aggirano le varianti stesse dei molti suddialetti; e questo tipo comune rinviensi appunto in due conjugazioni principali dei dialetti che rappresentano ciascun gruppo, di Torino cioè, di Ivrea, e di Alessandria. A questi tre tipi, dei quali porgiamo le conjugazioni, abbiamo avvisato indispensabile apporre a riscontro la conjugazione degli stessi verbi nel dialetto di Mondovi, come quello che congiungendo insieme i gruppi piemontese e monferrino alla famiglia dei Liguri, forma quasi un quarto tipo distinto.

Anche qui, come si scorgerà di leggeri, manca del tutto la voce passiva, alla quale venne surrogata la composizione del verbo ausiliare èssere col participio di ciascun verbo, che varia più o meno in ogni dialetto. Così pure nella voce attiva mancano quasi tutti i tempi passati, che appunto, come in tutte le lingue neo-latine, vi sono composti dell' ausiliare avere e del participio. Nell'impossibilità di appuntare in un semplice Saggio le innumerevoli forme ed anomalie che si riscontrano in tanti svariati dialetti e suddialetti, facciamo voti perchè, riconosciuta l'importanza d'un lavoro compiuto, gli eruditi d'ogni singolo paese, i quali soli possono condurlo a buon fine, provvedano finalmente a questa deploràbile lacuna, illustrando la favella dei loro avi, nella quale e colla quale apprèsero a pensare.

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