ORPHEI TRAGEDIA. Silenzio. Udite. E' fu già un pastore 1 c. XIX: « Onde lei per dispetto e Orfeo cantando allo inferno la tolse; E chi la diede ancor se la ritolse. Or stia ciascuno a tutti gli atti intento, Che cinque sono: e questo è l'argomento. V. 10. Servar la legge: osservare, mantenere. Dante, Purg., XXVI: non servammo umana legge. Ariosto, XXI: « per servar sua fede a pieno. v. 11. I due Codici, "... de' quali servito mi sono, leggono ambidue: E chi la diede, ancora se la tolse. Per ischivare la replica viziosa ed inusitata della stessa parola in rima, mi è piaciuto correggere in questa forma (A). - v. 13. Volse per volle è stato usato da parecchi buoni autori toscani (N). * Dante, Inf., II: venni a te così com' ella volse. Ed è vivo in bocca del popolo toscano. v. 15. Or stia ciascuno, ec. Dato ancora che il Poliziano avesse fatte dir questo prologo a Mercurio, a che far vi avea poi quel Pastore, anzi Pastore schiavone giusta il Ms. Chisiano, che interrompendo il prologizzante esce a dire: ".... State attenti, brigata; buono augurio; Perchè di ciel in terra vien Mercurio ? Mercurio sarebbe stato benissimo ai manifesti segni dall'udienza conosciuto, senza che que sto pastore, il quale ingombra per sì poco la scena, lo ci venisse a dire ch' egli era desso. E poi, come può stare che la venuta di Mercurio a buono augurio si ascriva, quando egli si suppone aver annunziato un funesto avvenimento? Eh via, che simili inconvenienze non s' accordano col nobilissimo ingegno del Poliziano. Egli dunque non potè scrivere come si è letto finora; ma bensì dir conviene che l'argomento o sia prologo dell' Orfen fosse da lui composto come si legge nel Ms. reggiano, che va scevro da tanti difetti che hanno finora deturpato questo pezzo d'antica poesia (A). ACTVS PRIMVS PASTORICVS. Interloqvvntur MOPSVS, ARISTAEVS et THYRSIS. MOPSO. Avresti visto un mio vitellin bianco, C' ha una macchia di negro in su la fronte ARISTEO. 135 17 Caro mio Mopso, appresso a questa fonte 20 Va', Tirsi, e guarda un poco se tu 'l senti: 25 Ch'io vuo' che ascolti alquanto i miei lamenti. Her vidi sotto a quello ombroso speco Che un giovane amator avea con seco. V. 17-19. Il Meli, poeta siciliano, nell' ecl. I della primavera: Forse vidisti na vitedda bianca Cu na macchia rossigna 'ntra lu schinu Un' a la frunti? » (N). v. 22. Var. là dreto: Ms. Vitali (A). v. 30. Var. mi scossò si 'l cor e'l petto: Ms. Vitali (A). * Gli editori milanesi del 1825, pure adottando il testo dell' Affò, rimisero in questo luogo l'antica lez. mi si scosse. Tal ch'io non sento, Mopso, più diletto; MOPSO. Aristeo mio, quest' amorosa face Se d'estinguerla presto non fai prova, Del capo t'usciranno e l'api e gli orti ARISTEO. Mopso, tu parli queste cose a' morti; Ne guarir cerca di si dolci noglie: V. 33. Il Petr. « Tutto il di piango; e poi la notte, quando Prendou riposo i miseri mortali, Trovomi in pianto, e raddoppiarsi i mali. » Del non mangiare parla anche, e piacevolmente, la Cosa innamorata, nella Tancia, III, 2: « Amor m' ha messo in un gran pensatoio, Tal ch' io n'ho perso gusto e'l lagorare: Condotta son che gnun boccone ingoio, Se non quando io ho voglia di mangiare. v. 35. * face, qui incendio, ardore, Petr., del parlare di Laura, « pien di dolci faci. " -v. 38. Var. non è già : Ms. Vitali (A). - v. 41. Tutti tre i codici leggono sue dure (A). - 44. * parli queste cose a' morti: come a dire, tu parli a' sordi, parli al vento, parli al deserto. Non me ne - v. sovviene altri esempi. " 32 55 ༢ 41 44 47 v. 46. Petr. Ma il vento ne portava le parole (N). Stazio: « Irrita ventosæ rapiebant verba procellæ. v. 48. noglie. Parrà ad altri che io dovessi qui abbracciare piuttosto la lezione cominiana che ha doglic in vece di noglie, voce veramente barbara ed impura. Ma poichè improbabil cosa non sembrami che il N. A. possa avere scritto noglic, così non ho voluto recedere dalla lezione de' codici. Lodovico Dolce ardi cangiar molte voci nelle Stanze del Poliziano; del che viene ripreso dal Menckenio e dallo Zeno. Io non voglio far come lui. Trovo esempi antichi della voce zoglia in vece di gioia e di noglia in iscambio di noia. Si veggano le Lettere di fra Guittone Quel loda amor, che più di lui si dole. Ma, se punto ti cal delle mie voglie, Fammi tenor con tua fistola alquanto; E canterem ́sotto all'ombrose foglie; Ch'io so che alla mia ninfa piace il canto. CANTO DI ARISTEO. Udite, selve, mie dolci parole, Poichè la bella ninfa udir non vuole. d'Arezzo, raccolte dall'infaticabile monsig. Bottari e stampate in Roma dal Rossi nel 1745; ove tali voci s' incontrano. Guido Cavalcanti ha una canzone entro la Raccolta dell'Allacci, nella quale son questi versi: " D E va nel ciel dov'è compíta zolia Zolioso 'cor fuor di corrotto e d'ira. E nella Racc. de' poeti ferraresi ordinata dal Baruffaldi v'è un sonetto d' un frate Anselmo da Ferrara con quest'altro: Di chi più v'ama che la vostra zoglia. Nel Ms. regg. che ci ha somministrato l'Orfeo avvi un capit. del Tebaldeo con un verso che dice: «E la vecchiezza senza noglia alcuna. » Cosi parimente lessi io una ballata in un antico codice della libreria della Nunziata in Bologna, ove s'incontra : E non li pare faticare; Pena non sente e non noglia. Quindi ho voluto lasciare questa voce come trovasi ne' Mss. indicati e se ferisse mai l'orecchio delicato d'alcun moderno, farà la scusa al N. A. il discreto Menckenio: Nec quod usus sit passim in carminibus vernaculis, in primis quæ » genere carminis heroico scripsit, vocibus barbaris et quodammodo peregrinis, quales nonnullas collegit larvatus ille Udienus Nisielius in Proginn. poet. vol. IV, prog. 77, pag. 238; Politiani ma. 13 D D 53 gis quam ætatis factum culpa putabimus. Si quid vero in eo peccavit noster, id ferat solatii, quod commune et hoc peccatum cum ætatis suæ poetis nescio au omnibus fuerit. (Sect. I, S 13, no»ta (a), pag. 256 et seq.) » Non è improbabile però che anche a bello studio adoperasse in questo primo atto modi non del tutto propri siccome par quello: Va' Tirsi, e guarda un poco se tu 'l senti; » perchè, inducendo a parlare pastori, volle forse imitare Teocrito; il quale, per testimonio del Rapino, de industria tribuit suis pastoribus et sermonis rusticitatem in dorica dialecto et interdum vitiositatem orationis. (Dissert. de carm. past. pag. 117.) (A). *Gli Editori milanesi del 1825 rimisero nel testo la lezione comi niana doglie.. v. 50. Var. Ma se purc ti cal: Ms. Vitali (A). · v. 51. Questo verso e l'altro che rima seco fanno assai più onore al Poliziano di quello che gli altri della ediz. cominiana. Quel far tenore è detto assai bene; ed usollo il Petrarca riguardo all' accordare il canto al mormorio d' una fontana là ove disse: Ma ninfe e muse a quel tenor cantando 2 (A). V. 54. Giusto de' Conti: « Udite, monti alpestri, gli miei versi.... O boschi ombrosi.... Udite. » — v. 55. Var. la ninfa mia: Ms. Vitali. (A.) |