La bella ninfa sorda al mio lamento Con gli anni insieme sua bellezza isnella; ... - V. 56. Var. La ninfa mia è: Ms. Vit.; e nel v. seg., E'l suon (A). v. 59-61. Var. bagnar la fronte : Ms. Vit. (A.) Imit. da quel di Virgilio, ecl. V: «< Non ulli pastos illis egere diebus Frigida, Dafni, boves ad flumina, nulla neque amnem Libavit quadrupes nec graminis attigit herbam. » Mosco: « le vacche appo i tori sbrancate lamentavano e non vogliono pascolare (nella morte di Bione)» (N). · 61. Pare preso da quel di Stazio « Sic vatem mærere suum » (N). - v. 65. Teocr. « O graziosamente guardante, tutta sasso,» e altrove pais laine (fanciullo sasseo). บ. ... E il Buonarroti: « Questo pezzo di sasso, questo ingrato. * Dante, di una donna, vera o allegorica che sia, « veste sua persona d' un diaspro: » e anche la chiama questa bella pietra, » e « questa gentil pietra» canz. IX e X-v. 67. * Davanti; trovasi nei classici congiunto spesso, come qui, al sesto caso: Boce. Dite quante per lei lagrime versi, MOPSO. E' non è tanto il mormorio piacevole 84 Delle fresche acque che d'un sasso piombano, Ch'è del vitello? hallo tu ritrovato? Partem aliquam, venti, divùm referatis ad aures; » e Ovid. « Detulit aura preces ad me non invida blandas» (N). .-v. 79. Var. dite quanto: Ms. V. (A). v. 80. Nel Ms. regg. sembra doversi leggere ella pregate: ma ci attenghiamo in questa lez. al Ms. Chis. avvertendo che questo v. manca nel Ms. Vit. (A). - v. 81-82. Comune nei Lirici nostri. Ma strano nel Petrarca « mi struggo al suon delle parole, Pur com' io fossi un uom di ghiaccio al sole. »- v. 84-85. Ovid. Fast. IV: « ex alto desilientis aquæ ; e Omero a fredda discorreva l'acqua d'alto d' una pietra. E Teocr. « Più soave, o pastore, il tuo canto che quella sonante acqua là, che di su alto da quel masso distilla» (N). v. 86-87. Mosco: « Dove, quando spira molto vento, il pino canta >> (N). E Teocr. « Un cotal dolce sibilo anche, o capraio, quel pino là presso le fonti risuona. » E questi e i superiori versi di Teocr. aveva in mente Virgilio. «Nam neque 92 me tantum venientis sibilus Austri Nec percussa iuvant fluctu tam litora, quam quæ Saxosas inter decurrunt flumina valles ecl. V. v. 87. Rombano. Tutti i testi leggono qui trombano: io ho voluto cangiare; e dietro l'ediz. del Baz. m'è piaciuto scrivere rombano, come voce più atta a significar quel mormorio o sibilo che mandano le cime de' pini agitate dal vento; il quale non mi par tanto, che possa ad un trombeggiamento paragonarsi (A). - v. 88. * Solazzevole. Nei pri mi secoli della lingua non è rara la terminazione in e al plurale degli aggettivi femminini della terza. Dante, Par., I. accline Tutte nature » e XV, delle anime beate, « a tacer fur concorde. » E abbondano gli esempi anche fuor di rima e in prosa. v. 90. * come una cucciola, docile come una cagnolina. Cucciolo si dice al cane non ancora finito di crescere. — v. 92. Hallo: hailo, lo hai. Vedi i gramm, tosc. (N). « TIRSI. Si ho. Così avess' egli il capo mozzo, ARISTEO. Or io vorre' ben la cagione udire, TIRSI. Stetti a mirar una gentil donzella Più vaga in atti e più leggiadra in fronte: Che volgerebbe un fiume verso il fonte: ARISTEO. Rimanti, Mopso; ch'io la vuo' seguire; MOPSO. Guarda, Aristeo, che troppo grande ardire 100 108 neve il volto, oro i capelli » (N). scano. Rimanti, Mopso, appresso a questa fonte; O Tirsi, e che ti par or del tuo sire? TIRSI. O Mopso, al servo sta bene obbedire; 116 Non fuggir, ninfa, ch'io ti porto amore. Non sono il lupo o l'orso, Ma sono il tuo amatore: Dunque rifrena il tuo volante corso. E' convien ch'io la segua: Porgimi, Amor, e presta le tue ale! UNA DRIADE. Annunzio di lamento e di dolore, Care sorelle, la mia voce apporta, Che a pena ardisce a ricontarlo il core. Euridice la ninfa al fiume è morta : L'erbe languono intorno a capo chino, E l'acqua al mormorar si disconforta. Abbandonato ha il spirto peregrino Quel bell'albergo, e lei giace distesa Come bianco ligustro o fior di spino. La cagion poscia ho di sua morte intesa, V. 129. Si avverta che questo v. manca nel Ms. V. (A). v. 130. Var. Non sono lupo o orso: Ms. Vit. (A). Imit. da quel d' Orazi: « Atqui non ego te, tigris ut aspera Getulusve leo, frangere persequor » (N). v. 137. Eurip. Ecub. I, 3 : « Di novella assai grave, apportatrice, e a te, donna, nunzia di guai » (N). Da questo v. sino alla fine dell' atto abbiamo un gentil pezzo di poesia non più veduto sin ora nell'Orfeo.... Questo parfa da se, onde assicurarci che l'Orfeo stampato non era nè intero nè perfetto.... Osservisi prima di tutto come l'azion presente e il motivo del coro di Driadi sia tratto da Virg. ove narra la stessa favola. « Illa quidem dum te fugeret per flumina præceps, Immanem ante pedes hydrum 130 157 140 143 146 moritura puella Servantem ripas alta non vidit in herba. Ast chorus æqualis Dryadum clamore supremos Implerunt montes.... » Non dovette sembrar convenevole al nostro Poliz. il far correre la fuggiasca Euridice per l'acqua, cosicchè da un idro, serpente acquatico velenosissimo, fosse punta; ma si contentò di rappresentarcela correr fra l'erbe e i fiori, ove da una serpe mortifera, di qualunque specie ella si fosse, venisse morta ed uccisa (A). — v. 139. Virg. animus meminisse horret luctuque refugit » (N). - v. 141. Nell' epitaf. di Bione; intorno di Adone morto, « i fiori per dolore arrossano » (N). v. 144. Ms. Vital. E lei fatt' è distesa (A). v. 146. Ms. Vital. La cagion poi (A). |