Immagini della pagina
PDF
ePub

La bella ninfa sorda al mio lamento
Il suon di nostra fistola non cura:
Di ciò si lagna il mio cornuto armento,
Ne vuol bagnare il ceffo in acqua pura
Ne vuol toccar la tenera verdura;
Tanto del suo pastor gl'incresce e dole.
Udite, selve, mie dolci parole.
Ben si cura l'armento del pastore:
La ninfa non si cura dello amante,
La bella ninfa c'ha di sasso il core:
Di sasso? anzi di ferro, anzi adamante.
Ella fugge da me sempre d'avante,
Come l'agnella il lupo fuggir suole.
Udite, selve, mie dolci parole.
Digli, fistola mia, come via fugge

Con gli anni insieme sua bellezza isnella;
E digli come il tempo ci distrugge,
Nè l'età persa mai si rinnovella:
Digli che sappi usar sua forma bella,
Che sempre mai non son rose e vïole.
Udite, selve, mie dolci parole,
Portate, venti, questi dolci versi
Dentro all'orecchie della ninfa mia:

...

-

V. 56. Var. La ninfa mia è: Ms. Vit.; e nel v. seg., E'l suon (A). v. 59-61. Var. bagnar la fronte : Ms. Vit. (A.) Imit. da quel di Virgilio, ecl. V: «< Non ulli pastos illis egere diebus Frigida, Dafni, boves ad flumina, nulla neque amnem Libavit quadrupes nec graminis attigit herbam. » Mosco: « le vacche appo i tori sbrancate lamentavano e non vogliono pascolare (nella morte di Bione)» (N). · 61. Pare preso da quel di Stazio « Sic vatem mærere suum » (N). - v. 65. Teocr. « O graziosamente guardante, tutta sasso,» e altrove pais laine (fanciullo sasseo).

บ.

...

[ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small]

E il Buonarroti: « Questo pezzo di sasso, questo ingrato. * Dante, di una donna, vera o allegorica che sia, « veste sua persona d' un diaspro: » e anche la chiama questa bella pietra, » e « questa gentil pietra» canz. IX e X-v. 67. * Davanti; trovasi nei classici congiunto spesso, come qui, al sesto caso: Boce.

[ocr errors][merged small][merged small]

Dite quante per lei lagrime versi,
E la pregate che crudel non sia:
Dite che la mia vita fugge via
E si consuma come brina al sole.
Udite, selve, mie dolci parole.

MOPSO.

E' non è tanto il mormorio piacevole

84

Delle fresche acque che d'un sasso piombano,
Nè quando soffia un ventolino agevole
Fra le cime dei pini e quelle rombano;
Quanto le rime tue son solazzevole,
Le rime tue che per tutto rimbombano:
Se lei le ode, verrà come una cucciola.
Ma ecco Tirsi che del monte sdrucciola.
ARISTEO.

Ch'è del vitello? hallo tu ritrovato?

Partem aliquam, venti, divùm referatis ad aures; » e Ovid. « Detulit aura preces ad me non invida blandas» (N). .-v. 79. Var. dite quanto: Ms. V. (A). v. 80. Nel Ms. regg. sembra doversi leggere ella pregate: ma ci attenghiamo in questa lez. al Ms. Chis. avvertendo che questo v. manca nel Ms. Vit. (A). - v. 81-82. Comune nei Lirici nostri. Ma strano nel Petrarca « mi struggo al suon delle parole, Pur com' io fossi un uom di ghiaccio al sole. »- v. 84-85. Ovid. Fast. IV: « ex alto desilientis aquæ ; e Omero a fredda discorreva l'acqua d'alto d' una pietra. E Teocr. « Più soave, o pastore, il tuo canto che quella sonante acqua là, che di su alto da quel masso distilla» (N). v. 86-87. Mosco: « Dove, quando spira molto vento, il pino canta >> (N). E Teocr. « Un cotal dolce sibilo anche, o capraio, quel pino là presso le fonti risuona. » E questi e i superiori versi di Teocr. aveva in mente Virgilio. «Nam neque

[ocr errors]
[ocr errors]

92

me tantum venientis sibilus Austri Nec percussa iuvant fluctu tam litora, quam quæ Saxosas inter decurrunt flumina valles ecl. V.

v. 87. Rombano. Tutti i testi leggono qui trombano: io ho voluto cangiare; e dietro l'ediz. del Baz. m'è piaciuto scrivere rombano, come voce più atta a significar quel mormorio o sibilo che mandano le cime de' pini agitate dal vento; il quale non mi par tanto, che possa ad un trombeggiamento paragonarsi (A). - v. 88. * Solazzevole. Nei pri mi secoli della lingua non è rara la terminazione in e al plurale degli aggettivi femminini della terza. Dante, Par., I. accline Tutte nature » e XV, delle anime beate, « a tacer fur concorde. » E abbondano gli esempi anche fuor di rima e in prosa. v. 90. * come una cucciola, docile come una cagnolina. Cucciolo si dice al cane non ancora finito di crescere. — v. 92. Hallo: hailo, lo hai. Vedi i gramm, tosc. (N).

«

TIRSI.

Si ho. Così avess' egli il capo mozzo,
Chè poco men che non m'ha sbudellato.
Corsemi contro per darmi di cozzo:
Pur l'ho poi nella mandra ravviato:
Ma ben so dirti ch'egli ha pieno il gozzo.

ARISTEO.

Or io vorre' ben la cagione udire,
Per che sei stato tanto a rivenire.

TIRSI.

Stetti a mirar una gentil donzella
Che va cogliendo fiori intorno al monte:
Nè credo mai vedere altra sì bella,

Più vaga in atti e più leggiadra in fronte:
Si dolce canta e sì dolce favella,

Che volgerebbe un fiume verso il fonte:
Di neve e rose ha il volto, e d'ôr la testa,
E gli occhi bruni e candida la vesta.

ARISTEO.

Rimanti, Mopso; ch'io la vuo' seguire;
Perch'essa è quella di cui t'ho parlato.

MOPSO.

Guarda, Aristeo, che troppo grande ardire
Non ti conduca in qualche tristo lato.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][ocr errors]

100

108

neve il volto, oro i capelli » (N).
v. 111. * Lato. Qui semplicemente
per parte o luogo; come il suo plu-
rale in Dante, Par., XXIX. « que.
sto vero è scritto in molti lati,
e come l'usa tuttora il popolo to-

scano.

[ocr errors]

Rimanti, Mopso, appresso a questa fonte;
Chè voglio ir a cercarla oltra quel monte.
MOPSO.

O Tirsi, e che ti par or del tuo sire?
Non vedi tu ch'egli è del senso fuore?
Tu gli dovresti pur talvolta dire
Quanto gli fa vergogna questo amore.

TIRSI.

O Mopso, al servo sta bene obbedire;
E matto è chi comanda al suo signore.
Io so ch'egli è più saggio assai che noi:
A me basta guardar le vacche e' buoi.

116

[blocks in formation]

Non fuggir, ninfa, ch'io ti porto amore. Non sono il lupo o l'orso,

Ma sono il tuo amatore:

Dunque rifrena il tuo volante corso.
Poi che'l pregar non vale
E lei via si dilegua,

E' convien ch'io la segua:

Porgimi, Amor, e presta le tue ale!

UNA DRIADE.

Annunzio di lamento e di dolore,

Care sorelle, la mia voce apporta, Che a pena ardisce a ricontarlo il core. Euridice la ninfa al fiume è morta :

L'erbe languono intorno a capo chino, E l'acqua al mormorar si disconforta. Abbandonato ha il spirto peregrino

Quel bell'albergo, e lei giace distesa Come bianco ligustro o fior di spino. La cagion poscia ho di sua morte intesa,

V. 129. Si avverta che questo v. manca nel Ms. V. (A). v. 130. Var. Non sono lupo o orso: Ms. Vit. (A). Imit. da quel d' Orazi: « Atqui non ego te, tigris ut aspera Getulusve leo, frangere persequor » (N).

v. 137. Eurip. Ecub. I, 3 : « Di novella assai grave, apportatrice, e a te, donna, nunzia di guai » (N). Da questo v. sino alla fine dell' atto abbiamo un gentil pezzo di poesia non più veduto sin ora nell'Orfeo.... Questo parfa da se, onde assicurarci che l'Orfeo stampato non era nè intero nè perfetto.... Osservisi prima di tutto come l'azion presente e il motivo del coro di Driadi sia tratto da Virg. ove narra la stessa favola. « Illa quidem dum te fugeret per flumina præceps, Immanem ante pedes hydrum

130

157

140

143

146

moritura puella Servantem ripas alta non vidit in herba. Ast chorus æqualis Dryadum clamore supremos Implerunt montes.... » Non dovette sembrar convenevole al nostro Poliz. il far correre la fuggiasca Euridice per l'acqua, cosicchè da un idro, serpente acquatico velenosissimo, fosse punta; ma si contentò di rappresentarcela correr fra l'erbe e i fiori, ove da una serpe mortifera, di qualunque specie ella si fosse, venisse morta ed uccisa (A). — v. 139. Virg. animus meminisse horret luctuque refugit » (N). - v. 141. Nell' epitaf. di Bione; intorno di Adone morto, « i fiori per dolore arrossano » (N). v. 144. Ms. Vital. E lei fatt' è distesa (A). v. 146. Ms. Vital. La cagion poi (A).

[ocr errors]

« IndietroContinua »