ACTVS QVARTVS NECROMANTICVS. Verbis flebilibvs modvlatvr ORPHEVS, interloqvvntur PLUTO et PROSERPINA, EVRYDICE item et THESIPHO, etenim dvplici actv hæc scena vtitvr. ORFEO. Pietà pietà del misero amatore, Ma qualunque altro è qua nel mondo cieco. Che ha il ciel nemico e tutti gli elementi, PLUTONE. Chi è costui che con l'aurata cetra Mossa ha l'immobil porta V. 247. Var. Non solamente piangerai con meco: Ms. Vit. (A). – -v. 257268. Sempre più si scorge aver l'A. avuto presente il IV libro delle Georg., allora quando scrisse l' Orfeo. Ecco il 241 249 257 confr. di questo passo: « Ast cantu commotæ Ercbi de sedibus imis Umbræ ibant tenues simulacraque luce carentum. Quin ipsæ stupuere domus atque intima Lethi Tartara Nè mi par ch'altra cosa Mi porgesse mai più tanto diletto. Dunque alquanto ti posa. Se da te debbo aver grazia una volta, Pósati alquanto, e il dolce canto ascolta. 278 rarescere noctem; Urna nec incertas versat minoia sortes: Verbera nulla sonant, nulloque frementia luctu Impia delatis respirant Tartara pœnis: Non rota suspensum præceps Ixiona torquet; Non aqua Tantaliis subducitur invida labris: Solvitur Ixion, invenit Tantalus undam, Et Tytius tandem spatiosos erigit artus » (N). v. 259. Var. Ecco che pianger fa la gente morta: Ms. Vit. (A). - v. 269-280. Abbiamo veduto Plutone mezzo sconvolto e quasi adirato della novità non più veduta. Se Minos coll' ottava che ORFEO. O regnatori a tutte quelle genti Mi tolse la mia donna anzi 'l mio core: Ogni vita mortal qua giù ricade: si legge nelle st. fosse venuto ad empirlo di sospetti e a ricordargli i passati danni sofferti da coloro che vivi erano altre volte calati laggiù; è verisimile che non sarebbe stato cheto e che anzi avrebbe richiamate tutte le forze sue onde porsi in difesa. Nulla però leggendosi di questo, ben possiamo asserire che quell' ottava di Minos non fu qui inserita dal Poliziano. Di più è affatto inverisimile che Minos potesse parlare così: poichè, se il dolce suono della cetra d'Orfeo aveva commossi tutti gli spiriti infernali, non vi è ragione per cui dovesse Minos essere da tal commozione escluso, onde poter suggerire al re d' Averno pensieri di gelosia e di sospetto. La parlata di Proserpina qui in vece di quella di Minos è collocata assai bene; e non togliendo il verisimile mostra di essere assai più che l'altra degna del Poliz. (A). v. 281. Var. O regnaturi a tutte : Ms. Vit. (A). v. 289. La voce nascosa è tolta dall' edizione cominiana mancando nei Mss. v. 281-296. *Ovid. Met. X. « o positi sub terra numina mundi In quem decidimus quidquid mortale creamur.... non huc ut opaca viderem Tartara descendi, nec uti villosa colubris Terna Medusæi vincirem guttura monstri. Causa viæ est coniux, in quam calcata venenum Vipera diffudit crescentesque abstulit annos.... Vicit Amor. Supera deus hic bene notus in ora est: An sit et hic, dubito; sed et hic tamen auguror esse; Famaque si veteris non est mentita rapina, Vos quoque iunxit Amor. >> Quanto cerchia la luna con sue corna Dunque rendete a me la mia speranza; Non ve 'l dimando in don; questa è prestanza. Della palude Stige e d'Acheronte, E pel Caos ove tutto il mondo nacque, V. 299. * Cioè ogni cosa terrena, tutto ciò che è su la terra. Dante : ".... ogni contento Da quel ciel c' ha minor gli cerchi sui »e« tutto l'oro ch'è sotto la luna. » -v. 301. SuPERI detto alla latina delle cose che sono su la terra o degli uomini viventi, quando si parla dell' inferno o nell' inferno. Seneca, di Ercole, opima victi regis ad superos refert Herc. fur. 48: e Val. Flacc., I, 792: « Tune excite, parens, umbris, ut nostra videres Funera et oblitos superum paterere dolores? » v. 297-304. Ovid. Met. X: « Omnia debentur vobis: paulumque morati Serius aut citius sedem properamus ad unam. Tendimus huc omnes: hæc est domus ultima: vosque Humani generis longissima regna tenetis. » v. 305 306. Metam. " 1. c.: « Hæc quoque cum iustos natura (N). ...... pro per Ah, se di ciò che nasce La matura vendemmia a te si serba, Pluto crudel, perchè la cogli acerba ? » . 312. Metamorph. J. c. munere poscimus usum v. 313-315. Metam. 1. c. « ego hæc loca plena timoris, Per chaos hoc ingens vastique silentia regni, Euridices oro properata retexite fata (N). v. 315. Var. Per Caos ove tutto: Ms. Vit. (A). 1. 317. Var. che già a te, regina: Ms. regg. (A). * Proserpina poteva ritornare al mondo di sopra e alla madre sua, purchè non avesse tocco cibo in inferno: ma ieiunia Quando lasciasti su nostro orizonte. lo non vuo'su tornar; ma chieggio morte. PROSERPINA. Non credev' io, consorte, Che nella nostra corte Pietà si ritrovasse al nostro regno. Vedo l'inferno di mercede or pregno; Parendo a lei costui di pianto indegno. PLUTONE. Resa sia, con tal legge Che mai tu non la vegge Fin che tra' vivi pervenuta sia. Non ti volgere a lei per questa via, Se non, che tolta subito ti fia. Io son contento che a sì raro impetro virgo Solucrat; et cultis dum simplex errat in hortis, Puniceum curva decerpserat arbore pomum, Sumptaque pallenti septem de cortice grana Presserat ore suo »> Ovid. Met. V. -v 318. Var. lasciasti su 'l nostro : Ms. regg. (A). - v. 319-320. Ovid. Met. X: « Quod si fata negant veniam pro coniuge, certum est Nolle redire mihi: letho gaudete duorum » (N). v. 320. Questo è l'unico verso che manchi nel Ms. regg. (A). v. 323. Var pietà si trovasse: Ms. Regg. (A). v. 324. Mercede per pietà è comune negli antichi in queste dizioni, Mercè per Dio, chiedere o domandare mercede. Esempi in cui sia usato così assolutamente non ne porta il dizionario se non un di Guittone, nè così spiccato come questo del N. R. Pregno di mercede ci suona male e ci par frase veramente pregna: ma Dante, di sè, Purg., XVIII, m'ha fatto di dubbiar più pregno. » v. 335. * IMPETRO: per impetrazione, preghiera. I Vocabolari non ne portano altri esempi che questo del Poliziano è come domando, per domanda, di Dante. Nel saggio d'un poemetto del secolo XV, pubblicato ultimamente dal dottor C. Gargiolli (Veglie Letterarie, num. 2), leggesi molesto por molestia : « Perchè non gli donasse più molesto. »> |