Immagini della pagina
PDF
ePub

E sapra'ne ben trarre el ver construtto. E s' io arò punto di favor dal cielo, Forse ne nascerà qualche buon frutto.

Fatti con Dio, chè 'l troppo dire offende: Chi è savia e discreta presto intende.

128

III.1

Oimè, signora mia, perchè t' adiri

dioptram prospicere. Malmant. III, 50:

[ocr errors]

Ma quella che conosce il pel nell'uovo S'accorge che son tutte invenzioni. » Giusti, Sortil. «< un ser Vicario già n' era avvisato Famoso per trovare il pel nell' uovo. >> v. 124. Construtto, qui, il sentimento, la conclusione vera. v. 125. punto favor, cod. Ricc. e Vanz.

v. 127. Falli con Dio, formula di saluto e di congedo che gli antichi usavano volentieri come noi oggi addio. -v. 128. Una serenata tosc. popol. finisce : « Ascolta quel che dice e quel che vuole : A buono intenditor poche parole. Ascolta quel che dice e quel che manda: Al buono intenditor s'arracomanda. »

1 Furono pubblicate da chi cura questa edizione nel primo quaderno del giornale letterario Il Poliziano, con innanzi le seguenti parole: « Queste dieci stanze ho copiato da un codice cartaceo in foglio, 2723 de' riccardiani, scritto negli ultimi anni del secolo XV; dove stanno a c. 43 retro, dopo ed innanzi ad altre che sono conosciute da tutti come del Poliziano. Hanno in fronte le iniziali L. M. Ma nè il Roscoe o chi per esso cercò nelle scritture di Lorenzo de' Medici, nè gli edd. fior. del 1825 che tanti

e tanti codici di esso Medici poterono agevolmente vedere, trovarono che mai fossero attribuite a lui queste. Di più; il cod. rice. è liberale al Medici di cose non sue; gli dà la ballata Questo mostrarsi adirata di fore, certamente del Poliziano e per autorità di altri codici e per somiglianza di maniera; gli dà altre due ballate, Chi non sa com'è fatto il paradiso, e Benedetto sie'l giorno e l'ora e'l punto, composte per Ippolita Leoncina da Prato, la quale non si sa che fosse amoreggiata e cantata dal Magnifico, da messer Angelo si; e di fatto col nome di Angelo Poliziano le pubblicò poi da un manoscritto del seminario fiorentino l' accademico Rigoli nel suo Saggio di rime inedite dal XIV al XVIII secolo (Firenze, Ronchi, 1825). Ciò tutto insieme mi fe sospettare non quelle stanze fossero del Poliziano; tanto più che la maniera efficace e aspra, la forma rude e scheggiata del Magnifico io non ci trovavo; si le sentivo piene fluenti abbandonate, e la rosea facilità del Poliziano (talora popolarmente non mai rozzamente e barba. ramente scorretta) mi vi splendeva dentro. E il sospetto si fe certezza,

[merged small][ocr errors][merged small]

Ch'i' non t'abbi nel cor a tutte l'ore:
Nè cosa alcuna potrà mai mutare
Quel voler che t'elesse per signore.
Nè resterò già mai di lacrimare,
Poi che sol pianto disia el mio core:
Nè cosa alcuna sia che mi conforte,

Sol ch' io speri trovarti o in vita o in morte.
Quando riveggo el tuo leggiadro volto,
Vie più s' infiamma el mio misero core.
Io mi solevo andar libero e sciolto,
Or nelle forze sue mi tiene Amore.

almeno per me; quando ci trovai tanti concetti e frasi e forme, tante intonature e chiuse ed emistichi di versi, come già mi si erano appresi alla mente dalla lettura delle rime del Poliziano; e in ultimo anche un'ottava ripetuta fra altre del nostro autore e nel codice stesso e nelle stampe dal 1814 in giù. E deliberai pubblicarle; portando in nota certe congetture di restituzione dove per guasto del codice il testo è manco, e alcune delle somiglianze che mi è avvenuto di osservare fra questi e altri versi del poeta nostro a stampa.

V. 2. Servo fedel. Spesso l'usa il Poliziano: Vedreste questo servo si fedele: .... nella fossa Vedrai sepolto il tuo servo fedele: Il servo tuo di fede e d'amor pieno. · v. 7.8. Forse

[ocr errors]

S

16

è da restituire così: ogni ragion di
lai;
e tu lo sai. -v. 9-10. Co-
minciamenti d'altre stanze, Nè morte
potria far ch' io non v'amassi, e Non
potrà mai tanta vostra durezza Dal
pello trarmi l'amoroso fuoco: fine
di una stanza, E non potrà però mai
fare il ciclo Ch'io non t'onori ed
ami di buon zelo. v. 12. Signore.
Spesso il Poliziano dà questo ipoco-
rismo alla donna amata: E se' sem-
pre il mio signore: Deh, pietà di
me, signore, e
penso a le, gentil
signore. Così anche gli altri autori
contemporanei di canzoni a ballo,
per uso venuto dai provenzali e
da' duecentisti che dicevano dolce meo
sire a madonna. Anzi Cino in alcun
luogo chiama bel cavaliere una bella
donna. — v. 17-24. È la 40 nella serie

....

di stanze che nelle altre stampe co

Ben credo ch'i' sarò prima sepolto,
Ch'i' esca mai di tanti affanni fore:
Poi che questo m'è dato in dura sorte,
Disposto sono a portarne la morte.
Per dio, madonna, donami soccorso,

Perch' io non mora giovinetto amando:
Tu hai le redini in man del duro morso,
E di me puoi disporne al tuo comando.
I' son per te in tal dolor transcorso,
Che son per dare alla mia vita bando:
Ben potrai tener cara tua belleza,
Se... l'amante che tanto t' appreza.
Soccorrimi oramai, prima che morte
Chiuda questi occhi e li spiriti lassi ;
Muta la voglia dispietata e forte,
Chè le mie voci avrian già mossi i sassi.
S'a te servire il ciel mi diè per sorte,
Per che sanza ragion morir mi lassi ?
Soccorrimi oramai: merzè chiamando
Finir mi sento il core in te sperando.
Che debbo io più, meschino !, omai pensare
D' aver riposo in questo mondo o pace?

[ocr errors]

minciano l' seminai il campo: differenti nelle già edite gli ultimi due versi. - v. 17. Altri Rispetti cominciano, Da poi ch' io vidi il tuo leggiadro viso. v. 23-24. Nota la rima orte ripetuta in fine a due ottave di séguito. Frequente nel Poliziano, specialmente con morte e forte: DATO dal ciel mi fu questo PER SORTE; Ch'i fussi vostro in vita e dopo morte (dove tu vedi anche somiglianza di parole e modi): Che questo è solo a me DATO PER SORTE, Nè scior mi può da lei se non la morte: E poi che vuol cosi mia DURA SORTE, Fermo son di servire in fino a morte: e altri molti. - v. 24. Altrove, l' son contento morte sofferire.

v. 25.

24

40

Altrove, Soccorrimi, per dio Pietà, donna, per dio. - v. 27. Altrove, Morte torrà dal core il DURO MORSO.

v. 29-30. Quante volte anche nelle rime! Vedi ediz. Silvestri, pag. 118 e 119, 125 e 126, 135, 139. – - v. 32. Forse se muor. v. 34. Altrove, Questi occhi chiusi Da morte. v. 36. Altrove, Io ho mossi a pietà già questi sassi. v. 37. Vedi sopra la nota al verso 23 e 24; e nota la rima orte nuovamente a mezzo l'ottava, come spesso nei versi già editi. v. 39. Nota la ripetizione soccorrimi, e vedila anche a pag. 145 e 146 dell' ediz. Silvestri, st. 19 e 20. v. 41-48. I concetti di questa e della seguente stanza sono gran

A chi mi deggio, lasso !, richiamare
Di tanto foco che 'l mio cor disface?
A chi verrà pietà del mio stentare ?
O cruda morte, o lacrime vivace,
A voi ritorno; poi ch' ogni altra cosa
A me meschino, misero !, è noiosa.
In mille modi io ho provato e pruovo

Volger la voglia tua ch'è tanto dura;
Di giorno in giorno più crudel ti truovo:
Languir mi vedi, e di me non hai cura:
El mio servire e 'l mio pregar t' è nuovo,
El mio penar con te non ha ventura.
Donna non vidi mai sotto le stelle
Più bella in vista e nel cor più. . . .
Se tu sapessi el duol che l'alma attrista
E mostrar ti potessi el tristo core,
So che saresti più dolce in vista
E ti dorresti del tuo lungo errore.
Per crudeltà già mai gloria s' acquista
Nè per far consumare un servitore:
Benchè sie mio signore, io servo umile,
Quanto più umana tanto più gentile.
Se morte o tua merzè non viene ormai
A trar quest' alma dall' ardente foco,
Girò disperso per sfogar mie' guai
Piangendo il mio destino in ogni loco:
E tu, donna crudel, cagion sarai

parte delle rime del nostro autore: e chi ha l'orecchio avvezzo all' armonia dell'ottava del Poliziano ne sentirà qui e nella seguente tutti i toni e le gradazioni. Avvertasi anche al v. 46 quel vivace femminile nel numero del più; sgrammaticatura, secondo l'odierno rigorismo, in cui ci siamo gia avvenuti e ci avverremo di nuovo. v. 56. Forse: più ribelle. v. 57. Intonazione si

--

48

56

mile all' altra Se tu sapessi quant'è gran dolcezza.... Tu porresti da parte ogni durezza. v. 59. I verso è monco o almeno inarmonico: forse innanzi al più era un vie; e chi scrisse il codice lo lasciò, come spesso altre parole. v. 60. Altrove, Tu ti dorresti aver tanto indugiato.

v. 63-64. Così nel codice: nè so cavarne costrutto. Servo umile: Altrove, Al tuo servo tanto umile.

Ch'i' mi consumi e strugga a poco a poco.
Però, se m' ami come m' hai mostrato,
Non sia cagion ch'i' mora disperato.
Piangete, occhi dolenti, e non restate;

Piangete sempre, accompagnate il core;
Piangete sempre, per fin che lasciate
Li spiriti affannati in gran dolore:
E quando il corpo stanco abbandonate,
Piangendo andate bestemmiando Amore:
E siate esemplo a chi spera merzede

in cui non è nè fu mai fede.

72

80

IV.1

E' mi convien da te spesso partire,
Poi che la mia infelice sorte vuole;
E non potendo il suo voler fuggire
Son sforzato a far quel che più mi duole
Lassoti il cor che non mi può servire,

[ocr errors]

V. 72. sia: qui seconda persona singolare dell' imperativo. · - v. 73. Altre stanze cominciano Piangete, occhi, da poi e Piangete, occhi dolenti, e il cor con voi Pianga. v. 74. Altrove gli occhi fanno al cor dolente compagnia. v. 75-80. Gli occhi che devono lasciare gli spiriti, abbandonare il corpo, andare bestemmiando amore, essere esempio, a molti non piaceranno: ed io non darò già il torto a quei molti. v. 50. Forse diceva Da o In donna.

[blocks in formation]

ad altre che sono evidentemente Rispetti spicciolati. Un accenno a qualche distinzione l'abbiamo anche nel cod.; il quale dopo la ottava che nella serie dell' ediz. fior. è IX (pag. 81) manca di due carte; ricominciando poi con le stanze. Quand' io ti cominciai e Non so per qual ragion, alle quali séguita quella che è prima di queste nostre. Ma la ottava Quand' io ti cominciai è il principio di altro componimento che riporteremo per innanzi : l'altra non ha attenenza alcuna con l'argomento di queste otto, che è un lamento in occasione di par tenza dalla donna amata; dunque la riserbammo pei Rispetti spicciolati. V. 2. il vuole, le st.

« IndietroContinua »