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LIBRO PRIMO.

Proposizio

ne.

Le gloriose pompe e' fieri ludi
Della città che 'l freno allenta e stringe
A' magnanimi Toschi, e i regni crudi
Di quella dea che 'l terzo ciel dipinge,
E i premi degni alli onorati studi,
La mente audace a celebrar mi spinge;
Sì che i gran nomi e' fatti egregi e soli
Fortuna o morte o tempo non involi.

«

St. 1. -v. 1. LUDI. Voce lat., giuo chi: qui, festa d'armi, giostra. * Propriamente, spettacoli pubblici in occasione di feste: Vettori, Coltiv., V: avevano vinto i ludi principali di Atene.» - v. 2. * Et premere et lassas... darc... habenas » Virg. Æn. I. -v. 3. * REGNI. Qui, comandi, potenza; latinamente: « Inque meum semper stent tua regna caput» dice Properz. alla fanciulla: «Non gli aspri cenni ed i superbi regni, Non udisti... Leopardi. — v. 4. Dipinge: colora, orna, abbella. Venere vien

collocata nel terzo giro del cielo.

*

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v. 5. STUDI, l'azione di attendere a una cosa e la cosa stessa a cui l'uomo attende; latinamente: «studiis asperrima belli» En. I: lo studio della caccia» Fior. d'Ital.; e l'Ariosto nella preghiera di Medoro a Diana ... il mio re... Che vivendo imitò tuoi studii santi. » — v. 6. « Audaci promere cantu Mens congesta iubet Claudian. Rapt. Proserp. !: * « Fert animus dicere» Ovid. Met. I. - v. 8. « Nulla dies umquam momori vos eximet ævo» En. VIII.

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Invocazione

ad Amore.

Effetti amorosi.

Escusazione dell'Auto

re.

O bello iddio ch'al cor per gli occhi spiri
Dolce disir d'amaro pensier pieno,
E pasciti di pianto e di sospiri,
Nudrisci l'alme d'un dolce veneno,
Gentil fai divenir ciò che tu miri,

Ne può star cosa vil dentro al tuo seno;
Amor, del quale i' son sempre suggetto;
Porgi or la mano al mio basso intelletto.

Sostien tu el fascio che a me tanto pesa;
Reggi la lingua, Amor, reggi la mano:
Tu principio, tu fin dell' alta impresa:
Tuo fie l'onor, s'io già non prego in vano.
Di', signor, con che lacci da te presa
Fu l'alta mente del baron toscano

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St. 2. - v. 1.2. " Amore, amore, che dagli occhi stilli desiderio, inducendo voluttà dolce alle anime di quelli contro cui militi» Eurip. Ippol. * ".... dolce desio che Amor mi spira» Petr. v. 3. io mi pasco di lagrime, e tu 'I sai » dice Amore al Petr. v. 4. Virg. in proposito d' Amore: « Fallasque veneno. »> * « Blandiendo dulcem nutrivit malum Senec. Hypp. «..sento al cor già fra le vene Dolce veneno » Petr. « al cor scendea quella dol

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"

cezza mista D'un secreto veleno >>
Tass. Am. -v. 5-6. «Senza il quale
(Amore) non è cosa alcuna perfetta
nè virtuosa nè gentile, Divizio,
Caland. - v. 6. " Amor pur fonte
è d'ogni gentilezza Luc. Pulci,
Giostr. Lor. Tu se' colui che in-
gentilisci i cori »> Boce. Am. Vis.
Amore fece tale il Petr., «Che mai
per alcun patto A lui piacer non
poteo cosa vile.
>> *Concetti comuni
nei Lirici antichi: ma Lor. de' Me
dici, degli occhi della sua donna,

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*

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2

3

A le

faunato ingegno, Amore... Petr
St. 3. - v. 1. FASCIO, metaf., peso,
aggravio, carico così d'animo come
di corpo. V. C. « lo son si stanco
sotto il fascio antico Delle mie
colpe » Petr. Anche in prosa: «Con-
siderando di non poter per loro me-
desimi sostenere si gran fascio .. si
mandarono in Brabante G. Vill.
- v. 3-4. Imitazione delle solenni
invocazioni de' vati antichi. « In te
finirò e da te comincerò » Omero:
«Da Giove incominciamo, e in Gio.
ve finite, o Muse » Teocr.
principium, tibi desinet » Virg. ecl.
VIII. - v. 5. SIGNOR. Anche il Petr.
in più luoghi chiama Amor suo si-
CHE, relat. di qualità e
gnore.
quantità, corrispondente al qualis c
quantus de' latini.
Un
- LACCI.
laccio che di seta ordiva Tesc fra
l'erba... Allor fui preso Petr.
v. 6. BARONE, Giuliano. Gli antichi
lo dissero anche d'apostoli e santi,
auche di romani e greci. v. 7.
Chiama Giuliano più giovin figlio,
perchè era fratello minore di Lo-
renzo, ambedue figli di Piero figlio

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Invocazione a Lorenzo

Più gioven figlio della etrusca Leda,
Che rete furno ordite a tanta preda.

E tu ben nato Laur, sotto el cui velo de Medici. Fiorenza lieta in pace si riposa

Nè teme i venti o'l minacciar del cielo
O Giove irato in vista più crucciosa,
Accogli all'ombra del tuo santo stelo
La voce umil tremante e paurosa;
O causa o fin di tutte le mie voglie,
Che sol vivon d'odor delle tue foglie.

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St. 4. Dedica il suo lavoro a Lorenzo fratello di Giuliano, e pren. de per il nome di Lorenzo l'allegoria del lauro, come fece anche l'Ariost. nella canz. 3. st. 7, e il Petr. per quello di Laura. Anche Orazio, II, od. 5., si servi di simile allegoria:

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Longoque fessum militia latus Depone sub lauro mea. » — - v. 1. * Var. Ben nato Lauro, e tu: è un conciero del Dolce e del Sermartelli, che non passò come altri molti in tutte le ristampe posteriori. — * VELO « tegmi. ne fagi Virg. Ecl. I: e l'Ariosto, ecl. ".... Sotto l'ombroso velo D' un olmo antico. - v. 3-4. Allegoricamente; e forse dec intendersi d'inimicizie politiche, come più chiaramente il P. nella Nutricia Laurens... cuius securus ad umbram Fulmina bellorum ridens procul aspicit Ar

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nus. v. 5. STELO, grec. stele (co-
lumna o cippus). Noi chiamiamo stelo
il gambo dell'erbe e de'fiori. * Piacque
al Giusti " Dell'albero di Cristo il
santo stelo. Qualche stampa anti-
ca e l'Aldina, seguitate dalle comi-
niane e dal Molinari, leggono oste-
lo; errore del primo edit. bologn. ;
e quel pregare di essere accolto
nel palazzo de' Medici sarebbe un
chieder limosina con isconcia im-
prontitudine: per ventura, il ric-`
card. 1576 legge chiaramente stelo
come anche il Chigiano riprodotto
dal Biondi nell' ediz. romana (1804).
S. Betti notava nel Giorn. Arcad.
t. XXIX, 1026. « Bene... il Nannucci

ha restituito... il vero vocabolo stelo, togliendo via quel bruttissimo ostelo che deturpa tutte le altre ediz.; se n'eccettui la fior. del 1577 pel Sermart., la berga- masca del 1747 pel Lancelotti, la rara ed eccellente romana del 1804. v. 7. Principio e fin, leggono, con l'Aldo il Dolce e il Sermartelli, tutte le stampe posteriori che di qui innanzi chiamerò la Volgala. -v. 8. Var. Chic sol vivo: Cod. oliveriano, secondo il Betti, I. c. L'Ar. " Quel tósco e 'n terra e 'n cielo amato Lauro... le cui mediche

D

Deh, sarà mai che con più alte note,
Se non contrasti al mio voler fortuna,
Lo spirto delle membra, che devote
Ti fùr da' fati insin già dalla cuna,
Risuoni te dai Numidi a Boote,

Dagl' Indi al mar che 'l nostro cielo imbruna ;
E, posto il nido in tuo felice ligno,

Di roco augel diventi un bianco cigno ?

Ma, fin ch'all' alta impresa tremo e bramo 6
E son tarpati i vanni al mio disio,

Lo glorioso tuo fratel cantiamo,
Che di nuovo trofeo rende giulio
El chiaro sangue e di secondo ramo:

fronde Spesso alle piaghe d'onde Italia mori poi furon ristauro, Che fece all' Indo e al Mauro Sentir l'odor de' suoi rami soavi. »

St. 5. — v. 1. « ... En erit unquam Ille dies mili cum liceat tua dicere facta? En erit ut liceat totum mihi ferre per orbem... » Virg. ecl. VIII. v. 3. LO SPIRTO DELLE MEMBRA, int. lo spirito reggitore conducitore delle membra: Dum spiritus hos reget artus» En. IV. « Spirto gentil che quelle membra reggi » Petr. - v. 4. * DA'FATI, per disposizione de' fati; latinamente: « fato profugus» Æ.... I: Omnia fatis In peius ruere. » Georg. I..-DALLA CUNA; latinamente:

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» Plaut. credo dalle fasce e dalla culla Questo rimedio provvedesse il cielo » Petr. - v. 5. R SUOM TE, faccia risuonare il tuo nome. «< Te lyra... te carmina nostra sonabunt. » Metam. X: che il Simintendi rende K La cetera... sonerà te: gli nostri versi soneranno te ». Colui. che del cammin si poco piglia Dinanzi a me, Toscana sono tutta. »> Purg. XI. Sonetu u farò che soneranno Tua

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--

mala vita. Bellinc. *
v. 6. Da
oriente a occidente. L'oceano atlan-
tico è il nostro ultimo termine oc-
cidentale; per ciò, parendo che ivi
tramonti il sole, il P. lo chiama
il mar che il nostro cielo imbruna. -
. 7. LIGNO invece di legno, come
il Petr. disse digno invece di degno,
ritenendone la forma latina. Qui, al-
bero Venir vedrami al tuo di-
letto legno.
» Parad. I. Indica il
Poeta la brama che avea di entrare
nella casa dei Medici. * «< io 'l
nido di pensieri eletti Posi in quel-
l'alma pianta. » Petr. - v. 8. Di

rozzo e debil cantore diventi un no-
bile poeta.

St. 6.- -v. 1. *Nota i dne verbi costruiti col dat. I Sacchetti fece lo stesso con sperare:« alle paterne mura ognun sperava. » —* v. 2. Anche Dant. dette i vanni al desiderio, Purg. IV, 29: il Firenzuola veggendo troncarsi l'ale di così lodevole disio. v. 4. GIULIO per giulivo, per la soppressione del V usata sovente dagli antichi. Così loica per logica. - v. 5. * SANGUE, la famiglia de' Medici

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DI SECONDO BAMO:

Escusazione della intermissio

Convien ch'i' sudi in questa polvere io.
Or muovi prima tu mie' versi, Amore,
Che ad alto volo impenni ogni vil core.

E se qua su la Fama el ver rimbomba,
Che la figlia di Leda, o sacro Achille,
ne di Ome- Poi che 'l corpo lasciasti entro la tomba,
T'accenda aucor d'amorose faville;
Lascia tacere un po' tua maggior tromba

го.

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della seconda palma della vittoria, perchè la prima fu quella che ottenne Lorenzo in una giostra anteriore. - v. 6. Convien ch'io compia l'impresa di cantar le gesta di Giuliano. È simile a quel de' latini in arenam descendere: e Gioven. Sat. 1: " Cur tamen hoc libeat potius decurrere campo. * Var. Convien che sudi: A. D. S. Volg. In lat. pulvis si prende anche pel campo nel quale compiesi l'esercizio; onde Ovid. potè dire metaforicam. Inque suo noster pulvere currat equas. Fast. II. - v. 8. Longo nei Pastorali dice anch' egli che Amore impenna le anime: « Amor ch' a' suoi le piante e i cori impenna Petr: * e il Buonarroti

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Amore syeglia e muove e impenna l'ale Ad alto volo.

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St. 7. — v. 1. * Var. E se qual fu: D. S... in ver: A. - RIMBOMBA: la sua voce ancor quaggiù rimbomba Petr. E il Tasso ne' sonetti usò rimbombare transitivamente: il nome... che i vostri onori Porti e rimbombi. » — v. 2. * primo a mutare questa lezione Che la figlia di Leda nell'altra Che d'Ecuba la figlia fu Lodov. Dolce nella sua Prima Parte delle Stanze di div. ill. poeti (Venez. 1570, pel Giolito). Ma

Dolce e tutti coloro che lo seguirono, tra i quali anche i dottissimi

7

Volpi, s'ingannarono. E quella che accendeva di amorose faville il Pelide dopo la tomba non era Polissena figlia di Ecuba ma Elena figlia di Leda, colla quale, secondo narra Tolomeo Efestione allegato da Fozio, egli contrasse matrimonio fra i morti in un' isola del Ponto Eussino consecrata al riposo degli eroi trapassati (Vedi il Dizion, di Bayle, Artic. ACHILLEA, e le Osservaz. del cel. cav. Luigi Lamberti sopra questo passo del Poliz. inserite nel PoLIGRAFO). » Nota dell' ediz. Silvestri, Milano, 1825. Il nostro anche nell'Ambra « Adde quod et pulchro tra detur pulchra marito Tyndaris Æacidæ stellis fulgentibus ardens. » E inutile aggiungere che i Cod. rice., il Chigiano e l'Oliveriano leggono Che la figlia di Leda. v. 5-6. Si scusa il P. dell'intermissione d'Omero che egli andava allora traducendo in versi latini; la qual traduzione o si smarri o sta sepolta ancora ne' nascondigli di qualche libreria (* Ne_ritrovò i primi libri Ang. Mai). - v. 5. Var. Lascia un poco lacer: D. S. * TROMBA, per canto epico; latinamente. Alessandro alla tomba di Ach. « O fortunato che si chiara tromba Trovasti Petr. Più simile al nostro il modo del Chiabr. Bramò l'inclita tromba Del germe invitto del real Peléo.

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