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INDICE.

DELLE POESIE TOSCANE DI M. ANGELO POLIZIANO. Pag.

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VII

CLXIII

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LA FAVOLA DI ORFEO

[secondo la lezione dei codici chigiano e riccardiano
e delle stampe d' innanzi al 1776.]

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Egregia e tanta, che mai non ci manca
Materia; tanto lume el ciel vi mostra ! ;
O divina propago invitta e franca,

Destinata a gran fatti nome e pruove,
Di vita prima che di ben far stanca!
Trofei colossi templi a Roma a Jove,
Aquedutti colonne anfiteatri,

E stagni e terme non più visti altrove,
E simulacri statue e teatri

Non han potuto conservare in fine
La prisca fama degli antiqui patri.
Tutte cose alte immortale e divine,

Ciò che mai fatto fu ne'sette monti,
Pur è converso in cenere e ruine.
Ma chi le Muse esaltano a' lor fonti

Fiorisce sempre pollulante e verde;
E manca porti scetri ostri archi e ponti.
Vedi: il läuro tuo sempre rinverde

Al monte ove tu ancor potrai ascendere :
Chè chi crede altrimenti il tempo perde.
Io ti potrei con mille esempli accendere;
Ma, perch' io ti chiamai piropo ardente,

So che tu ardi ancor tuo conio spendere.

Altro già non sperava questa gente

Di te. Dimostra dunque tanto ardore
Di superar di fama il tuo parente.
La terra e 'l mare e 'l ciel ti dan favore.

la famiglia dei Medici. v. 93. Sciupa il magnifico verso del Petr. a proposito di Cammillo, . Di viver prima che di ben far lasso..

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-v. 105. E MANCA: e vengon meno. Le st., Nè mancan. - v. 111. Ben finisce con conio il panegirico da conio.

III.1

Morte crudel che in questo corpo venne! Che dopo morto, il mondo andò sossopra: Mentre che visse, tutto in pace tenne.

Questo epitaffio mostra essere stato scritto qualche anno dopo la morte del Magnifico, quando la concordia fra' signori italiani era disciolta, e la ruina barbarica sovrastava al bel paese. Non la vide, come non vide la cacciata di Piero de' Medici, M. Angelo Poliziano, morto quasi due mesi innanzi all'entrata di Carlo VIII in Firenze. E qui, dopo cinque anni di studii, più

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d'una volta interrotti dalla trepida aspettativa e dal tumulto di maravigliosi avvenimenti, non ultimo de' quali la cacciata da Firenze della signoria straniera succeduta alla medicea, levando finalmente la mano da queste povere il lustrazioni, oggi 31 maggio 1863, non senza un sentimento come di dolore, mi congedo da te, o glorioso padre del gloriosissimo rinascimento.

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