LA FAVOLA DI ORFEO COMPOSTA DA MESSER ANGELO POLIZIANO SECONDO LA LEZIONE DEI CODICI CHIGIANO E RICCARDIANO E DELLE STAMPE D' INNANZI AL 1776. ANGELO POLIZIANO A MESSER CARLO CANALE SVO S. Solevano i Lacedemonii, umanissimo messer Carlo mio, quando alcuno loro figliuolo nasceva o di qualche membro impedito o delle forze debile, quello esponere subitamente nè permettere che in vita fussi riservato, giudicando tale stirpe indegna di Lacedemonia. Così desideravo ancora io che la fabula di Orfeo; la quale, a requisizione del nostro reverendissimo cardinale mantuano, in tempo di dui giorni, intra continui tumulti, in stilo vulgare perchè dagli spettatori meglio fusse intesa, avevo composta; fusse di subito, non altrimenti che esso Orfeo, lacerata; cognoscendo questa mia figliuola essere di qualità da far più tosto al suo padre vergogna che onore, e più tosto atta a dargli malinconia che allegreza. Ma vedendo che e voi e alcuni altri troppo di me amanti, contro alla mia voluntà, in vita la ritenete, conviene ancora a me avere più rispetto allo amore paterno e alla voluntà vostra che al mio ragionevole instituto. Avete però una giusta escusazione della voluntà vostra; perchè, essendo così nata sotto lo auspizio di si clemente signore, merita d'essere esenta dalla comune legge. Viva adunque, poi che a voi così piace: ma ben vi protesto che tale pietà è una espressa crudeltà: e di questo mio giudizio desidero ne sia questa epistola testimonio. E voi che sapete la necessità della mia obedienzia e l'angustia del tempo, vi priego che con la vostra autorità resistiate a qualunche volesse la imperfezione di tale figliuola al padre attribuire. Vale. 6 1 fusse, Comino. 3 fusse meglio, le st. 2 dua, Cod. riccar. duo, Comino. 4 che voi, le st. 5 Nel Ricc. manca da questo punto fino a perchè essendo cosi, ec. G qualunque, le st; eccetto la prima del Bened. LA FAVOLA DI ORFEO. MERCURIO annunzia la festa.1 Séguita un PASTORE;2 e dice 1 6 guita un pastore schiavone. Che c'entri lo schiavono, nè io so trovare nè seppe il P. Affò. Come non s'avesse a intendere che fosse di qualche dialetto schiavone la voce zavolo che è in cambio di ciclo nell' ultimo verso di questa ottava, quale leggesi nel Ricc.: Che di zavolo in terra vien Mercurio. 7 |