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776 DESTALENTÀ DILETANTE

DESTALENTA, add. Voce ant. Svogliato; Pieno di mala voglia. DESTIRA.

DESTIRA dicevasi anticam, da'Veneziani per TIBA FORA, Cacciato fuori, EspresSO FADIGA .... DESTIRÀ FUORA DE LA MIA MEOLA E DE LA RAISE DEL TRONCO DE LA

MIA NATURALITÀE, leggesi ne' componimenti poetici del Calmo, e vuol dire, Componimenti usciti dal mio talento naturale, senz'artificii; come la penna getta. DESTIRO, s. m. per DESTINADA, è vocabolo ant. usato nel Poemetto sulla guerra de' Castellani e Nicolotti, nel sentimento di Tirare il collo ai polli; vale dunque Tirata Co SE FA A UNA GALINA, GHB DAVA AL COLO SI FATO DESTIRO, CHв etc. Come si fa de' polli, gli avrei tirato il collo, cioè Lo avrei ucciso. DESTRUTO, add. Distrutto, da Distruggere.

-

DESTRUTO, Strutto; Desolato-Strutto si dicc parimente per Magro. DEVA, Seconda persona dell'imperfetto Ora si dice DAVA, ma i di DAR, DarChioggiotti dicono Deva. DEVOTO, add. Divoto e Devoto, Che ha divozione, Pio, religioso.

DEVOTO DE LA MADONA DEI CERCHI, detto per ischerzo d'un Ubbriacone, ch'è quanto dire Dedito ● Inclinato al vino. DÌ.

ADESSO FA DI! con inflessione ammirativa, Maniera fam. di risposta, che vuol dire No- Per esempio la Madre domanda alla Figlia, ASTU FINIO QUELA CAMISA? e questa risponde Adesso fa di, volendo in certo modo far conoscere alla Madre l'irragionevolezza della dimanda, perchè in così breve tempo trascorso la camicia non poteva esser intieramente cucita. DIÁCHILON, s. m. Diaquilonne, Sorta di cerotto composto di più ingredienti, buono a' ciccioni e simili posteme per purgarle e chiuderle.

S.

DIALTIA, f. Voce ant. Dialtea, Unguento composto di più ingredienti, ma specialmente di mucilagine d'altea. DIANA, s.f. Diana, nome proprio di qualche femmina.

Diana, dicesi al Battere il tamburo Sonar le trombe sul far del giorno, che fanno i soldati, dall'uso che i Romani avevano di sonar colle trombe ai primi albori del di negli accampamenti un' aria dedicata a Diana, Dea delle selve, DIAVOLO

VARDE MO VU SE EL DIAVOLO HA LA TOSManiera ant. metaf. che ora diremSB, mo, VANDE CHE DIAVOLEZZI CHE SUCEDE! Considerate voi quanti malanní o casi inopinati succedono.

DIE ESSE. Maniera antica, che ora più comunem, dal basso popolo si dice GIESSE, V.

DIGANDO, Gerundio del verbo Die Maniera antica ch'è però ancora in uso; ma il più comune è DISENDO. DILETANTE DELETANTE, Dilettante,

DIO DISPOSITIVA

in forza di sust. dicesi più comunemente di Chi si diletta ad un'arte, a distinzione de' professori di essa.

DILETANTE DE LIBRI, V. LTBRO E PORTA.

DIO.

e

IN NOME DE DIo, che anche si dice SIA COL NOME DE DIO, Maniera fam., Or bene sta, e vale Sia in buon'ora, Sia col buon animo IN NOME DE DIO CHE GO TROVÀ QUEL CHE CERCAVA, Sia in buon'ora che ho finalmente trovato quel,ch'io cercava. DIÒL, s. m. Vocabolo de' Barcaiuoli, che vuol dire Duolo (dal lat. Bolor) nel sign. di Passione d'animo o anche InteresseMI NO GO DIOL PER QUELA Cossa; Di quell'affare non me ne curo; lo non ne sento passione alcuna.

DIR.

DIR BEN O DIR MAL, Sono frasi che da noi si usano metaf. Essere o Non esper sere acconcio, adattato, dicevole, con veniente o buono STO ABITO ME DISE BEN, Quest'abito mi è buono, civè Torua bene al mio dosso NOL GHB DISE BEN, Non gli è acconcio o adattato - EL

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COLOR DE STO ABITO GHE DISE BEN AL SO VISO, Il colore di quest' abito s'addice al suo viso, cioè si confà, ben conviene al colore del suo viso LA XE UNA COSSA CHE DISE MAL, Questa è cosa o parola o azione che sta male, cioè Che disconviene o è mal detta o mal fatta.

NO SARA MAI DITO VERO, Questo non sarà mai, cioè lo non permetterò giammai questa cosa NON SARÀ MAI DITO VERO CHE MI TORNA IN QUELA CASA, E' non avverrà mai ch' io torni a quella casa.

TASE, ABIR QUELA CHE SE GHE DISE, Specie di ammonizione o reticenza che usasi familiarmente verso qualche indiscreto o imprudente parlatore, ed è come se gli dicesse, Di grazia ponete fine alle vostre chiacchiere ed abbiate quella che appellasí creanza o discrezione o prudenza. DISPAZZO, s. m. Dispaccio, dicevasi in T. Cancelleresco del Governo Veneto, quella Lettera che un pubblico Rappresentante scriveva al Senato: benchè più comunemente si chiamassero Dispacci le Lettere de'Patrizii generali della Dalmazia e del Levante, i quali oltre al Cancelliere avevano presso a loro un altro Irpiegato che chiamavano Dispaccista, propriamente occupato a scrivere i dispacci. DISPENSA, s. f. Dispensa, chiamasi famil. la Stanza dove si conservano le cose da mangiare.

Dispensa poi, în T. di Finanza e đí Legge, si dice quell' Uffizio, dal quale si distribuiscono il sale, il tabaceo e gli altri generi detti di privativa, ai rispettivi

venditori.

DISPENSIER, s. m. Dispensiere o Dispensiero, in T. di Finanza, dicesi Quell'uffiziale o impiegato ch'è preposto alla Dispensa del sale, del tabacco, della polvere da fucile etc. a coloro che vendono queste derrate, dette di privativa regia, per conto pubblico. DISPOSITIVA, s. f. Dispositiva, chiamasi in T. Forense, Quella parte d'una-sen

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DIVERSIVO, s. m. Voce fam. Svagamen to; Distrazione; Interrompimento; Intermezzo, intendiamo Occupazione differente dall' ordinaria, e meglio Divertimento; Passatempo; Diporto; Sollazzo, Cosa che ci distragga dalle noiose consuetudini.

QUALCHE DIVERSIVO BISOGNA AVÈR, SE DE NO SE CREPA, L'arco sempre teso si di spezza; Un po' di svagamento o pas satempo è necessario alla vita.

Diversivo è anche T. Idraulico usato frequentemente dagl' Ingegneri, e dicesi Quel canale che diverte o devia parte dell'acqua d'un fiume. Il Canal bianco e Adigetto in Polesine sono diversivi dell'Adige Diversivo a fior_d acqua o Sfioratore, e nella Toscana Rifiuto, dicesi a Quel diversivo che si ottiene dalla soprabbondanza dell'acqua o sia dell'acqua superiore superflua.

DO.

-

CH'EL TROVA UN DO DE DANARI IN VECE DE L'ASSO, BL SBALA, EL PROTON LO SGOBA A LA BOLA de rufo, Maniera di dei gergo barcaruoli, e vuol dire, Che vada via eal nome di mia Nonna e il diavolo se lo porti all' inferno. DOGALINA.

La Dogalina era anche una Veste usata anticamente da' Veneziani in genere, di cui si fa menzione in varii Autori, ma specialmente dal Varotari e dal Calmo, che usavasi ancora nel 1600. DOGIA.

DOGIA VECHIA, chiamano i nostri Ma⚫ niscalchi l' Affezione reumatica di una o più gambe del cavallo, con zoppicatura non continua e per lo più senza dolore al tatto, con recidiva senza periodi esatti. DOLÈR

DAR DONDE DIOL,

ribobolo ant. Dare

dove gli duole, che anche dicesi Dare in quel d'alcuno, vale Promuovere un discorso sopra materia in cui altri abbia passione; dimandar appunto di quelle coseo mettere in campo materia che altri desidera e ha caro di sapere. DOLO, s. m. Voce ant. per Duolo cioè Passione o Dolore dell'animo. DOLOR.

DoLòa è anche Voce di gergo de' Bar

DOMINO DOTA

caiuoli, con cui s'indica il Riscuotitore, cioè Quell' agente che vien mandato daĺ proprietario della casa a riscuotere la pigione. Dicono XB Capità el Sior dolor, cioè È venuto il Riscuotitore della pi gione.

DOMINÒ, s. m. Dominò, Foggia di maschera usata anche a'di nostri, che consiste in una sopravveste col cappuccio. DON, Maniera ant. del nostro dialetto (alterata dal latino Do) che usavasi nel secolo XVI., ed ora dicesi DAGO per Do > nella prima persona dell'indicativo del verbo Dare.

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NON

EVE DON STO AVISO, E vi do quest'avviso; E vi avverto o avvertisco MB DON MARAVEGIA, Non mi maraviglio o stupisco-E DON fin, E do fine. DONDE, avv. ant. detto per Dove o Ove -DAR DONDE DIOL, V. DOLÈR. DOPIER, s. m. Voce aut. Doppiere o Doppiero. V. TORZO. DOPO.

METERSE DOPO DE UNO, V. METER. DORMIA s. f. Voce antiq. che dicevasi ne' tempi del nostro Calmo per INDORMIA, V.

DORONDONA, Voce che più da noi non si parla, ma vedesi usata dal Dotti per Agg. a Femmina mondana, e vuol dire Meretrice, ma s'intende di Quelle che vagano per le piazze o per le strade ad uccellare i merlotti.

DOSSO.

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E, Particella congiuntiva del discorso,

che per quanto vedesi nelle scritture del Calmo, era anticamente usata nel nostro parlare, in quello stesso significato che nel Padovano e nel Polesine s'usa odiernamente le particella A. Dicevasi, per esempio, E NON ME ARECORDO; E VE CRBE NO VORIA, Come a Padova e nel PoDO; lesine si dice A NO ME RECORDO; A VE CREDO; A NO VORIA. Ora però i Veneziani ommettono del tutto queste vocali congiuntive e dicono NO ME RECORDO, VE CREDO; NO VORAVE O NO VORIA e simili. EBREO.

Avevamo in Venezia nel Governo Veneto una Magistratura di Tre Inquisitori sopra gli Ebrei, senatoria e gravissima, la quale soprintendeva alle Università di tutti gli Ebrei dello Stato e in conseguenza a tutte le leggi disciplinari emanate nel proposito. ECULOMIA, s. f. dicono alcuni idioti

per

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DOTA GRANDA, Dotone - DOTA DEL FRIUL, Natiche e zinne. CHIAMARSE LA DOTA, V. CHIAMÀR.

DOTAR, v. V. INDOTAR.

DOTORETO, s. m. Dottorello; Dottoretto; Dottorelluccio e Dottoricchio, direb per avvilitivo di Dottore.

besi

Detto per agg. a Giovanetto pretendente, Dottorino, Saccentino; Saccentuzzo; Saputello; Arrogantuccio. DOZÈNA.

METERSE IN DOZENA CON QUALCUN, Maniera metaf. aut. Affratellarsi; Domesti carsi; Apparentarsi, si dice di Chi si domestica più del convenevole o Usare colla maggiore intrinsichezza. DOZENAL.

OMO DOZENAL, Uomo o Persona dozzinale, vale Plebea. Dozzinalissimo è il Superlativo.

DRAGONI, chiamano i Maniscalchi certe Macchie che vengono all'occhio del Cala vallo; ed è una escrescenza piana sopra membrana lucida, per cui l'animale si adombra e perde la vista se la macchia tutta invade la cornea lucida. DRENTO.

TEGNILA DRENTO DE VU, Serbatela nel vostro cuore; Tenetela occulta. DRÈTO, s. m.

DRETO, come voce ant, vuol dire Giusto VOGIO EL MIO DRETO, Voglio il mio giusto, cioè Quel che la giustizia m' accorda. Voglio la parte mia fino al finoc

chio.

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EFE.

BECO CO L'EFE, dicono scherzevolmente e talora per impazienza o per vezzi, le nostre donne a qualche loro fanciullo cattivelluccio, per non dirgli BBCOFOTUO O BECOFUTRISTO.

BABUIN CO L'EFE, leggesi in una satira del nostro Varotari, il quale parlando di certe Mogli pessime e moleste ai poveri mariti del suo tempo, così s'esprime:

DISÈ QUEL CHE SENTI, LE SE NE MOCA, SEMPRE SE MATO E UN BABUÌN CO L'EFE. Ritenuta la frase antecedente di Ввсo CO L'BFB, che usasi ancora e debb' essersi usata anche due secoli fa, l'Autore interpretandone il significato, è dell'avviso, che trattandosi d'una satira sul costume pubblico, il Poeta siasi astenuto per onestà dall' esprimere chiaramente la suddetta frase, ed abbia quindi soggiunto BABUIN in vece di BEсo; che dunque BABUIN CO L'EFE voglia dire BABUIN FOTUO.

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DRIO PONTO

DUGAO,

V. in PONTO.

s. m. Voce ant, detta dal nostro Calmo per DOGADO, Ducato, cioè Il primitivo Stato della Repubblica Veneta. DULIMAN, s. m. Voce ant, che da' Greci era già detto Dolamas e Dulamàs e dai moderni Anterì, in Francese e in Tedesco Doliman, Sottoveste di panno senza fodera ch'era anticamente usata da' Greci e da' Turchi, ed anche da' Veneziani di bassa mano nel secolo XVI., come raccogliesi dal poemetto sulla guerra de' Nicolotti e Castellani avvenuta nell'anno 1521. Nel dizionario tedesco dell'Heucke, e così pure nel Francese dell' Alberti, si dà il Dulimano per Vestito turchesco ad uso teatrale.

DURELO.

No GO PIÙ DURELO, Maniera fam. o Atto d'impazienza che vale Non posso più; Sono annoiato o ristucco; Non duro più a lungo, cioè Non resisto, non reggo. DURENGO, s. m. Voce di gergo de' Barcaiuoli che vuol dire Cacio; Formaggio. DURO.

Duro, DURO, detto per agg. a uomo, vale Ostinato, Caparbio, che anche fu detto Sodo alla macchia o al macchione, Fermo nella propria opinione — VBDARE CHE STAGO DURO, Vedrete ch'io non mi muovo a vento, cioè che non desisto dalla mia opinione.

DURO DE MODEGAL, V. MODEGAL,
MUSO DURO,
V. in Muso.

ENDÉGOLO ENOTA

Osservasi in oltre che la frase LA SE NE MOCA (Non se ne curano) è precisamente il S'en moquer de' Francesi: non sapendosi però decidere se tale francesismo appartenga al solo autore o al dialetto di quel tempo.

ENDÉGOLO, V. INDÉGOLO.
ENOTA

ENOTA ENOTA ENto sono voci (come evidentemente pare) corrotte dal greco antico, le quali per lo meno da trenta secoli in si conservano e si cantano nei qua balli delle nostre giovani artigiane. Queste fancinlle ballano prima a due a due al suono d'un cembalo e al canto di villadi tratto in tratto innelle, che vengono terrotte da una specie d'intermezzo, il quale sempre comincia dal versetto ENOTA ENOTA BNIO, che pur si canta col cembalo e con diversa melodia, del seguente svariato tenore

ENOTA ENOTA ENÌO,

SB SE DO CORÈVE DRIO,

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SE SE QUATRO DEVE LA MAN
E LA PAREGINA LASSÈLA ANDAR.
ENOTA ENOTA ENIO

ENOTA ENOTA B NANA,

E LA NANA CHE MAI VIEN DI,
AGIUTIME MAMA NO POSSO PÌ;
ENOTA ENOTA ANCORA,

LE LASAGNE COTE IN FERSORA, EL FORMAGIO DE SORA VIA, NINETA CARA LA XE FINIA. Al canto di questo intermezzo ( ch'è più o meno lungo o ripetuto ad arbitrio della suonatrice del cembalo) le danzatrici formansi in due cerchi concentrici, che finito carolano uno inverso all' altro ; l'intermezzo torna il canto delle villanelle e tornasi a ballare a due a due come prima.

La differenza distintissima del ballo quando si canta il versetto ENOTA BNOTA BNIO con quel che segue, manifesta una specie di gioia che vien espressa co' salti nel carolare; e quindi ci pare che tali voci, comunque insignificanti nel nostro parlare, non possano essere state dette o inventate in origine a casaccio e senza siguificazione. In fatti, analizzate esse con attenzione sulla lingua greca de' tempi d' Omero, trovasi, benchè corrottissime e quasi diremmo decomposte, che vi con vengono per l'appunto, come nel seguente confronto,in cui sotto il Veneziano corrotto si mette il Greco che vi corrisponde, indi la traduzione italiana

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FALASCO,

s. m. T. de' Valligiani, Falasco o Erba falasco, Erba ch'è una specie di strame che nasce ne' luoghi pa ludosi, e dicesi anche Pattune. I pescatori se ne servono per far cavi in vece di funi, e seccata è buona per letto degli animali; se ne consuma però in gran quantità nelle fornaci di pietre in vece di cannella; e al Falasco così ridotto, cioè ben secco, dicesi comunemente Lesca. FALCA.

FALCA chiamano i Legnaiuoli le parti Taterali d'una cassa o cassetta; la parte di sotto dicesi FONDO, e quella dinanzi FazZADA O FAZZADINA,

FALCADINA, s. f. chiamasi una Sorta di malattia epidemica cutanea che si sviluppa. in questa provincia Veneta di Belluno nel Canale di Agordo,la quale principiò l'anno 1790. nel villaggio di Falcade, donde trasse il nome di FALCADINA. Credesi che

EQUITATIVO ESAGERAR

perduti e convertiti in quegli altri della più goffa idiotaggine che si riportano.Chi ha però miglior vino in cantina lo spilli e lo dia a saggio, e l'Autore cederà di buon grado la palina ad una più ragionevole interpretazione.

EQUITATIVO, add. Voce usata fra noi dalle persone colte nel siguif. di Equo; Giusto; Convenevole, Che ha in sè equità o moderazione o convenienza: contrario di Ingiusto o Inconvenevole. ERBA.

EREA SGNANFA, Maniera bassa del volgo LA XE CUSSI per dire Fior d'arancio DELICATA CHE NO LA NASA L'ERBA SGNANFA, Ella è così schizzinosa che le putono i fiori del melarancio: cioè Troppo dilicatamente nudrita. V. DELICATO.

ERBA SOLFARINA Voce del Contado, Caglio; Erba zolfina e Presuola, Pianta erbacea che trovasi ne' luoghi erbosi e da pastura, detta da' Botanici Galium verum. Ebbe il nome di Caglio dalla proprietà che ha di cagliare il latte. La radice tinge di rosso la lana, e la pannocchia di giallo quando è preparata con allume; senza l'allume tinge di giallo i formaggi. ERE.

PARLAR CO L'ERE, Rotacismo chiamano i Greci il difetto che hanno alcuni di non saper esprimere la lettera R. Questo difetto è poi comune per educazione negli Ebrei delle nostre provincie. ÈRPEGA, f. dicevasi in tempo antico per ARPEGO, V. ERPEGÅR, v. Voce pur antica, che ora si dice ARPEGAR, V.

S.

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FANGOSI FARSIO

tale malattia sia d'indole sifilitica perchè si guarisce co'mercuriali.Essa fu portata, dicesi, da una donna ivi rimpatriata da Fiume dopo l'assenza di molti anni. FANGÒSI, s. m. Maniera furbesca de Barcaiuoli, che vuol dire Stivali. FAR.

FAR SU, V. SU. FARNETICO, add. Frenetico e Farnetico, Infermo di frenesia.

FARNETICO PER UNO, usasi dire talvol ta dalla bassa gente nel sign. di Infatua to, cioè Preoccupato sino alla pazzia in favore di qualche persona, che anche dicesi Invasato. V. PORTA.

FARSETA, s. f. Voce ant. Farsetto, Ve-
stimento da uomo che cuopre il busto.
Ora dicesi CAMISOLIN.
FARSIO.

Nel Dizionario del Du Cange, dopo la voce Farsia, trovasi Epistolae farcitae,

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EL XB DOVE CH' EL POL ESSER, fam. che in persona prima del singolare dicesi SON DOVE CHE POSSO ESSER e in plur. SEMO DOVE CHE PODEMO ESSER: sono queste maniere che esprimono l'estremo della tristezza o anche dello sdegno, Essere al non plus ultra o agli estremi.

sono;

Parlando di tristezza, direbbesi, Egli è; lo Noi siamo in estrema afflizione, al non plus ultra dell' afflizione; Egli è sul lastricato, in povertà o miseria estrema; Io sono o Noi siamo all' estremità o all' ultima estremità.

Parlando di sdegno, Egli è eccessivamente incollerito, irritato, sdegnato, dettato vernacolo spiega, E' non può essere più irritato di quel ch' egli è. SAVER ESSER — PER FARSE AMAR BISOPer far

GNA SAVER ESSER A LE PERSONE, amare dalle

si

le

persone bisogna coltivarQUEI PUTEI I SA MOLTO ESSER A QUEL SO BARBA, Que' fanciulli sanno ben cattarsi la benevolenza del loro zio, Procacciarsela, acquistarsela con lusinghe e con vezzi.

cioè

ESSESSO, s. m. Termine di molti idioti, detto per Sesso, V.

ESTASIAR, Francesismo, da s'Extasier, è usato elegantemente dal nostro poeta vernacolo Lamberti nel significato di Divenire estatico; Andar fuori di sè per la gioia.

E TAMBULA, V. TAMBULA.

FASENDO FENTO

che sono Pistole composte d'idioma latino e italiano e gallico mescolati insieme, e proviene da Farsa, commedia mozza. E qui vogliamo osservare che l'aggiun to Farcitae (forse derivato dal lat. Farcimen; Salsiccia) corrisponde assai be ne al significato del SORBETO FARSIDO dei nostri Acquacedratai, di cui parlasi alla Voce FARSIO nel Dizionario. FASENDO, Maniera ant. Ora si dice FANDo ed anche FACENDO Facendo. per FAVA.

FAVA, che anticamente dicevasi FBVA (e FEVA dicesi ancora a Chioggia), vuol dire Faceva.

FAZION, s. f. V. in SESTIER.
FEDE.

FEDE PARALITICA SUL CANATIN, V. PA

RALITICO.

FENTO, add. dicevasi anticam. Finper to, Non vero ma soltanto in apparenza.

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FESTA.

SERVIO PER LE FESTE, V. in SERVIR. FETISSIMO, add. Voce usata da un Poeta Veneziano del secolo XVII. Fetidissimo, sup. di Fetido, Puzzolentissimo; Fetentissimo.

FETOR, s. m. Fetore; Puzzo; Lezzo, Odor cattivo

OH CHE FETOR! SE GA

MOSSO EL CORPO, Fi fi, che gli s'è mossa la cacaia!

FEUDO, s. m. Feudo, Signoria o Diritto reale, con maggiore o minore autorità, e talora con ius di sangue, posseduta da un particolare vassallo del Sovrano, al quale resta sempre il diretto dominio. Quindi era già istituito nel Governo Veneto un Magistrato di tre patrizii senatori col titolo di Provveditori sopra Feudi, i quali investivano a nome pubblico i nuovi possessori di Feudi e vegliavano sulla materia.

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FIGO.

FIGO FOGADA

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FAR UN FIGO A LA GREGA, Far le fiche o le castagne, V. FIGA. FIGO MORO dicono i Maniscalchi ai Porri o a certe Escrescenze dare, indolenti e prive di pelo in varie parti della cute, che si veggono disperse talvolta nel

Bue e più spesso nel Cavallo.

FIGURIN, s. m. Figurino, voce dell'uso, si chiama Quella figuretta di uomo e di donna intagliata e colorita che ogni mese si manda da Parigi e quindi da Milano, nel Regno Lombardo Veneto, cogli abiti e abbigliamenti di nuovissima moda. FINIR.

Usasi questo verbo ancora nel sign, di Piacere; Essere o Andare a grado STO ABITO NOL ME FINISSE, Quest' abito non mi piace, non m'attaglia, non mi soddisfa. FINTA.

FINTA O FINTA DE CAVEI, chiamano le nostre donne Que'capelli appositicei inanellati ch'esse portano, secondo la moda d'oggidì, sulla fronte e alle tempie, per ripiegare alla deficienza de capelli naturali o al disordine della canutezza nell'età avanzata, in cui pur cercano di far comparsa.

FINZION, s. f. Finzione, Il fingere, il dissimulare, Fizione, Finta, Infingimen to. V. IMBALO, SUPLANTO, SCARLATO. FIÒLA, s. f. ( coll' o chiuso) Figlia, stesso che FIA, ma è voce della bassa gente.

Lo

FIOLO, s. m. (coll' o chiuso) e nel plur. FIOLI O F101, Figlio e Figli.

FIOLI DE SAMARCO, dicevasi anticam. ed anche a' nostri giorni, per Sudditi l'eneti.

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al palato ed alla lingua, inappetenza, difficoltà d'inghiottire, malinconia e febbri. FOGO.

FITAR A FOGO B FIAMA, Allogare a tut to carico del Conduttore, Quando cioè il Conduttore assunse indeterminatamente tutti i pericoli, e s'intende gl'infortunii d'incendio, d'inondazione e di gragnuola, come la legge odierna s'esprime. FOGO DE S. ANTONIO, dicono i Villici ad una malattia delle pecore, che i Veterinarii chiamano Tumori infiammatorii. Questi consistono in gonfiezze circoscritte infiammatorie dolorose in varie parti del corpo, che si esulcerano e presto passano alla cancrena.

FON (collo chiuso) Maniera antica che usavasi nel nostro dialetto, e che ci è riportata dal Calmo, invece di Fo, prima persona dell' indicativo di Fare, che ora si direbbe Fazzo (come dicevasi Don per Do ) .

FON CONTO CHE LE SIA ROSE B VIOLE " Mode fig. Fo conto che siano rose e fiori o che sia un panunto: cioè Resta a soffrir di peggio VB FON STO DISCORso, Vifo questo discorso. FONDACHIO.

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Dicesi familiarmente anche Fono nel sing. per FONDO. Quindi FONDI DE LA BOTA, DE LA PIGNATA ec. per Fondo della botte, della pentola, cioè La parte inferiore.

FONDI D'ARTICHIосо, Girelli di carciofo. FONTEGHERA, s. f. dicesi la Moglie o Femmina di Fondacaio o Fondachiere, la quale sull'esempio di altre voci consimili potrebbe dirsi Fondacaia o Fondachiera.

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1

780

FORFESON FREGAR

FORFESÒN, s.m. (colla s dolce) T. dei Veserinarii, Carbone bianco epidemico, Malattia propria del Bue, i cui sintomi sono zoppicamento, gonfiezza enfisematica nella estremità zoppicante,corso di malattia violenta che uccide l'animale se non viene prontamente soccorso con copiose scarificazioni.

FORMA, s. f. in T. delle Cartiere, Coltno, Telaietto di legno arretato con funicelle, sopra cui si pone la colatoia. FORMAGIELA.

FORMAGÈLE DE LA ZUBCA, si dicono la vallonea e le corteccie di rovere che dopo aver servito alla concia delle pelli, si lasciano asciuttare, poi si bagnano e si riducono in alcune forme alla maniera dei formaggi, quindi si vendono ad uso di combustibile. FORMAGIO.

FORMAGIO STRACHIN, V. STRACHIN. FORMÈLE, T. de' Veterinarii, Malattia del Cavallo. Lo stesso che CHIAPONI, V. FORMIGA.

MAL DE LA FORMIGA, V. MAL.

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re,

QUA STA EL FORTI, Maniera fam. Qui è dove giace Nocco, prov. che vale Qui consiste la difficoltà.

FORTÌN, s. m. Fortino, Opera di fortikcazione militare di campagna. FORTUNA.

Considerata la fortuna come Stato, Condizione, V. STATO. FORZO, s. m. (colla z aspra ) Vocabolo. antico, ma specialmente dello Statuto Veneto tradotto, con cui era indicato il Delitto di pubblica violenza. Vedasi lo Statuto del Doge Tiepolo, Lib. V. cap. XII. del Fonzo.

FOSSINADA, s. f. e nel plur. FossINAE, Colpo di fiocina.

FRAGOLETA, s. f. Piccola fragola.

FRAGOLETE, dicesi vezzi e figur, ai per Capezzoli o Papille di mammelle giovani, dalla loro piccolezza e dal colore rubicondo che hanno.

FRAMBOLER, s. m. Lampone, detto già dal Mattioli Rovo ideo, L'arboscello fruticoso notissimo che produce le ampomele. V. FRAMBOB.

FRANTO, add. da FRANZER, Franto.

PEVARE FRANTO, Pepe ammaccato. FRAPA.

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FREMER FRUA

FREGAR EL PÌE SUL SOGIÈR, Maniera ant. metaf. V. PiE.

re,

FREMER, v. Fremere, che più anticamente dicevasi Fremire, dicesi dello Strepito di voce che fa uno per cagion d'ira o d'altra forte passione. Fremer d'ira, di dolodi cruccio Fremitare, ch'è quasi sinonimo, s'appropria al Fremere di più persone, Fremitare la plebe. FRESCHIN, s. m. (verbale e corrotto, come pare, dal latino Fracesco, is, Infracidire, Guastarsi ) dicesi da noi il Fetore o lezzo che manda il pesce guasto; ma è l'odor naturale del baccalà.

QUEL PESSE SA DA FRESCHIN, Quel pesce sa o rende odore di fracido o di gua

sto.

SENTO UN ODOR DA FRESCHIN DE PESSE

CHE ME STOMEGA, Sento un lezzo o puzzo di pesce fracido o guasto che ammorba o che mi fa stomaco.

Parlando della carne fradicia, dicesi SAVER DA LISPIO. Vedasi in SAVER. FRIGNOCOLA.

FRIGNOCOLE DE LIRA, detto met. Mazzate sudice; Bacchiate sode, Percosse grandi.

FRITOLÈRA, s. f. chiamasi la Femmina del Frittellaio, la quale, seguendosi altri esempii di consimili nomi femminini tratti dal mascolino, potrebbe dirsi senza scrupolo, Frittellaia. FRIZIMENOLA, s. m. Chiamavasi anticamente a Venezia Quell' arteficello che vendeva menole fritte, pesce trivialissimo ad uso della poveraglia. Convien credere che quest'articella fosse misera, se a' a'giorni nostri non si vide più esercitata e non. ce ne rimase per memoria che il nome nel vulgatissimo dettato, GUADAGNI DEL cioè meschini. V.GUADAGNO. FRIZIMBNOLA, FRONTAL, s. m. Frontale, Ornamento che si mette sopra la fronte; e dicevasi in tempo antico l'armadura della fronte.

FRONTAL DE LE BARETE, Frontale, Quella parte rimboccata delle berrette che riesce al davanti sopra la fronte. FROTA, s. f. Frotia e Frotto, Moltitudine di gente insieme,ed anche Turma o Squadra di soldati.

FAR FROTA, dicevasi qui anticamente Quando nella pugna tra' Nicolotti e Castellani s'univano molte persone della stessa fazione per combattere contro la frotta dell' altra parte dicevano FBNO FROTA, Uniamoci, e s'intendeva Per com battere uniti.

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FRUA, s. f. Voce antica detta in vece di FRED, nel sign. di Consumo. V. FRUO nel Dizionario.

FRUA, dicevasi pure anticamente, parlando di sostanze, nel signif. di Scialacquamento; Sparnazzamento; Consumamento E AL PAN CHE GHE BISOGNA INUTILMENTE ALFIN DARGHE LA FRUA, che vuol dire Efinalmente scialacquare le sostan ze loro necessarie per vivere.

FRUSTA.

FRUSTA FUSTO

FRUSTA, dicevasi dagl' idioti ne' tempi Veneti in vece di FUSTA, a Quel naviglio o galera che serviva per deposito de' Condannati al remo, presso alla Piazzetta di S. Marco. V. FUSTA.

FRUTUAR, v. ant. Fruttuare, cioè Fruttare, Fare o Render frutto, FUMANA.

FUMANA, si dice pure alla Nebbia, ma non deusa.

FUMAO, add. Voce ant. Fumoso o Fummoso, nel sign. di Altiero, Superbo, Albagioso, che presume di sè più che alla sua condizione non parrebbe che si richiedesse: quasi che salgano al di lui capo i fumi della superbia. FUMAREA.

FUMARBA, si dice anche per CALIGO Nebbia.

FUORA, avv. antico, che ancora però si dice da molti, V. FORA. FUREGÅR.

FUREGARSE, dicesi ancora per Cacciar si, Entrar FUREGARSE IN TEL

per

forza

Imboscarsi-FUREGARSE IN T'UNA BOSCO, GROTA, Ingrottarsi — FUREGARSE TRA UN ALBERO B L'ALTRO, Cacciarsi tra un albero e l'altro, Nascondersi fra gli alberi.

FUREGARSE IN TE LE CASE, Intrudersi; Ficcarsi, Cacciarsi nelle case altrui. FURIANÈLO, add. detto in vece di FoRBAN per agg. di Vento, Austro-Scilocco. V. FORBAN.

FURÌNA, s. £. T. de'Maniscalchi, V. CHIA

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VIATURA.

FUSO.

EL FUSO È PIEN, XB DESFORNIA LA ROCA, Maniera ant. metaf. La rocca è sconoc chiata per dire Ho detto a bastanza; Non ko altro a dire; Sono al termine. FÙSSARA, s. f. Voce ant, che úsavasi anche nel secolo XVL, riportataci nelle lettere del Calmo ed equivalente a Buzara o BUDELA nel sign. di Frascheria; Inezia, Frottola METEMO STE FUSSARE DA UNA BANDA, Mettiam da parte o Tralasciamo queste inezie. FUSTO.

FUSTO, detto in T. corpo umano.

di gergo,

vale Il

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