dersi, di qual ufficiale, o in qual corpo militare esso abbia esercitato siffatta carica. IV. È chiaro che in quest'ordine della milizia la parola singularis deve essere di diverso significato da quello che ha nei corpi, di cui prima ragionai; e, siccome appena quei soldati possono essere altri se non immunes addetti al particolar servizio di tal ufficiale, così il loro nome forse deriverà da quella significazione della parola singularis, la quale equivale quasi a particularis. Che che ne sia, questo almeno parmi probabile che il nome degli equiti singolari degli imperatori abbia da spiegarsi sul confronto dei singolari testè trattati. Siccome i tribuni, i prefetti, i legati consolari avevano certe siano guardie del corpo, siano ordinanze, che col nome di singolari designavansi, così gli stessi imperatori circondavansi d'un corpo destinato al medesimo servizio presso la loro persona, il quale perciò del medesimo nome insignivasi. Questo nome, per essere il corpo composto di soldati scelti da ogni miglior truppa dell'armata ausiliare, potendo paragonarsi alle ale e coorti così distinte, meglio, se non m'inganno, intendesi dal confronto da me proposto, il quale ci offre l'analogia la più perfetta. L'unica differenza si è, che i singulares degli ufficiali spesso, se non sempre, erano pediti, laddove que' degli Augusti pajono essere stati esclusivamente equiti. V. Spiegato così il nome de nostri equites singulares, viene in campo la quistione più difficile sull'epoca della loro istituzione, sulla quale non meno sono diverse le opinioni degli scrittori. Non vale certamente la pena di combatterne quei che dai Celeri di Romulo, oppure dai cavalieri níλext di Polibio li deducono; e perciò ella, sig. conte, mi permetta di passare subito alla sentenza di Fabretti (Inscr. p. 354), adottata ancor' dall'Orelli (3525) e dall'Avellino (Opusc. III, p. 192), che, cioè, da Cesare Augusto fossero stati istituiti. S'appoggia il loro raziocinio sulla Gruteriana 371, 4, la quale mi giova riportar quì, per meglio esporle ciò che penso: M. AVRELIVS. M F PR. LEG. II. AVG. C. . OMNIB. EXPEDIT. ET HONORIB. PERFVNCTO DONIS. DONATVS. AB IMP. CAES. AVG BELL. ACT. SICIL. ET. HISP L. AVRELIVS . CELSVS EQ. SING. AVG PATRI.B. M. F MIL. AN. XVI. VIX. ANN XXXXI. M. VI . D. IIII Chi con attenzione esamina questo titolo, non potrà non rigettarlo come falso, o piuttosto barbaramente interpolato e composto. Quand'anche non volessimo insistere sulla sua provenienza dal Gutenstenio, che l'ebbe dalle Ursiniane, cioè dal Ligorio: cosa diremo della ragione grammaticale che con solenne confusione fa seguire il dativo dal nominativo, questo da quello? che ammette di poi la particella ET in una costruzione poco degna del classicismo dell'epoca di Augusto? Le guerre inoltre sono citate senza ordine cronologico, e per tre guerre di epoca diversissima una sola volta furono decretati i doni militari. I gradi ed i premj militari non dicevansi mai honores, voce riservata alle sole magistrature, e nondimeno quì leggiamo: omnib. expedit. et. honorib. perfuncto. Non meno insolito è che nel monumento d'un personaggio illustre, pel quale evidentemente è inteso il capo d'una legione, si citano gli sti pendj da lui fatti; ma ciò che irrevocabilmente decide la quistione, si è il figlio d'un tal uomo, sia pretorio o consolare (imperocchè per consolare sembra aver voluto spacciarlo il falsario, appiccandogli quel C della terza linea), militante in un corpo composto di barbari, molti de' quali non avevano nemmeno il dritto di cittadinanza. Da tutto ciò consegue, essere falsissimo quel monumento, benchè certe parti di esso, come p. e. i cinque ultimi versi, siano desunte da lapide genuina. VI. Malgrado intanto della falsità di quel principale argomento, nondimeno taluno potrebbe far risalire gli equites singulares fin ad Augusto, ricordandosi d'un passo di Dione (LV, 24) che parla di certi cavalieri peregrini istituiti da quell imperatore, ξένους ἱππεῖς ἐπιλέκτους dicendoli, οἷς τὸ τῶν Βαταούων ἀπὸ τῆς Βαταούας τῆς ἐν τῷ Ῥήνῳ νήσου ένα μα, ὅτι δὴ κράτιστοι ἱππεύειν εἰσὶ, κεῖται. Ε rammentandosi che appunto Batavi vi erano fra le guardie del corpo de' primi imperatori (cf. Suet. Cal. 43), potrebbe credere, in tempi posteriori il nome del corpo essersi cambiato, per Batavi chiamandosi singulares, segnatamente perchè sono così concepite le parole di Dione che ben se ne potrebbe cavare il senso, essere soltanto nominati Batavi i cavalieri peregrini, che perciò non tutti sarebbero stati di essa nazione (1). (1) Osservo in quest'occasione che anche nella milizia ausiliare da' corpi chiamati del nome d'una certa nazione non erano perciò esclusi militi d'origine diversa. È questo un punto, al quale forse non si è fatta ancora la dovuta attenzione; il perchè credo ben fatto di dirne quì qualche parola. Troviamo dunque nella vexillatione equitum Illyricorum in Dacia inferiori tendenti un soldato sebastopolitano (Arneth, dipl. VII); tra cavalieri pannonj nella Britannia un decurione spagnuolo (Card. dipl. XI); in una coorte di Traci un equite treviro (id. XVII); in una coorte di Pannonj un nativo di Ratiaria della Mesia (id. XXII); un Varciano della Pannonia in un corpo di Ispani (Arn. dipl. I.); un Besso della Tracia in una coorte di Montani stan Per chiarir tale quistione, converrà prendere in considerazione ciò che ci è noto sulle guardie del corpo degli Augusti. Oltre a Cassio Dione nel passo testè citato, che compone quel corpo dei Batavi coi pretoriani, detti da lui owμaropúλanes, e colle coorti urbane istituite in Roma, Suetonio designa la stessa truppa espressamente come un corpo di guardie imperiali, narrando, l'imperatore C. Cesare avere intrapresa la sua guerra germanica nell'intenzione di completare il numero de' Batavi, quos circa se habebat (Cal. 43); chè non negherà alcuno, questo corpo non essere lo stesso di cui parla Dione. Altri scrittori però non parlano se non di guardie germaniche degli imperatori, senza precisarne la nazione particolare de' Batavi: così ziante in Pannonia (id. III ); tra cavalieri traci un Caperense della Lusitania (Mur. 856, 5), tra Ispani due Elvezj (Donat. 292, 7 = 469, 7; 468, 13); in un'ala di Iturei un Batavo decurione (Grut. 518, 5), tra gli stessi nostri singolari imperiali Daci scelti da ale galliche, illiririche, campane (? v. più tardi). Questa cosa diventa assai naturale, se siffatti militi sono nativi di quei paesi, nei quali i corpi, in cui erano arruolati, stavano di guarnigione. Conosciamo, a cagion d'esempio, un Eravisco in una coorte di Alpini (Arn. dipl. XI); un altro Eravisco (che così leggo le lettere ERAV e SERM, che il Cardinali, dipl. XXXII, vorrebbe correggere in GERM) in un'ala di Traci; un Azalo in una seconda coorte di Alpini (Card. XX; Arn. X); un Iaso militante tra Lusitani (Arn. IV). Gli Eravisci, Azali, Iasi vengono da Plinio (III, 25, 28) annoverati tra i popoli della Pannonia, ed era appunto nella Pannonia che dimoravano i reggimenti, a cui quei soldati erano ascritti. Un Daversio abbiamo finalmente in una coorte di Alpini, che allora era di guarnigione in Dalmazia (Card. IX). — Con ciò non voglio negare che generalmente i corpi ausiliari si reclutassero dalle nazioni, il cui nome portavano, cosa per se probabile, della quale per soverchia sicurezza apporto gli esempj seguenti: un Brittone milita nella coorte I. Ulpia di Brittoni (Card. XVIII; Arn. IX); un Raurico di nazione gallica nella terza de' Galli (Arn. V); un Itureo nell'ala I. Aug. Ituraeorum (Arn. VI; cf. Grut. 533, 9); in un reggimento di Traci un Thrax col. Oletic. (Bull. 1848, p. 24); un Sunuco tra Sunuci (ibd. p. 29); di poi un Astur transmontanus nella quinta coorte asturica (Donat. 298, 2) ed un vien narrato, Cesare Augusto, dopo la sconfitta Variana, aver dismesso la schiera di Germani che aveva fra' suoi armigeri (Suet. Oct. 49.) Nondimeno poco dopo deve esser ristabilita siffatta guardia, sapendosi da Tacito (Ann. I, 24), che Tiberio Cesare, quando, appena salito sul trono, mandò il figlio Druso per opprimere la sedizione delle legioni pannoniche, oltre una gran parte de' cavalieri pretoriani, gli diede pure robora Germanorum, qui tum custodes imperatori aderant. Al tempo di Nerone vi erano pure guardie germaniche, narrandoci Suetonio (Nero 34), aver quegli cacciato dal palazzo la madre, abducta militum et Germanorum statione. Galba finalmente sciolse e rimandò nella loro patria Germanorum cohortem a Caesaribus olim ad custodiam corporis institutam (Suet. Gal = Cauriense, nativo di Caurio de' Vettoni, cavaliere d'un'ala di Vettoni (Murat. 870. 6); ai quali s'aggiunge un Carense della Sardegna, se a ragione presso Cardinali (X) supplisco la coorte I. gemina Sardorum et Cursorum, dove l'editore ha preferito di ammettere una coorte Ligurum et Cursorum. Può citarsi anche il titolo salonitano della coorte I. miliaria di Dalmati (Mur. 455, 1 Donati 218, 1), che non avrebbe certamente fatto far fabbricare a spese sue una torre ed un pezzo delle mura di Salona, se non si fosse colà reclutata. Se pochi, in paragone cogli altri, sono i monumenti di quest'ultima classe, ne rende conto la stessa circostanza che non abbisognava indicazione dell'origine del milite, se il solo nome del corpo la fece conoscere. Ed avverasi siffatta massima pure da ciò, che siccome i pretoriani, urbani, vigili, classici, il cui reclutamento non era ristretto a' limiti di certe nazioni, rade volte ommettono il nome del paese loro, così anche i militi di corpi ausiliari non insigniti di nomi di nazione, molto più frequentemente fanno menzione della loro origine. Si confrontino gli equiti dell'ala Claudia nova, Virdomaro e Suro, che diconsi quello Biturige, questo Triboco (corr. Maff. M. V. 121, 3; Donat. 301, 9); nell'ala Indiana un Namnite (Donat. 269, 7; 469, 9) ed un Treviro (Grut. 519, 7 Mur. 777, 1 = Donat. 342, 7); in qualche ala miliaria (?) un Ispano decurione (Donat. 296, 8); un Sequano nell'ala scubulorum (Mur. 804, 3). Pare che anche nella Gruteriana 571, 4, che ad un'ala Longinia si riferisce, si fece menzione della nazionalità. · = |