Plinio intorno a questo gran genio, a cui si doveva un progresso deciso nel rendere manifeste le idee incorporate nelle creazioni del mondo visibile e nel far comparire trasparente la realtà delle cose. Dalle parole di Plinio XXXIV. 8. 5. 19. risulta che Lisippo si era risoluto ad abbandonare la strada tenuta da tutti gli artisti anteriori a lui, ed a prendere una direzione del tutto nuova, che lo conduceva verso un naturalismo ben inteso. Le espressioni, che egli al gran contemporaneo d'Alessandro mette in bocca, non lasciano dubbio veruno di siffatta tendenza: << Eum enim interrogatum, quem sequeretur antecedentium, dixisse demonstrata hominum multitudine, Naturam ipsam imitandam esse, non artificem ». Siffatta massima sembra appunto essere stata quella dell'artista che creò la nostra statua, in cui non si scorge più traccia veruna di quel rigore stilistico, innanzi a cui s'era inchinato anche un genio, come Fidia. Se noi la compariamo col discobolo di Mirone, il quale pure non è un essere astratto, ma anzi ripieno di vigore e di vita, ci troviamo in faccia ad una generazione d'uomini del tutto diversa. La differenza non è meno grande di quella che passa tra le figure di Luca Signorelli e Michel Angelo da Caravaggio, il quale nelle migliori sue opere mostra un entusiasmo simile a quello, di cui vantavasi Lisippo, colla sola restrizione che egli mancava del buon gusto e del fino tatto, di cui nessuno degli antichi scultori si è trovato tanto privo, quanto questo valoroso, ma sregolato talento. Lisippo intanto deve essere entrato, come lui, nei meriti della natura in modo molto più energico de' suoi antecessori, i quali sagrificavano al metro dello stile molti particolari che qui emergono tutto ad un tratto. Infatti il suo modo di operare fu considerato dagli antichi un progresso positivo, e le novità da lui introdotte vengono enumerate da Plinio con chiari ed intelligibili termini: «< Statuariae arti plurimum traditur contulisse, capillum exprimendo, capita minora faciendo, quam antiqui, corpora graANNALI 1850. 16 ciliora siccioraque, per quae proceritas signorum maior videretur. Non habet latinum nomen symmetria, quam diligentissime custodivit, nova intactaque ratione quadratas veterum staturas permutando: vulgoque dicebat, ab illis factos, quales essent homines, a se, quales viderentur esse. Propriae huius videntur esse argutiae operum, custoditae in minimis quoque rebus ». Siccome queste parole vengono in gran parte illustrate a maraviglia dal monumento in discorso, così pare un nostro dovere di prenderle una ad una in maturo esame. Uno de' tratti caratteristici visibili nella nostra statua, è il modo, con cui sono trattati i capelli, che infatti distinguonsi grandemente dalle masse piuttosto convenzionali, usate nelle sculture della scuola più antica. Queste parti mobili e vaghe, ma che hanno una specifica struttura, sono accomodate in maniera analoga a quella, in cui le vestimenta de'tempi avanzati si staccano dal nudo, senza cessare di essere parte integrale de corpi che ne vengono velati. Per la scultura questo trattamento della capigliatura indica un notevole progresso, il quale meglio si rileva, se andiamo comparando queste parti nelle figure che credonsi derivare o da Fidia stesso, oppure da' suoi contemporanei. Nell'Amazzone, che alla nostra statua per caso trovasi vicina, e che a quest'epoca certamente deve assegnarsi, questa diversità spicca in modo quasi palpabile. In confronto colla scultura in quistione le corde regolari, onde vien coronata quella testa, in cui l'analogia della disposizione s'esprime in modo veramente grandioso, appena si prenderebbero per la stessa stoffa. Ma dall'altro canto ognuno facilmente comprende, che questo genere di modellatura sublime non soffrirebbe un trattamento diverso e più elaborato di siffatti particolari. Chi passa per le sale de' nostri Musei, si convincerà ben presto, che questa maniera raffinata d'esprimere i capelli, la quale nell'Apolline del Belvedere raggiunge il suo colmo, non è punto tanto comune tra le statue antiche, e che, per distinguere le epoche e le scuole, si deve aver molto in con siderazione queste parti che ad un colpo d'occhio superficiale sembrano meno significanti, ma che al conoscitore porgono un sintomatico aiuto di considerevole importanza. A noi deve bastare di accennare con termini generici il progresso che si annuncia in questa sorta d'imitazione naturalistica, ed ai sapienti poco basterà per non lasciar inavvertita siffatta bellezza, da cui le forme plastiche vengono animate in modo particolare, e che ad ogni evento potrà farci capire le forze delle parole di Plinio, il quale, tra i principali meriti di Lisippo intorno all'avanzamento dell'arte statuaria, annovera questa espressione più specifica della capigliatura umana. Nel caso nostro è d'un effetto assai positivo, e ci dipinge il carattere intero dell'individuo rappresentato, siccome infatti non avvi cosa tanto atta a farci conoscere la complessione delle persone, quanto il pelo, che rende evidente lo stato di salute, il temperamento e sino la struttura della fibbra. In generale possono distinguersi due costituzioni atletiche, di cui l'una ha il suo prototipo in Ercole, l'altra in Apolline, o meglio in Mercurio. La statua in quistione si riferisce ad un modello di questa seconda classe, e le qualità specifiche de' palestriti, che si distinguono più per lestezza e sistematica educazione che per fisica forza parzialmente sviluppata, vi sono espresse a maraviglia. La sua altezza è imponente, ma l'individuo apparisce molto più elevato di statura, che non lo è; attesochè l'artista ha maneggiato le proporzioni con scaltrezza tale che anche l'occhio del più esperto ne resta ingannato. Prova ne sia che il disegnatore abilissimo da me impiegato per una intera lunghezza di piede l'aveva ritratta più alta di quello che confermavano le geometriche misure assicurate da matematico istromento. D'ingannare in simil modo l'ammiratore, era la precisa intenzione di Lisippo, secondo c'insegna Plinio nel passo di sopra riportato. Egli confessò di se stesso, che non intendeva di riprodurre gli uomini come fossero nella realità delle cose, cioè secondo le regole di severa plastica, che non si fida che del compasso, e rende le forme stereometricamente, ma a norma della loro esterna apparenza ossia con riguardo all'effetto della prospettiva, alle cui delusioni l'occhio umano è sempre soggetto. Da queste ingenue asserzioni si desume il grande e notabile fatto, esser egli stato il primo che abbia introdotto nella scultura principj pittorici, di cui infatti nessuna delle arti sorelle può far a meno, e l'applicazione giudiziosa e raffinata de' quali produce miracoli, come facilmente potrà convincersi chi perlustra con occhio critico le sculture antiche e moderne. Per comprendere ciò che Plinio intende sotto le arguzie peculiari, che questo grande maestro sapeva mettere in opera anche nelle minime cose, sarà opportuno d'esaminare quel metodo nuovo, con cui aveva potuto convertire le stature quadrate degli antichi in figure di graziose e sviluppate proporzioni, conservando sempre gelosissimamente le leggi della simmetria, che per lui non era un sistema secco di prescrittive regole, ma il complesso delle ragioni, sulle quali è fondato il giusto equilibrio delle cose visibili, che possono cambiar forma e posizione degli elementi, di cui si compongono, ma che non saranno mai esenti dalle condizioni fondamentali di questa sussistenza terrestre e razionale. Riferibile unicamente a questi principj è il fatto tante volte discusso delle teste piccole, che nelle statue antiche a noi porgono un'apparenza tanto strana. La diminuzione della mole del capo ingrandisce l'aspetto della statura, di cui esso forma la misura specifica e normale. Plinio ci asserisce Lisippo essere andato più oltre degli antichi nel ristringere il volume delle teste; ma con quale giudizio egli abbia introdotto questa misura, lo mostra la statua, della di cui analisi noi siamo occupati. La testa n'è realmente piccola, ma l'occhio non ne vien urtato, anzi appena se n'accorge. L'imponente statura del corpo fa a prima vista una grande impressione, e questo generale effetto si è ottenuto mercè del trattamento peculiare della modellatura, in cui si riconosce ciò che Plinio chiama gracile e secco. Per intendere la forza di queste espressioni, dobbiamo in primo luogo ricordarci, che Lisippo lavorava quasi esclusivamente in bronzo, la quale materia richiede uno stile tutto particolare, senza il di cui aiuto le non trasparenti ed oscure masse non solo perdono ogni effetto, ma vengono distrutte, in quanto all'azione artistica, dalle medesime proprietà, che a' lavori in metallo possono, se se ne cava un buon partito, assicurare prerogativi impareggiabili in opposizione alle sculture eseguite in qualunque altra stoffa. Il bronzo però esige assolutamente forme pronunciate e decise a tal segno, che, prima di essere trasferite in questa materia per via della fusione o della toreutica, esse sembrano piuttosto secche, ma certamente in metallo apparirebbero stracche e morte, se non fossero trattate così nel modello di creta. Esaminando tutte quelle statue di bronzo che sono celebri per la loro bellezza e pel buon effetto prodotto da esse nel posto, a cui erano destinate sin dalla loro origine, troveremo, che quella gracilità e quel secco, di cui Plinio parla come de vantaggi delle opere di Lisippo, non mancano quasi mai, mentre le più rinomate opere di marmo, trasmesse in bronzo, perdono di sovente tutte le peculiari loro bellezze, mostrando proporzioni tozze e forme gonfie, di cui gli originali non facevano scorgere traccia veruna. Dall'altro canto, i marmi copiati da famosi bronzi ritengono sempre qualche cosa di strano, che anche il lavoro più perfetto non è capace di sradicare totalmente. E di tale stile, peculiare ai lavori in bronzo, sembrano travvedersi le orme anche nella statua di marmo, di cui abbiamo sott'occhio un accurato e fedelissimo disegno. Tutte le forme sono articolate in modo piuttosto forte, e dappertutto si scorge lo studio dell'artista, di rendere animate le masse mediante una modellatura assai ricca e variata. Ogni muscolo nasce, per così dire, innanzi a' nostri occhj dalla sua radice, e pare di staccarsi dal sistema, a cui appartiene. Ma questa esuberanza di particolari anatomici contribuisce più che mai ad aumentare |