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male di quei che amano di conoscere fondamentalmente le pratiche degli antichi scultori. Molto si potrebbe aggiungere anche in rispetto a questo argomento, ma dobbiamo temere di non essere stati fin quì oltre misura soverchj; e sola l'importanza d'un tale ritrovato, del tutto inaspettato, ci rende tranquilli, e ci fa sperare che ci terranno per iscusati quei che amano di conoscere il vero stato delle cose, senza essere ingannati nè da smisurate lodi nè da espressioni d'inconsiderato disprezzo. Per la storia dell'arte nel momento attuale poteva appena trovarsi un supplemento più desiderato di questo. E. BRAUN.

TOMBA DIPINTA SCOPERTA DA A. FRANÇOIS

A CHIUSI NEL 1846.

Mon. Vol. V, tav. XIV-XVI.

Le pitture parietarie, di cui gli Etruschi amavano di ornare la sala principale di quelle tombe che erano destinate a ricevere i corpi di un'intera famiglia, si distinguono rare volte per merito d'arte, ma riescono tanto più istruttive pei soggetti in esse rappresentati; e sotto questo rapporto quelle, scoperte dal benemerito e non mai bastantemente encomiato sig. Aless. François, meritano forse il primo posto tra tutte quelle sinora rinvenute. Chè esse ci fanno conoscere costumi, di cui peranco non si ebbe che un'idea assai imperfetta, o che riescono nuovi affatto, non trovandosene traccia veruna nei monumenti finora venuti alla luce, e molto meno negli autori antichi, i quali, ancorchè ne avessero conservato la memoria, potrebbero appena comprendersi senza l'aiuto di simili contorni dimostrativi. Ma non solamente la materia erudita rende importanti siffatti dipinti, ma anche il modo di rappresentare che in essi spicca, ci fa meglio comprendere molti particolari

del linguaggio simbolico e convenzionale degli antichi, e schiarisce pratiche anche de' tempi classici, che a noi altri riescono non che strane, ma sovente poco intelligibili. È vero che i vasi dipinti ci hanno fornito parecchj esempj di questa natura; ma siccome quelle rappresentanze, in cui occorrono tali idiotismi, sono poco studiate, così essi passano facilmente in obblio e non vengono quasi mai considerati come fatti che formano regole, di modo che i monumenti i più perfetti vengono spesso tormentati da interpretazioni perverse per la sola mancanza di cognizioni elementari. Alludo con questo particolarmente alla variazione del sesto di figure che appartengono alla medesima età ed alla stessa classe di esseri, ma che noi altri sempre siamo tentati a prendere per fanciulli o per individui d'una grandezza minore, mentre l'artista non ha avuto la minima idea di accennare una riduzione di sesto nella realità delle cose. Di simili anomalie queste nostre pitture sono molto ricche, ed è perciò che noi le dichiariamo sotto tal rapporto particolarmente istruttive, siccome orora nell'istituirne una minuta analisi potremo vedere.

Prima di procedere all'esame di questi dipinti, sarà opportuno pei nostri lettori di orizzontarsi sul posto che occupano, e sul sistema architettonico, a cui appartengono. A tal uopo noi poniamo loro sott'occhio la pianta e lo spaccato, incisi sopra tay. XIV. Quest'ultimo che si trova in capo della tavola, ci presenta il masso di pietra calcarea tenerissima e fragilissima, da cui la maggior parte de sepolcri chiusini sono cavati, mentre la pianta c'insegna che il corridoio dell'ingresso A. conduce verso la sala centrale B., di cui lo spacco fa vedere porzione delle pitture ed una delle porte laterali, per cui si passa alle camere che sulla pianta sono indicate colle lettere C ed E. Una terza camera congiunta col salone principale, mostra un aspetto un poco più nobile che quelle situate nei fianchi, le quali sono prive affatto di pitture; ma il suo insieme è meno ornato. Chè, oltre poche traccie di figure iso

late, che si trovaron dipinte accanto ai letti mortuarj nei posti indicati con H ed I, e de' contorni delle quali i n. 5 e 7 della medesima tavola ci conservano una debole memoria, non si trovò altro ornamento che sul soffitto, il quale è cavato nel tufo a forma di cassettone, in fondo al quale si vedeva dipinto il rosone contornato da quattro uccelli, con capo e braccia di donna, i quali sogliono chiamarsi comunemente Sirene, oppure Arpie. Quest'ultime forse converrebbero meglio ad un luogo, che ha divorato, come una voragine, una famiglia intera, ed a cui nessun emblema era più adattato di quello della rapacità della morte simboleggiata da quegli esseri della favola. Lo spacco indica chiaramente la costruzione architettonica del soffitto di questa camera, ed anche di quello del salone centrale, il quale mostra una regolare trabeazione, che vien illustrata dallo sviluppo ortografico-geometrico del n. 1. posto a fianco della pianta. In esso il punto d'occhio è scelto in modo che la porta d'ingresso A. si apre al di fuori, mentre a mano manca si scorge l'apertura d'una delle laterali. Non altrimenti che il soffitto, anche i letti n. 2. 4. 6, che furono trovati in gran parte distrutti, sono cavati dal masso di pietra calcarea, la quale, facilissima ad essere lavorata collo scarpello, aveva invitato a questo genere di costruzione gli antichi Etruschi, assai amanti di riprodurre l'architettura de' viventi nelle dimore de' trapassati.

Dalla pianta si rileva, che nessuna delle quattro pareti del salone centrale offriva una superficie intera e non interrotta, attesochè la porta occupava lo spazio medio, così che il pittore, chiamato ad ornare queste mura, si trovò non poco imbarazzato nel dare sviluppo alle composizioni volute dalle circostanze. Gli era forza però di far correre la serie delle sue figure da un muro all'altro, come se l'angolo non ne dividesse i due piani. Questo modo di distribuzione, di cui ne' sepolcri chiusini si conoscono altri esempj, vien reso chiaro da' contorni dello spacco, dove a mano manca della porta laterale si

vede la corsa delle bighe, mentre alla dritta scorgesi piccola porzione del secondo compartimento, che chiude colla rappresentazione della lotta. A mano destra di chi entra si vedeva in maniera analoga il pugilato unito al ballo armato, e la distribuzione de' premj congiunta colla scena finale, che ci porge costumanze etrusche del tutto nuove ed assai curiose.

Accingendoci ora a passare in minuto esame tutti questi soggetti, ripieni di particolari non poco strani, dovremo contentarci di capire, quale sia stata l'intenzione del pittore, senza pretendere d'illustrare l'argomento intero ivi piuttosto accennato che trattato distesamente. Ancorchè varie circostanze, di cui puranche non si ebbe che un'idea assai indigesta, ne ricevano lume, pure questo non basta a schiarire materie che vengono per la prima volta a nostra cognizione, e con cui mancaci perciò ogni familiarità, senza di che simili ricerche degenerano facilmente in un giuoco d'indovinello. Ci siamo dunque prefissi di non dare che una enumerazione semplice delle cose notabili che ci si sono affacciate nell'osservare ripetutamente questi disegni, gli originali de' quali non ci fu dato di vedere. Altri che vengono dopo di noi, forse saranno più felici nell'animare questi contorni colla face di letteraria erudizione, da cui ci piacque far astrazione in questo primo lavoro analitico, il quale si sarebbe facilmente ingrossato di soverchio, senza giovare nè alla quistione generale, nè a quella intorno i particolari del rappresentato. È una vana pretensione il voler far tutto da se solo, e fa rimarchevole danno alla scienza monumentale, se degenera nell'ambizione di far pompa di filologico sapere, con cui pur troppo spesso si cerca nascondere l'ignoranza archeologica. Simili dipinti appellano in primo luogo al senso comune, ed ogni apparato grammaticale suol riuscir inutile, prima che questo abbia assicurato i suoi dritti.

La rappresentanza della corsa circense, con cui diamo principio alla nostra dichiarazione (tav. XV), ci fornisce me

diante pochi e deboli contorni, un'idea molto più chiara che i numerosi bassorilievi funebri de sarcofagi, che ritraggono questo subbietto. Chè questi, mentre sono larghi nel dipingerci lo splendore architettonico de'circhi romani, non accennano che in modo assai fuggitivo e perciò enimmatico quegl'intrighi, da cui le vicende della corsa venivano animate. Ci voleva la sagacità d'uomini eruditi, come Ludovico Bianconi ed E. Q. Visconti, per interpretare rettamente tutti quegli accessorj che vegliano ne' marmi la nostra curiosità, anzichè siano di guida sicura alla nostra immaginazione. Sembra infatti, che le opinioni da loro proposte vengano confermate dal nostro monumento, il quale ritrae tre quadrighe, slanciantisi con impeto verso la meta, di cui peraltro non vien quì dato nessun cenno. Il pittore ha concentrato tutti i suoi mezzi per rappresentare gli ostacoli che s'oppongono alla vittoria de' rivali. Due soltanto di questi hanno trovato posto nel quadro tanto ristretto; la terza figura che apparisce sopra la prima coppia de' cavalli, è disgraziatamente mezzo distrutta, e perciò non si può asserire con precisione, se abbia montato uno di questi destrieri, o quale sia il motivo della sua comparsa in questo sito. Nei bassorilievi romani simili battistradi cavalcano accanto ai destrieri; ma di questo costume quì non si vede traccia. Tanto più chiaramente è espressa l'occupazione de' moratores ludi, uno de' quali non è contento di gettarsi coraggiosamente sotto i cavalli della seconda quadriga, ma eccita eziandio un cane, il quale abbajando è ansioso di sturbare gli spaventosi animali. Al di là di questo cane scorgesi l'ombra d'una figura umana mezzo distrutta, la quale sembra essere occupata o di gettare, o di rimuovere quei fagotti coperti da una rete di fili, che si conoscono eziandio da' bassorilievi, e che senza dubbio sono stati destinati a far uscire di via i carri, la di cui struttura oltremodo leggiera non soffriva in tale impeto precipitoso il minimo urto. Simile disgrazia vedesi rappresentata al vivo in un' altra pittura sepolcrale di Chiusi, la quale c'illustra l'uso

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