Le Odi di Anacreonte, tradotte da Carlo Maineri. Non Piacenza. presso on potrebbe cominciarsi meglio il terzo volume del nostro Giornale quanto coll'annunziar la versione in gentilissimi versi del più gentile fra gli antichi Poeti. O canti ei la Colomba o Batillo, o sforzi " ་་ << Membri a lunghe d'amor giostre, e non tenui Calici avvalli; ... Come già disse un valente moderno Scrittore ... gioventù par che emoli, Quasi vecchiezza non l'affranga e stenui; e vedesi prata, sempre colla cetra in mano dalle Grazie tem trescando la Vita incerta e rapida « Deridere il final giorno e la lapida. Ma quei semplici pensieri, adorni di tutta la purezza dell' espressione, ma quell'espressioni spiranti attica venustà, quanto difficili mai non son esse a trasportarsi in una lingua diversa! A proposito di lui, e di Virgilio osò proferir quel Moderno, che i Poeti tradur non si possono, e soltanto può dai traduttori pretendersi, che rendano argento per oro, come della Versione del Caro fu detto. Lasciando, dunque, ad altri, che pascer voglia l'erudita curiosità degli Ellenisti, la cura di fare un confronto coll' originale, noi ci ristringeremo ad osservare che pura n'è la dizione, eleganti ne sono le frasi, armonici i versi, ove forse s'incontra troppa facilità, che talvolta si avvicina alla prosa, difetto per altro nel quale assai difficile era il non incorrere, cercando di sfuggire l'afTom. III. |