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Ogni bassa caligine terrena,

Onde scorgere
io possa e altrui far conte
Negate a mortal guardo arcane cose.

Crediamo che le ingenue e giuste lodi compartite al primo volume di questa versione compenseranno ampiamente l'illustre Traduttore del poco che abbiamo no. fato come degno di riprensione e di cangiamento; e lo crediamo con qualche ragione perchè noto ci è il suo fran co e leale carattere, che lo rende indegno in conseguenza di entrare nel gran numero di quegli Autori, pei quali la critica di un verso desta in lor più livore, che non desta compiacenza l'elogio di cento. D'altronde ognun sa que la critique est aisée, mnis l'art est difficile e che quando poco si biasima e molto si loda si dà un segno non equivoco di benevolenza e di stima.

Il libro è preceduto da una savia prefazione, e da Brevi Memorie intorno alla vita ed agli scritti di Milton.

Y.

Epistolario dell' Ab. Cesarotti, Tomi 3 in 8° e in 12. Presso Molini, Landi e Comp. ( sotto il torchio)

Da ogni lato d'Italia si attende con impazienza lapubblicazione di questa ultima e interessantissima par, te delle Opere del Cesarotti. Ma non son però le di lui lettere che debbono saziare l'altrui curiosità. Gli uomini più riputati d'Italia e d'oltramonti si fecero un pregio della sua amicizia ; in questa collezione si riserbano monumenti preziosissimi della lor stima. Per darne un saggio ai nostri lettori, riporteremo due lettere del Grand'Alfieri, inedite ancora che mostrano in qual conto era tenuto dal fiero Allobrogo (come Parini il chiamò) quel Cesarotti, che si fan gloria di mordere tutti gli autoruzzi che ne invidiano la fama; ma è noto l'emblema del topo che morde la coda del Leone.

STIMATISSIMO SIG. CESAROTTI

Siena 18 Settemb. 1783.

Si ricorda ella di me? lo mai non mi scorderò di quel beato giorno ch'io passai con lei in Padova, in cui fra giudici competenti ho letto delle mie chiacchere, e troppe forse ; ma nella certezza almeno che le lodi n'erano sentite e sincere, ed il biasimo ragionato, dotto, e senza ombra di fiele. Una tal compagnia non l'ho trovata più e non la trovo, per quanto io la cerchi, nell'Italia tutta. Ciò solo, oltre tant'altre ragioni, mi ricondurrà un giorno o l'altro in Padova. Intanto non ci potendo ora andar io, mando a lei, ed ai più di quei Signori il secondo volume delle mie tragedie. Questo tra pochi giorni le verrà rimesso dal signor Cromer, a cui l'ho spedito. Mi terrò ben felice se a lei principalmente avrà piaciuto; ma anche quando non fosse, e che ancora per la parte dello stile non avessi saputo interamente valermi degli amorevoli suoi avvisi, nessuna cosa mi potrà dispiacere ed affliggere quanto il non dirmi ella sinceramente il suo parere francamente; talchè mi consolerà più una critica sua diretta a me, che una lode scritta ad un terzo. Io stimo lei come maestro nell'arte di far versi sciolti robusti e variati di suono, quali appunto esser devono nella tragedia. Se avrò il suo suffragio poco m' importerà dell' altrui; se mi manca quello, crederò di non averne nè pur uno. A suo bell'agio dunque ella mi dirà poi il parere suo; intanto creda che io sono uno de' primi suoi ammiratori, e non per far eco alla voce del pubblico ma per intimo senso del valor

suo.

Vittorio Alfieri

sarà continuato)

1

LIBRO IL

Fería l' Jonio mar del di nascente
L'albór foriero; e già la nuova luce
Spargea, scherzando con le tremule onde,
Mille color sopra il ceruleo smalto.
Quando animosa, e de'materni avvisi
Immemore e de' pianti e de' sospetti,
Dalla ingannevol Citerea sedotta,
Proserpina gentil ( tal delle Parche
Era il decreto) i boscherecci inchiese
Campi irrigati. Ne intuonàr tre volte
Infausto augurio le dischiuse porte
Con lo stridor de'cardini girati ;

E

presaga del danno Etna tre volte Tremendo ne spiegò flebil muggito. Ma per ta' mostri e per sì tristi annunzj Costei non si ritien. Sue nel viaggio Compagne son le tre celesti suore. Venere prima, che del lieto inganno Gioiosa, e scaltra nel celar l'infida Opra agognata, col pensier misura I rei progressi del vicin trionfo. Già vince il duro Caos, già Dite espugna, E dietro al carro delle pallide ombre Si trae l' innumerabile famiglia. Ella da Idalia punta il crin diviso Avvolto porta in mille vaghi nodi. Sudata dall'artefice marito Gemmota fibia le incatena al petto La sopravvesta porporina. Lei La faretrata candida regina

2.

Degli Arcadici monti, e colei ch'arma
La generosa man d'asta in difesa
Delle torri Erittee (vergini entrambo)
Frettolose seguian. Terribil questa
Per l'aspre pugne: paventata quella
Dalle fere fugaci. Il reo Tifone
In parte estinto e in parte vivo porta
Pallade all' elmo. La temuta lancia
Trattando, d'eccels' arbore ha sembianza,
Che sino al grembo delle nubi ascenda ;~~
E il vasto scudo u' la Gorgone è incisa,
Tutto l'ammanto suo dorato adombra.
Dolce l'aspetto è di Diana, e molto

Simigliante al german. Di Febo gli occhi
E le guance esser credi. Il sesso appena
L'un dall'altra distingue. Ignude mostra
Le braccia e 'l sen di neve; e lascia il crine
Scherzo errante e gentil farsi dell'aure.
Pendon con l'arco la faretra e i dardi
Dall'omero ozíosi. Un doppio nodo
Tien sollevata la gortinia veste
Sino al ginocchio. Il serico trapunto
Delo figura ancor non ferma. In oro
Espresso è il mar che la circonda e chiude.
Tra queste Dee di Cerere la figlia

(Di sua madre gloria or, tra poco affanno)
Va misurando a passi uguali il prato,
Non men bella di lor nè meno adorna.
Parer Minerva, se lo scudo avesse,
Poria, Cintia parer, se avesse l'arco.
Le vaghe vesti in lievi pieghe accolte
Un diaspro sostien. La spola all'arte
Successo non recò mai sì felice:
Non mai gareggiar tanto ordito e fila

Per dar di verità sembianza al finto.
Mirasi qui da Iperíone a vita
Uscire il Sole, uscir d' inegual mole,
La Luna; dell' aurora e della notte
Scambievol duci: Cuna e fasce appresta
Teti, e nel grembo annoso il parto accoglie.
Il roseo tinto degli allievi è misto
Alla chiarezza del ceruleo seno.
Non grave di splendore il Sol riposa
Sul destro braccio della Diva, e adorne
Ha di raggi infantili ancor le tempie;
E in quella prima non cocente etade
Tenero foco col vagito esala.
La suora è all'altro lato, e della manca
Mammella il cristallino umor bevendo
Con breve incurvatura i mesi segna.
Di cotal lusso ornata vanne, e intorno,
Sue compagne al carumin, le fan corona
Le Najadi tutte, e quali acquistan fede
Alle acque tue, Criniso, e al rumoroso
Bruca di sassi ruotatore, e a Gela,

Che diè di Gela a una cittade il nome;
E quali educa in suo palustre fondo
La pigra Camerina, e quai nutrisce
L'estraneo Alfeo, quai d'Aretusa i fonti.
Supera in leggiadria tutte costoro

Ciane in fontana non ancor conversa .
Tal forse al suon delle ricurve targhe
Lieto appar delle Amazoni lo stuolo,
Allorchè devastato il freddo Arturo
Socio sel guida dopo i rei conflitti
Ippolita la vergine guerriera,

O che i Geti sconfisse, o che il gelato
Tanai tronco Termodontea bipenne;

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