DUCHESSA DI RUTLAND ec. ec.
ueste, o Donna gentil, del sacro monte Sognate tra le verdi amene selve
Amabili follie, scherzi canori,
M'apprestava a fregiar del tuo bel nome; Così talora a sculta pietra intorno Scaltro fabro dispone un doppio giro Di preziose gemme, che vibrando Da i spessi lati tremolante luce, Della mal nota pietra i dubbj pregj Crescendo vanno agl' inesperti sguardi. E già l'impaziente aura di Pindo Agitando nel sen, su i merti tuoi Tacito meditava entro l'amiche Pign. T. J.
Ombre solinghe d'un antico bosco: Ombre sì care ai fervid'estri, e ai moti Dell'agil fantasia, che fugge il vano Strepito cittadino, e l'auree stanze, E le pompe importune, e di fallace Splendida servitù sdegnando i lacci, Sul margine d'un rio spesso s'asside. Quando improvviso lampo il taciturno · Aere solcando, lucida s'aperse Tra il bruno orror folgoreggiante strada. Allor riscosso dal soave oblio,
Come persona che per forza è desta, Vidi candida nube a me davante, Dal cui dorato seno un roseo lume Spargeasi in giro: ripercosso e rotto Poi dal denso vapor, pingea la nube Di colorate macchie insiem confuse
In disordine vago, e d'un incerto Albor sempre più fioco, le profonde Segnava ombre del bosco: appunto come Del già caduto Sole i raggj estremi Pingon le nubi in occidente sparse, E del bruno crepuscolo nascente Tingono appena il manto scolorato. Ma qual mi corse sacro orror per l'ossa,
Quando, aperta la nube, agli occhi miei S'offrì la sacra venerabil Ombra
Del Britanno Cantor (1), che trasse un giorno Anglico suono dalla greca tromba, Onde fremer per lui l' ira d' Achille S' udì sopra il Tamigi, e balenaro In novelli colori espresse e pinte Tra l'ondeggiante fumo e le ruine L'Iliache faville! Il sacro alloro Gli cingeva la fronte, ed era avvolto Nel Socratico manto (2): a lui d'intorno Stavan le Grazie, e i pargoletti Amori, Che agitavan scherzando il biondo crine Dell' amabil Belinda, e in varie attorto Sottili trecce, e su i gemmati estremi Degli archi teso divenìa dorata Infallibile corda; illustre crine,
Cui cede il primo onor fin la famosa Chioma che in cielo splende, e i raggi amici Scote pietosa su i furtivi amanti.
Tale m'apparve il gran Cantor; ma il volto Non era il volto già sereno e lieto, Come allorquando, dagli accesi lumi Raggi vibrando di celeste foco, Sull' Apollinee penne al ciel s'ergea
Per nuove strade, e la difficil arte Di conoscer sè stesso all' uom mostrava; Ed intessendo de' più scelti fiori, Che spuntino sul sacro Aonio colle, Non caduche ghirlande, alla severa Filosofia ne coronava il crine; Sicchè al canto di lui dalla pensosa Fronte sciolte le rughe, e di modesta Aria ridente rivestendo il volto, Vera Dea compariva, amabil Dea : Ma sdegnoso e turbato era il sembiante, E a me, che umìle e riverente al suolo Me gli prostrava innanzi, i lumi volti Di nobil ira fiammeggianti, e quale, Disse, ti sprona temerario ardire? Tu la toscana cetra osi al Tamigi Suonare in riva? Tu negletto figlio Della misera Italia, che perdeo Il forte immaginare, e del robusto Immaginare le bell'arti figlie, E tutte le virtù, quando gl'imbelli Figli sdegnando, e l'ozio inonorato, Da lei fuggì la Libertà Latina? Augusta Libertà, che sull'amiche Angliche arene alfin raccolse il volo,
È gode star sulle tonanti prore, Che dove cade il giorno, e dove nasce Portano al suon de' fulmini guerrieri Della Britannia i cenni, e batte intorno All'ondeggianti e tremule bandiere Colla Vittoria le purpuree penne. Qui di Parnaso agli animosi figli La Libertà, cinta d'allori il crine, Spira, non già voci di senso vuote, Non dolci inezie, o adulatrici rime A cantar use con pedestre stile O i frequenti Imenei male assortiti, O d'un mezz'uomo la feminea voce, O d'innocente e tenera donzella I troppo presti ed imprudenti voti ; Versi, onde copron di rossore il volto Le Dive di Permesso, e che qual vile Polve che s'alza e cade al rapid' urto Delle striscianti il suol fervide rote, Han la vita e la morte il giorno istesso: Ma versi quali un tempo, ai dì migliori Suonàr ne' boschi che il frondoso crine Spiegan di Delfo sulle sacre rupi, Ovver ne' campi, ove scorrendo vanno Il girevol Meandro, il freddo Ilisso.
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