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ALLA NOBILISS. DAMA

MARIA ISABELLA

DI SOMERSET

DUCHESSA DI RUTLAND ec. ec.

Queste,

L'OMBRA DI POPE

POEMETTO

ueste, o Donna gentil, del sacro monte Sognate tra le verdi amene selve

Amabili follie, scherzi canori,

M'apprestava a fregiar del tuo bel nome; Così talora a sculta pietra intorno Scaltro fabro dispone un doppio giro Di preziose gemme, che vibrando Da i spessi lati tremolante luce, Della mal nota pietra i dubbj pregj Crescendo vanno agl' inesperti sguardi. E già l'impaziente aura di Pindo Agitando nel sen, su i merti tuoi Tacito meditava entro l'amiche Pign. T. J.

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I

Ombre solinghe d'un antico bosco:
Ombre sì care ai fervid'estri, e ai moti
Dell'agil fantasia, che fugge il vano
Strepito cittadino, e l'auree stanze,
E le pompe importune, e di fallace
Splendida servitù sdegnando i lacci,
Sul margine d'un rio spesso s'asside.
Quando improvviso lampo il taciturno ·
Aere solcando, lucida s'aperse
Tra il bruno orror folgoreggiante strada.
Allor riscosso dal soave oblio,

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Come persona che per forza è desta,
Vidi candida nube a me davante,
Dal cui dorato seno un roseo lume
Spargeasi in giro: ripercosso e rotto
Poi dal denso vapor, pingea la nube
Di colorate macchie insiem confuse

In disordine vago, e d'un incerto
Albor sempre più fioco, le profonde
Segnava ombre del bosco: appunto come
Del già caduto Sole i raggj estremi
Pingon le nubi in occidente sparse,
E del bruno crepuscolo nascente
Tingono appena il manto scolorato.
Ma qual mi corse sacro orror per l'ossa,

Quando, aperta la nube, agli occhi miei
S'offrì la sacra venerabil Ombra

Del Britanno Cantor (1), che trasse un giorno
Anglico suono dalla greca tromba,
Onde fremer per lui l' ira d' Achille
S' udì sopra il Tamigi, e balenaro
In novelli colori espresse e pinte
Tra l'ondeggiante fumo e le ruine
L'Iliache faville! Il sacro alloro
Gli cingeva la fronte, ed era avvolto
Nel Socratico manto (2): a lui d'intorno
Stavan le Grazie, e i pargoletti Amori,
Che agitavan scherzando il biondo crine
Dell' amabil Belinda, e in varie attorto
Sottili trecce, e su i gemmati estremi
Degli archi teso divenìa dorata
Infallibile corda; illustre crine,

Cui cede il primo onor fin la famosa
Chioma che in cielo splende, e i raggi amici
Scote pietosa su i furtivi amanti.

Tale m'apparve il gran Cantor; ma il volto
Non era il volto già sereno e lieto,
Come allorquando, dagli accesi lumi
Raggi vibrando di celeste foco,
Sull' Apollinee penne al ciel s'ergea

Per nuove strade, e la difficil arte
Di conoscer sè stesso all' uom mostrava;
Ed intessendo de' più scelti fiori,
Che spuntino sul sacro Aonio colle,
Non caduche ghirlande, alla severa
Filosofia ne coronava il crine;
Sicchè al canto di lui dalla pensosa
Fronte sciolte le rughe, e di modesta
Aria ridente rivestendo il volto,
Vera Dea compariva, amabil Dea :
Ma sdegnoso e turbato era il sembiante,
E a me, che umìle e riverente al suolo
Me gli prostrava innanzi, i lumi volti
Di nobil ira fiammeggianti, e quale,
Disse, ti sprona temerario ardire?
Tu la toscana cetra osi al Tamigi
Suonare in riva? Tu negletto figlio
Della misera Italia, che perdeo
Il forte immaginare, e del robusto
Immaginare le bell'arti figlie,
E tutte le virtù, quando gl'imbelli
Figli sdegnando, e l'ozio inonorato,
Da lei fuggì la Libertà Latina?
Augusta Libertà, che sull'amiche
Angliche arene alfin raccolse il volo,

È gode star sulle tonanti prore, Che dove cade il giorno, e dove nasce Portano al suon de' fulmini guerrieri Della Britannia i cenni, e batte intorno All'ondeggianti e tremule bandiere Colla Vittoria le purpuree penne. Qui di Parnaso agli animosi figli La Libertà, cinta d'allori il crine, Spira, non già voci di senso vuote, Non dolci inezie, o adulatrici rime A cantar use con pedestre stile O i frequenti Imenei male assortiti, O d'un mezz'uomo la feminea voce, O d'innocente e tenera donzella I troppo presti ed imprudenti voti ; Versi, onde copron di rossore il volto Le Dive di Permesso, e che qual vile Polve che s'alza e cade al rapid' urto Delle striscianti il suol fervide rote, Han la vita e la morte il giorno istesso: Ma versi quali un tempo, ai dì migliori Suonàr ne' boschi che il frondoso crine Spiegan di Delfo sulle sacre rupi, Ovver ne' campi, ove scorrendo vanno Il girevol Meandro, il freddo Ilisso.

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