ALLA NOBILISS. DAMA MARIA ISABELLA DI SOMERSET DUCHESSA DI RUTLAND ec. ec. Queste, L'OMBRA DI POPE POEMETTO ueste, o Donna gentil, del sacro monte Sognate tra le verdi amene selve Amabili follie, scherzi canori, M'apprestava a fregiar del tuo bel nome; Così talora a sculta pietra intorno Scaltro fabro dispone un doppio giro Di preziose gemme, che vibrando Da i spessi lati tremolante luce, Della mal nota pietra i dubbj pregj Crescendo vanno agl' inesperti sguardi . E già l'impaziente aura di Pindo Agitando nel sen, su i merti tuoi Tacito meditava entro l'amiche Pign. T. I. I Ombre solinghe d'un antico bosco: Come persona che per forza è desta, Dal cui dorato seno un roseo lume Quando, aperta la nube, agli occhi miei Del Britanno Cantor (1), che trasse un giorno Cui cede il primo onor fin la famosa Tale m'apparve il gran Cantor; ma il volto, Per nuove strade, e la difficil arte Di conoscer sè stesso all'uom mostrava; Ed intessendo de' più scelti fiori, Che spuntino sul sacro Aonio colle, Non caduche ghirlande, alla severa Filosofia ne coronava il crine; Sicchè al canto di lui dalla pensosa Fronte sciolte le rughe, e di modesta Aria ridente rivestendo il volto, Vera Dea compariva, amabil Dea : Ma sdegnoso e turbato era il sembiante, E a me, che umìle e riverente al suolo Me gli prostrava innanzi, i lumi volti Di nobil ira fiammeggianti, e quale, Disse, ti sprona temerario ardire? Tu la toscana cetra osi al Tamigi Suonare in riva? Tu negletto figlio Della misera Italia, che perdeo Il forte immaginare, e del robusto Immaginare le bell'arti figlie, E tutte le virtù, quando gl'imbelli Figli sdegnando, e l'ozio inonorato, Da lei fuggì la Libertà Latina? Augusta Libertà, che sull'amiche Angliche arene alfin raccolse il volo, E gode star sulle tonanti prore, Che dove cade il giorno, e dove nasce Portano al suon de' fulmini guerrieri Della Britannia i cenni, e batte intorno All' ondeggianti e tremule bandiere Colla Vittoria le purpuree penne. Quì di Parnaso agli animosi figli La Libertà, cinta d'allori il crine, Spira, non già voci di senso vuote, Non dolci inezie, o adulatrici rime A cantar use con pedestre stile O i frequenti Imenei male assortiti, O d'un mezz'uomo la feminea voce, O d'innocente e tenera donzella I troppo presti ed imprudenti voti; Versi, onde copron di rossore il volto Le Dive di Permesso, e che qual vile Polve che s'alza e cade al rapid' urto Delle striscianti il suol fervide rote, Han la vita e la morte il giorno istesso: Ma versi quali un tempo, ai dì migliori Suonàr ne' boschi che il frondoso crine Spiegan di Delfo sulle sacre rupi, Ovver ne' campi, ove scorrendo vanno Il girevol Meandro, il freddo Ilisso. |