Immagini della pagina
PDF
ePub

Il buon Alì (ch'era così chiamato)
Col denaro assai scarso ritrovato

Nella cassa paterna,

Deliberò di divenir mercante;

E tutto il suo contante

In vetri egli impiegò; questi in un'ampia
Paniera tutti pose,

E in vendita li espose;

Davanti a lor s'assise; e mentre intanto
Compratori attendea,

Questi bei sogni entro di sè volgea.
Io questi vetri il doppio venderò
Di quel che mi costaro,

Onde il denaro mio raddoppierò:
E nella stessa guisa,

E comprando e vendendo,

Potrò per breve strada e non fallace
Crescere il capital quanto mi piace.
Ricco allor divenuto

Lascerò di vetrajo il mestier vile;
Un legno mercantile

Io condurrò sin nell'Egitto; e poi
Ritornerò fra noi

Con preziose merci; e già mi sembra
Di mia nave al ritorno

Pign. T I.

D'esser fatto il più ricco mercatante,
Che si trovi in Levante.

Acquistati i tesori,

S'han da cercar gli onori;

Onde lasciata allor la mercatura,
Un Bassà da tre code

Esser creato io voglio:
E se pieno d'orgoglio
Il Visir Mustafà
Negare a me volosse
Sì bella dignità;

Ricordati, direi,

Chi fosti, e non chi sei,

Di me più vil nascesti... e se superbo Negasse ancor... su quell' indegna faccia Scaricherei colla sdegnosa mano

Di mia vendetta un colpo,

E in quell'informe ventre smisurato
Un calcio tirerei da disperato.

Il disgraziato Alì cotanto viva
S'era pinta la scena, e così vera,
Che urtò col piè furioso,

E rovesciò sul suol la sua paniera;
E con un calcio solo in un momento
Tutte gettò le sue speranze al vento.

FAVOLA VII...

LA SCIMMIA, E IL GATTO

... Quid rides? mutato nomine, de te

Fabula narratur.

Horat.

Di vaghi fiocchi e fregi aurei lucente

Terso cristallo in stanza ampia brillava
Dalla parete serica pendente,

Che con dolce magía tutte arrestava
Fise le donne almen per qualche istante,
Che passavano a caso ad esso avante.
Allo specchio trovossi dirimpetto

A caso uno Scimiotto; e tosto scorse
Dipinto sul cristallo un brutto aspetto:
Ma ch'era il suo ritratto non s'accorse;
Nè conoscerlo punto egli potea,

Che se stesso mai visto non avea.

Ed in età così poco matura
Un cacciator del bosco lo rapío,
Che rimembranza più della figura
Ei non avea del popol suo natío:
In somma sul cristal vide un sembiante
Deforme assai non più veduto avante.
Fiso guarda l'imago, e poi s' appressa,
E sul vetro la zampa a lei distende,
E rimira che a lui s'accosta anch'essa,
E il muso al muso, e l'unghia a l'unghia stende;
Tosto dietro al cristallo i lumi gira,
Che crede ivi celarsi, e nulla mira.
Allor s'arresta, e con schernevol riso
Grida: chi sei, bruttissima figura?
Cela ai raggi del dì sì sconcio viso,
Nasconditi, deforme creatura:

Dunque o sciocco, gridogli allora un Gatto,
Cela te stesso, è quello il tuo ritratto.
Ti sei fatto giustizia, e quale il mondo
Ti chiama, da per te ti sei chiamato,
E quanto vago sia, quanto giocondo
Il tuo sembiante alfine hai confessato;
Via, perchè cessi? segui pur sincero
L'elogio tuo, ch'è troppo bello e vero.

[ocr errors]

Stava la Scimia stupida e confusa,
E a se gli sguardi, ed al cristal volgea,
Ma quando poi s'accorse, che delusa
Era cotanto, e il Gatto il ver dicea;
Piena di rabbia allor lo specchio afferra,
E rotto in cento pezzi il caccia in terra.
Questo specchio è la favola, in cui spesso

[ocr errors]

«

Ride lo sciocco, se mirar si crede

« Del compagno il ritratto al vivo espresso;
«Ma se alla fine il proprio ancor ci vede,
« Biasma la favoletta, e di follía

« L'autore accusa, e il libro getta via.

« IndietroContinua »