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che vedremo all'anno 926 essere creato re d' Italia. Quest' altera donna figliuola del già Lottario re della Lorena, quella fu che spinse il marito a prendere l'armi contro dell'augusto Lamberto. Passato per monte Bardone, giunse egli col suo poco agguerrito esercito fino a Borgo s. Donnino fra Parma e Piacenza. Intanto avvertito di questa mossa Lamberto, mentre godeva il divertimento suo favorito nella foresta di Marengo, senza aspettar che si unisse l'armata sua, con soli cento cavalli venne frettolosamente incontro ad Adalberto. Trovata la di lui gente immersa in un profondo sonno per aver votate nel giorno innanzi le botti, le diede addosso, e sopra quanti arrivò, sfogò la collera sua. Ildebrando ebbe la fortuna di salvarsi colla fuga. Non così avvenne al duca della Toscana. Colto in una greppia dove si era appiattato, e condotto alla presenza di Lamberto, che gli diede solennemente la berta, fu condotto prigione con altri a Pavia. Gli autori più antichi ci descrivono l' imperador Lamberto come giovane di non molto cuore e di minor sperienza nell'armi, e qui Liutprando cel fa conoscere un Marte. Contuttociò si può ben credere che Liutprando nella sostanza del fatto non si sia ingannato. Era in Pavia esso Lamberto nel dì 27 di luglio di questo anno siccome costa da un privilegio da lui conceduto ai canonici di Parma e da me dato alla luce con queste note: (1) VI kalendas augusti anno Incarnationis Domini DCCCXCVIII, ( sarà l'anno pisano cioè secondo l'era volgare l' anno 898) domni quoque (1) Antiq. Italic. Dissert. 34.

Lamberti piissimi imperatoris VI, Indictione I. Actum Papiae urbe ticinensi. Dopo soli quattro mesi di pontificato, per quanto si crede, papa Romano passò a miglior vita. In luogo suo fu eletto Teodoro II, pontefice che non tenne la sedia di s. Pietro più di venti giorni, ma che meritava per le sue virtú di tenerla lunghissimo tempo. Di lui così scrive Frodoardo (1):

Dilectus clero Theodorus, pacis amicus.
Bis senos (denos) romana dies qui jura
gubernans,

Sobrius et castus, patria bonitate refertus,
Vixit pauperibus diffusus amator et alter.
Hic populum docuit connectere vincula
pacis,

Atque sacerdotes concordis, ubi junxit ho

nore,

Dum propriis revocat disjectos sedibus ipse.
Complacitus rapitur, decreta sede lo-

candus.

Si venne ad un'altra elezione. Elesse una parte del popolo Sergio prete, il quale, se vogliam credere a Liutprando, era anche stato siccome già dicemmo, eletto nell'anno 891, in concorrenza di papa Formoso, e poi rifugiato in Toscana sotto la protezion di Adalberto II duca. Ma più possanza ebbe il partito contrario, da cui fu non solamente eletto, ma consecrato Giovanni IX. E questi poi cacciò in esilio tanto il suddetto Sergio quanto altri Romani di lui fautori: Pellitur electus patria quo Sergius urbe. (1) Frodoardus. de Romanor. Pontif.P. II T. lil. Rer. Ital.

Romulidum que gregum quidam traduntur abacti.

Così scrive Frodoardo. E però si comprende che non già nell'anno 891 seguì la elezione e la decadenza di Sergio, ma bensì nell' occasione di questa sede vacante. Nell' epitaffio del suddetto Sergio, che arrivò finalmente anch' egli ad esser papa, si legge che questo Giovanni IX papa fu un' usurpatore del pontificato,

Romuleosque greges dissipat iste lupus.

Comunque sia toccò, a Sergio il disotto in questa occasione, e le poche memorie che restano di Giovanni IX cel danno a conoscere per uomo molto saggio e pio. Siccome egli era della fazione di papa Formoso, così ebbe così ebbe principalmente a cuore di risarcire il di lui onore. A tal fine poco dopo la consecrazione sua raunò un concilio in Roma, dove furono stabiliti alcuni capitoli, dai quali si ricava nou poca luce, per conoscere il sistema di questi tempi (t). Prima di ogni altra cosa fu annullato il concilio tenuto da papa Ste. fano VI contro del defunto papa Formoso e condennati alle fiamme i suoi processi e decreti, come affatto illegittimi e disordinati, perchè fatti contro di un cadavero che non può dir le sue ragioni. Dato fu il perdono al clero che intervenne a quel sinodo; e decretato, che la traslazione di esso Formoso dal vescovado di Porto al papato non passasse in esempio, perchè era (1) Labbe Concil. T. IX.

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vietato dai canoni il passaggio di una chiesa all'altra senza qualche grande necessità della chiesa; e però non si ammettevano allora vescovi al pontificato romano. Furono approvati e rimessi nel loro grado tutti i vescovi, preti e cherici ordinati dal suddetto papa Formoso; confermata l'elezione ed unzione di Lamberto imperadore; riprovata ed annullata la barbarica di Arnolfo quae per subreptionem extorta est. Fu ratificata la scomunica contro di Sergio, Benedetto e Marino, preti della chiesa romana, e contro Leone, Pasquale e Giovanni, diaconi della sede apostolica, siccome principali promotori della scandalosa procedura contro di papa Formoso; ed intimata la medesima censura a chiunque ad capiendum thesaurum avea tratto dal sepolcro il cadavero di esso papa, e poi gittato nel Tevere. Miriamo dipoi in questo concilio il decreto che dal padre Pagi vien creduto fatto da Stefano VI papa e già riferito all'anno precedente, intorno al non consecrare il nuovo papa eletto se non coll'approvazione dell' imperadore e alla presenza dei suoi legati. Erasi già introdotto l' abominevole abuso che morendo il papa, correva il popolo a dare il sacco al palazzo pontificio, con passare anche un tal furore addosso ad altri luoghi entro e fuori di Roma, il che avea servito di esempio per fare lo stesso ad altre città. Fu proibito un tale eccesso: Quod qui facere praesumserit, non solum ecclesiastica censura, sed etiam imperiali indignatione feriatur.

Terminato questo concilio, si portò papa Giovanni a Ravenna, per abboccarsi coll' impera

dore Lamberto, e trattar seco di concerto dei comuni bisogni. Si raunò quivì ancora un concilio di settantaquattro vescovi e v'intervennero i due suddetti primi luminari della cristianità. Uno dei capitoli ivi stabiliti è questo per parte dell'imperadore, bastevolmente indicante la di lui sovranità. Si quis Romanus, cuiuscumque sit ordinis sive de clero, sive de senatu, seu de quocumque ordine gratis ad nostram imperialem majestatem venire voluerit, aut necessitate compulsus ad nos voluerit proclamare, nullus cis, contradicere praesumat; et neque eorum res quisquam invadere vel depraedari, aut eorum personas in eundo vel redeundo vel morando inquietare praesumat, donec liceat imperatoriae potestati eorum causas, aut personas, aut per nos aut per missos nostros deliberare. Qui autem eos inquietare eundo, redeundo, vel morando tentaverit, vel eorum quidpiam rerum auferre, postquam nostram misericordiam proclamaverint imperialis ultionis indignationem incurrat. Fra gli sconcerti degli anni passati dovea essere stato messo ostacolo in Roma a chi volea ricorrere e appellare al tribunale dell' imperadore. Lamberto volle che sussistesse nell'antico suo vigore questo suo diritto. Conferma inoltre l'imperadore privilegium sanctae romanae ecclesiae, quod a priscis temporibus per piissimos imperatores stabilitum ets. Volle dipoi il pontefice che Lamberto augusto, i vescovi e baroni, approvassero il concilio romano poco dianzi pro causa domni Formosi sanctissimi papae, non invidiae zelo, sed rectitudinis gratia canonice peractum. E perciocchè negli sta

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