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le parole imposte dirette nel significato loro più ovvio e comune, sebbene io sappia come gli scrittori abbiano trovato molto a ridirvi, ma pel fine che qui ci proponiamo, parmi sufficiente. Intendo dunque per imposte dirette quelle che si chiedono al cittadino singolarmente e nominatamente, sia ch' egli possieda un fondo o una casa, o eserciti una professione, un'arte, un mestiere, o infine viva della rendita dei suoi capitali; in tutti questi casi il contribuente e l'agente della finanza sono in relazione diretta, in quanto che il primo è chiamato a pagare al secondo giusta un ruolo dove sta inscritto il suo nome, il titolo e l'entità della tassa che gli è attribuita.

I.

STATO DELLE COSE NEL 1860.

Ma prima è mestieri delineare brevemente quali fossero, al tempo che fu proclamato il Regno d'Italia, le imposte dirette vigenti nelle varie sue provincie, le quali solevano così denominarsi: antiche provincie, cioè Piemonte, Liguria, Sardegna, formanti il regno subalpino; Lombardia, Parma, Modena, Toscana; provincie romane, cioè Romagna, Marche, Umbria; finalmente Napoli e Sicilia (Venezia e Roma non erano ancora congiunte al Regno d'Italia). Comuni a tutte queste provincie erano due tasse dirette, quella sulle terre e quella sui fabbricati, le quali si chiamavano in qualche luogo col nome unico di fondiaria, divisa in rurale ed urbana. Ma se codeste tasse erano uguali in apparenza, portavano in sè grandissima diversità, si pel modo col quale erano state determinate, sì pel modo della ripartizione. In alcune parti la fondiaria rurale fondavasi sopra antichi catasti irregolari, nè per quanto si cercasse, poteasi aver lume dei principii

ond' erano state informate quelle operazioni. Così, per esempio, la cifra d'estimo, detta anche allibramento o registro in una parte delle antiche provincie, non esprime d'ordinario la rendita dei beni, ma solo una base convenzionale per ripartire il contingente d'imposta in ciascun comune. Altrove esistevano catasti più o meno regolari, ma questi medesimi con massime diverse, in un luogo sui fitti reali o presunti, altrove sulle rendite nette accertate, e gli uni e le altre riferentisi ad epoche diverse: qui nell' estimo si era posto mente piuttosto alla feracità intrinseca delle terre, alla loro attitudine a produrre, anzichè al prodotto effettivo; là si pigliava a calcolo il prezzo dei fondi dedotto dallo spoglio dei contratti. Meno irregolari erano le basi della imposta sui fabbricati, in più luoghi recentemente rettificata, pur nondimeno non uniformi. Finalmente l'aliquota d'imposta governativa era più o meno alta sui fabbricati e sulle terre secondo i paesi: nella Lombardia, per esempio, quella sulle terre reputavasi gravissima, in confronto specialmente alle antiche provincie subalpine. La medesima imposta in alcune provincie non era da lungo tempo stata mutata, in altre invece aveva avuti freschi e notevoli aggravamenti. Si aggiungeva una grande differenza nelle sovrimposte provinciali e comunali, le quali in talune parti erano minime, altrove raddoppiavano e triplicavano la imposta governativa. Finalmente altri addizionali si aggiungevano sotto varie denominazioni per spese di catasti, per rifusione d'imposte arretrate, per compensi di sgravi precedenti, per lavori idraulici e per altre spese: in Toscana una parte dell' imposta aveva origine e nome dalla indennità per la guerra di Napoli nel 1821, nello Stato pontificio per la riedificazione della basilica ostiense.

Che se da questa imposta, in apparenza comune, ma in sostanza tanto disuguale, passiamo alle altre,

quivi troviamo ancor maggior discrepanza. Nelle provincie meridionali non era veruna imposta governativa che somigliasse alla personale e mobiliare. In Toscana era in vigore la tassa di famiglia, che colpiva chiunque avesse uno stato o per ragione di patrimonio, o per ragione d' assegnamento personale, o per ragione d' industria. Repartivasi nelle singole comunità, per classi, a giudizio ed arbitrio dei magistrati comunitativi. La quota di ciaschedun comune era fissata dal Governo nella tabella di previsione; il numero delle classi, la quota di ciascheduna di esse, la classificazione di ogni famiglia apparteneva ai predetti magistrati. Nelle provincie pontificie s'era tentato d' introdurre un' imposta sul commercio e sull' industria per mezzo delle patenti; ma sebbene non fosse stata mai legalmente disdetta, pur nondimeno in fatto non riscuotevasi, e il Governo s'era fermato dinanzi alla repugnanza dei contribuenti ed alle difficoltà della esecuzione. Nelle provincie modenesi eravi una tassa personale, che colpiva tutti i maschi non indigenti dai 14 ai 60 anni, abitanti in campagna, come correspettivo del dazio consumo che gravava le città e le terre chiuse. Inoltre eravi una tassa sui capitali fruttiferi o ipotecarii, e un' altra sui capitali in commercio; i primi deducevansi dalle dichiarazioni riscontrate cogli atti degli Uffici del registro; i secondi pur dalle dichiarazioni rettificate ed accertate da apposite Commissioni. Vigeva anche una tassa sul bestiame e sul terreno coltivato a risaia, quasi cenno ad imporre i profitti dell'industria agraria oltre il possesso della terra. Nelle provincie parmensi era altresì una tassa personale, repartita per contingenti comunali, i quali si formavano moltiplicando il sesto della popolazione del comune pel prezzo di tre giornate di lavoro; e il contingente comunale si ripartiva in tre classi secondo le facoltà presunte del

contribuente. Oltre a ciò riscuotevasi un' imposta sulle patenti; chiunque esercitasse un commercio, una industria, un' arte o un mestiere era tenuto di munirsi di una patente e di pagarne il diritto: i patentabili erano divisi in sette classi, ma quelli delle cinque superiori oltre il diritto fisso pagavano eziandio un diritto proporzionale, uguale al decimo dell'affitto dei locali occupati per lo esercizio loro. Nella Lombardia, fin dal tempo del primo Regno italico, era stata imposta una tassa personale e contributo d'arti e commercio. I contribuenti erano divisi in sette classi speciali, ciascuna classe suddivisa in tre gradi secondo l'entità dei comuni. Più tardi sotto l'Austria vi si era aggiunta una tassa sulle rendite, o elleno provenissero da fondi stabili, o da capitali, o da ogni altro genere di guadagno. Per la rendita degli stabili la tassa altro non era che un' addizionale alla fondiaria, per la ricchezza mobile si fondava sulla denunzia accertata e dividevasi in classi, secondochè la rendita derivava o da industria, o da assegni e pensioni, o da interesse di capitali. La tassa si pagava sulle rendite lorde, con facoltà al debitore di ritenere la parte proporzionale sugli interessi che doveva pagare al suo creditore. Nè si vuol tacere una tassa sul prodotto delle miniere. Finalmente nelle antiche provincie subalpine oltre la fondiaria rurale ed urbana erano state stabilite parecchie tasse: quella personale e mobiliare, quella sulle patenti. La tassa personale era divisa in tre gradi per comuni, e i comuni repartiti in tre classi: la mobiliare fondavasi specialmente sul valore locativo, e colpiva i possessori d'ogni maniera di ricchezza; quella delle patenti era modellata in gran parte sulla legge francese. Ad essa aggiungevasi un diritto speciale sui rivenditori di bevande e derrate non soggette al diritto di vendita al minuto, e una tassa sulle vetture pubbliche e private.

Nè soggiungerò di più, perocchè codeste tasse erano state discusse nel Parlamento subalpino, e per conseguenza più note che non fossero quelle degli Stati retti a governo assoluto. 1

La imposta fondiaria governativa, pigliando in complesso l'urbana e la rurale, compreso il decimo di guerra e le spese di riscossione, saliva a lire 104,921,000. Il complesso delle imposte dirette governative per gli altri titoli sopraindicati saliva a fire 14,054,054.

Sebbene la quota media d'imposta per ogni abitante sia un dato che non rappresenta il vero gravame, perchè diversa è la ricchezza nelle varie contrade e ne' singoli contribuenti, e perchè gli addizionali della provincia e del comune e le imposte indirette ne modificano grandemente i resultati, pur nondimeno non sarà del tutto fuor di luogo fornire ai nostri lettori codesto ragguaglio. Adunque la quota media d'imposta per ogni abitante era la seguente:

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Tal era la condizione delle cose, quando fu proclamato il Regno d'Italia nel 17 marzo 1861.

' In questa enumerazione ho tralasciato la tassa per titolo di ritenuta sugli impiegati e pensionati, che vigeva per ogni dove in diverso grado. Comunque sia anch'essa imposta diretta pure fa parte da sè, e non ha attenenza collo scopo del presente discorso. Si avverta eziandio che ho accennato soltanto le tasse dirette governative, non le comunali, come il ruolo di composizione nelle provincie meridionali, il focatico nelle ponti. ficie, ec., le quali tenevano luogo in parte di dazio consumo, e in parte si proporzionavano alle entrate presunte dei contribuenti.

MINGHBTTI.

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