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riva ancora nelle proposte segno veruno di una tassa generale sulle entrate, qualunque fosse l'origine e la natura loro.

Giustizia vuole che si accenni come qua e là lo Scialoia indicasse il pensiero che il proprietario, il quale ha acquistato un fondo, e detratto dal prezzo del medesimo il capitale corrispondente alla fondiaria, non può pretendere poi che la fondiaria stessa sino a quel limite gli sia imputata come diminuzione della rendita che ne riceve. Ma da ciò non trae conseguenza di nuovo gravame ai proprietarii; gli basta colpirli colla tassa del valore locativo al pari d'ogni altro agiato cittadino per la parte che rappresenta la loro spesa. E soggiunge esser ciò bastevole « in un paese dove la fondiaria è di » non lieve considerazione, dove non cessa per questo » di esser altro che imposta sulla rendita; ma dove non » si può affermare che in qualche modo non l'affligga, >> massime per ragione delle sovrimposte locali, che pur » sono imposte, e sono imposte che cadono sulla ren» dita, perchè annualmente stanziate e mutevoli. » 2 Anzi procede più oltre, e usa ai proprietarii di stabili un benigno risguardo, in quanto che, pigliando il complesso delle rendite miste di fondiarie e mobili, di tanto scema la cifra del valor locativo di quanto le prime prevalgono alle seconde. E mentre per valutar queste s'affida alla denunzia del contribuente sindacata, per valutar quelle si contenta di moltiplicare per dieci l'imposta catastale. Ma io non potrei nè forse saprei addentrarmi nelle finissime disquisizioni e nei sottilissimi espedienti proposti dall' Autore. Mi basti l'aver mostrato che lo Scialoia in quel tempo non giudicava la imposta parziale sui redditi di ricchezza mobile così falsa nei principii, e così esiziale

'Scialoia, passim, pag. 5, 12, 50.
Idem, pag. 83, 84.

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nelle conseguenze, come gli è paruto in poi. Anch' egli s' adagiava al sentimento comune in quel tempo, nè sdegnava partecipare al giudizio, disceso dai lunghi studii e dalle disamine delle varie Commissioni, onde fu mosso il legislatore del 1864. Imperocchè se avesse creduto allora che tutto quel congegno era senza costrutto economico e senza frutto finanziario, che arruffava viemaggiormente la matassa delle imposte dirette; se avesse sospettato che ivi si celava una specie di cospirazione dei proprietarii, che lo Stato s' accingeva a consacrare un privilegio in favor loro,' egli avrebbe certo gittato il grido dell'arme affinchè il vaso di Pandora non fosse dischiuso. Noi vedremo appresso quando e come sorgessero questi pensieri: per ora procediamo ad esaminar la seconda forma che essi presero in occasione della legge di perequazione della imposta fondiaria.

Abbiamo esposto quali fossero le idee dello Scialoia nel 1863, allorchè trattavasi la questione della imposta sulla ricchezza mobile. Un grande passo ci sembra aver egli fatto nel 1864, quando si trattò la questione del conguaglio dell'imposta fondiaria; avvegnachè in questa occasione mise innanzi per la prima volta il concetto di estendere alle entrate agrarie la tassa, da cui malamente erano stati esentati i proprietarii di stabili nella legge d'imposta sulla ricchezza mobile.

A tale concetto era egli pervenuto mercè le seguenti considerazioni. Vedeva come i contingenti compartimentali della tassa fondiaria stati sino allora in vigore fossero tra loro disuguali, e perciò ingiusti, e sollevassero universale riprovazione. Concedeva che a questa ingiustizia fosse da metter riparo. Parevagli che l' opera della Commissione e del Ministro se non correggeva perfettissimamente codeste disuguaglianze (e qual' opera è per1 Vedi Scialoia, Nuova Antologia, giugno 1868.

MINGHETTI.

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fetta?), pur nondimeno fosse fondata e plausibile. Ma d'altra parte paventava gli effetti improvvisi, gravi, che ne seguirebbero in alcune provincie, dove le disuguaglianze fra comuni e contribuenti erano ancor più profonde e meno giustificate, e paventava questi effetti tanto maggiormente, in quanto che alla perequazione si congiungeva un aumento complessivo della imposta. Perchè non fare la perequazione, cioè stabilire la uguaglianza che è giustizia, senza preoccuparsi di aumento? anzi, più oltre procedendo, perchè non farla piuttosto per via di sgravii e di diminuzione? Certo allora tutto si semplificherebbe, e i più gravi ostacoli sarebbero rimossi. Pigliamo il compartimento presentemente meno gravato, quello a cui dee imporsi un aggravio più forte; facciamo che la sua quota presente sia tenuta come massimo, e poi riduciamo la imposta di tutti gli altri compartimenti sopra quella norma, mediante la proporzione proposta dalla Commissione e dal Ministro. Noi avremo mantenuto il rapporto che forma la base del conguaglio e nel quale consiste veramente la legge, e nessuno potrà lagnarsi. Imperocchè il compartimento, che abbiamo posto come normale, non sarà gravato di più, gli altri saranno alleggeriti, e intanto tutti riconosceranno che la misura della tassa loro è giusta, secondo la legge del conguaglio.

Il solo che ne patirà detrimento sarà l'Erario: imperocchè, fatto il calcolo, di tal guisa verranno meno trenta milioni da quel che avrebbe riscosso col progetto governativo. Ma egli si compensi; e si compensi a carico degli stessi proprietarii di stabili. Aggiunga 30 milioni alla tassa della ricchezza mobile, e questi 30 milioni siano ripartiti non già sulla base catastale, ma sulla dichiarazione del contribuente accertata, e purgata dai debiti e dalle spese, appunto come si fa per la ricchezza mobile.

In sostanza la proprietà stabile sarà gravata di due imposte: una, secondo il metodo catastale tal quale esiste nelle varie provincie, ma perequata e perciò resa giusta; l'altra, secondo il metodo delle denuncie e giusta anch'essa nella sua eguaglianza, nè tampoco nuova dovunque, perocchè terrà luogo della imposta mobiliare, alla quale i proprietarii in alcune provincie erano sottoposti in ragione del valor locativo. Codesta proposta non potè invero essere largamente ventilata, avvegnachè fosse tardi messa innanzi da alcuni deputati alla Camera. Inoltre in quel tempo suscitava grande ripugnanza il rimetter le mani nell'imposta sulla ricchezza mobile, pur allora votata, e della quale si apparecchiava l'attuazione. Essa non ebbe adunque accoglienza favorevole, nè lo Scialoia credè di riproporla al Senato, avvertendo schiettamente che si trattava di prender l'iniziativa di un'imposta nuova, il che non è consentito a quell'Assemblea. Però fra l'assentire o rifiutare il conguaglio proposto dal Ministero, preferì di accettarlo, poichè, ammesso l'aumento dell' imposta, gli sarebbe parso cosa troppo enorme repartire quell' aumento sulla scala dei contingenti attuali. Così anche questo tentativo rimase inefficace.

Negli ultimi giorni del 1865 l'onorevole Scialoia era chiamato al Ministero delle finanze sotto la Presidenza del generale La Marmora, e il 22 gennaio del 1866 faceva quella che suol chiamarsi esposizione finanziaria al Parlamento. Egli si trovava dinanzi pel 1866 un grave disavanzo fra le entrate e le spese. Per quanto il Ministro assottigliando e raggranellando promettesse notevoli economie, pure il provvedere allo scapito con esse soltanto era dimostrato impossibile; anche coloro che più tuonavano in quella guerra di parole, nell' intimo dell'animo sapevano bene che non basterebbero: occorreva qualche

nuova imposta se non sufficiente per condurci al pareggio, tale almeno che vi si accostasse. Fermato questo nell'animo, il nuovo Ministro faceva a se stesso la seguente dimanda: si può egli aggiungere qualche nuova imposta, se prima non siansi riordinate e migliorate lẹ presenti? E alla dimanda rispondeva negativamente nel modo più preciso, anzi giudicava che il riordinamento delle imposte già vigenti, e soprattutto delle imposte dirette, fosse necessario apparecchio all' introduzione di ogni altro balzello. Codesto concetto gli apriva l'adito a svolgere il suo nuovo sistema, il quale pigliava autorità dal grado di chi lo presentava, e dall'Assemblea a cui era porto, ed inoltre aveva il pregio di essere ben determinato e chiaro nei principii e nelle conseguenze.

Adunque lo Scialoia cominciava dal mostrare la imperfezione delle tre tasse dirette presenti: tassa fondiaria, tassa sui fabbricati, tassa sui redditi della ricchezza mobile. Qual è la nota caratteristica di codesta imperfezione? A suo giudizio è questa, che le terre sono assoggettate ad una tassa reale, che riguarda una rendita media calcolata astrattamente, cioè secondo certe categorie di terre e qualità ed estensioni di coltura, senza rispetto a spesa, senza detrazione di debiti: la ricchezza mobile invece è assoggettata ad una tassa personale, che riguarda la entrata effettiva del contribuente da lui dichiarata e netta dalle spese e dai debiti: i fabbricati infine sono assoggettati ad una tassa che partecipa di entrambe, cioè di reale e di personale. In questa disparità di trattamento giace, secondo lo Scialoia, lo sbaglio, il guaio, la contraddizione. Come si possono togliere si fatti mali? Vi ha per ciò un mezzo solo, diceva egli nel suo discorso, ed è la consolidazione della fondiaria. Che cosa è la consolidazione della fondiaria? È la dichiarazione legislativa di un fatto avve

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