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altra volta ebbi occasione di affermare con franche parole in questa Accademia, le leggi dell'Economia pubblica e tutte quelle che risguardano il ben essere materiale sono sottoposte in debita gerarchia alle leggi della Morale e della Politica, e con queste hanno da concordarsi prima di essere poste in atto. Finalmente è da riflettere che un sistema da alcuni secoli già adottato comecchè pessimo, generò interessi nuovi, nuove attenenze, le quali benchè artificiali e da ultimo dannose pure esistono. Ed il legislatore provvido non può passarsi di tenerle a calcolo, quando tutti i sapienti di ogni tempo convengono che nello stabilire novità si vuol por mente alle turbazioni e ai dolori che il subito mutarsi delle cose necessariamente trae seco, e per quanto è possibile temperarli con circospetto e gradato progresso. Ma tutte queste sono modificazioni particolari e temporanee che non tolgono la verità e l' utilità suprema del principio, e per quante cautele e riguardi desideriamo nella mutazione dei vecchi ordini economici, si vuol però divulgare apertamente che sarebbe pernizioso ed intollerabile il conservarli, e che da ultimo la libertà del commercio sarà sola efficace ad accrescere e stabilire la ricchezza delle nazioni conforme ai fatti della natura, e ai decreti della Provvidenza.

Gli antichi non ebbero alcuna contezza del sistema proibitivo. Le repubbliche italiane del Medio Evo fiorirono per la libertà commerciale. Genova, Venezia, Firenze diedero allora l'esempio di una prosperità meravigliosa, e mentre altrove il feudalismo tenea ancora sotto il suo pesante giogo i rozzi ed ignari popoli, le città d'Italia per istituzioni nobilissime, per letteratura, per arti erano salite in alto grado di civiltà. Grandi documenti non solo di vita civile ma di scienza economica e di finanze abbiamo noi italiani nelle istorie patrie. Ma

Genova forse la prima accordava qualche privilegio, e la gelosa aristocrazia Veneta si sforzava di allontanare dal golfo la concorrenza delle altre nazioni. Questi furono semi della decadenza del commercio loro, e origini del sistema proibitivo. La compiuta esecuzione del quale appartiene principalmente a Carlo V, largo dispensatore di privilegi regali, creatore di ogni maniera di monopolii. A lui si dee in gran parte che la libertà civile nata e vigorosamente cresciuta nel medio evo fosse sof focata e spenta, e le divisioni delle classi più odiose risorgessero. A lui si dee che la schiavitù quasi abolita in Europa si dilatasse in America: a lui l'istituzione degli eserciti stabiliti, la gravezza strabocchevole delle imposte, la incertezza del credito, l' alterazione delle monete, l'industria repressa, il commercio invilito. Questo gli dee il mondo: noi italiani contiamo dal suo regno la perdita di ogni grandezza nazionale, e il principio della nostra vergognosa decadenza.

Non ultima ad entrare in questa via di rigori fu l'Inghilterra. La quale mossa altresì da considerazioni politiche, e invidiando alla prosperità della piccola, ed industre Olanda, verso il finire del secolo diciassettesimo mandò fuori il famoso bando di navigazione.' Mercè di esso il commercio nelle sue colonie già vaste e possenti era pressochè interamente riservato a navigli e negoziatori inglesi, e quello degli stranieri parte con proibizione assoluta, parte con fierissime tasse represso. Da quel tempo il sistema di protezione si sparse, e radicò per tutta Europa, e le nazioni credendo di arricchire, si chiusero a vicenda le fonti della prosperità. Invano gli Economisti verso il finire del passato secolo ragionavano i veri principii della scienza: troppo era abbarbicato l'errore, e troppo tenaci gli interessi da combattere, per

'V. Blanqui, Histoire de l'Economie politique en Europe, Cap. 26.

forma che si vide allora in questa parte avvenire tutto il contrario di quel che desiderava Platone, poichè i sapienti e gli uomini di Stato si trovarono in totale discordia. Le guerre dell' Impero francese vieppiù ancora divisero le nazioni, e nelle mani del grande Conquistatore anche le dogane divennero armi di guerra. Il blocco continentale decretato in Berlino e confermato in Milano, svolse in Francia ed altrove alcune artificiali industrie, ma non potè produrre gli effetti esiziali che all' Inghilterra si minacciavano. Conciossiachè le rimanevano le colonie, agli inceppamenti dell' Europa il suo commercio da lunga pezza era fatto, e per sentire tutta la gravità del danno bisognava che il blocco potesse per molti anni continuare. Il che era difficilissimo ad ottenersi, e già in breve tempo il contrabbando con rapidi progressi aveva violato le leggi. Ma le tradizioni dell'impero si conservarono anche dopo la caduta di Napoleone, e le industrie testè surte, come per cagion di esempio quella dello zucchero di bietola in Francia, invocarono ad alte grida la protezione. Laonde al tornar della pace, le nazioni principali d'Europa, e in ispecialità l' Inghilterra anzichè rilasciare della severità e allargare i traffici, recarono il sistema proibitivo al più eccelso grado. Io sarei troppo prolisso se volessi considerare i vincoli e le leggi doganali che furono sanzionate dai Parlamenti nel 1815 e nel 1816 in tutte le parti dell' industria e del commercio: però me ne passo. Ma tenendomi entro i limiti del mio subbietto, discorrerò solo di quelle leggi che si riferiscono all' agricoltura ed in ispccie al commercio dei cereali, e perchè siano più chiaramente divisate, riandando la istoria succintamente, ne toccherò ab antico le vicende.

Durante l'epoca che suol chiamarsi feudale o non furono leggi frumentarie, o se furono ebber di mira

sol di promuovere l'abbondanza ed il buon mercato. Non curavano i Baroni di trarre molte rendite dai loro campi, ma si di avere buoni e fidati compagni alla guerra; però i primi statuti che troviamo in questa materia premiano l'importazione e vietano l'esportazione. Ond'è chiaro essere stati mossi da tema che non manchi al popolo alimento. E questo durò (per quanto si può dalle cronache argomentare) dalla conquista di Guglielmo sino al regno di Enrico VI verso la metà del secolo decimoquinto, nel qual tempo anche l'esportazione fu concessa sotto leggieri diritti. Ben regnava allora un vano sospetto e una falsa avversione a coloro che ad un mercato compravano per rivendere in un altro. E questi tacciavansi di usurieri, e loro si apponeva il rincarare dei prezzi, laonde furono con molti bandi perseguiti. Finalmente nel 1624, e nel 1663, anche questi impedimenti al traffico erano in gran parte aboliti. Ma nel decimosettimo secolo grandi mutazioni avvenivano nello Stato. Spento il feudalismo, assicurata la tranquillità interna, e nondimeno durando l'aristocrazia potente incominciò a curarsi la coltivazione dei campi e cercare le rendite maggiori, e l' accrescimento dell'interesse. Era questa anche l'epoca in che il sistema proibitivo in ogni maniera d'industria metteva salde radici. Pertanto veggiamo che nel 1670 furono stabilite le seguenti regole all' introduzione dei cereali; che ogni qual volta il grano costi a prezzo corrente in Inghilterra meno di 54 scellini il quarter, il grano estero debba pagare una gabella di 16 scellini. La quale si dimezzerà mentre il prezzo interno ondeggia fra i 54 scellini e gli 80, e scorso questo termine si restringerà ad un solo scellino. Fu questo il primo decreto veramente compiuto di tal genere, e l'origine della così detta scala proporzionale di cui avremo occasione di parlare fra poco.

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Ma dopo che alla sveuturata dinastia degli Stuardi successe Guglielmo d'Orangia, l' Aristocrazia entrò più ardita in queste riforme, e pensò anche di favorire l'esportazione dei grani mediante un premio. Fu creduto lungo tempo che questi premii eccitassero il progresso dell' agricoltura, e molti scrittori li esaltarono di grandi lodi. Ma esaminando la quistione con qualche diligenza, si vedrà che se per l'una parte eccitavano la produzione agraria, erano per l'altra una ingiusta estorsione della classe agiata e possidente sovra il minuto popolo. Se non che in questo mezzo le altre industrie ancora a rapidi passi avanzavano mercè scoperte meravigliose, e rivolgimenti totali delle arti meccaniche. Il che doveva arrecare in appresso un mutamento gravissimo nelle condizioni della società inglese, perchè rivolgendosi l' operosità alle manifatture ed al commercio, e accrescendosi la popolazione, la maggior parte di questa non fu più composta di agricoltori, ma di artigiani, e una nuova classe surse potente nello Stato, quella dei trafficanti e dei fabbricatori. Al tempo di che parliamo erano i principii di questa mutazione: ma di buon ora si manifesta un interesse al tutto contrario all' interesse territoriale, e la sua voce si fa udire molto alta, e assecondata dalle teoriche dello Smith e della sua scuola, ottiene per breve tempo il trionfo. Una legge del 1773 che durò diciassette anni cancellava affatto gli avanzi delle antiche restrizioni commerciali interne, e permetteva l'importazione del grano subito che il prezzo oltrepassasse i 44 scellini. Da quel tempo in appresso noi scorgiamo una lotta aspramente combattuta fra il partito de' manifattori e quello dell' aristocrazia rurale, ma più spesso vinta nei parlamenti da questa. Nè io toccherò le modificazioni succes

1 V. Johnson, Essay on the Corn-Laws, scritto nel 1766 pubblicato solo nel 1808 nella collezione delle sue opere.

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