Lo viso in te di questi altri mal nati, A' quali ancor non vedesti la faccia, Quelli è Jason, che per core e per senno Li Colchi del monton privati fene. Egli passò per l'isola di Lenno, Poi che le ardite femmine spietate Tutti li maschi loro a morte dienno. Ivi con segni e con parole ornate 91 lsifile ingannò, la giovinetta, Che prima avea tutte l'altre ingannate. Lasciolla quivi gravida e soletta: 94 Tal colpa a tal martiro lui condanna; Con lui sen va chi da tal parte inganna: 97 100 Con l'argine secondo s'incrocicchia, Nell'altra bolgia, e che col muso isbuffa, Per l'alito di giù che vi si appasta, 103 106 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta Loco a veder senza montare al dosso 109 112 115 Quei mi sgridò: Perchè se' tu sì ingordo 118 Di riguardar più me, che gli altri brutti? Già t'ho veduto coi capelli asciutti, 121 E sei Alessio Interminei da Lucca : Ed egli allor, battendosi la zucca: 124 Quaggiù m'hanno sommerso le lusinghe, Ond' io non ebbi mai la lingua stucca. Appresso ciò lo Duca: Fa che pinghe, 127 Mi disse, il viso un poco più avante, Si che la faccia ben con gli occhi attinghe Di quella sozza e scapigliata fante, 130 Che là si graffia con l'unghie merdose, Ed or s'accoscia, ed ora è in piede stante. Taide è la puttana, che rispose 133 Al drudo suo, quando disse: Ho io grazie Grandi appo te? Anzi meravigliose. E quinci sien le nostre viste sazie. 136. Simon mago, o miseri seguaci, Per oro e per argento, adulterate; 4 Or convien che per voi suoni la tromba, Perocchè nella terza bolgia state. Già eravamo alla seguente tomba Montati, dello scoglio in quella parte, Ó somma Sapienza, quanta è l'arte 10 Che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, E quanto giusto tua virtù comparte! Io vidi per le coste e per lo fondo Piena la pietra livida di fori 13 D'un largo tutti, e ciascuno era tondo. Non mi parean meno ampi nè maggiori, 16 Che quei che son nel mio bel San Giovanni L'un delli quali, ancor non è molt'anni, 19 Rupp'io per un che dentro vi annegava: Fuor della bocca a ciascun soperchiava 22 D'un peccator li piedi, e delle gambe Guizzando più che gli altri suoi consorti, 25 28 31 34 37 Tu sei signore, e sai ch'io non mi parto 40 Allor venimmo sull'argine quarto; Volgemmo, e discendemmo a mano stanca E il buon Maestro ancor della sua anca Lo perfido assassin, che poi ch'è fitto, Sei tu già costì ritto, Bonifazio? Per lo qual non temesti torre a inganno 43 46 49 52 55 53 Non son colui, non son colui che credi: 61 Ed io risposi come a me fu imposto. Poi sospirando, e con voce di pianto, E veramente fui figliuol dell'orsa, Cupido sì, per avanzar gli orsatti, Che su l'avere, e qui me misi in borsa. Di sotto al capo mio son gli altri tratti 67 70 73 |