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ANNALI

DI LIVORNO

PARTE SECONDA.

LIVORNO CASTELLO

EPOCA X.

La Storia giudica le Nazioni in quella guisa che essa

giudica gli uomini.

NAPOL: Disc: al Corp: Legisl.

del 30 Marzo 1813.

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LIVORNO CUSTODITO DALLE MILIZIE SPAGNOLE IN NOME DI CARLO V.

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ALITO Cosimo I sul trono della Toscana, e riconosciuto pacificamente nel 9 di Gennajo da tutti gli ordini dello Stato quale asssoluto Signore, Livorno, che ei già riguardava con speciale benignità, non tardava molto ad uscire dai limiti di semplice Castello, e ad assumere quasi le forme di una piccola Città. Imperocchè in aggiunta della fortezza poco innanzi ultimata sul mare egli il forniva ben tosto di tre grossi nuovi bastioni, onde renderlo più spazioso, e più forte. (1)

Uniformandosi però ai metodi novellamente introdotti per le militari fortificazioni (2) comandava il Duca

che i Bastioni si distribuissero in modo da convertire, e ridurre in altrettante loro cortine le vecchie mura merlate dal Castello; cosicchè faceva erigere il primo dal lato del Porticciolo dei Genovesi tra la Torre triangolare della Porta di Terra, e la Via Carraja; il secondo nella parte opposta, vale a dire non lungi dalla via detta adesso « Dietro il Bagno (3); ed il terzo finalmente in prossimità della Rocca Vecchia nel sito occupato già dal rinomato Bastione del Villano.

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Compiuta che ebbe quest' opera, non limitandosi al solo interno incremento di Livorno, andava Cosimo a suo favore in pari tempo maturando un assai più vasto e più grandioso concepimento; mentre si era nell' ardita, e sagace sua mente già fitta la idea di formare di Livorno il novello Emporio Toscano ed insieme lo Scalo marittimo di Pisa e di Pisa istessa la piazza di commercio, e la vera abituale sede dei Negozianti, come lo era stata al tempo in cui si governava a Repubblica (4).

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Questi progetti per altro presentavano allora non lievi difficoltà poichè il Porto Pisano, quasi che tutto interrato, non era più (5): Pisa gia caduta in sfacelo, e con appena 5 mila abitanti, non andava coperta che di rovine (6) e Livorno tra sozzi, e fetenti pantani situato (7) non aveva che una piccola darsena interna pel ricovero delle navi; ed una rada al di fuori, vastissima è vero, ma pericolosa, ed esposta a tutte le furie dei venti in ispecie nella invernale stagione (8).

Faceva di mestieri in conseguenza restaurare prima di tutto, e popolare di nuovo la desolata Pisa, risanando anche l'abbandonato, e palustre suo territorio: aprire quindi un nuovo grande Porto assicurato da Moli, e da difese a Livorno (9); ed in fine fare allontanare d' intorno ad esso, e spa

rire ( cominciando dal piede delle sue mura) i vasti marazzi, che gravemente ne infestavano l'aria (10).

Non pertanto l'anima ardimentosa di Cosimo, francando ogni ostacolo, a tutto ciò si accingeva col più fermo e risoluto volere; poichè intendeva ricondurre ben tosto i suoi popoli al commercio marittimo colle estere nazioni, renderli doviziosi, e sommessi, per quindi trarre da essi più facilmente potenza, e denaro (11).

Udiremo in seguito come ei a questi suoi benefici, e speculativi divisamenti in parte adempisse; quantunque sotto Ferdinando I. suo figlio ricevessero in seguito veramente il loro totale compimento.

Frattanto le fortezze di Livorno come quelle di Firenze e di Pisa venivano senza ritardo occupate dalle soldatesche Spagnuole in nome di Carlo V. Imperatore, giusta le convenzioni con esso già stabilite dallo stesso Cosimo I. Debbe osservarsi però che la porzione di tali soldatesche che fù inviata per tale oggetto a Livorno non condusse seco il proprio comandante Spagnuolo, ma si sottomise invece agli ordini di Fazio da Pisa (12), il quale aveva continuato a risiedere nella Fortezza anche dopo la morte del Duca Alessandro.

Dovè questi però giurare adesso, e promettere di essere quind' innanzi obbediente, e fedele all' Imperatore, e di ritenere il Castello, ed i suoi fortilizj a disposizione esclusivamente dei suoi supremi voleri.

Di fatti ciò fece egli subito senza opporre la minima difficoltà, al contrario di quanto in Pisa aveva operato Matteo di Fabriano (13). Ma Cosimo tenne di questo suo audace, e sleale contegno la dovuta memoria per a suo tempo ricordarsene, quantunque sul momento gli convenisse dissimulare E tra

T. III.

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