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E chieggio a te perdon, se mi bisogna,
Perchè di Francia tu sai ch'io ti scrissi,
Quando tu eri crucciato in Guascogna,
Che in Roncisvalle a Marsilio venissi
Col conte Anselmo e 'l signor di Borgogna;
Ma non pensavo, omè, che tu morissi:
Quantunque giusto guidardon riporto,
Chè tu se vivo, e io son più che morto.
Ma dimmi, figliuol mio, dov'è la fede,
Al tempo lieto già data ed accetta?
O se tu hai di me nel ciel merzede,
Come solevi al mondo, alma diletta,
Rendimi, se Iddio tanto ti concede,
Ridendo quella spada benedetta,
Come tu mi giurasti in Aspramonte,
Quando ti feci cavaliere e conte ".

Come a Dio piacque, intese le parole,
Orlando sorridendo in piè rizzossi
Con quella reverenzia che far suole,
E innanzi al suo signore inginocchiossi;
E non fia maraviglia, poi che il sole
Oltre al corso del ciel per lui fermossi:
E poi distese, ridendo, la mana,
E rendégli la spada Durlindana.

Carlo tremar si sentì tutto quanto
Per maraviglia e per affezione,
E a fatica la strinse col guanto:
Orlando si rimase ginocchione :
L'anima si tornò nel regno santo:
Carlo cognobbe la sua salvazione;
Chè se non fussi questo sol conforto,
Dice Turpin che certo e' sare' morto.

Quivi era ogn' uno in terra inginocchiato,
E tremava d'orrore e di paura
Quando vidono Orlando in piè rizzato,
Come avvien d'ogni cosa oltre a natura;
Però ch'egli era in parte ancora armato
E molto fiero nella guardatură:
Ma perchè poi ridendo inginocchiossi
Dinanzi a Carlo, ognun rassicurossi.

Poi abbracciâr molto pietosamente
Carlo e tutti, Rinaldo e Ricciardetto,
E ragionorno pur succintamente
Della battaglia e d'ogni loro effetto;
E ordinossi per la morta gente
Dove fussi il sepulcro e il lor ricetto:
Ma Carlo un corpo era colmo d'angosce,

Chè tanta gente non si riconosce.

E disse: O Signor mio, fammi ancor degno, Fra tante grazie che tu mi concedi,

Ch'io riconosca in qualche modo o segno
La gente mia che quaggiù morta vedi;
Ch'io non so dove io sia, nè donde io vegno;
E, come in Giusaffà, le mani e'piedi

E l'altre membra insieme accozza, e mostra
Per carità qual sia le gente nostra ".

E poi che furon nella valle entrati,
Trovoron tutti i Cristian, ch'hanno insieme
I membri appresso, e i volti al ciel levati,
Perchè questo era d'Adamo il buon seme.
O Dio quanti miracoli hai mostrati!
Quanto è felice chi in te pon sua speme!
E tutti i corpi di que' Saracini

Dispersi son co' volti a terra chini.

(Morgante Maggiore, canti XXVI e XXVII; secondo l'edizione di Venezia, Comin da Trino, 1545.)

MATTEO MARIA BOIARDO.

Matteo Maria Boiardo nacque circa il 1434, e probabilmente a Scandiano, di Giovanni di Feltrino e di Lucia sorella di T. Vespa

siano Strozzi. Ebbe titolo nobiliare gentilizio di conte di Scandiano, signore di Arceto, Casalgrande, Gesso e della Torricella. Non si sa nulla degli anni della sua giovinezza, che dovette passare nella disciplina classica, se poi ei si dimostrò così versato nelle lettere latine e greche. Il decennio dal 1459 al 1469, che vide M. Maria nel fiore degli anni suoi e nel primo esercizio della sua signoria, ci si presenta, pel fatto ch'egli ebbe quasi costante dimora a Scandiano, come il più tranquillo e il più gioioso della vita di lui.' Alla corte di Ferrara, ove fiorivano i buoni studj coi Guarino, gli Strozzi e altri umanisti, ebbe accoglienze e favori, e fu benvoluto da Borso (m. 1471) e da Ercole I. Nel 1469 fu deputato con altri gentiluomini ad incontrare l'imperatore Federico III, che si

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1 Vedi G. FERRARI, Notizie della vita di Matteo Maria Boiardo, nel vol. Studj su Matteo Maria Boiardo, Bologna, Zanichelli, 1894, pag. 3 e segg.

recava a Ferrara; nel 1471 accompagnò a Roma Borso d'Este, che andava a ricevervi dal papa Paolo II l'investitura del titolo di duca. Tra la venuta di Federico III e il ritorno di Borso a Ferrara (18 maggio 1471) corre il tempo di quella storia d'amore per Antonia Caprara, reggiana, che raccolse nei tre libri dei Sonetti e Canzoni. Nel 1472 prese in moglie Taddea Gonzaga, figlia del conte di Novellara; di lei ebbe sei figli. L'anno seguente corse pericolo di morire di veleno per mano di Simone Boioni, notaio reggiano, che fece tal tentativo, istigato da Taddea Cornelia e Marco de'Pii di Carpi, che avevano con lui gravi controversie private per le acque del Secchia. Nel 1473 fu di coloro che accompagnarono a Ferrara la sposa del duca Ercole, Eleonora di Aragona figlia di Ferdinando I. Nel 1481 fu eletto capitano ducale di Modena, dove rimase per due anni insino al 1483; e nel gennaio del 1487 fu chiamato col medesimo titolo al governo di Reggio, che tenne insino alla morte, avvenuta il 19 dicembre 1494. Fu d'indole mitissima, equo nell'adempimento del suo ufficio, benvoluto da principi e da popolani.

Delle sue opere italiane la più meritamente famosa è l'Orlando innamorato, della quale diremo da ultimo. Delle opere minori italiane ricordiamo: le poesie liriche italiane, in tre libri (Amorum liber), contenenti sonetti, canzoni, madrigali, sestine, pubblicate per la prima volta in Reggio il 1499, e riprodotte dal Panizzi.3 In queste poesie il poeta celebra la ricordata Antonia Caprara; ma, secondo alcuni, anche qualche altra sua amata. Pur seguendo qualche volta troppo da vicino, benchè felicemente quasi sempre, la maniera del Petrarca, in queste liriche è spesso appassionato, ma pur semplice e assai forbito nella forma, quasi da far contrasto con quello che di rude v' ha nello stile del suo poema; riesce quindi notevole fra quanti si misero allora e poi a petrarcheggiare.* Lasciò inoltre: cinque Capitoli sopra el timore zelosia ec. (1461 circa), e dieci Ecloghe in terzine. Ci rimangono anche: Timone, commedia in cinque atti in terza rima, che è rifacimento d'un dialogo di Luciano (1487 circa), rifatta poi, alla sua volta, dal Baruffaldi; in prosa, oltre ad alcune lettere e l'Istoria imperiale da lui data come traduzione da Ricobaldo ferrarese, ma di fatto rassettatura del Pomarium, alcune traduzioni, e cioè: di Erodoto, le Nove Muse (stampate a Venezia nel 1533), l'Asino, attribuito a Luciano (stampato

1 Vedi A. CATELANI, Sopra un attentato alla vita del conte Matteo Maria Boiardo, Reggio nell'Emilia, Calderini, 1891.

2 Vedi N. CAMPANINI, Matteo Maria Boiardo al Governo di Reggio, nel vol. Studj ec., pag. 69 e segg.

3 Londra 1835. e Milano, Classici, 1845. Ora abbiamo Le poesie di M. M. Boiardo, pubblicate da A. Solerti, Bologna, Romagnoli Dall'Acqua, 1894 (cfr. Giorn. stor. d. lett. ital., XXV, 394).

Vedi P. GIORGI, Sonetti e canzoni di M. Maria Boiardo, Roma, tip. della Camera dei deputati, 1888, e poi nel vol. cit. di Studj cc.

nel 1523), e la Ciropedia di Senofonte; dal latino, l'Asino d'oro dal Metamorphoseon di Apuleio (stampato a Venezia nel 1516) e le Vite degli uomini illustri di Grecia di Emilio Probo (Cornelio Nepote?) (Bologna, 1885). Di poesie latine lasciò dieci ecloghe e alcuni epigrammi.

L'Orlando innamorato, poema in ottava rima di sessantanove canti, è diviso in tre parti o, meglio, libri; il primo contiene ventinove canti, il secondo trentuno, il terzo nove. L'ultimo canto ha solo ventisei ottave, delle quali l'ultima è questa:

Mentre che io canto, o Dio redentore,
Vedo l'Italia tutta a fiamma e foco
Per questi Galli, che con gran valore
Vengon per disertar non so che loco;
Però vi lascio in questo vano amore
Di Fiordespina, ardente a poco a poco:
Un'altra fiata, se mi sia concesso,
Rammenterovvi il tutto per espresso.

Il contenuto del poema, in breve, è il seguente. Mentre Carlo Magno
tien corte plenaria a Parigi, si presenta una bellissima donna ac-
compagnata da quattro giganti e da un cavaliere, il quale sfida
tutti a combatter con lui. Tutti i cavalieri, fra i quali Orlando e Ri-
naldo, s'innamoran di lei, che Malagigi per opera d'un demonio ha
saputo essere Angelica figlia di Galatone re del Cataio; il cava-
liere è suo fratello Argalia. Son venuti per impadronirsi di quanti
più paladini possano: Angelica ha un anello incantato: Argalia
un'armatura ed una lancia pur esse incantate. Malagigi andato a
trovare Angelica per ucciderla, ciò che non fa, preso della bellezza
di lei, resta suo prigioniero, e da alcuni diavoli evocati da Angelica
col libro stesso dell'incantatore, è portato al Cataio. Ferragù uccide
Argalia, e Astolfo s'impadronisce della lancia incantata. Angelica
fugge inseguita da Orlando e Rinaldo; beve alla fontana dell'amore
e diviene innamorata di Rinaldo, che ha bevuto invece alla fontana
dell'odio, e ora la fugge (Lib. I, c. III). Carlo Magno sa che Gradasso
re di Sericana per avere Baiardo cavallo di Rinaldo e Durlindana
spada d'Orlando, muove contro la Francia, e ha, per via, invaso
la Spagna, il cui re Marsilio chiede ora l'aiuto di Carlo Magno, il
quale manda Rinaldo a soccorrerlo con poderoso esercito (Lib. I,
c. IV). Angelica, tornata al suo paese, ridona la libertà e il libro
incantato a Malagigi (Lib. I, c. V), che impegnatosi a condurle
Rinaldo, lo trae in una nave ad un'isola bellissima. Gradasso al-
lora con Marsilio, ridotto suo vassallo, assalta la Francia (Lib. I,
c. VI), e in una gran battaglia vince Carlo e i suoi paladini, che
promette di liberare in cambio di Baiardo e Durlindana; proposta
accettata da Carlo ma non da Astolfo, comandante di Parigi, che
sfida Gradasso e colla sua lancia incantata lo rovescia di sella, indi
abbandona la Francia in cerca dei cugini Orlando e Rinaldo (Lib. I,
c. VII). Agricane re di Tartaria, innamorato anch'egli di Ange

lica, assedia Albracca, fortezza ove ella è rinchiusa (Lib. I, c. X), e dove è capitato Astolfo per ritrovare Orlando. Vi giunge Orlando, tratto da Angelica da un palazzo incantato, e uccide Agricane (Lib. I, c. XVIII-XIX).' Rinaldo, fuggito dall'isola, che ha saputo esser d'Angelica, viene ad Albracca e combatte con Orlando, cui, per amor di Rinaldo, Angelica persuade a partire per lontana e pericolosa impresa (Lib. I, c. XXVIII). — Agramante, figlio di re Troiano ucciso anni prima da Orlando, muove per vendetta contro la Francia. Alcuni astrologi avevan predetto che faceva bisogno l'aiuto di Ruggiero, tenuto in un castello dal quale doveva liberarsi coll'anello d'Angelica, anello che Brunello ladro riesce ad avere (Lib. II, c. V). Ruggiero resta libero. Rodamonte re d'Algeri e vassallo di Agramante salpa solo, impaziente, per l'Europa. Dopo una terribile tempesta (Lib. II, c. VI) sbarca a Monaco, mentre Marsilio, per suggerimento del traditore Gano, assale la Francia dai Pirenei. Orlando dopo molte avventure si ritrova con Rinaldo, il quale obbedisce al messaggio inviato frattanto da Carlo Magno con richiesta d'aiuto. Orlando ritorna invece ad Angelica assediata in Albracca da Marfisa; e poi, persuaso da Angelica, che sa della partenza di Rinaldo, parte con lei verso la Francia (Lib. II, c. XX). — Rinaldo aveva combattuto di già valorosamente contro Rodamonte e Marsilio. Un giorno beve alla fontana dell'amore e torna ad amare Angelica, che, per aver bevuto alla fontana dell'odio, aveva preso ad odiarlo. Orlando e Rinaldo si sfidano; Angelica da Carlo Magno è affidata in custodia al vecchio duca di Baviera: premio riserbato a chi dei due cugini avesse meglio combattuto contro i Saracini. Agramante, Mandricardo, Gradasso da diverse parti assalgono la Francia. Grande battaglia perduta dai cristiani privi dell'aiuto d'Orlando, che da prima si rifiuta di combattere e poi è tratto in un castello incantato (Lib. II, c. XXXI). Rinaldo dopo varj combattimenti corre dietro per un bosco al suo Baiardo, e Brandiamante, sorella valorosa di Rinaldo, s'innamora di Ruggiero. Carlo chiuso e assediato dai più valorosi campioni Saracini in Parigi, è aiutato da Orlando e Brandimarte. Fiordispina s'innamora di Brandiamante. Il poema qui s'interrompe.

In questo poema non c'è propriamente unità d'azione, come apparisce anche dal sunto; manca un fatto capitale al quale si possano raggruppare i varj e numerosi episodj. Il soggetto è tolto

1 Al c. XII è narrata la novella di Prasildo e Lisbina, che fu divulgata anche a parte, e sulle fonti della quale, vedi P. SAVI-LOPEZ, in Raccolta di studi dedicati al prof. D'Ancona, Firenze, Barbèra, 1901, p. 53. Anche altri speciali episodj vennero illustrati, ad es. i c. VII-IX del lib. II da J. E. MATZKE in Publicat. of the modern language Associat. of America (N. S. I, 3); l'episodio di Leodilla, da C. SEARLES in Modern language Notes (XVIII, 6); per la novella narrata da Fiordiligi, vedi A. ALBERTAZZI, Sembianze e Parvenze, Bologna, Zanichelli, 1892, p. 204 ec.

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