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E il disiato porto

Rimirando, i pericoli raccoglie

Scorsi, e fatiche tra Cariddi e Scilla;
E vita più tranquilla

Pensa, non tra pirati, venti e scoglie,2
Di poil danno nel mal fatto alfin saggio
Del marittimo oltraggio;

3

Tale mi son di mia fortuna accorto,
Macchiato e infetto in questa mortal pece.
A te volgo mia prece,

O porto salutar, che sol conforte
D'ogni naufragio il mal, splendida Morte.
Placidissimo sonno, alta quiete,

Che Stige e l'infocato Flegetonte,

Cocito ed Acheronte,

Con le dolci onde del tuo ameno Lete,

Non che tempre, ma estingue,*

E levi d'ignoranza il scuro velo,

Sciocco è chi 'l tuo soccorso non intende.

In tutto al ver contende,

Ha già sua vista tenebrosa al cielo

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Chi de la tua pietade il don non vede,
Che 'I gran Fattor ne diede.

Tu se quella possente che distingue
Il ver dal falso, dal perpetuo 'l frale,
Dall'eterno il mortale;

Di magnanimi spiriti consorte,

A te mi volgo, generosa Morte.

Candido vien dal ciel, puro e divino,
L'animo immortal nostro in questa spoglia,
Ove in tutto si spoglia

Del lume di sua gloria in suo cammino,
Fra paura e desio,

Dolor, vane letizie, sdegni ed ire,

Ove natura pugna e gli elementi

Tra gli contrarj venti.

Mirabil cosa fia, se mail ciel mire,
Gravato dal terrestre infimo pondo
Dell'orbo, ingrato mondo!

E tuo breve soccorso onesto e pio
Gli rende la sua pura libertade;
Da te adunque pietade

Chiedendo, aspetto alla mia crudel sorte

Per la tua dolce man, pietosa Morte.

1 Raccoglie nella mente i pericoli scorsi e le fatiche durate.

2 Scogli.

3 Dopo il danno, fatto alfin saggio, per esperienza del male, dei pericoli

delle tempeste.

Non che scemarlo, cancelli.

5 Rispetto alla luce del cielo.

Questa ch'ha nome vita falso1 in terra,
Che altro è che fatica, affanno e stento,
Sospir, pianto e lamento,

Dolore, infermità, terrore e guerra?
Questa acerba matrigna

Natura, in tanti mal questo sol bene
Pose per pace, libertade e porto;
A più savj diporto,

Che I fine attendon delle mortal pene;
E dicon: Noi fia lungi chi ne spoglia
Con generosa voglia.

Tu se quella, tu sei quella benigna
Madre, ch'e' vil pensier de' petti sgombri,
E' nostri mali adombri

Di lunga oblivion, d'immortal scorte."
Soccormi, dunque, o grazïosa Morte.

Qual di famosi ingegni è maggior gloria,
Ebrei, Greci, Latini, Arabi e Persi,
Di lingue e stil diversi,

Quanti l'antiche carte fan memoria,3
Te han scritto e disiata!

Felice, disse alcun, chi more in fasce;

Altri, quando la vita più diletta;

Chi, quando men s'aspetta;

Molti beato disser chi non nasce,

Molti con forte man t'han cerco e tolta,
Grave turba e non stolta!

4

Tu breve, tu comune e giusta e grata,
Tu facil, natural, pronta, che sepre
Il bel for dalle vepre,

Nostre calamità prego che ammorte,
Benigna e valorosa, optata Morte.

Ben prego prima quel che sopra il legno

La rabbia estinse dell'orribil angue,

Che del suo chiaro sangue

Me asperga e mondi, placido e benegno.
Attenda sua pietade,

Non del mio fragil stato il van discorso,"
Che sotto il peso delle colpe asconde
Caduca, arida fronde;

Con amaro dolor chiedo soccorso;

Sua infinita bontà mie' errori copra;

Delle sue man son opra.

Fida ministra poi di sua bontade

1 Falsamente.

2 Scorte, guide; Soccormi per soccorrimi.

3 I più gloriosi per fama, e tutti quelli di che fan memoria le antiche

carte.

4 Separi.

La sua pietà non guardi alla mia fragilità.

Leve la tua virtute I fatal crine,1
Ed al celeste fine

Apri le sacrosante aurate porte,
Cara, opportuna, e desiata Morte.

Canzon, costante, altèra, umil, ma forte,
Col Tesbite n'andrai, con quel da Tarso; 2
Quel Signor prega e adora,

Che, per non esser di sua grazia scarso,
Dolce e bella morendo fe' la Morte.

LORENZO DE' MEDICI.

Lorenzo de' Medici, detto comunemente il Magnifico (ma più esatta denominazione sarebbe il Magnifico Lorenzo), nacque in Firenze il 2 gennaio del 1448 da Piero di Cosimo di Giovanni di Averardo (alias Bicci) de' Medici e da Lucrezia Tornabuoni. Fin da

tenera età dimostrò ingegno vigoroso: fu istruito da Gentile Becchi, dall' Argiropulo, dal Landino, da Marsilio Ficino. Nel 1465 si trovò in Pisa col figlio di Ferdinando re di Napoli, Federigo d'Aragona, al quale l'anno dopo mandò un codice contenente antiche poesie italiane, nello estremo del libro aggiunti alcuni dei suoi sonetti e canzone, secondo il desiderio di Federigo, e lo accompagnò con una lettera nella quale, primo dopo Dante, cerca di classificare e caratterizzare gli antichi nostri poeti. Succeduto nel '69 al padre nel

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l'autorità politica, trovò tempo agli studj severi e ameni e alla vita gioconda col Poliziano, col Franco, col Pulci, e alle disputazioni filosofiche nell'accademia Platonica. Nel dicembre del 1468 si fidanzo (com'egli racconta) 3 con Clarice d' Jacopo Orsini, che sposo nel giugno '69, e dalla quale ebbe tre figli, Piero, Giovanni, Giuliano, e quattro figlie. Già innanzi, gli affetti suoi e le sue rime

1 Strappi la morte il fatal capello del viver mio.

2 Con Elia e con San Paolo.

3 Male furono interpretate le molto citate sue parole: tolsi donna.... ovvero mi fu data, che non vogliono dire altro se non mi fidanzai e conchiusi il parentado, come ha dimostrato il DEL LUNGO, Dino, I, 1106.

erano indirizzati a Lucrezia Donati, alla quale fin dal '67 aveva promesso di giostrare in onor suo, come effettivamente fece nel '69 in piazza Santa Croce, riportandone i primi onori. Fu in varie città d'Italia, rappresentando il Comune e promovendo insieme la grandezza della propria casa: nel '69 a Milano ove tenne a battesimo il figlio del duca Galeazzo: nel '71 a Roma per l'incoronazione di Sisto IV, ed ivi ebbe L. B. Alberti a guida nel visitare le antichità: nel '79 a Napoli per placare l'inimicizia di Ferdinando I, e staccarlo dalla lega contratta da lui col Papa dopo quella congiura de' Pazzi, nella quale cadde vittima Giuliano fratel suo, e Lorenzo, essendo fallito il colpo, si salvò (26 aprile 1478). Dopo aver promosso colla sua accortezza politica la potenza e prosperità del Comune, e aver preso autorità come di sommo moderatore su tutti gli stati italiani, mantenendo l'equilibrio fra essi e dando alla penisola il beneficio della pace, morì 1'8 aprile del '92,' avendo vissuto quasi interi gli ultimi due anni nella villa di Careggi, ove ebbe, negli estremi momenti, un colloquio col Savonarola, ch'ei volle vedere per confessarsi a lui. Fu sepolto in San Lorenzo nella sagrestia vecchia, dove le ceneri sue e quelle del fratello Giuliano rimasero sempre, nonostante le inesatte notizie accreditate da una iscrizione del Moreni, che fu tolta dopo il riconoscimento fatto delle ossa il 2 ottobre 1895.2 Alla sua supremazia nelle cose del Comune, che era, come quella dell'avo Cosimo, soltanto morale, scemò invidia con certa modestia del vivere e col carezzare il popolo: ma la liberalità sua e la protezione data a'cultori degli studj e agli artisti, tra' quali non è da dimenticar Michelangiolo, che numerosissimi e grandissimi fiorirono allora in Firenze, e l'esser raccoglitore appassionato e intelligente di libri antichi e di oggetti d'arte, fecero a lui appropriatissimo il titolo, in que' tempi consueto, di Magnifico. Dell'animo e dell'ingegno di lui niuno giudicò meglio del Machiavelli, e a suo luogo riferiremo il ritratto ch'ei ne dà nelle Istorie fiorentine."

Come di quasi tutti i maggiori autori di questo secolo, più numerosi e più notevoli sono di lui i molti e varj scritti poetici. Per

1 Vedi L. FRATI, La morte di L. d. M. e il suicidio di Pier Leoni, in Arch. stor. ital., s. V, IV (1889), pag. 255; G. VOLPI, Una deploratoria in morte di L. d. M., in Note di varia erudiz., Firenze, Seeber, 1893, pag. 49.

2 Vedi la Relazione ufficiale circa Il luogo di sepoltura di L. il M., in Arch. stor. ital., s. V, vol. XVI, pag. 426.

3 Vedi I. DEL LUNGO, Mecenate e clienti medicei, in Florentia, Firenze, G. Barbèra, 1897, pag. 206.

Vedi, ad es., G. VOLPI, Una nota di libri posseduti da L. il Magn., in Rass, crit. d. lett. ital., V, 81.

5 Nè men bene disse il FICINO (Opera, I, 622): Tres illas Gratias.... quae ab Orpheo describuntur, scilicet splendorem, lætitiam, viriditatem, splen dorem, inquam, Mentis, lætitiam Voluntatis, viriditatem Corporis et Fortune, aspirant jam ex alto, ho Gratia Laurentio.

la Simonetta Cattaneo, amata da Giuliano,' e per la sua propria amata scrisse Canzoni e Sonetti, d'intonazione petrarchescamente platonica che in parte commentò in prosa, imitando la Vita Nuova. Selve d'amore sono intitolati due componimenti in ottava rima, così detti quasi a ricordare le Silva di Stazio, e dove è da notarsi l'uso dell'ottava come metro di lirica; nella qual cosa fu imitato dai poeti posteriori e anche dal Poliziano, che pur in altro seguitò e imitò, da buon cliente, il Magnifico, alla sua volta imitatore di lui. Scrisse poemetti lirici, descrittivi, drammatici, morali: Corinto (in terzine), lamento del pastore Corinto innamorato di Galatea, ecloga a imitazione de' bucolici antichi; Ambra (in ottave), che narra della ninfa Ambra inseguita dalla divinità del fiume Ombrone e trasformata da Diana in un sasso, che è la collina su cui sorgeva l'Ambra, villa di Lorenzo, a Poggio a Caiano: nel qual poemetto si imitano le Metamorfosi d'Ovidio, e dal Ninfale del Boccaccio la trasformazione in fiume. Altro poemetto in ottave è la Caccia col falcone, che racconta con vivacità e con schietto sentimento della natura, una caccia fatta da una brigata di fiorentini, fra i quali è Luigi Pulci. Nella Nencia da Barberino, in ottave, il contadino Vallèra canta, come in una serie di rispetti, il suo amore per la Nencia. I costumi e il linguaggio del contado son ritratti dal vero e con una certa misurata e delicata parodia, che diventa poi caricatura un po' grossolana nella Beca da Dicomano del Pulci. Il Simposio, altrimenti I beoni, in terzine, è come una parodia volgare, anzi addirittura plebea e sconcia della Divina Commedia; e fu forse composto quasi all'improvviso, ma non finito, per burlarsi di alcuni fiorentini troppo devoti a Bacco. L'Altercazione in terza rima in sei capitoli è un dialogo in cui il poeta discute con un pastore sulla maniera più felice di vita; e Marsilio Ficino è giudice della contesa. Ebbe anche, col Poliziano e col Benivieni, una Tenzone d'amore e di fortuna. Degli Amori di Marte e Venere favola semi-drammatica, non rimane più che un frammento. Sotto il nome di Capitoli sono raccolte poesie di genere idillico, lirico, morale e didattico. Alla Rappresentazione di San Giovanni e Paolo (in ottave) è argomento il martirio de' due santi: notevole v'è il personaggio di Giuliano l'apostata. Fu rappresentata nel 1489 dalla Compagnia del Vangelista: attori alcuni nobili giovani, fra i quali il figlio stesso di Lorenzo, Giuliano.* La

1 Vedi sulla Simonetta, A. NERI, in Giorn. stor. d. lett. ital., V (1895), pag. 131.

2 Vedi N. SCARANO, Il platonismo nelle poesie di L. d. M., in N. Antolog., 15 agosto e 1o settembre 1893. Vedi anche F. FLAMINI, in Giorn, stor, d. lett. ital., XV, 455 e in Studj di stor. letter, ital. e straniera, Livorno, Giusti, 1895, pag. 59.

3 Vedi E. PERCOPO, in Rass, erit. d. lett. ital., I (1895), pag. 9, 42, e I. DEL LUNGO, Florentia cit., pag. 446.

Vedi K. HILLEBRAND, Études historiq. et littér., Paris, Franck, 1868, pag. 204; A. D'ANCONA, Orig. del teatro, Torino, Loescher, 1891, 1, 261.

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