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frequenti scosse e minacce di sciogliersi. I granduchi di Russia (si dichiararono Czar o Tsar soltanto nel 1547) Wasili II (13891425), Wasili III (1425-1462) e massimamente Ivan III il Terribile o il Grande (1462-1505), tutti della prima dinastia slavo-normanna dei Rurik, guerreggiarono con prospera fortuna contro i Mongoli invasori e oppressori per ricacciarli in Asia. Ivan III poi si sforzò anche di dirozzare il popolo e di cancellare i resti della barbarica e quasi selvaggia dominazione straniera.

Passati brevemente in rassegna i varj paesi d'Europa per formarci un'idea delle loro relative condizioni geografiche e politiche, crediamo necessario esporre ciò che può affermarsi sia stato il progresso civile del secolo quindicesimo.

Altri dirà delle lettere e dei letterati, e come l'idioma volgare non progredisse gran fatto a causa dell'eccessivo amore per il latino e per il greco. Anche le scienze, tranne la filosofia (scolastico-platonica), la teologia ed in qualche parte la giurisprudenza e le matematiche, furono neglette e poco avanzarono. Non così le arti belle. Lo studio e la imitazione degli esemplari classici corressero, purificarono ed ingentilirono la rappresentazione del bello: dapprima s'imitarono pressochè pedantescamente; dipoi l'ingegno educato a quella perfetta scuola spiccò audacemente il volo, e, sicuro di sè, pur tenendo sempre di mira la classica bellezza dei greci modelli, tentò nuove rappresentazioni, particolarmente trattando soggetti ispirati dal genio del cristianesimo. Ecco l'origine delle maestose cattedrali e basiliche, dei campanili mirabili per leggerezza e sveltezza: ecco le Madonne soavissime e la figura di Cristo tratteggiata nei varj momenti della sna travagliata esistenza, e gli angeli, che formano il corteggio celeste della divinità, tutte immagini nuove, stupende e sorprendenti riprodotte su tavole, su tele (la pittura a olio sulla tela fu invenzione dei fratelli Uberto e Giovanni van Eyck fiamminghi nella prima metà del secolo XV), oppure scolpite in marmo bianchissimo, somministrato dalle nostre Alpi Apuane. È una gara gloriosa e nobile di architetti, pittori e scultori, e l'Italia, culla di tanti insigni cultori delle arti disegnatrici, può davvero menare il vanto d'essere stata maestra alle altre genti europee. Più degnamente di qualsiasi elogio qui basta il nome di tanti ingegni a segnalare l'eccellenza a cui pervennero le divine arti del disegno in questo secolo fortunatissimo. Nella schiera degli architetti giganteggiano Filippo Brunelleschi di Firenze (1375-1444) e Donato Bramante Lazzeri da Fermignano in quel d'Urbino (1444-1514): tra gli scultori Lorenzo Ghiberti (1375-1455), Donato Bardi comunemente appellato « Donatello » (1386-1460), Luca della Robbia insieme co' figli, nipoti e pronipoti, tre generazioni della medesima famiglia, tutti modellatori in terre cotte dipinte a co

lori affatto inalterabili, e tutti cittadini di Firenze. Primeggiano tra i pittori Masaccio di Simone Guidi (1402-1433), fra Giovanni Beato Angelo (Santi Tosini da Vicchio, 1389-1454) unico nell'immaginare e figurare angioli, che paiono proprio venuti di cielo in terra a mostrare i miracoli del suo pennello, e però soprannominato Beato Angelico, Domenico Ghirlandaio di Firenze (14491495) e Andrea Mantegna padovano o vicentino (1491-1506). Anche possono noverarsi tra i sommi artisti del secolo XV, e perchè in questo nacquero e cominciarono a farsi ammirare pei loro primi saggi, magnifica promessa d'insuperate opere d'arte, Raffaello Santi o Sanzio di Urbino (1453-1520), discepolo di Pietro Vannucci detto il Perugino », e Michelangelo Buonarroti da Caprese (14541564). A cotesti altissimi ingegni creatori, che come aquile volano sopra gli altri, possiamo aggiungere, ancorchè li segua a gran distanza, Alberto Dürer (1471-1528) pittore, incisore e architetto di Norimberga.

Vi sono taluni cultori di studj storici, i quali giudicano oppor tuno dividere in due periodi il secolo XV: il primo periodo, cioè, dal cominciamento del secolo alla caduta dell'Impero d'Oriente (1453), il secondo di qui alla fine del secolo stesso. Alcuni poi di costoro vogliono che la caduta dell'Impero d'Oriente abbia a segnare l'ultima ora del Medio Evo, mentre ad altri sembra piuttosto da fissarsi alla scoperta dell'America (1492). La maggior parte degli storici italiani si attiene a quest'ultima opinione, che pure a noi sembra preferibile, perchè più razionale. Noi, infatti, non disconosciamo senza dubbio l'importanza storica della caduta di Costantinopoli, ma siamo d'avviso che non sia per altro a tal segno (era oggimai una pallida larva del vecchio e glorioso impero) da produrre con la sua caduta effetti notevolissimi sulle vicende europee, tanto più che da un pezzo avevano i Turchi occupata la massima parte delle contrade d'Europa e non poche isole dell' Egeo. Nè ha valore di sorta la ragione addotta da pochissimi, che per far cosa simmetrica, come il Medio Evo ha suo principio dalla caduta dell'Impero d'Occidente, così debba terminarsi con la caduta di quello orientale. E veramente, anche limitandosi ai soli fatti avvenuti nell'anno memorabile, che è il 1492, o poco addietro, essi ci paiono e sono in realtà di tal natura, da giustificare e render necessaria quella divisione storica. I motivi pertanto che ci inducono ad anteporre il 1492 al 1453 come linea di separazione tra le due ère storiche e a principiare di li la Storia Moderna sono parecchi e di differenti specie, giusta l'indole dei fatti, la loro sfera d'azione e l'influenza da questi esercitata. Tra i fatti, che, e per sè stessi, e tanto più se aggruppati con altri, furono capaci di mutare indole e aspetto alla civiltà allora dominante, accennammo lo studio appassionato della cultura classica greco-latina, onde i costumi, le lettere, le arti e la

politica si trasformarono quasi sostanzialmente, assumendo uno speciale carattere (rinascimento, umanesimo), che è l'impronta per la quale il quattrocento si distingue dagli altri secoli. Osservammo come lo studio delle antichità pagane affievolisse la cieca fede che si aveva nei dommi aristotelici ed in quelli della Chiesa romana: di qui il neo-platonismo e la riforma del cattolicismo iniziata da Giovanni Huss e dal Savonarola, compiuta più tardi da Lutero e Calvino, per la quale milioni di credenti si staccarono dal grembo della Chiesa romana. Vedemmo essere stati innumerevoli e singolarmente importanti, sotto qualunque aspetto si considerino, le conseguenze derivate dalle scoperte di tante terre ubertosissime e ricche di preziosi metalli. Colà si recarono ansiosamente gli Europei stimolati dalla febbre dell'oro: nuove vie si aprirono alla navigazione, all'agricoltura, alla industria ed ai commerci, e frattanto l'Europa si sfollò di una popolazione superflua, che ogni giorno aumentava siffattamente, da metter pensiero per l'avvenire. A quel modo che per soddisfare la cupidigia di sùbiti e lauti guadagni i cittadini abbandonavano le patrie mura, così li distoglieva dall' occuparsi delle pubbliche faccende, essendo solleciti più del proprio che del comun bene, e quindi non riusciva punto malagevole agli ambiziosi abbattere il feudalismo, le istituzioni libere conquistate dagli avi a caro prezzo, e i piccoli principati che avevano distrutto le Signorie, per ingrandire le monarchie con quelle ruine e rendere assoluto il potere dei re. Cadono intanto per decrepitezza, al pari di annose quercie seccate nelle radici, primamente l'impero greco, indi la dominazione moresca in Ispagna, per dar luogo nella penisola balcanica ad un barbaro despotismo musulmano, tremenda sfida contro la civiltà cristiana d'Europa, e nella penisola iberica al regno di Spagna, che per circa due secoli regolerà, quale arbitro supremo, i destini del mondo. Brevemente esponemmo i vantaggi incalcolabili e sorprendenti derivati dalla invenzione della stampa; ma anche un'altra invenzione medioevale, la polvere pirica, fu essa pure causa di radicali mutamenti nella qualità delle armi usate in guerra, nella composizione delle milizie e nella tattica o strategía, che a poco a poco diventerà una scienza. Alle vecchie armi così dette « bianche » vengono sostituite quelle a fuoco. Non si combatte più petto a petto, nè tutti foderati di temprato acciaio, ma da lontano: non da pochi isolati l'uno dall'altro, ma da molti serrati insieme e particolarmente combattenti a piede: la cavalleria feudale e nobilesca ha perduto gran parte della sua importanza; come pure via via scompaiono i mercenarj e le compagnie di avventurieri e tra non molto verranno istituite soldatesche nazionali permanenti. È adesso impresa più facile impadronirsi di una fortezza stimata imprendibile, di quello che difenderla d'ora innanzi non si costruiranno più nè mura alte e sottili, nè torri, nè saracinesche, nè ponti levatoj, essendo insufficienti ed inutili ripari contro il fulminare delle bombarde e dei can

noni. I primi cannoni furono inventati nel trecento, ma erano molto imperfetti, pesantissimi, di corta portata, pericolosi a chi li usava e punto manevoli. In seguito si perfezionarono: si fecero più leggeri per servirsene nelle battaglie in campo aperto, e appunto di cannoni tirati su carrette da buoj e da cavalli era munito l'eser cito francese, che Carlo VIII mosse alla conquista di Napoli; oltracciò molte ed utilissime furono le applicazioni della polvere pirica alla meccanica ed alle arti industriali. Similmente, nel decorso del quindicesimo secolo si poterono assai meglio apprezzare e adoperare la bussola e l'astrolabio, che resero possibili i lunghi viaggi di esplorazione a traverso mari del tutto sconosciuti; e per verità, se gli fosse mancata la perfetta cognizione di tali strumenti, in qual maniera Cristoforo Colombo avrebbe potuto apprcdare alle Indie Occidentali, senza smarrirsi, senza mai deviare, percorrendo la rotta più breve dalle Canarie a Guanahani? Con quelle medesime imperfettissime navi non si potrebbe oggidì arrivarci più presto.

In mezzo alle molteplici e svariate vicende di cui è stato testimone il quattrocento, e che abbiamo passate in rassegna per quanto lo comportava la ristrettezza di queste notizie storiche, non si deve tralasciar di dire che il papato e l'impero hanno perduto la massima parte di quella reverenza e autorità, sia religiosa, sia storica e politica, di cui per l'addietro godevano. Il rinascimento degli studj classici, la comune tendenza alle sottili indagini e ad una specie di scetticismo pratico furono loro oltremodo fatali, di guisa che si cominciò a stimare indispensabile una riforma, che sfrondasse il cattolicismo di tanti abusi e pregiudizj e cerimonie esteriori, che lo avevano alterato e guasto, nocendo alla sua primitiva semplicità, quando la Chiesa era una pretta democrazia (communio fidelium). E neppure si credeva utile a nessuno (ammesso che fosse possibile attuarla) una teocrazia universale, sogno per lungo volger di tempo vagheggiato dai papi e fin dal principio recisamente avversata dall'imperatore romano, che alla sua vòlta vagheggiava (un altro sogno) la monarchia universale. Ma i grandi Stati, che di giorno in giorno andavano facendosi più rigogliosi, non intendevano d'esser sopraffatti da chicchessia, nè si piegavano a riconoscere e molto meno a rispettare nel papa il diritto di dominazione politica sugli altri principi, e nell'impero la decantata origine e sanzione divina, alla quale perciò tutti avrebbero dovuto assoggettarsi. Quindi è naturale che avendo il papato e l'impero urgente necessità di provvedere alla propria esistenza e di studiare i mezzi per combattere gli ostinati avversarj, non pensarono più oltre a soverchiarsi l'un coll'altro. La rapidissima diffusione dei libri mediante la stampa apre intanto gli occhi alle moltitudini non ha guari cieche e grossolane; aguzza gl'ingegni; li eccita e invoglia a guardare per entro alle origini e alla natura di certi vecchiumi; mentre un campo sterminato è stato

di recente dischiuso alla sociale attività dalle scoperte marittime: la passione del guadagno, diventato ora così facile, attrae irresistibilmente principi, governi, popoli e cittadini. Chi avrà tempo e interesse di atteggiarsi a campione dei contestati diritti del papa e dell'imperatore? A ben più ardue e nobili conquiste del civile progresso sono già apparecchiati e avviati i popoli, ed è questa la ricca e promettente eredità che il laborioso Quattrocento, ultimo del medio evo, lascia ai secoli avvenire dell'èra moderna.

NOTIZIE LETTERARIE.

Non buona nominanza ha fra i secoli della letteratura italiana il decimoquinto, come se in esso si fosse rallentato quel corso delle lettere volgari, che era cominciato così gloriosamente nel Trecento. Nuocegli senza dubbio il venire dopo l'età di Dante, del Petrarca, del Boccaccio, e il precedere quella del Machiavelli, del Guicciardini, dell'Ariosto, del Tasso. Ed è pur certo, che la maggiore e la più nota gloria di cotesto secolo è la rinnovazione degli studj dell'antichità: ciò che dicesi il Rinascimento, e con .particolar rispetto alle lettere, l'Umanesimo. Quel ritorno agli antichi scrittori, che già era cominciato nel Trecento, auspici il Petrarca e il Boccaccio, e più tardi Coluccio Salutati, ed altri dopo di lui, crebbe di vigore ed ebbe un sempre maggior numero di fautori nel Quattrocento, tanto più poi quando allo studio del mondo latino si aggiunse quello del mondo greco in ogni forma dell'arte e nella rinnovata filosofia.' Parve che tutta l'operosità degli studiosi fosse allora rivolta alla scoperta e alla illustrazione delle antiche scritture, e il colmo dell'arte e delle dottrine sembrò lo scrivere in lingua latina con la maestà ciceroniana o la grazia catulliana.

Nella storia della cultura tutto cotesto periodo di rinnovata classicità ha capitale importanza; nè v' ha bisogno di molte parole a dimostrare il vantaggio che n'ebbero gl' intelletti, nè soltanto fra noi, ma presso ogni nazione d'Europa, della quale, in tutto ciò che spetta alla cultura intellettuale, e in gran parte al costume civile, l'Italia fu allora istitutrice somma ed imitabile esempio. Ritornare alle fonti dell'antichità voleva dire uscire dalle tenebre del medio evo, francar le menti da molte preoccupazioni, nelle quali da secoli erano inceppati l'intelletto e il volere significava, in una parola, cangiar l'ascetismo nell'umanesimo, e, liberandosi dalla servitù dogmatica per scrutare arditamente i segreti della natura, avviare il mondo nel sentiero della scienza moderna. Ma,

1 Vedi A. DELLA TORRE, Storia dell'Accademia platonica in Firenze, Firenze, Carnesecchi, 1891.

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