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Oh quanto gaudio avevi, oh quanto bene
Quando tu lo tenevi nelle braccia!
Dimmi, Maria, chè forse si conviene
Che un poco per pietà mi sadisfaccia.
Baciavilo tu allora nella faccia?

Si ben, cred'io, e dicei: «O figliuol mio!»
Quando figliuol, quando padre e signore,
Quando Iddio, quando Gesù il chiamavi;
Oh quanto dolce amor sentivi al core
Quando in gremio il tenevi e lattavi!
Oh quanti atti d'amore soavi
Avesti, essendo col tuo figliuol pio!

Io mi credo che tu penavi, quanto!,
Quando Gesù la mattina vestivi,
Perchè a toccarlo avevi piacer tanto.
Che da te mal volentier lo spartivi;
Non so come di te tu non uscivi
Nè anco il cor da te non si partio.

Quando talora un poco il di dormia,
E tu, destar volendo il paradiso,
Pian piano andavi, che non ti sentia,
E poi ponevi il viso al santo viso;
Poi gli dicevi con materno riso:
Non dormir più, chè ti sarebbe rio.

Oh quante volte essendo co'fanciulli
Con fretta credo che Gesù chiamasti,
Fra te dicendo: «Tu pur ti trastulli,
Ma questo non è già quel che mi basti >> ;
Allor con tal piacer tu l'abbracciasti,
Ch'altri che tu tal amor non sentío.

Nulla ho detto, e tutto è una frasca
Avendo a'tuo' piacer minor rispetto.
Ma un pensiero nel cor par che mi nasca
Sopra un singolar tuo gran diletto;
Io non so come per quel tanto affetto
Il cor non ti scoppiò e non s'aprio.

Quando tu ti sentivi chiamar mamma
Come non ti morivi di dolcezza?
Come d'amor non t'ardeva una fiamma,
Che t'avessi scoppiata d'allegrezza?
Da ver che grande fu la tua fortezza
Poichè la vita allor non ti finío.

E la figlia del sommo eterno padre,
E lo Signor la sua umile ancilla
Pietosamente la chiamava madre,
Che sol pensando, il cor mi si distilla.
Chi vuol sentir qualche dolce favilla

Di quell'amore, il qual sempre disío,
Ponga nel buon Gesù ogni disio.

GORO (GREGORIO) DATI.

Nacque in Firenze il 15 aprile 1362 di Anastasio (Stagio) e Ghita di Ridolfo Taoni. Attese alla mercatura nell'arte della seta, viaggiò molto per causa di negozj e spesso fece soggiorno in Spagna. Fu priore del Comune per S. Spirito (1425), camarlingo e undici volte console dell'Arte di Por Santa Maria, podestà del Montale e Agliana (1424), gonfaloniere di giustizia (marzo 1428). Prese quattro mogli, e ne ebbe in tutto, oltre un illegittimo, dalle prime tre, venti figliuoli, dieci maschi e dieci femmine, de' quali glie ne rimanevano nel 1421, cinque: e « di tutto (scrive) sia lodato Idio, amen »: poi dalla quarta moglie, fino al detto anno, altri sette, de' quali due morirono : « Idio (soggiunge) li benedica, e a noi conceda in grazia avere buona pacienza ». Mori il 17 settembre 1435.

Scrisse una Storia di Firenze in nove libri, che va dal 1380 al 1406, nella quale, in forma di dialogo, con schiettezza tutta paesana, ma non senza un qualche sapore letterario, racconta la guerra della Repubblica fiorentina contro i Visconti e contro Pisa, e descrive le costumanze e lo stato della città. Lasciò anche Il libro segreto che contiene, scritte con molta semplicità, ricordanze della famiglia e della mercatura, dal 1384 al 1428, ed è principal fonte per la sua biografia. Disputano gli eruditi se il poemetto La Sfera sia suo o del fratello di lui, fra Leonardo: lo attribuirono a Goro il continuatore di esso poemetto, padre G. M. Tolosani, e fra i moderni, il Palermo; a Leonardo, il Manni, il Pelli, il Bandini. Il più recente editore, G. C. Galletti, rimane incerto.

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Descrizione delle feste florentine di San Giovanni.- Quando ne viene il tempo della Primavera, che tutto il mondo rallegra, ogni fiorentino comincia a pensare di fare bella festa di San Giovanni, che è poi a mezza la state, e di vestimenti e d'adornamenti e di gioie ciascuno si mette in ordine a buon'otta; chiunque ha a fare conviti di nozze o altra festa s'indugia a quel tempo per fare onore alla festa; mesi due innanzi si comincia a fare il palio," e le veste de servitori

1 Pubblicata da G. Bianchini, Firenze, Manni, 1735.

2 Pubblicato da C. Gargiolli, Bologna, Romagnoli, 1869.

3 I manoscritti palatini illustr., Firenze, Galileiana, 1853, I, 593-6. E intitolò a questo modo bizzarro la edizione che ne fece, a Roma, Tipografia delle scienze matemat., 1863: La Sfera, libri quattro in ottava rima scritti nel sec. XIV da F. Leonardo Dati, siccome si ha da varj antichi manoscritti, ovvero da Gregorio Dati, siccome indicherebbe l'edizione fiorentina del MDXIII.

5 Drappo che si dava in premio al vincitore, il più spesso delle corse de'cavalli, che indi ne presero il nome.

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e pennoni e le trombe e i palj del drappo, che le terre accomandate1 e del Comune danno per censo, e'ceri e altre cose, che si debbono offerere, e invitare gente, e procacciare cose per li conviti, e venire d'ogni parte cavalli per correre il palio; e tutta la città si vede in faccenda per lo apparecchiamento della festa, e gli animi de' giovani e delle donne, che stanno in tali apparecchiamenti. Non resta però, che i di delle feste, che sono innanzi, come è Santo Zanobi, e per la Ascensione e per lo Spirito Santo e per la Santa Trinità e per la festa del Corpo di Cristo, di fare tutte quelle cose, che allegrezza dimostrino, gli animi pieni di letizia; ed ancora ballare, sonare e cantare, conviti e giostre e altri giuochi leggiadri, che pare che niuna altra cosa s'abbia a fare in que tempi infino al dì della vigilia di San Giovanni. Giunti al di della vigilia di San Giovanni, la mattina di buon'ora tutte le Arti fanno la mostra fuori alle pareti delle loro botteghe di tutte le ricche cose, ornamenti e gioie; quanti drappi d'oro e di seta si mostrano, ch'adornerebbero dieci reami, quante gioie d'oro e d' ariento, e capoletti e tavole dipinte e intagli mirabili e cose si appartengono a fatti d'arme, sarebbe lungo a contare per ordine. Appresso per la terra, in sull'ora della terza, si fa una solenne pricissione di tutti i cherici, preti, monaci e frati, che sono grande numero di regole, con tante reliquie di Santi, che è una cosa infinita e di grandissima divozione, oltre alla maravigliosa ricchezza di loro adornamenti, con ricchissimi paramenti addosso, quanti n'abbia il mondo, di veste d'oro e di seta e di figure ricamate, e con molte compagnie d'uomini secolari, che vanno ciascuno innanzi alla regola, dove tale compagnia si raguna, con abito d'angioli, e suoni e stromenti d'ogni ragione e canti maravigliosi, facendo bellissime rappresentazioni di que'santi e di quelle reliquie, a eui onore la fanno. Partonsi da Santa Maria del Fiore e vanno per la terra, e quivi ritornano. Poi, dopo mezzo giorno, e alquanto passato il caldo, circa all'ora del Vespro, tutti i cittadini sono ragunati ciascuno sotto il suo gonfalone, che sono sedici: e per ordine, primo e secondo, e così succedendo, vanno, l'uno gonfalone drieto all'altro, e in ciascuno gonfalone tutti i suoi cittadini a due a due, andando innanzi i più degni e i più antichi, e così seguendo infino a' garzoni riccamente vestiti, a offerere alla chiesa di San Giovanni un torchietto di cera di libbre una per uno, avendo i detti gonfaloni spesse volte, o la maggiore parte d'essi, innanzi da sè uomini con giuochi d'onesti sollazzi e belle rappresentazioni. Le strade dove passano sono tutte

1 Le terre che erano in accomandigia, o sotto la protezione di Firenze. 2 Non però non si fanno nei giorni ec., tutte quelle cose ec. 3 Panni o drappi imbottiti, che si ponevano a capo del letto.

adorne alle mura e al sedere di capoletti, spalliere e pancali, i quali sono coperti di zendadi, e per tutto è pieno di donne giovani e fanciulle, vestite di seta e ornate di gioie e di pietre preziose e di perle; e questa offerta basta infino al coricare del sole, e fatto l'offerta, ciascuno cittadino e donna si tornano a casa a dare ordine per la mattina seguente.

La mattina di San Giovanni chi va a vedere la piazza de'Signori, gli pare vedere una cosa trionfale e magnifica e maravigliosa, che appena che l'animo vi basti. Sono intorno alla gran piazza cento torri, che paiono d'oro, portate quali con carrette e quali con portatori, che si chiamano Ceri, fatti di legname, di carta e di cera, con oro e con colori e con figure rilevate, vôti drento: e drento vi stanno uomini, che fanno volgere di continovo e girare intorno quelle figure. Quivi sono uomini a cavallo armeggiando; e quali sono pedoni con lance, e quali con palvesi correndo, e quali sono donzelle, che danzano a rigoletto. In su essi sono scolpiti animali e uccelli e diverse ragioni d'alberi, pomi, e tutte cose, che hanno a dilettare il vedere e il cuore. Appresso intorno alla ringhiera del Palagio vi ha cento palj o più nelle loro aste, appiccati in anelli di ferro; e i primi sono quelli delle maggiori città, che danno tributo al Comune: come quello di Pisa, d'Arezzo, di Pistoia, di Volterra, di Cortona e di Lucignano e di Castiglione Aretino, e di certi Signori di Poppi e di Piombino, che sono raccomandati del Comune: e sono di velluto doppj, quale di vaio, quale di drappo di seta; gli altri tutti sono di velluto o d'altri drappi o taffetta listrati di seta, che pare una maravigliosa cosa a vedere. La prima offerta, che si fa la mattina, si sono i Capitani della Parte Guelfa con tutti i cavalieri, essendovi ancora Signori, Ambasciadori e Cavalieri forestieri, che vanno con loro, con grande numero de' più onorevoli cittadini della terra, e col gonfalone del segno della Parte guelfa innanzi, portato da uno de loro donzelli in su uno grosso palafreno vestito di sopravvesta di drappo, e il cavallo covertato infino a terra di drappo bianco col segno della Parte Guelfa. Poi seguono i detti palj portati a uno a uno da un uomo a cavallo: quale uomo ha il cavallo covertato di seta, e quale no: come sono per nome chiamati, e' vannosi a offerere alla chiesa di San Giovanni. E questi palj si danno per tributo delle terre acquistate dal Comune di Firenze, e di loro raccomandati da un certo tempo in qua. I Ceri sopra

1 Intendi di quei muriccioli bassi, o panchine di pietra da sedervisi, che ricorrevano a piè degli antichi palazzi fiorentini." 2 Panni coi quali coprire le nude panche.

3 Dura.

Ballo tondo.

5 Pelle di vaio; animale simile allo scojattolo. I primi a jar l'offerta sono ec.

scritti, che paiono torri d'oro, sono i censi delle terre più antiche de'fiorentini: e così per ordine di degnità vanno l'uno drieto all'altro a offerere a San Giovanni, e poi l'altro di' sono appiccati intorno alla chiesa dentro, e stanno tutto l'anno così infino all'altra festa, e poi se ne spiccano i vecchi, e de' palj fassene paramenti e palj da altari, e parte de detti palj si vendono allo 'ncanto. Dopo questi si va a offerere una moltitudine maravigliosa e infinita di Cerotti grandi, quale di libbre cento, quale cinquanta, quale più quale meno, per infino in libbre dieci di cera, accesi, portati in mano da contadini di quelle ville che gli offerano. Dipoi vanno a offerere i Signori della Zecca con un magnifico Cero portato da un ricco carro adorno, e tirato da un paio di buoi, covertati col segno ed arme di detta Zecca: e sono accompagnati i detti signori di Zecca da circa di quattrocento, tutti venerabili uomini matricolati e sottoposti all'Arte di Calimala francesca, e de Cambiatori, ciascheduno con begli torchietti di cera in mano, di peso di libbre una per ciascuno. Dipoi vanno a offerere i Signori Priori e loro Collegi colli loro Rettori in compagnia, cioè Podestà, Capitano e Assecutore, con tanto ornamento e servidori e con tanto stormo di trombe e di pifferi, che pare che tutto il mondo ne risuoni. E tornati ch'e'Signori sono, vanno a offerere tutti i corsieri, che sono venuti per correre il palio, e dopo loro tutti i fiamminghi e bramanzoni, che sono a Firenze tessitori di panni di lana: e dopo questi sono offerti dodici prigioni, i quali per misericordia sono stati tratti di carcere per li opportuni Consigli a onore di San Giovanni, i quali sieno gente miserabili, e sienvi per che cagione si voglia.

Fatte queste cose e offerte, uomini e donne tornano a casa a desinare e, come ho detto, per tutta la città si fa quel di nozze e gran conviti con tanti pifferi, suoni e canti e balli, feste e letizia e ornamento, che pare che quella terra sia il paradiso. Dipoi dopo desinare, passato il mezzo dì, e la gente s'è alquanto riposata, come ciascuno s'è dilettato, tutte le donne e fanciulle ne vanno dove hanno a passare quelli corsieri, che corrono al palio, che passano per una via diritta per lo mezzo della città, dove sono buon numero d'abitazioni e belle case, ricche e di buoni cittadini, più che in niuna altra parte, e dall'uno capo all'altro della città per quella diritta via piena di fiori sono tutte le donne e tutte le gioie e ricchi adornamenti della città, e con grande festa e sempre vi sono molti signori e cavalieri genti

Il giorno dopo.

2 Scritti nella matricola di Culimala, arte de' panni franceschi o francesi, e in quella de' cambiatori.

3 Brabanzoni.

Pei Consigli del Comune che a ciò intendono.

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