Melissa, per arte magica, fa venire da Costantinopoli il padiglione di Costantino, nel quale l'antica Cassandra aveva ricamate le imprese future di Casa d'Este. L'ultimo giorno di festa all'ora del convito ecco arrivar Rodomonte, che, uscito dalla caverna in cui dicemmo che si era ritratto dopo che Bradamante lo ebbe vinto, viene a sfidar Ruggiero (ivi, st. 111): Donne e donzelle con pallida faccia A quel fiero Pagan lor parea uguale. Così a tutta la plebe, e alla più parte Dei Cavallieri e dei Baron parea; Che di memoria ancor lor non si parte E rimarrà per molti giorni il segno: Nè maggior danno altronde ebbe quel regno. Non paventa per altro Ruggiero. La pugna s'incomincia a cavallo; ma non molto dopo i duellanti si trovano a piedi, e combattono colle mani più che coll' armi. Finalmente è riuscito a Ruggiero di atterrar il nemico (ivi, st. 135): Del capo e de le schene Rodomonte L'una man col pugnal gli ha sopra gli occhi, Là tra` Pannoni o nelle mine Ibere, Che vi condusse empia avarizia, fere, Alla vista de l'elmo gli appresenta Che di mostrar viltade a un minimo atto, Come mastin sotto il feroce alano Pur si torce e dibatte sì, che viene Ma il giovene s'accorse de l'errore Di far quell'empio Saracin morire. E due e tre volte ne l'orribil fronte, Sciolta dal corpo più freddo che giaccio, (Secondo l'ediz. di Pietro Papini, Firenze, Sansoni, 1903.) GIOVANNI RUCELLAI. Nacque in Firenze il 20 ottobre 1475 di quel Bernardo Rucellai, che fu fondatore degli Orti oricellarj, e di Nannina de' Medici, sorella del Magnifico. Istruito col fratello Palla da Francesco Cattani da Diacceto, fu a Venezia e in Francia; rimpatriato, favori sempre la parte de' Medici suoi parenti. Vesti abito ecclesiastico, e nel 1513 fu de' familiari di Leone X, pur couservando la natura sua gioviale e un po'mondana. Aspirò al cardinalato, ma il papa lo fece soltanto ambasciatore in Francia (1520-22) a Francesco I; dopo la morte di Leone tornò a Firenze, e dimorò di solito nella villa di Quaracchi. Clemente VII lo nominò castellano di Castel Sant'Angelo, e da cotesto ufficio intitolò il Trissino, col quale ebbe grandissima amicizia e molta comunanza d'idee letterarie, il suo Dialogo sulla lingua. Morì in Roma, tra il 2 e il 3 aprile 1525. 1 Vedi G. MAZZONI, Una lettera di G. G. T. a G. R., in Atti Istit. Ven., s. VII, II, 517 (1891). La scrittura più ricordevole del Rucellai è il poemetto didascalico Le Api, cominciato in villa nel 1523 e compiuto a Roma l'anno seguente: sicchè precede quello dell'Alamanni. De' 1062 versi endecasillabi sciolti che lo compongono, un buon terzo è tradotto dal IV libro delle Georgiche; ma egli v'aggiunse di proprio comparazioni originali e precetti ispirati dalla esperienza (1a ediz., Firenze e Venezia, 1539). Compose anche due tragedie: la Rosmunda in endecasillabi sciolti e metri lirici, scritta tra il 1515 e il 1516, press' a poco quando la Sofonisba del Trissino, e che si modella specialmente sull'Antigone di Sofocle (1a ediz., Siena, 1525) con certa libertà, particolarmente rispetto all'unità di luogo: e l' Oreste, imitato dalla Ifigenia in Tauride di Euripide, cominciato tra il 1515 e il 1520, e che restò incompiuto. Del Rucellai rimangono anche alcune Lettere, e, in latino, una Oratio ad Hadrianum IV, detta il 1523, a nome della repubblica fiorentina. [Per la biografia vedi la Prefazione di GUIDO MAZZONI all'edizione de Le opere di G. R., Bologna, Zanichelli 1887, e del medesimo Noterelle su G. R., in Propugnatore, maggio-giugno 1890, N. serie, III, 15.] Battaglie delle Api. Ma se talor quelle lucenti squadre 1 Su questo poema è da vedere nel carteggio dell' ALGAROTTI una lettera ad E. Zanotti del 15 maggio 1747. 2 Vedi F. CAVICCHI, Il libro IV delle Georgiche e le Api di G. R., in Riv. abruzzese, XV (1900), 107. Un' ediz. scolastica delle Api dette il prof. E. BICCI, Firenze, R. Bemporad o figlio, 1892. 3 Vedi F, DE SIMONE BROUWER, in Rass. bibliogr. d. lett. ital., I, 246. Che, come fosse il suon de la trombetta, E ne l'aperto campo si combatte. E per la propria vita del signore. Per ciò che ad or ad or da l'aere piove Il mèle infuso ol dolce umor de l'uva; Non sol quetarsi il cieco ardor de l'ira, E l'una abbracciar l'altra, e con le labra E tutte inebriarsi di dolcezza. (Dal poema Le Api, v. 261 e segg.) MICHELANGIOLO BUONARROTI. Michel, più che mortale, Angel divino, come lo disse l'Ariosto, nacque il 6 marzo 1475 (st. c.), d'antica e nobile ma non facoltosa famiglia, da Lodovico Buonarroti Simoni e da Francesca di Neri del Sera, nel castello di Caprese in Casentino, dove il padre era podestà. Della vita, che è così collegata colla sua operosità artistica, non ricordiamo che le date principali. Nel 1488 fu messo al pittore nella bottega del Ghirlandaio; ebbe la protezione di Lorenzo il Magnifico fino al 1492; dal 1501 al '3 scolpi il David, fu poi chiamato a Roma da papa Giulio II. Molte gite e viaggi fece, quasi sempre per ragione de' suoi lavori d'arte. Agli anni dal '21 al '27 si riferisce l'opera mirabile delle tombe medicee in San Lorenzo. Nel 1529 fu eletto del magistrato de' Nove della Milizia fiorentina, e poi governatore generale delle fortificazioni di Firenze. Nello stesso anno, sospettando già il tradimento di Malatesta Baglioni, fuggi da Firenze dove correva pericolo della vita, senza considerare il rischio a cui poneva la fama sua, ma ritornò nel momento più importante, e, poi, caduta la libertà fiorentina, dimorò la maggior parte del tempo a Roma. Essendo papa Paolo III, colori, fra il 1534 e il '41, il Giudizio Universale nella parete della Cappella Sistina, la cui vòlta aveva preso a dipingere molti anni innanzi. Ammirò e amò Vittoria Colonna come donna e come poetessa, specialmente quando ella, vedova, abitò (dal 1538) a Roma nel chiostro di San Silvestro. Nel 1546 fu fatto cittadino romano, 1 Vedi P. VILLARI, in Saggi storici e critici, Bologna, Zanichelli, 1890, pag. 383; I. DEL LUNGO, L'assedio di Firenze, in Conferenze fiorentine, Milano, Cogliati, 1901, pag. 114. |