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con lettere intorno,che dicono il nome dell'vno,& dell'altro. Nellaquale ca pella de'Lenzi facendo il medefimo alcune ftorie della noftra Donna, fi inge gnò di contrafare molti habiti di que'tempi,cofi di mafchi, come di femine: e nella capella fece la tauola a tempera. Pariméte nella Badia di s. Felice in piaz za,di Firenze, dell'ordine di Camaldoli, fece alcune tauole: & una all'altare maggiore di s.Michele d'Arezzo del medefimo ordina E fuor d' Arezzo a S. Maria delle Grazie, nella chiefa di s. Bernardino, vna Madonna, che ha fotto il manto il popolo d'Arezzo,& da vn lato quel s. Bernardino inginocchioni con vna croce di legno in mano,fi come coftumaua di portare, quando anda ua per Arezzo predicando se dall'altro lato,e d'intornos. Niccolo,es. Michel agnolo. E nella predella fono dipinte ftorie de'fatti di detto s.Bernardino,& de'miracoli,che fece,& particolarmente in quel luogo.Il medefimo Neri fece in s. Romolo di Firenze la tauola dell'altar Maggiore: & in s. Trinita, nella capella degli Spini la vita di s.Giouani Gualberto a fresco,e la tauola a tempe ta,che è fopra l'altare. Dallequali opere fi conofce, che se Neri fufle viuuto,e non mortofi d'età di trentafei anni, che egli hauerebbe fatto mol te piu opere,& migliori,che non fece Lorenzo fuo pa dre. Ilquale, effendo ftato l'ultimo de'mae ftri della maniera vecchia di

Giotto, farà anco la

fua vita,

l'ul

tima di quefta prima parte; laquale con l'a-
iuto di Dio benedetto, hauemo
condotta a fine.

Fine della vita di Lorenzo di Bicci,& della prima parte dell'opera.

GG:

PITTORI, ET ARCHI

TETTORI

Che fono stati da Cimabue in quà,

SCRITTE DA M. GIORGIO VASARI
PITTOR, ET ARCHITETTO ARETINO.

Seconda parte

PROE MIO.

VANDO io prefi primieramente a defcriuere quefte vite; Non fumia intenzione, fare vna nota del li Artefici, no inuentario, dirò cofi, dell'opere loro; Negiudicai mai degno fine di queste mie non sò come belle,certo lunghe, fastidiofe fatiche,ritrouare il numero, &inomi, & le patrie loro; & infegniare in che Città, & in che luogo appunto di effe fi trouafsino al prefente le loro pitture, o fculture,o fabriche; che quefto io la haret potuto fare, co vna femplice tauola, fenza interporre in parte alcuna il giudizio mio. Ma vedendo, che gli fcrittori delle iftorie, quegli che per comune confenfo hanno nome di hauere fcritto con miglior giudizio, non folo non fi fono contentati di narrare femplicemente cafi feguiti, ma con ogni diligenza, et că maggior curiofità che hanno potuto, fono iti inuestigando i modi, imezi, le vie,che hanno Vfati i Valenti huomini nel maneggiare l'imprefe:& fonsi ingegnia ti di toccare gli errori; & appreffo i bei colpi,e ripari, e partiti prudentemente qual che volta prefine gouerni delle faccende; e tutto quello in fomma, che fagacemete, oftraccuratamete, con prudenza, o co pietà, o con magnanimità hanno in effe ope rato. Come quelli che conofceuano la istoria effere veramente lo specchio della vi ta humana'; non per narrare afciuttamente i cafi occorfi a vn Principe, o d'una Republica,ma per auuertire i giudizi,i configli,i partiti,& i maneg gi degli huomi ni,cagione poi delle felici,infelici azzioni. Ilche è proprio l'anima dell'istoria. Et quello che in vero infegna viuere, & fa gli huomini prudenti: che apprejfo. al piacere, che fi trae del vedere le cafe paffate, come prefenti è il vero fine di quella. Perlaqualcosa hauendo io prefa afcriuer laituria de nobilifsimi Artefici, per giostr

all'arti quanto patifcono le forze mie ; & appresso per honorarle ho tenuto quanto io porena, ad imitazione di cofi valenti huomini, il medefimo modo;& mi sono in gegnato non folo di dire quel che hanno fatto, ma di fcegliere ancora difcorredo il me glio da'l buono; l'ottimo dal migliore, notare un poco diligentemente i mo dile arie,le maniere,i tratti, le fantafie de Pittori, degli Scultori. Inueftigan do quanto piu diligentemente ho faputo, di far conofcere a quegli che questo per fe ftesi non fanno fare,le caufe, le radici delle maniere;e del miglioramento,& peg gioramento delli arti, accaduto in diuerfi tempi; & in diuerfe perfone: Et per che nel principio di quefte vite; io parlai de la nobiltà antichita di effe arti,quanto a questo propofito firichiedeua; lafciando da parte molte cofe di che io mi farei potu to feruire di Plinio, d'altri autori; fe io non aueßßi voluto,contra la credenza for fe di molti, lafciar libero a ciafchcduno il vedere le altrui fantafie,ne propry fonti: Mi pare che è fi conuenga fare al prefente, quello che fug gendo il tedio, la lunghezza,mortal nemica della attenzione, non mi fu lecito fare all'ora, cio è aprire piu diligentemente l'animo, & intenzione mia: moftrare a che fine io habbia dinifo questo Corpo delle vite,in tre parti. Bene è vero che quantunque la grandez Za delle arti nafca in alcuno da la diligenza; in vn'altro da lo studio ; in questo da la imitazione; in quello da la cognizione delle fcienzie, che tutte porgono aiuto a queste; & in chi da le predette cofe tutte infieme,o da la parte maggiore di quelle: Io nientedimanco per hauere nelle vite de particolari ragionato a bastanza, de mo di,de l'arte, de le maniere, de le cagioni del bene, & meglio, ed ottimo operare di quelli: Ragionerò di questa cofa generalmente; & più presto de la qualita de' tempi,che de le perfone: diftinte, & diuife dame, per non ricercarla troppo minutamente,in tre parti,o vogliamole chiamare età, da larinascita di queste arti, fino al fecolo, che noi viutamo; per quella manifeftifsima differenza, che in ciafcuna di lorofi conofce. Concio fia che nella prima, & piu antica fifia veduto queste tre ar tieffere ftate molto lontane da la loro perfezzione:et come che elle habbiano auuto qualcosa di buono,effere stato acompagniato da tanta imperfezzione,che e nomerita per certo troppa gran lode. Ancora, che per hauer dato principio, & via,e modo al meglio, che feguito poi,fe no fuffe altro non fi puo fe non dirne bene ; & dar le vn po piu gloria, che fe fi hauelle a giudicare con la perfetta regola dell'arte,non hanno meritato l'opere steffe. Nella feconda poi fi veggono manifesto effer le cofe migliorate affai,e nell'inuezioni, e nel condurle co piu difegnio, e comiglior maniere, e con maggior diligenza:e cofi tolto via alla rug gine della vecchiaia,e quella goffez za,e fproporzione; che la groffezza di quel tepo le haueua recata adofjo. Ma chi ar dira di dire, in quel tempo efferfi trouato vno in ogni cosa perfetto? Et che habbia ridotto le cofe altermine di hoggi, d'inuenzione, di difegnio, & di colorito? Eche habbia ofseruato lo sfuggire dolcemente delle figure,con la fcurità del colore, chei lumi fiano rimasti folamente in fu irilieui: & fimilmente habbia offeruato gli strafori,et certe fini ftraordinarie nelle statue di marmo come in quelle fi vede? Questa lode certo è tocca alla terza età ; nella quale mi par potere dir ficuramere,

che

che l'Arte habbia fatto quello, che ad vna imitatrice della natura,è lecito poter fare: et che ella fia falita tanto alto,che piu presto fi habbia a temere del calare a baf fo; che fperare hog gimai piu augumento. Queste cofe confiderando,io meco mede fimo attentamente, giudico che fia vna proprietà, vna particolare natura di quefte arti; lequali da vno humile principio, vadino appoco appoco migliorando:

finalmente perueghino al colmo della perfezzione. Et quefto me lo fa credere, il vedere effere interuenuto quafi quefto medefimo in altre faculta: che per effere fra tutte le arti liberali vn certo che di parentado e non piccolo argumento,che e fia ve ro. Ma nella pittura,e fcultura in altri tempi debbe effere accaduto quefto tanto fimile,che fe,e fifcambiaẞino infieme i nomi, farebbono appunto i medefimi cafi. Im peroche e fi vede (fee'fi ha a dar fede a coloro che furono vicini a que'tempi, et po tettono vedere, & giudicare de le fatiche degli anticht) le statue di Canaco effer molto dure, & fenza viuacità,9 moto alcuno, però affai lontane dal vero; di quelle di Calamide fi dice il medefimo,ben, che fuffero alquanto piu dolci, che le predette. Venne por Mirone, che non imitò affatto affatto la verità della natura; ma dette alle fue opere tanta proporzione, grazia,che elle fi poteuono ragionevolmente chiamar belle, Succeffe nel terzo grado Policleto, glialtri tanto celebrati; i quali come fi dice, credere fi debbe, interamente le fecero perfette.Questo medefimo progreffo douette accadere nelle pitture ancora, perche e'fi dice, ve rifimilmente fiha a penfare, che fussi cofi,nell'opere di quelli che con n'folo colore dipinfero, però furon chiamati Monocromati,non essere stata vna gran perfez Zione. Dipoi nelle opere di Zeufi, di Polignioto,et di Timante,o degli altri, che folo nemefono in opera quatro, Si lauda in tutto ilineamenti,&i dintorni, et le for me:&fenza dubbio vi fi doueua pure defiderare qualcofa. Ma poi in Erione, Ni comaco, Protogene, Apelle,è ogni cosa perfetta, bellissima. E non si può ima ginar meglio; auendo essi dipinto,non folo le forme, gli atti de Corpi eccellentifsi mamente; ma ancora gli affetti, & le passioni dell' Animo. Malafciando ire que fti, che bifognia referirfene ad altri, & molte volte non conuengano giudizi, che è peggio ne tempi, ancora che io in ciò feguiti i migliori autori; Vegniamo a tempi nostri, doue habbiamo l'occhio, affai miglior guida,et giudice,che non è l'orec chio. Non fi vede egli chiaro,quanto miglioramento, e aquifto fece, per cominciar fi da vn capo, L'architettura,da Bufchetto Greco, ad Arnolfo Tedesco, & a Giotto? Vegghinfile fabriche di que tempi,i pilaftri,le colonne,le base, i capitegli, & tutte le cornici con i membri difformi, come n'è in Fioreza in S. Maria del Fiore, e nell'incroftatura di fuori di S. Gio.as.Miniato al mõte,nel Vefcouado di Fiefɔle, al duomo di Milano,a S.Vitale di Pauěna,a S. Maria Maggiore di Roma,e al duomo vecchio fuored. Arezzo; doue ecettuato quel poco di buono, rimasto de frammenti autichi, non vi è cofa,che habbia ordine,o fattezza buona. Ma quelli certo la migliorarono affai;& fece non poco acquisto fotto di loro ; perche e la riduffero a mi gliore proporzione:& fecero le lor fabbriche non folamente stabili, gagliarde ma ancora in qualche parte ornate; certo è nientedimeno che gli ornamenti loro fu

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