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CAPITOLO XVII.

Letteratura Albanese.

Stando sull' idea gettata in più luoghi del pres sente lavoro, che cioè i popoli d'Albania intenti continuatamente alla guerra non si trovarono mai nello stato di applicarsi alla coltivazione dello spirito, nasce da ciò conseguente in essi il difetto di una letteratura. Negli ultimi tempi però sursero dei generosi i quali superando le difficoltà tentarono di scrivere la loro lingua e i tentativi non riuscirono vani. Se non che essendo i primi nell' impresa e titubanti della via da seguire per giungere regolarmente e felicemente allo scopo, ognuno scelse quella che gli parve più piana senza badare all' altra designata dagli altri. Per tal modo nacquero varie maniere di scrittura e vari metodi grammaticali.

In Albania si scrisse e si scrive con un alfabeto di 28 lettere, delle quali 23 sono latine e 5 originali albanesi. Ma vi ha però un altro alfabeto ecclesia“ stico di 30 lettere, le quali offrono grande rassomiglianza coi caratteri fenici, ebraici, armeni e palmerini, alcune con la scrittura geroglifica ieratica e poche coi caratteri bulgari e mesagetici (1). Nel 1844 nel Principato di Valachia si è fuso un nuovo alfabeto albanese, ingegnosissimo e di un tipo speciale e nuovo. Così ci si rapporta, ma io so spetto che non fosse altro che la rinnovazione del l'alfabeto ecclesiastico di cui femmo parola. Gli Albanesi stabiliti in Grecia fauno uso delle lettere greche, e poichè non bastano esse ad esprimere i suoni tutti della lingua albanese, si è ricorso ai punti i quali come nell' ebraico producono un suono vario secondo le lettere a cui vanno aggiunti. In questi

(1) Malte-Brun, Geograf. Univ. Lib. 118.

caratteri è scritta la traduzione del nuovo Testamento impresso a Corfù nel 1827. La Propaganda in Roma più volte ebbe cura che si stampassero dei libri albanesi e si è servita all' uopo dei caratteri latini misti ai 5 originali. Questi libri sono i seguenti Dottrina Cristiana del Bellarmino tradotta da Pietro Buda nativo di Pietra Bianca, 1664. Dictionarium Latino-Epiroticum per Franciscum Blanchum Epirotam, 1635. Osservazioni grammaticali nella lingua albanese del P. da Lecce, 1716. Breve Compendio della Dottrina Cristiana di un Nazionale del Regno di Servia, 1743. Lo speculum Confessionis. La Via del Paradiso tradotta da un Missionario ed altri libri spirituali.

Molte e molte sono le poesie che corrono manoscritte tanto in Albania che in Sicia e Calabria. Ma in quest'ultima poi si hanno ue saggi stampati, uno di Giulio Variboba e l'altro di Girolamo De Rada. L'operetta del primo è composta di poesie sacre, parte originali e parte tradotte dal Latino. Fu pubblicata in Roma e porta per titolo Ghicla e Scin Myriis, Vita della Santa Vergine. Nelle poesie originali di questo scrittore vi troviamo ispirazione elevata e faciltà sorprendente, affetti ben maneggiati, descrittiva ammirabile. Esse son divenute popolari, e quando nel Giovedì Santo tra la mestizia de' templ s'intuona il suo Pianto della Vergine, quel canto come l'eco dolorosa della grande sciagura ha tale potenza sul cuore de' fedeli che fiumi di lagrime rispondono alle tenerissime rime.

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Il Signor Girolamo de Rada fin dai primi suoi anni si ha fissato in mente di creare una letteratura Albanese, e fermo su questo pensiero, per riuscirci, si avvertiva dover muovere i passi dai canti popolari, comechè di la cominci la letteratura di ciascun popolo. S'ingegnò quindt ben per tempo a studiare l'indole e l'andamento della sua lingua,

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onde menarsa ad un certo passo di sviluppo. E questo il motivo per cui questo giovine fervente detta continuamente e con nobile costanza in albanese le sue poesie. Se abbia intanto ben calcolato oppure cammini errato nel suo proponimento, lo diamo a giudicare ai tempi avvenire. Diremo solo che il Signor De Rada si è talmente imbevuto dello spirito de' canti tradizionali della propria nazione, che la sua poesia considerata per un riguardo ben può assirirsi essere un eco di quella degli Albanesi dal secolo XV, tempo del loro periodo eroico. Dico per un riguardo, poichè d'altronde essa porta la più distinta caratteristica della poesia del giorno; poichè in essa si vede l'accozzamento di tutte le qualità proprie della poesia de' popoli giovani un te alla profondità ed elevatezza de' pensieri che appartengono ad un secolo filosofo, il quale riflette sulla vita e tutto concentra all'uomo ed alla società. I canti di Milosao pubblicati in Napoli il 1836 sono il ritratto della giovinezza del poeta e spirano quell'aria ingenua e sentimentale ch'è propria della vita domestica e ristretta ne' piccoli villaggi. Non così i Canti di Serafina Thopia (1), « i quali l'Autore finge essere de' frammenti di poesia del secolo XV rappresentanti il vivere degli Albanesi e in parte la storia della guerra sostenuta da essi contra i Turchi di quel tempo » - Più elevati, più filosofici, d'uno scopo diverso e di scene diverse, portano l'impronta epica, e presentano una certa generale somiglianza con quelli dell' Ossian. Invero se il Bardo Celtico nel descriverci le sue imprese guerresche ci dipinge i tempi ed i costumi del suo paese, la

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(1) Il titolo del Poema è il seguente Canti Albanesi di Serafino Thopia Principessa di Zadrina nel secolo XV volti in Italiano per Gio. Reda. Napoli 1843. I Poema è composto di quat tro Epoche e perciò di quattro parti,

e

esclusiva tendenza alla gloria, alle opinioni, ai rap porti ed alle memorie di alcune nobili famiglie di Scozia; il De Rada non altrimenti ci si svela nel complesso de' suoi canti in risguardo al popolo albanese. L'idea poi dominante in questi canti, nella quale come in un foco vanno a congiungersi tutte le altre, si è quella della liberazione della patria. Nell'epoca in cui si versa il poema, l' Albania gemeva sotto il giogo Musulmano, e il popolo oppresso non aveva aggiunto peranco quell'età remota in cui per lunghissima abitudine non si risente quasi più la mano di ferro che sta sopra: per cui era natural cosa che il Cantore di quella ne la descrivesse come fremente del suo destino e sospi, rante un ritorno ai giorni felici. Dobbiamo notare però esser difetto principale in tutte le produzioni del de Rada de' modi di esprimersi un pò soverchio avventati e una sensibilissima escurità nella manifestazione de' concetti.

Questo poema è destinato a studi maturi e profondi e non può si presto presentarsi al giudizio del pubblico. Il poeta vuole trasfondere in esso tutta Ja potenza dell'anima sua, e nel suo tutto lo spirito di quel secolo eroico d'Albania. Ultimamente però ci ha fatto dono del Milosao rinnovato e di altre Poesie. E ci consoliamo con lui, il quale conscio del difetto de' modi soverchiamente concettosi ed oscuri, in questo ultimo libro ha tentato ogni sforzo per diventar chiaro seguendo formalmente la graduata successione de' pensieri.

Nel momento ci si offre un altro libro di poesie albanesi col titolo; il canzoniere Albanese di C. Santori. Sul merito poetico di esso divise sono le opinioni. Senza entrare in questo io osservo che la lingua è spesso violata nella parte grammaticale, e ciò per isforzarla alla rinia la quale in verità non è propria di quella lingua.

CAPITOLO XVIII.

Costumi e riti della nazione in generale degli Albanesi delle montagne e di quelli d'Italia.

Ritrarre un paese per molti suona farne la descrizione de' monti, de' laghi, delle pianure, delle città e de' monumenti rilevanti per l'arte o pe' fatti che rappresentano. Gran parte di viaggiatori si attengono a questa scuola, e le loro ispirazioni, i loro racconti poggiando su la esteriorità de' fenomeni, nulla ne rivelano di quel che caratterizzi le popolazioni. Poeti e non filosofi ti mettono innanzi grossi volumi, e poco badano se dican cose. Pure il morale degli uomini è l'oggetto più importante ad os? servarsi in un paese. Forse anche il più difficile, poichè si tratta di salire alle cagioni, d'indovinare i fatti accidentali che vi versarono le loro influenze, di rapportarlo ai principî che guidano i destini umani, di riguardarlo in somma come elemento evolutivo nella grande operazione delle società. In un popolo noi troviamo costantemente due fatti: abitudini di azioni e disposizione di spirito. Chiamiamo il primo costumi; il secondo carattere; e del morale degli uomini queste sono le basi precipue e degne del'attenzione più accurata e intelligente.

Noi discorriamo degli Albanesi, e interessa non poco al nostro assunto conoscerne il carattere e i costumi ma poichè sono essi abitatori di diverse contrade, per darne un rapporto esatto converrà riguardarli prima in veduta generale e in seguito particolarizzarli nelle attinenze co' luoghi fissati a stanza della loro vita. Si otterrà per tal modo il vantaggio di studiare una nazione in ciò che dicesi proprietà fondamentale e nelle differenze che vi ap

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