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parsa primamente nell'Argolide, e da questa avanzata nell'Arcadia, in Atene per la Tessaglia, e di là ad occidente nell'Epiro e nell'Italia, e ad Oriente nella Tracia fino all' Ellesponto e al Bosforo. II. Jannelli, il Marsh ed altri sostengono d' altronde che, la migrazione si fece dall' Ellesponto al Pelopponeso, da settentrione a mezzogiorno, e che perciò la Tracia, la Macedonia, la Tessaglia, l'Epiro furono occupate prima della Grecia propria. La ragione addotta da questi ultimi si è, che dall'Asia all' Europa si viene più facilmente per l'Ellesponto che pel mare. A noi neppure interessa lo scioglimento di questo problema che tanto agita le menti. Rileveremo però che il popolo pelasgo fermò stanza continuata ed esercitò impero e culto nella Tessaglia, nell' Epiro e nella Macedonia (1), mentre nel mezzogiorno della Grecia si fuse e disperse tra le genti primitive di quella contrada. Le regioni intorno al Pindo erano anch'esse abitate dal ramo giapetico, il quale già nella prima dispersione fu quello che mosse all'occidente; ma il Pelasgo più forte e forse più numeroso lo vinse, e ridottolo alle sue leggi, al suo culto, alle sue tradizioni, di due genti formò una sola, e lo stampo della nazione fu unicamente pelasgico, onde i Pelasgi non misti che Erodoto ritrova e ravvisa in que' luoghi. Queste regioni settentrionali furono meno richieste dall'ambizione, dal bisogno di genti peregrine, e continuarono a conservare nella sua originalità lo stampo nazionale. La Grecia propria dominata dagli Ellėni

(1) V. Plut. Vita di Pirro. Erod. L. 1. 2. Giustino, VII. 1. Strabone, L. VII. Malte-Bron, Geograph. Univers., Lib. 118. Cantù, Stor. Univers. Ep. 3. Niebuhr, Stor. Rom, V. I. p. 55. ed. napol. Jannelli, Veter. Oscor. Inscription. Sect. VI. §. II. Gioberti, Opere tutte.

che si ripristinarono nella superiorità e nell'impero sopra i Pelasgi, ed invasa da innumeri altre colonie venute di Fenicia e d'Egitto, ha dovuto ondeggiare tra cento governi, cento tradizioni, cento linguaggi, talmente che non ha potuto serbare che solo un complesso di tutti questi elementi che insieme e in confuso formarono la sua nazionalità e il suo incivilimento. E ciò è così vero che, Tucidide, Erodoto ed altri autori distinguono positivamente gli Epiroti dai Greci (1), e se vogliamo profittare degli studi di Niebuhr, diremo con lui che, il seme primo della Macedonia fu un popolo particolare da non considerarsi come greco o come illirico, sibbene pelasgico (2).

Colgo qui la opportunità per aggiungere una riflessione. Omero chiama barbari gli abitatori dei d'intorni di Dodona, e si sa in che pregio ed ammirazione tenesse Platone la dottrina e la lingua dei barbari, ponendo mente che questo filosofo collocava in gran parte la meta de' suoi desiderí nel passato, c considerava il vero progresso come un savio ritorno all'antichità (3). Vuolsi da ciò dedurre che questa voce in origine anzichè significare popoli ruvidi, incivili, indicasse piuttosto i civili ed antichi, ai tempi di Erodoto divenuti barbari, cioè non intelligibili agli Elleni (4). M. Ballanche l'ha osservato con avvedutezza, e sostiene che la parola barbari sia un'espressione vaga, indeterminata per indicare la sorgente oscura delle dottrine, il punto

(1) V. Niebuhr, Stor. Rom. V. I. ediz. napol. 1846. nel quale luogo e appresso gli Epiroti e i Pelasgi per lui suonano un popolo istesso.

(2) Idem, op. cit.

(3) Gioberti, Avvertenza del Buono.

(4) Id. Primato ec. Brusselles 1844 T. II. p. 153.

di partenza sconosciuto delle tradizioni. Talmente che Plauto, secondo lui, quando dice il latino una lingua barbara, egli intende ciò in modo assoluto e non nel paragone con altre lingue (1). A questa Osservazione del dotto francese unisco l'altra dell'illustre italiano Cesare Balbo, il quale per via un pò diversa batte al medesimo seguo. « Chi ben attenda, dic' egli, scorgerà che la parola barbari non fu da' Greci usata in senso contrario ad inciviliti presso i Greci ond' è l'origine sua, non ebbe altro significato che quello della parola hostis presso ai Latini, cioè un alcun che coalescente delle tre idee che noi diciamo ospite, straniero, é nemico, quell'ostile non noi che tutte le genti, tutte le nazioni, tutte le religioni espressero in qualche maniera, che gli Ebrei esprimono ancora oggi colla parola di goim, i Maomettani con quella di giaour, i Cristiani con quella di gentili (2)». Inoltre Omero (3) ed altri Greci scrittori antichi appellano divini i Pelasgi, cioè a dire nobilissimi. Per tutte queste ragioni tenghiam fermissimo, che bárbari e Pelasgi presso i Greci antichi erano una stessa cosa, indicanti i popoli conservatori della coltura, delle dottrine e lingue vetuste, e che i barbari di Dodona furono i veri Pelasgi dall'Asia ivi discesi.

Esponémmo quanto riguarda all'uopo i Pelasgi e loro stanza in Dodona. Diremo ora che il popolo albanese discende direttamente da quelli. E potrei dirlo indigeno di quel paese, se questa voce che fino a poco tempo dietro si dava alla gente voluta prodotta dalla terra medesima da essa abitata, potesse usarsi in senso largo, e significare in egual

Orphée, 1. Addit. aux Prolegomenes.

(2) Meditaz. Stor., Med. VII. §. 1.

(3) V. Iliad: Lib. 10. v. 439. Odiss. L. 19 V 117

modo quella che dalle prime origini de' popoli a noi fu sempre e continuatamente abitatrice del medesimo terreno. Imperocchè egli è provato dalla lingua degli Alhanesi ch' essi abitano in Europa da così lungo tempo che i Greci e i Celti (1), ed è manifesto che nell'Albania non vi furono invasioni di barbari che abbiano distrutta la razza antica e fatta sorgere una novella di popoli conquistatori, di altra lingua, altra religione, altri costumi. Sarebbe stata questa un' epoca famosa che avrebbe destata l'attenzione della storia, ed ora s'indicherebbe come fatto straordinario negli annali delle vicende delle nazioni giacchè non altrimenti che fatto straordinario vuolsi dire la distruzione totale di un popolo vasto, esteso e radicato da secoli sul suolo che abita. Ma la storia si tace, e strana è quindi la supposizione di essere gli Albanesi derivati dagli Albani Asiatici venuti dalla terra che separa il Caspio dal Mar Nero. Questa digressione fu fatta prima di me dal mio concittadino Masci, e giova conoscere il suo acuto ragionamento.

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» Gli Albani Asiatici, dic'egli, abitavano circa la Colchide e verso il monte Caucaso (Strab. L. XI), che oggi è appunto la Georgia. La lingua de' Colchi secondo la testimonianza di Erodoto (Lib. 11), era simile a quella degli Egizi, la quale per le parole che ci sono rimase, niente ha che fare colla lingua albanese. Ma checchè sia della lingua antica Colchide, l'odierna Georgiana non solo non ha veruna rassomiglianza coll'Albanese, ma è totalmente differente nei vocaboli e nella maniera di esprimere. Più gli Albani Asiatici erano Sciti detti anche Massageti (Zonara, Annal. T. III. I. L. VI. in fine); e questi sono appunto quelli dai quali i Tur

(1) V. Malte Bin, Geograph. Univers. Liv. 118.

chi derivano (Leibnitz, Brevis designatio meditat. de origin Gent. Collect. T. IV. p. 2. pag. 190. ). Ma che i Turchi siano una nazione differente in tutto dall'albanese non è chi nol sappia. In quelle stesse regioni, donde i Turchi sono usciti, si parla un linguaggio diverso dall' albanese: gli Usbecchi, i Calmucchi, i Mogolli hauno altro idioma. Gli Sciti poi anticamente detti Sarmati o Sauromati sono quelli che posteriormente furon chiamati Slavi o Schiavoni, sotto i quali si comprendono i Russi i Polacchi, i Boemi, i Moravi, ́i Bulgari, i Dalmati odierni, i Resci, i Servi, i Croati, i Ziculi, i quali sono differentissimi dagli Albanesi. Sciti arcora erano i Goti e gli Unni; ma la lingua de' Goti era la stessa che la Germana, e quella degli Unni non poteva esser altra che la Schiavona (1) ».

Gli Scrittori adunque i quali sospettano essere derivati gli Albanesi dagli Albani Asiatici, non han potuto essere indotti a ciò, se non dalla somiglianza de' nomi di questi due popoli. Ciò non forma alcuno anche minimo argomento per provare quanto si è voluto avventurare. Che anzi io ammetterci volentieri la sopravvenienza di colonie dal Caspio, quantunque non risulti ma dirò allora, che il sangue straniero non poteva distruggere il sangue pelasgico conservato dagli abitanti della Macedonia e dell' Epiro, poichè parte minima ed eterogenea ha dovuto fondersi e perdersi facilmente nella massa ingente di una intera nazione. Anche Dardani, Frigi ed Elimei vennero a stanziare in Albania (2); ma il loro nome ricordato appena dall'antichità, nou diè mai a congetturare che l' Albanese sia disceso dalla Frigia o dalla Persia.

(1) V. Masci, Discors. sull' Orig. cc. del. Naz. Albanese. (2) V. Jannelli, Op. cit. sect. cc.

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