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Da quanto si è detto, rileveremo evidentemente che la nazione albanese è tutt' altra che la greca, e che da questa perciò deve sempre distinguersi e considerarsi particolarmente ne' fatti della sua vita. Impertanto giova risguardar più addentro questo teorema storico, e risolverlo con dati un pò diversi ma chiari e positivi non altrimenti che i primi. Per far ciò, pria di ogni altra cosa conviene aver di mira gli elementi caratteristici che determinano una nazione. Per nazione non s'intende altro che, quel complesso di genti le quali riconoscono una origine e un linguaggio proprio, propri costumi e tradizioni. — Applicando ora questi dati agli Albanesi, appariscono evidenti in essi la origine cole affezioni e le attinenze che le costituiscono una famiglia, non che il linguaggio e i costumi che gli differenziano determinatamente dai Greci (1). Imperocchè dai fatti che abbiamo esposti ed esporremo tanto ora che nel prosieguo, risulteranno egualmente chiari questi due ultimi elementi di una nazione costitutivi.

mune,

Abbiamo due argomenti in Q. Curzio. Allor che Filota fu scoperto reo di congiura contro Alessandro, costui lo richiese, se avesse desiderio far uso del patrio linguaggio per difendersi innanzi ai Macedoni, i quali doveano pronunziar sentenza sul capo suo. Inoltre, lo stesso Alessandro rampognò quell'accusato, il quale mentre era nato Macedone, gli uomini della sua lingua li sentiva per mezzo dell' interpetre. E da Plutarco rilevasi che, Eumene per grave malattia ritirato dal campo, come si presentò ai suoi Macedoni per riaccender loro l'abbattuto coraggio, si senti salutare col loro linguaggio natio

(1) Intorno ai costumi veggasi il cap. IV. e intorno al linguaggio il cap. III.

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(pansdovest in gov). Per ultimo, Strabone, enume rando i popoli soggetti ai Macedoni, ne lasciò scritto che, non pochi di loro erano bilingui, cioè à dire che, parlavano due lingue, la macedonica e la greca, nel quale luogo dice eziandio che « alcuni chiamano Macedonia la intera contrada fino a Corfù (μέχρι την Κορκύρα»), adducendo per ragione che tutti egualmente tagliano i capelli, si servono dello stesso. linguaggio, usano la clamide e cose simili ». Con questo passaggio del Geografo Greco si chiarisce d'altronde che, la lingua di Filippo e di Alessandro era propria ancora degli Epiroti e degli Illiri. Imperocchè convenendosi universalmente che l'Illirio e l'Epiro formavan parte della Macedonia, dimostrai nel capo I., ei dee per necessità concludersi lo stesso della sua identità con Ja Olgreca. tre a ciò, se l'autorità de' grandi scrittori dev' esser valutata, riguardo agl' Illiri abbiamo da Niebuhr (1) che « mentre in Peonia, nell'alta Macedonia e ne' cantoni occupati dalle tribù epirotiche vicino la Tessaglia, si formò la lingua valacca, gl'Illiri serbarono la lingua schipica la quale non è altra che l'albanese (2). Abbiamo da Malte-Brun «<esser egli persuaso che il terzo elemento sconosciuto della lingua albanese non può essere altro che l'antico illirico (3) ». Ed abbiamo, fra tanti

(1) Op. cit. pag. 63 ediz. napol. 1844.

»

(2) V. Balbi, Atlas Ethnograph. du globe.

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come

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(3) Le tiers inconnu de la langue albanaise nous parait devoir être l'ancien illyrien. (Geograph. univers. Liv. 118 ). Lo stesso pensiero è gettato nelle Note che quel sommo geografo ha distese all' Opera di Masci, da lui tradotta in Francese e messa nel T. 2 de' suoi Annales des Voyages. Ecco le parole di quel luogo: Les mots grecs et celtiques paroissent égalemment tener à l'essence de la langue albanaise ou ancienne illyrienne. Nous devons penser que la langue des anciennes Illiriennes et des Albanais modernes est un idiome a part, et dont l'origine remoute aux siecles les plus reculés de l'histoire d'Europe.

altri, il Leibnitz, primo autore della filologia comparata, il quale nella lettera XV. a M. Maturin Veyssiere la Croze, dice « Voi mi avete fatto molto piacere in avermi mandato un libro ed un dizionario della lingua albanese, dai quali apprendiamo qual' era la lingua degli antichi Illiri ».

Ho rapportato le autorità di tali Scrittori, poiche si conosce quanto valgano un Leibnitz e un Malte-Brun nelle dottrine filologiche ed etnografiche, e quante ricerche abbiano essi fatto nello idioma albanese. D'altronde, allorchè classici ingegni presentano al pubblico le loro vedute, è da supporre ch'essi abbian camminato su la traccia di fatti svolti ragionatamente e di deduzioni luminose. Essi non si slanciano alla ventura dove regnano le tenebre. Amano veder chiaro; e quando nol ponno, si tacciono, o confessano con schiettezza il dubbio. Frattanto considerando noi che per compier nostro assunto, la lingua può servirci come un altro elemento integrale e positivo del pari che la storia, c'impegneremo a svolgerla dettagliatamente, rilevandone in modo splendido e naturale le ragioni ch' essa abbondantemente ci appresta.

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CAPITOLO III.

Continua il medesimo argomento fondato su le ragioni della lingua.

È certo che la lingua de' Greci anteriore ad Omero, quella cioè che registra Esichio, varia molto da quella della Grecia posteriore. È certo parimenti, che gran numero di popoli stranieri scesero in ероche diverse ad inondare il Peloponneso. Da quì la fusione de' costumi e delle lingue di tante genti, donde sursero poscia i costumi e la lingua degli Elleni. Cio è manifesto, e Tucidide nel Proemio lo accenna quando dice, che i greci aveano abbandonato non solo l'antica lingua, ma anche i costumi de' barbari. Questi barbari, noi lo dimostrammo, erano i Pelasgi; ma poichè furon misti in Grecia é puri in Dodona, la loro liugua degenerò dal fonte primo in mano degli Elleni che coltivaronla, mentre rimase intatta nella Macedonia e nell' Epiro.

Vediamo ora per poco se questo fatto consta di ragioni potenti. Erodoto dice, che vari nomi delle divinità greche erano nomi pelasgici. Se noi adunque nello idioma dell' Epiro e della Macedonia, quale si è appunto l'albanese moderno, ritroverem fondata e spiegata la sentenza di Erodoto; riuscirà chiarò al certo, 1.° che la lingua degli Albanesi è la barbara parlata in Grecia prima di Omero, 2.o che essa è un avanzo di quella de' Pelasgi.

i nomi

Il Paganesimo personificando la natura, degli oggetti naturali li ha levati a rappresentare gli esseri divini che credeva presiedessero a quelli, modificando la natural destinazione e significazione de' vocaboli già esistenti. Tali vocaboli trovansi non meno nella lingua greca che nell'albanese: se non che in questa conservano il loro senso proprio, co

me naturalmente avviene nel primo periodo della formazion delle lingue, laddove nella greca hanno semplicemente il senso traslato, e quel senso appunto che venne applicato nella introduzion delle nuove idee mitologiche e simboliche.

Eccovi delle pruove, poche sì, ma tali da non farne dubitar punto.

I Greci dissero Jea la Dea del mondo, e gli Albanesi hanno jèt, mondo. Dissero Ere (p) Giunone Dea dell'aria, e in albanese ér è il nome dell'aria o del vento. Dissero Teti (s) la Dea del mare, e presso gli Epiroti det suona mare. Dippiù; Deo fu il nome ellenico di Cerere che presiedeva alla campagna e alla terra, in albanese dé suona terra. Atene ( A ) fu il nome di Minerva simbolo del Logos del Verbum, e nella lingua di Epiro e-thene significa il detto, la parola. Saturno dai Pelasgi di Samotracia si appellava Cabiri: Saturno divorava i figli, e questo lato della favola risulta a prima veduta se prendiamo in soccorso la due voci albanesi cha, mangia, e biri figli, cioè mangia-figli. Giove fu nutrito dalla capra, ed egli stesso veniva adorato sotto le forme di ariete: il Dios de' Greci e quindi il Dius Deus Divus de' Latini ha il fonte nella parola epirotica dii, capra. Delio soprannome di Apollo e Delo isola di questo Dio, come Ephes'os (nossos) Vulcano, in albanese dicli vuol dir sole e i-desti l'oggetto acceso: da qui provenne anche la Vesta de' Latini, e-desta l'accesa. Afrodite Venere, Atlas divinità antichissima, Chirone valente nell'arte medica, Nemesi Dea delle vendette, Erebo Dio delle tenebre, Caos l'ammasso della materia confusa, sono tutti nomi che vivono integri presso gli Albanesi. Infatti, Afrodite è composta dalle due voci afr vicino e dit giorno, la vicina del giorno, la stella che annunzia il mattino; Atlas,

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