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CAPITOLO VI

Scanderbek e sue glorie. Risposta alle accuse del Gibbon.

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Dalla famiglia de' Castrioti Principi di Ematia e di Castoria, nacque l'anno 1404 Giorgio Castrioto soprannomato Scanderbek, che in lingua turca suona grande Alessandro. Suo padre Giovanni era principe di una parte dell'Albania superiore, e risiedeva in Croia (1) città primaria del suo stato, quando Amurat II. Imperatore, ambendo la conquista delle terre de' piccoli Principi, mosse a turbargli il pacifico dominio. Vinto da costui in battaglia, ottenne di restare nel suo governo, ma con l'impegno che solvesse ad Amurat un tributo moderato e conseguasse ad arra della sua fedeltà Scanderbek ed altri tre figli maggiori che aveva. Giovanni ebbe a cedere onde impedire una ruina maggiore, ed ecco il piccolo Giorgio in ostaggio ad Adrianopoli. Amurat predileggevalo, e badò seriamente alla educazioneTM di lui tanto ne' diversi studi della mente che nel l'arte militare, per la quale prese si forte amore che divenne il distinto fra i suoi compagni. All'età di anni diciotto fu nominato sangiacco, da comandare un corpo di 5000 soldati, e ribellatesi contro 'Impero diverse terre d'Asia ei le sconfisse non solo, ma fatto subito capo dell' esercito, soggiogo anche altri popoli pe'quali Amurat non aveva manifestato pretenzione alcuna.

Tali fatti illustravano la fama del giovine Scanderbek, e lo rendeano meritevole delle cresceuti

(1) Questa città fu si detta dall'albanese eroi fontana, poiché ivi si trovano sorgenti di aequa copiosissime. Guillet, Vit. dĺ

Maomet. II. L. 1.

affezioni dell' Imperatore. Ed egli gioiva del suo des stino, allora che senti fatalmente morto il padre suo. Per patti fermati, morto Giovanni, doveva ascendere al trono di Albania uno de' figli già in ostaggio ma Amurat poco rispettando la santità del giuramento, dimenticò il dovere cui era chiamato, e facendo morir di veleno gli altri tre figli, salvò il solo Scanderbek, importandogli molto il braccio di costui per tener frenati i popoli e soggiogare le na

zioni vicine.

Ma altrimenti disponeva la Provvidenza. Avvenne la ribellione del Principe della Servia, e per ribatterlo il Sultano destinava Scanderbek. Nel che costui vi riuscì: ma premendo in cuore l'odio e la vendetta contro quel tiranno ed uccisore de' suoi fratelli, studiava già le vie per tôrsi all'artiglio feroce e riconquistare lo stato paterno. Si diede la occasione, che Papa Eugenio IV. invitava i Principi cristiani a collegarsi e metter argine al furore de' Turchi per difendere la religione oppressa ed avvilita e pronti un Ladislao Re di Ungheria e Polonia, il famoso Uniade Principe della Transilvania e Vallachia, uniti al Re della Servia, preparato esercito numeroso, mossero contro il Sul

fano.

Scanderbek era alla testa dell'armata Turca. Ma dietro segrete relazioni con Uniade, data la battaglia nel 1440, diè volta, e abbandonato l'esercito si appiattò in luogo ivi poco lontano. Di là, veduta la vittoria de Cristiani, salta sul campo, e afferrato il Segretario del Bassà generalissimo dell'armata, lo costrinse ad estendere e suggellare a nome di costui un ordine al governatore di Croia, cui imponeva consegnare quella fortezza a Scanderbek. Presi quindi dall' esercito 500 Albanesi, ai quali avea confidato il segreto, per tal modo riusci ad impadronirsi di Croia e della terra paterna.

Saputo Amurat la fuga e la ribellione di Scanderbek, fremè di rabbia e giurò vendetta. Per cià spinsegli contra 40.000 soldati sotto la condotta del Bassà Ali; e già marciava inverso Croia, quando, incontrato con l'armata nemica di non più che 15.000 Albanesi, attaccata battaglia, bastarono pochi momenti per esser rotto e messo in fuga. La fama di tali fatti strepitosi scosse i Sovrani d'Europa, talchè decidono fermare col Principe albanese un'alleanza contro lo irresistibile Amurat. Ladislao e Uniade ottengono subito il soccorso desiderato: non han potuto però profittarne, poichè il Principe della Servia aveva impedito il passaggio dell'armata. Ciò fu cagione della morte di Ladislao. Uniade fatto prigioniero dal Sultano, ottenne la libertà cedendogli alcuni de' suoi castelli. Ma fremette Scander bek, e con furia impetuosa slanciatosi in mezzo le truppe Serviane, le tagliò a pezzi, e distrutta quella provincia col ferro e col fuoco, fè ritorno ne' propri stati.

In questo tempo venne a combattere anche coi Veneziani, per la questione insurta su lo stato del defunto Zaccaria altro Principe di altra parte dell'Epiro. Li vinse e stabili trattati di pace. Frattanto Amurat assediava Croia, e l'avrebbe allora facilmente assoggettita, se il talento militare dello Eroe albanese non gli avesse troncato a mezzo i piani. L'assedio fu continuato da Maometto II. che successe al padre Amurat già morto, e nuovamente Scanderbek rompendo i nemici e a furia inseguendoli, si rimase tranquillo e sicuro nel suo regno. Allora, a secondar le premure de' fedeli sudditi, passò a matrimonio, sposando Dorice figlia di Arianite Comneno Principe di altra parte dell' Albania.

Il novello Sultano però nou si ristava da provar le sue forze contro di lui, e intraprendeva già due

spedizioni in Albania, la prima sotto il comando di Achmet Pascià e l'altra sotto quello del Pascià Devreà; ma ambedue riuscite vane e con danno considerevole. Scanderbek d'altronde riguardava al mo-do di gettar ferme le basi del suo stato, e vedendo che Belgrado era in mano de' nemici, tentava prenderlo di assedio. Per la qual cosa domandò soccorso ad Alfonso d'Aragona Re di Napoli ( an. 1454 ). poichè i soldati albanesi, ei diceva, eran fatti pel campo aperto e non per l'arte degli assedi. Avutone perciò buon numero di truppe, si dispose risoluto a quell'impresa. Ma fidente troppo in una tregua poc' anzi conchiusa col nemico, ei si vide assalito all' improvviso, e malgrado il più ostinato valore de' suoi fidi soldati e le prodezze straordi narie del suo braccio che ha dovuto combatter solo in mezzo a una turba di Maomettani che cercavanlo

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morte fu la sola volta ch'ei fu costretto a ritirarsi. Non perciò si ristette da novelle imprese chè un fatto sciagurato non sgomenta le anime grandi. Combattute quindi altre battaglie contro l'Impero, nelle quali riusci vincitore sempre, chiese alfine quella tregua che da più tempo gli era stato proposta; e ciò per recarsi in Napoli al soccorso di Ferdinando di Aragona, il quale invitavalo contro i Baroni che lo molestavano a guerra. Sbarcato quindi a Bari con gooo soldati, batte di un subito l'esercito de' nemici di Ferdinando e rimise questo Principe sul trono. Fu allora che in compenso di tali favori, Scanderbek ebbe donati le tre città della Puglia, Trani, Siponto e S. Giovanni Rotondo con altri paesi circostanti, rimasti poi feudi della famiglia.

Maometto profittando della lontananza del suo temuto nemico, preparava novelle spedizioni contro 'Albania; e intraprendevane già tre, ma inutili e dannose, che l'Eroe di Croia seppe ribatterle e di

sfarle. Dopo questi avvenimenti fu conclusa pace compiuta. Se non che Scanderbek ebbe a romperla · stretto da premure potenti che muovevangli Papa Pio II, gli Ungheresi e i Veneziani, i quali diffidando de' trattati col Turco e temendolo sempre, tentavano un'alleanza fra loro col porre Scanderbek a generalissimo dell'armata cristiana. Il che poi non fu eseguito per la morte successa di Pio II. Questi tratti intanto spinsero Maometto a muovere altre spedizioni. Terribile era il suo furore, spaventose le leve di truppe destinate a tentar l'ultimo sforzo contro gli Albanesi. Maometto era il più grande conquistatore di quei tempi e padrone di estesi regni; perciò Scanderbek prevedendo una lotta non mai sostenuta, ricorse a Roma, nella speranza di ottenere dal Pontefice Paolo II. sovvenzioni ed impegni per un'alleanza co'Principi cristiani. Ma nou essendo a ciò riuscito, fè ritorno e profittando della sola allernza Veneta, fatto maggior di se stesso, ruppe per ben due volte l'esercito nemico che assediava Croia.

Correva l'anno 1466, e fu l'ultimo per Scanderbek. Colto da febbre violenta mori nell' età sua di anni 63. Fu scossa come da fulmine l'Albania a questa sciagura, palpitarono i Principi Cristiani, che Maometto qual torrente irresistibile inondava l'oriente e già minacciava l'Europa. Ma non proseguiamo qui la storia dolorosa: giova ricordar solo che il pianto della vedova nazione (1) trovò un'eco ne' popoli tutti.

(1) Espression viva e polente di questo pianto è la canzone nazionale che incomincia My gkimói gkimòi magli ce. Eccorene

i primi versi :

Tuono tuono il nimbiferð

Sentier della montagna,

Nove fiate orribili

Tuono l'erta campagna ec.

Traduz. di A. BASILE.

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