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Ferdinando, dal quale rileviamo che v'erano molte famiglie nobili distinte nella guerra contro il Turco, ed alcune anche consanguinee di Scanderbek (1). Passando ai paesi della Puglia e a quelli che poscia si fondarono nella Calabria citeriore, ricorderemo ch'essi rimontano all'epoca della morte di Scanderbek, allorchè si conferirono nel regno Giovanni ed Irene figli del defunto Castriota uniti a molte altre famiglie che gli accompagnarono. Dedurremo forse da questo fatto che le genti che seguirono i Principi Reali, appartenessero al ceto della plebe? Noi non sapremmo persuaderci. Inoltre consultando gli Scrittori che parlarono di queste emigrazioni nel regno, ritroviamo in Martinier (2), che tra le famiglie che abbandonarono le patrie terre d'Albania « alcune scelsero di ritirarsi a Cattaro e in altri luoghi de' Veneziani e nelle isole vicine, le più nobili poi se ne andarono al regno di Napoli»: e in P. Giannone (3) che « molte nobili famiglie per non vivere in ischiavitù, fuggirono da que luoghi e si ricovrarono nelle più vicine parti, ed alcune_nel nostro regno: vi vennero perciò i Castriotti e i Tocchi che possedevano in quelle provincie buone signorie ec. ». Il Mugnos (4) conferma lo stesso fatto, dapoichè, dic'egli « dopo la morte di Giorgio Castriota i nobili Albanesi non potendo soffrire la tirannide Ottomana vennero in Sicilia.. altri d'antica nobiltà sbarcando a Trani e ad Otranto, parte abitarono nella Puglia, come fecero i Basta che divennero chiari e potenti, chi in Genova e in Venezia ec. ». Anche le canzoni patrie ne lo rivelano, e sono bastantemente decisivi tre versi di un fram

(1 Riporteremo questo diploma nel capo IX. (2) Diction. Geograph. verb. Albania.

(3) Stor. Civ. Lib. XXVIII.

(4) Teatro Gencolog. Lib. VI. Famiglia Matranca.

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mento considerevole il quale poichè ricorda e pinge il dolore e le vicende degli Albanesi dopo la morte di Scanderbek, si scioglie poscia in questo enfatico e bellissimo slancio: ma trecentomila giovani fuggirono, ruppero il mare, per mantener salda la fede (1). Ecco la fede il giuramento che stringe i cittadini ai Principi regnanti, e che nel rovescio degli stati serbano cara e costante solo le alte famiglie, che più vicine al trono esercitano con gl'impieghi una parte del governamento de'popoli, «< giacche il vil popolaccio, ripeto le parole d'illustre Italiano (2), non è oggetto della persecuzione del conquistatore, e non avendo che perdere si lusinga di vivere meglio sotto un nuovo governo ».

Oltre a ciò, il pensiero di emigrare nelle vicende fortunose di un regno, è proprio di menti elevate, le quali sole prevedono il futuro minaccioso e piene di ardimento persuadono facilmente a se stesse, che la patria non si restringe nel giro della terra nativa. Il popolo non è capace di questi pensieri. E poi i mezzi per fuggir lontano percorrendo mari e contrade non sue, questi mezzi possono averli solo i primati di un paese, il popolo non mai, se pure sotto questo nome non voglionsi comprendere i domestici e gli attaccati per vicenda qualunque, i quali naturalmente seguono sempre ne' loro passi le grandi famiglie.

(1) I tre versi albanesi sono:

Por tre kint miigl' trimma

Jctin, ciaitin deitin

Se t'mbaiyn besien

(2) Sav. Mattei, Aringa pe' Greci di Sicilia.

CAPITOLO VIII.

Elenco di alcune delle nobili famiglie Albanesi che vennero nelle Sicilie, e loro personaggi illustri nelle armi e negl' impieghi politici.

L'epoca in cui vennero gli Albanesi nel Regno è bastantemente confusa, e pretender quindi un registro esatto delle cose di allora sarebbe certo una follia; soprattutto riguardo agli Epiroti esuli in questa terra, poichè essendo stranieri non destavano interesse negl' indigeni d'Italia per essere rilevati nelle memorie de' tempi, ed essi intenti a procurarsi una fortuna non poteano rivolgere a questo i loro pensieri. Talchè delle nobili famiglie d'Albania stabilite nelle Sicilie, non possiamo enumerar presentemente che poca parte. Sorga qualche generoso, e rovistando gli scaffali antichi s'ingegni a render piena questa bell'opera.

Castriota. Discendeva questa famiglia da Costantino Castriota soprannomato Messereco, Principe di Ematia e di Castoria, morto nel 1390, e il quale possedeva Dibris, Croia ed altri piccoli stati. Di là nacque eziandio Bernardo che nel 1385 ascese alla episcopal sede di Mazara. Resa così illustre per uomini distinti, quella famiglia ha meritato la stima della Repubblica Veneta, la quale nel 1416 die loro un posto nel suo Consiglio. Costantino ehbe per figlio Giorgio, e da costui nacque Giovanni che fu padre del famoso Scanderbek. Morto questi, il Principe Giovanni figlio e destinato al trono d'Albania, essendo della età di anni undici, rimase sotto la protezione de' Veneziani suoi tutori, i quali gli difesero per alcun tempo lo stato contro Maometto. Ma caduta Croia, l'infelice pupillo ebbe a passar raminga la vita per le Corti de' Principi

Cristiani. La sorella Irene e i discendenti di sua famiglia si stabilirono ne' feudi della Puglia donati a Scanderbek da Ferdinando d'Aragona. Gloriosi furono gli allori onde questi si cinsero nelle guerre de' Spaguoli contro i Francesi. E tra essi Ferrante Castriota (1) Marchese di Civita-S. Angelo, ritrovossi nella battaglia di Pavia, e là fu ucciso di propria mano da Francesco I nel 1552 (2).

Tocchi o Tocco. Originaria di Benevento nel regno di Napoli, questa famiglia era , questa famiglia era Signora dell'Acarnania, di una parte dell' Etolia e delle isole di Zante, Cefalonia, Itaca e S. Maura (3). L'ultimo Despota nomavasi Leonardo sposato in prime nozze con Melissa figlia di Lazzaro Despota di Scutari, e in seconde con una Principessa del sangue di Ferdinando d'Aragona. Tributario di Maometto e feudatario de' Veneziani, reggeva in pace gli stati suoi : ma venuto in odio a Venezia per causa del secondo matrimonio, e segno già all' ambizione del Sultano, nel 1479 stretto nelle sue isole da una flotta Turca di 15.000 uomini, ebbe ad abbandonare il piccolo regno e rifugiarsi in Napoli. Ivi con grandi tesori che avea recati seco comprò alcune terre nella Calabria (4). Passò quindi a Roma, e accolto da Sisto IV. visse tranquillamente il resto della sua vita.

Reres. Di questa famiglia si è discorso nel capitolo VII. allorchè parlammo de' primi Albanesi venuti nelle Sicilie ad oggetto di ridurre sotto Alfonso d'Aragona la ribellata Calabria. Ricorderemo solo ch'essa apparteneva alla nobiltà di Epiro e al sangue de' Castrioti. Lo attesta il diploma spedito a Demetrio Reres dal medesimo Alfonso, ne' termini

1) A costui dedicò Marino Barlezio la sua Istoria di Scanderbck (2) V. Giovio, Elogio.

· Volater. Lib. VIII.

(3) Du Fresne, sur Villch. L. VIII.
(4) Guillet, Vita di Maomet. II. Lib. VII.

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seguenti. Considerantes ec. quorum munerationc, ac sua antiqua nobilitate, qua ex clarissima familia Castriota Epirotarum Principe originem traxit ee.

Basta. Prese questa famiglia il suo casato da Bastia o Basta, piccola città marittima rimpetto a Corfù tra Butrinto e Comenizzo, della quale avea la signoria. Dopo la morte di Scanderbek, poichè compromessa col governo Turco, lasciando i feudi e le ricchezze che possedeva nella terra natale, di unita ai Castriota si ritirò nella Puglia (1). Si distinguevano in questa famiglia i due fratelli Andrea e Demetrio Basta, il primo famoso in armi e in lettere, il secondo valoroso capitano onorato dalla Maestà Cattolica di pensione annua e creato capitano di lance della sua nazione. Militò per 40 anni con gloria e fortuna al servizio della Casa d' Austria nelle guerre di Germania e d'Italia (2). Da Demetrio stretto in matrimonio con nobile donna Alessandrina, nacquero Nicola e Giorgio Basta, due fulmini di guerra, sostenitori del nome paterno, grandi nelle imprese, fortissimi e pieni di consiglio, esercitati a lunghe fatiche, gloriosi per comandi e vittorie ottenute, per titoli e premi e per gli elogi onde vanno celebrati dai più illustri Scrittori (3). Nicola cavaliere esperimentatissimo di quanti in Fiandra han fatto pruova del loro valore tenne colà il carico di Luogotenente Generale della cavalleria del Re Cattolico. Giorgio si distinse nelle guerre delle Fiandra con la Spagna, nella Transilvania allora che i Turchi muovevan l'armi contro l'Imperatore Rodolfo II, e ne' moti d'Italia tra i Veneziani e il

(1) V. Ciro Spontone, Stor. della Transilv. Lib. IV.

2) Bayle, Dizion. Crit. Istor. art. Basta Moreri, Dizion.

art. Basta.

(3) Scrivono di loro il Bayle, il Moreri, il Davila, il Cardinal Bentivoglio, il Campana, il D' Aubigné, il Sertori ec.

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