Immagini della pagina
PDF
ePub

contra Turcos et clarissimi et invictissimi Ducis Georgi Castriota Scanderberg Albaniae et Epiri Principis, ac ejusdem consanguinei, aliique nobiles Albanenses, qui in nostrum regnum Siciliae transeuntes cum nonnullis coloniis illic habitare pretendunt. Ideo confisi Nos de eorum Catholica Religione, integritate, eos et omnes nobiles Albanenses sive Epirotas, liberamus de omnibus collectis, impositionibus, gravitiis, gabellis et aliis in praedicto nostro Regno impositis et imponendis, eorum vita durante tantum praedictos De Pravata, Croppa, Cuccia et Manisi, et alios qui eorum nobilitatem ostenderunt. Gli altri Albanesi sparsi nelle provincie di Napoli furono riguardati egualmente che quelli di Sicilia. I dispacci parziali a noi non sono pervenuti, poichè la barbarie de' tempi gettò l'esterminio su la più parte de' nostri monumenti. Ma oltre a' scrittori che ne fan menzione (1), vi esiste un rapporto del Regente Moles dell'anno 1569, da cui rileviamo che per semplice consuetudine pagavano solo annui carlini undici per fuoco. Ecco le parole del Moles: sunt autem villae istae in Regno numero ec. et sunt focolaria plicite in stalu praesentis anni 1569, numero 3944. pro quibus exigit Curia annis singulis ad rationem carolenorum undecim pro foculario, ducatos 4338 (2). In questo rapporto però non si fa menzione degli Albanesi di Calabria Citra, e notansi anzi le parole, in caeteris provinciis non reperiuntur descripta (focularia). Risulta da ciò che le famiglie fondate in quella provincia godevano una immunità perfetta da qualsiasi gravame. Nè questo fatto mena a credere ch'esse furono riguardate con

[ocr errors]

(1) V. Scip. Mazzel. Descript. Regn. Neapolit. Lib. II. Cam. de Curt. in divers. feudal. n. 33 ec.

(2) Moles, S. 1. de Collect. n. 103.

privilegi più ampi di quelli ond' erano distinte le famiglie Albanesi delle altre provincie; imperocchè se queste altre eran tenute al pagamento di carlini undici per fuoco, ciò avveniva solo in forza di una consuetudine, e questa consuetudine non era invalsa presso le colonie della Calabria settentrionale. È falso perciò quanto deduce il Masci dalla non enumerazione degli Albanesi di questa provincia, che essi erano tulli Coronei (1): è falso, dico, poichè vi esistono documenti e ragioni, le quali, come vedemmo, determinano in modo chiaro e decisivo lo stabilimento delle colonie in Calabria nella seconda metà del secolo XV, mentre i Coronei vi giunsero verso la metà del secolo XVI.

Per le genti venute da Corone è forza tener presente quanto segue. Alle famiglie fermate nella città di Napoli, oltre alla perfetta esenzione da qualsiasi tributo, fu assegnato un onesto mantenimento dal Regio Erario di annui ducati 5.000, e la Chiesa de' SS. Pietro e Paolo fondata fin dal 1518 da Tommaso Paleologo della stirpe Imperiale di Costantinopoli, acciò vi esercitassero le loro funzioni nel rito greco, siccome tuttora vedesi praticare dagli Albanesi (2). Le altre famiglie sparse nel Regno, godevano solamente il privilegio della immunità totale da gravami imposizioni o donativi, come lo godevano gli Albanesi della Calabria Citra e quelli delle altre provincie prima che si fosse introdotta la consuetudine di carlini undici per fuoco. Più decreti furono spediti all' uopo. Il primo è di Carlo V, e fu scritto in forma di lettera li 8 Aprile 1533 al Marchese di Villafranca Vice-Re suo Luogotenente nel Regno di Napoli. Si leggono in quel diploma le seguenti parole in lingua spagnuola.

(1) Discorso sull' orig. cost. ec. degli Albanesi, cap. IV. (2) Engenio. Napoli Sacra, p. 54.

Il Rey » Illustrissimo Marchese primo nostro vicere e luogotenente e capitan generale, come vedrete per una nostra lettera, abbiamo accordato di stanziarsi in cotesto reame ad alcuni Cavalieri i quali vengono di Corone e di Patrasso e di quelle comarche, perchè in esso si trattengano finchè si offra in che possano servire; ordinando che loro assegniate qualche villaggi e terre in Puglia o in Calabria o altra parte di cotesto reame, onde a voi sembra possano vivere e mantenersi; e provvederete che siano per ora, finchè noi ordineremo altra cosa, liberi di pagamento fiscale e di qualunque altro dritto, acciò si possano meglio mantenere e che dalla nostra tesoreria di cotesto regno, lor si dia e si paghi in ciascun anno, durante nostro beneplacito settanta ducati di moneta di questo regno ec.»

[ocr errors]

Il secondo decreto è dello stesso Carlo V, spedito li 18 luglio 1534, col quale dopo di aver dichiarato franca e libera da ogni qualsiasi prestazione la città di Corone e suo distretto, prosegue: et quia civitas ipsa Corone reperitur impraesentiarum in posse Thurcarum gentium, per quod multi Coronenses, nostrae Maiestati fideles, exules a dicta civitate et privati omnibus bonis quae possidebant, venerunt ad habitandum in presenti regno pro servanda flde et fidelitate.. Nos ipsorum supplicationibus tamquam justis, benigniter inclinati, praecipimus et mandamus vobis omnibus supradictis et cuilibet vestrum, quatenus servata forma praeinsertorum Capitulorum, immunitates ibi contentas omnibus Coronensibus in praesenti regno commorantibus, ad unguem et inviolabiliter observetis et exequamini et ipsorum immunitatibus uti, frui, et gaudere permittatis ec. Il decreto fu esecutoriato dalla Regia Camera li 3 Marzo 1538, come si rileva dall'archivio di essa. Fu confirmato nel 1620 con Carta Reale di Filip

po III nel processo de' Coronei di S. Costantino presso l'Attuario Innocenzo M. Peluso: nel 1662 con altra Carta di Filippo IV, spedita in Madrid li 20 Agosto detto auno ed esecutoriata nel regno dal Conte di Pennaranda Vice-re e suo Collateral Consiglio li 25 Agosto 1663, come si ha dall'Archivio della Regia Camera. Fu confirmata finalmente da Filippo V, e la Carta di conferma trovasi nel Processo de' Coronei di Brindisi presso l'Attuario Peluso.

Nelle franchigie e privilegi confirmati a' Coroner' da Filippo III. si ha quanto segue-« Art. II, Item che detti cittadini possono portare le arme per tutti li regni et jurisdictione delle predette MM. Cesaree, etiam sino dentro la camera delle loro MM. et loro Officiali, siccome gli altri Re passati l'hanno concesso ». Appartenendo questo articolo alla conferma delle capitolazioni tra i Coronei ei Sovrani che li accolsero nel loro regno, e mancandoci tali capitolazioni, è forza dedurre che questo privilegio de' Coronei di portare le armi fin dentro le stanze reali, fosse stato loro conceduto fin dall' epoca che vennero nelle Sicilie.

Questi privilegi gli Albanesi li han goduto per più tempo, e vari paesi seppero sostenerli fino all'epoca delle nuove leggi attuali, come S. Costantino, Farneta ed altri. L'epoca presente avendo eguagliato le condizioni de' cittadini, distrusse ogni dritto che potesse offendere la nuova disposizione sociale. Perciò nulla rimane loro di quanto prima distinguevali dagli altri.

CAPITOLO X.

Vantaggi che provennero al Regno dallo stabilimento delle Colonic Alvanesi.

Venuti nelle Sicilie, principal cura degli Albanesi fu quella di fondare una nuova patria ed accogliere in essa quanti della nazione dispersa venissero a ri cercarne un asilo. Terra straniera non sorride a popolo straniero, e chi lontano dagli aviti focolari si abbandona agli eventi della sorte, benchè possa chiamarsi cittadino della terra e fratello dell'uomo, fuori del proprio cielo ei si vede solo, abbandonato, figlio della sventura, sopra una riva che non è sua, che non ha salutato co' primi vagiti della infanzia, che non racchiude le ossa venerande degli avi suoi, riva di un altro popolo che parla un altro linguaggio e vive di altri affetti e costumi. Perciò non polcano. rivolgere ad altro i loro pensieri che al proprio. ben' essere e al provvedimento di que' mezzi senza i quali la vita boccheggia vicino alla morte. Parte quindi continuando l'esercizio delle armi con le quali avean difeso l'Albania, servirono i nuovi Sovrani con impegno valore e fedeltà considerabili, e parte posando le scimitarre, già esterminio del Musulmano e trofeo di gloria passata, si diedero al maneggio della ronca e della marra.

Stanti le reliquie della barbara stagione, il suolo Napolitano era disseminato di boschi e sterili pianure. Poche le braccia callose e il delitto mal punito che rendeva inerti i nati all'ozio e al genio malefico di vivere dell' altrui, erano l'eterna cagione che impediva il risorgimento della coltivazione delle terre. Gli Albanesi avvezzi alla fatiga perchè militarmente educati e perchè meno corrotti

« IndietroContinua »