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dall' ozio molle (1), rovina di un popolo decaduto, tolsero essi a compiere la desiderata missione di svestire la terra ospitale del manto selvaggio lasciatole dalla barbarie, ed educata costringerla a produr vita e ricchezza a' suoi coltivatori. Nè di ciò può correr dubbio sul riguardo che gli Albanesi affezionati alla pastorizia piuttosto ed alle armi non poteano discendere si facilmente alla coltura dei campi. Io non entro qui nella quistione, se la pastorizia e l'agricoltura siano state condizioni dell' uo◄ mo contemporanee o di tempi diversi; nè vò negare che la pastorizia ancora n' ebbe i suoi vantag gi. Giova però riflettere che que' popoli gettati sul lido straniero, senza ricchezza, ma col solo dritto di percepirla dalla coltura della terra, non poteano rimanersi inoperosi alla vista delle loro condizioni. Accrescendo per tal modo la popolazione e quindi le braccia alla pastorizia e agricoltura, le colonie Albanesi produssero al Regno que' vantaggi che procedono da una popolazione forte e numerosa. Imperocchè popolazione e ricchezza sono due fatti della vita umana che vanno sempre congiunte. E noi calcolando la bontà del suolo Napolitano, giardino d'Italia, capace a contenere altri otto milioni di abitanti, ci confermeremo vieppiù nell'idea del vantaggio considerevole apportatoli dallo stabilimento delle colonie Albanesi. Perciò i Sovrani da alta mente ispirati accolsero sempre ne' loro stati con compiacimento e premura le genti che veniano da quelle provincie.

(1) Sul proposito degli Albanesi stabiliti in alcune isole dell'Arcipelago, ecco quanto scrive l'illustre viaggiatore Marcellus. « E pare eziandio che gli Albanesi che in alcune isole sonosi mescolati co' Greci, vi abbiano ridestata quella energia che la mollezza orientale aveva soffocata ». Rimembranze int. l'Oriente, Note sul M. Egeo.

Ne può dirsi di loro quanto i viaggiatori ne rapportano di alcune tribù dell'Albania distinte pe' ladroneggi e rapine in che esercitano principalmente i loro talenti. I Chimerioti, i Montenegrini ed altri di tal fatta non depongono per una intera nazione. D'altronde se vogliamo riguardare i popoli come procedenti in periodi regolari e successivi nello sviluppo della loro vita, è forza riconoscerli dapprima guerrieri e predatori guerrieri, giacchè nascono in mezzo alle più ostinate collisioni e devono combattere come con gli elementi così con le passioni individuali e sociali; predatori, poichè in mezzo alla infinità de' bisogni essi devono servirsi dei vantaggi che abbondevolmente offre loro la natura. Ma siccome la società ha dettato le leggi del mio e del tuo, la condizione dell' uomo guerriero e predatore fu serbata solo ne' casi di bisogno, quando ei si trovasse nella dura ma non rara necessità di frangere le leggi che alla società lo stringono ed accomunano. Avviene così nelle vicende fortunose della guerra e nel rovescio degli ordini sociali, e ciò è da applicarsi ai popoli d'Albania. I quali agitati e scossi continuamente tra il furor delle armi, se irrompono a danneggiare il territorio Ottomano, non fanno che esercitare un dritto rimasto loro dall'antico possesso di quelle terre, e se non altro quel dritto che procede dagli eventi della guerra. Inoltre, i popoli sono a riguardarsi sotto due altre vedute ancora, cioè a dire come popoli eroici e come popoli commerciali. Gli eroici perchè tutto ripongono negli atti splendidi del braccio e del valore, poco o nulla curano e rispettano ogni cosa che a quella sfera non si attiene: i commerciali perchè fan cardine de' loro pensieri le produzioni della terra e le industrie che ne provengono, fanno le proprietà sacre e inviolabili ́i mezzi che al commercio con

ducono. I primi quindi son facili a dare ciò che posseggono e di nessun delitto stimato il prenderne dell' altrui i secondi all' opposto nulla dauno senza un compenso proporzionato, e conseguentemente presso di loro lo estendere la mano sull' altrui cose è la massima delle colpe e delle vergogne. E vaglia il vero gli Eroi Omerici erano predatori, e l'esser tali non costituiva un disonore, sibbene una gloria. Ma cessò questo modo di guardare i fatti della vita non appena che la Grecia passando all'età degli uomini vide il bisogno del sistema commerciale e della santa guarentigia delle proprietà.

Applicando queste considerazioni alle genti d'Albania e l'applicazione non è difficile, ciò di cui s'incolpano dai viaggiatori riesce naturale e conseguente alla loro attuale condizione. Talchè quando giungeranno a riordinarsi in uno stato di equilibrio e di giustizia e savie leggi spiegheranno il loro impero dove ora dispotizza lo sdegno il capriccio e la fierezza, quelle genti si unificheranno senza dubbio con le nazioni civili.

Ho fatto questa intramessa per scendere coerentemente a ciò che è da dirsi rispetto alle colonie Albanesi del Regno. Queste già non provennero ně dal Montenegro nè dalla Chimera, cantoni d'Albania che tendono alle prede. L'antica loro patria era il paese de Mirditi, dove regnava Scanderbek, e dove le genti erano in que' tempi, come tuttora lo sono (1), più moderate e leali del resto d' Albania. Risulta da ciò che venendo nelle Sicilie seguirono anch'esse i comuni destini e le comuni vicende della società de' tempi: talmente che furon barbare ed ignoranti quando la barbarie si addensava sul capo di que' popoli, e incominciarono a

(1) A. Balbi, Comp. di Geografia, cdiz. di Torino 1834.

coltivarsi e incivilirsi quando alla barbarie successero la civiltà e la coltura; ed oggi, se non fossero distinte dal linguaggio e costume patrio, si confonderebbero già co' popoli fra i quali si aggirano, tanto la loro vita morale si è assimilata alla vita di quelli.

CAPITOLO XI.

Albanesi in Sicilia. Loro vicende. Collegio Greco di Palermo. Uomini illustri.

Quando la porzione delle soldatesche albanesi capitanata da Giorgio e Basilio figli di Demetrio Reres venuto in soccorso d'Alfonso I. d'Aragona per ridurgli al potere la Calabria, da questa provincia passò nella Sicilia, si fermò in Bisiri terra del Mezzarese che teneva a presidio. Intenti allora quei bravi ai servizi militari a' quali gli avea chiamati il governo, non poteano accarezzare il pensiero di fissar stanza fuori la cara patria, la quale sebbene in quei tempi malmenata dal Musulmano, aveva il braccio di Scanderbek che schiudeale prosperi destini. Si racconta però che nel 1450, da Bisiri quei militari trasferironsi nel feudo di Contessa, ed ivi fondarono il paese di questo nome (1). Lo abbaudonarono dopo qualche anno per recarsi in Albania a combattere sotto la bandiera della patria: ma tornarono a ripopolarlo appena che, morto il valoroso Castriota, incominciava per quella terra un' epoca terribile e funesta. Si unirono ad essi una buona quantità di famiglie distinte per cariche e nobiltà, e da quelle originarono le colonie Siculo-albanesi.

Sette furono dapprima queste colonie. Contessa, Piana de' Greci, Palazzo Adriano, Mezzoiuso, Bronte, S. Angelo e S. Michele. Ora però non si riconoscono che le prime quattro solamente, avendo le tre ultime col cambiare il rito de' padri loro perduto eziandio e linguaggio e costumi.

(1) Fazzel. Histor. Sic. dec. 1 lib. ro — R. Pirri, de Eccles. Agrigent. Lib. p. 36.

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