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dremo più tardi. Basti per ora sapere che quel Fede

rico stesso, che segnava l'accordo di Tulle, indi a .1174 quattro anni scendeva dalle Alpi con infinito seguito di brabanzoni ed altrettali mercenarii di ventura «assuefatti alla guerra, nefandissimi, rapaci e disperati (1)».

Non minore necessità di mercenarii premeva i sommi pontefici. E per verità quella potenza che vittoriosamente lottava cogl'imperatori d'Occidente, che trasferiva a sua voglia le regali corone da un capo all'altro, e rovesciava l'Europa armata sopra l'Asia, era ben lontana dal possedere grandezza di dominio o forza di esercito proporzionata a ciò. Poche terre forti e vasti poderi componevano verso l'undecimo secolo non tanto la signoria, quanto il patrimonio della Chiesa : dominazione diretta non esercitava ella ancora, se non se piccola e limitatissima. Roma stessa, talvolta ribelle, non mai doma, ora occupata da un antipapa, ora sconvolta da alcuni principali cittadini e tiranni, negava non che aiuto in guerra, ma spesso certa sede in tempo di pace a quel pontefice medesimo, che lasciava tre di supplicante appiè delle mura di Canossa Enrico Iv re d'Italia e Germania. Perciò, quando, attesa la natura della lite, o la prossimità dell'avversario, od altro motivo, il sentimento religioso non poteva venir commosso a porgere efficace ausilio, ed occorreva a'papi di adoperare forze materiali in qualche modo commensurabili alle immense loro forze morali, e' si conveniva cercarle altrove, e a volta a volta sorgeva

(1) Vita Alex. III. p. 463 (ex Cardin. de Aragon.).—Romuald. Salernit. p. 212.

l'uopo de'mercenarii. Quindi mescolate di venturieri italiani e tedeschi al soldo furono le schiere condotte da papa Leone incontro a' Normanni; nè diversamente vennero composti i due eserciti raccolti qualche anno dipoi dall'antipapa Cadaloo (1).

Guerra civile, fiacchezza negli ordini esterni, estrema disperazione, furono eziandio non di rado le cagioni di far abbracciare il rimedio straordinario dei mercenarii alle minori città e signorie d'Italia. Adoperolli Pavia, troppo inferiore di forze a Milano: A. 1050 adoperaronli i Napoletani per ultimo schermo a lor A. 1135 libertà (2): infine le rendite e suppellettili del ricco monastero di Farfa nutrirono lunga pezza gli stipen- A.1121 diarii de' due abati, che al tempo del litigio tra Chiesa e impero sen disputavano la supremazia (5).

IX.

Queste finora narrate furono le operazioni de'mercenarii in Italia ne' secoli in cui la cavalleria era feudale, la fanteria poca, spregiata, inutile; e nelle città lombarde fervevano co' rudimenti della libertà quelli di una nuova e più nobile milizia. Ma prima che trapassiamo a descriverla, giovi accennare alcun che degli usi e delle instituzioni militari, o veramente proprii di que'Normanni, le cui prime imprese discorremmo testè, oppure sembranti tali, per essere la

(1) Hermann. Contract. AA. 1053. — Vita Alex. II. p. 302 (ex Cardin. de Aragon.).

(2) Arnulph. Hist. Mediol. III. 6 (R. I. S. t. IV). — Alex. Abb. Telesin. Hist. III. 20 (R. I. S. t. V).

(3) V. la Mem. cit. §. 19.- Opusc. de Monast. Farf. p. 294 (Antiq. m. ævi t. VI).

costoro storia, sopra ogni altra contemporanea, chiara ed abbondante.

Prima di cominciar battaglia confessavano eglino per comando del principe le colpe a' sacerdoti e si comunicavano, chiedendo pubblicamente perdono a Dio nel fare il segno della croce si rizzavano; e tosto brandivansi le armi, sventolavansi le insegne, si dava fiato ne' corni e nelle trombe, si battevano timballi e tamburi, e cavalli contro cavalli, e fanti balestrieri contro quelli di loro sorta correvano ad affrontarsi (1). Dividevasi, come altrove, l'esercito in militi o uomini a cavallo, in pedoni, ed in armati di freccie, fionde e balestre. Di queste ultime fu più frequente l'uso dopo le prime crociate. I miJiti portavano elmo a cono, quadra e piccola visiera, scudo ovale, lunga e dritta spada. Distinguevansi i nobili dal clamucio, tessuto splendente di maglie di ferro così forte e industriosamente congegnate, che da nissuna parte si potesse vincere, se non per avventura nelle giunture di un pezzo coll'altro (2). In viaggio portavano seco spada e scudo, e li seguiva l'armigero colla restante armatura ; uso antico fin presso i Longobardi (5).

Divisa la notte in due vigilie, dal tramonto del sole a mezzanotte, e da mezzanotte all'alba, due capi s' avvicendavano nella sopraintendenza delle guardie (4). Compensavansi, almeno talvolta, i destrieri

(1) G. Malat. II. 9. 33.- L'Yst. de li Norm. V. 23. (2) G. Malaterr. II. 33.-Gauttier d'Arc cit. L. I. ch. 6. p. 117. e pl. III. e IV.

(3) G. Malat. II. 4.—Paul. Diac. De gest. Lang. VI. 52. (4) G. Malat. III. 27.

uccisi o danneggiati de'militi più valorosi con cavalli comprati del pubblico o imposti sulle provincie (1). Talora le armi e i destrieri di guerriero morto in battaglia venivano donati a chiese e monasteri per implorarne pace all'anima. Denunziata la guerra, era uso e quasi legge di onore soprassedere 40 giorni alle offese: ma qui la gentilezza pigliava radice nella necessità; posciachè tal fosse composto il sistema feudale da esigere non minor tempo per convocare all'armi il vassallaggio (2).

Del resto, venuti in Italia tutti come compagni ed eguali a comune impresa, i Normanni nel general concilio di Melfi distribuirono le terre secondo i meriti: Melfi rimase centro, il principe di Salerno capo titolare di signorie tra loro indipendenti. Ma nel proseguire la conquista, nel trattare la guerra, questa indipendenza stabilita in iscritto scomparve nel fatto. I fratelli d'Altavilla si valsero di loro nascita e bravura per conseguire il comando delle schiere, si valsero del comando per sottomettere a sè que'capi che non erano soggetti che al principe di Salerno alla lega generale de'Normanni: il concilio di Melfi non fu più convocato: e parte de'capi avevan già prestato omaggio a Drogone, a Umfredo, a Guiscardo, quando istantaneo pericolo astrinse i rimanenti ad afferrare le armi. Ma il tempo della indipendenza era passato Guiscardo colle forze de'vassalli già soggiogati soggiogò anche costoro, o a viva forza disperse. Restarono per segno di quel primitivo stato le torri

(1) G. Malat. II. 31. 32.- L'Yst. de li Norm. VIII. 24. (2) G. Malat. II. 21. 37.

erette con nuovi nomi e le mura condotte attorno le borgate, che prima erano aperte (1). Nè lo spirito dell'antica indipendenza e ugualità fu spento affatto: covò sotto ceneri: e di qui la indocilità e mutabilità notissima de'baroni napoletani.

I Normanni trovarono nelle loro conquiste le instituzioni feudali soprapposte alle longobardiche in Capua e Salerno, il dispotismo de' prefetti soprapposto al municipio ostro-romano nelle città della Puglia e Calabria, nuove forme di repubblica a Napoli ed Amalfi; nella Sicilia poi rinvennero città a luogo a luogo tutto greche, o tutto italiane o saraceniche, o mescolate di que'varii elementi. In tanta disunione e disformità di parti il feudalismo diventava necessità. Pertanto ai municipii furono conservati gli antichi ordini e privilegi, con qualche aggravio di tributi e prestazioni (2); i Saraceni, lasciata loro molta parte di quel che possedevano, vennero obbligati al militare servigio (5): le campagne furono spartite tra feudatarii, non solo Normanni, ma d'Italia, di Francia, d'ogni sito, venturieri di professione (4).

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(1). Eo siquidem tempore rara in his regionibus castella habebantur.... usquequo Normanni in Italiam pervenerunt. Qui sibi omnia diripientes, castella ex villis ædificare cœperunt, quibus ex locorum vocabulis nomina indiderunt. Chron. Vulturň. p. 370 (R. I. S. t. I. p. II).

(2) Falcon. Benev. Chr. p. 102 (R. I. S. t. V).-Dipl. Reg. Rogerii, post. hist. liberat. Mess. p. 623 (R. I. S. t. VI). (3) Lupi Protosp. p. 47.-G. Malat. IV. 17. III. 30. – Landulph. Sen. Hist. Mediol. IV. 3.-Guil. Apuli, L. IV. 274. - Falcon. Benev. p. 112.

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(4) Dum redit, hostiles vicos et castra subacta Donat militibus.... Guil. Apuli, L. III. p. 268- e vedi L'Yst. de li Norm.

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