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Fino a que'tempi un vescovo, con potestà temporale emanante dall'imperatore, era stato di mezzo tra lui e il popolo. Tolto il vescovo, imperatore e popolo rimasero in faccia l'uno dell'altro. -I diritti regali già esercitati dal vescovo dovevano eglino tornare allo impero, o non piuttosto restare al popolo, che di fatto li aveva redati?-Questa questione venne proposta da Federico a quattro dottori ne'campi di Roncaglia: i Comuni si opposero coll'armi alla decisione, che minacciava di togliere ad essi quanto di più caro avevano acquistato in più secoli di muto patire.

Ventidue anni d'inauditi sforzi vinsero, più col A.1154 soffrire che col fare, la possanza del maggior principe -4476 d'Europa. Milano e Tortona due volte sterminate,

1167

Crema distrutta, Susa, Asti, Chieri, Spoleto arse e consunte, ricordarono al mondo la Grecia e Serse. 27 aprile Un di gli stendardi di Brescia, Cremona, Bergamo, Mantova e Verona sventolarono ne'campi ov'era stata Milano un religioso silenzio copriva luoghi poc' anzi centro di frequentissimo commercio; e selvatiche erbe e sconci animali contaminavano i sacri altari e i seggi della giustizia. Ma non furono lente le schiere amiche, parte vegliando in arme, parte affaticando nel lavoro, a rilevare quelle mura, a rifabbricare quelle case, e ricondurvi la popolazione vagante in esiglio per le campagne. E chi può dire le angoscie di quelle notti, nelle quali i cittadini, non affatto sicuri dentro, s'aspettavano di venire assaltati d'ora in ora, e l'assalto doveva importare scempio ed eversione?

Così fu ricostrutta eziandio Tortona; cosi tra la A.1468 Bormida e il Tanaro contro le invasioni ostili fu ele

vata dalle fondamenta una città, capace fin da princi

pio di quindicimila armati (1). Incontro a'colpi dei consorti e degli amici aveva l'imperatore fatto avvincere alle macchine rivolte contro Crema gli ostaggi A.1459 lombardi; e i cittadini, confortando i miseri a orrenda morte, le avevano percosse con maggior tempesta di pietre e di dardi. Cuoi cotti e conditi nell'aceto, sale pesto bollito in un po' d'olio con un sorso di vino, velenose ortiche che gonfiavano ed arrossavano A.1474 le carni di chi le mangiava, furono per ben lungo tempo invidiato cibo a' difensori d' Ancona. E quivi una vecchia gittavasi nel furiare della mischia a metter fuoco alle torri nemiche; e quivi nobile matrona rapiva alla prole lo scarso latte dell'esinanito suo petto, per offerirlo ad un balestriere che boccheggiava a terra dalla fame. Alzò gli occhi il guerriero, riconobbe la generosa donna, ed alla grande offerta arrossi; quindi, puntando sui gomiti e sulle ginocchia, si rizzò, si trasse alle mura, e uccise prima di morire quattro nemici.

Insomma, quando ogni cosa fu divorata e si trattò d'arrendersi, supplici dinanzi a'consoli giunsero le donne ad offerirsi in pasto a'cittadini, anzi che cader preda del nemico. «Queste vite, sclamarono, che a noi sarebbero di supplizio, sieno a voi, sieno alla patria comune di salute. Queste vite qui trassero nascimento, tra queste mura crebbero, da questa terra ebbero costumi, religione, affetti: ad essa è giusto che sieno restituite (2) ».

Maratona ebbe il suo riscontro a Legnano. Già da qualche anno avevano i Milanesi preparato gli animi

(1) Vita Alex. III. p. 460 (ex Cardin. de Aragon.). (2) Boncomp. De Obsid. Anconæ (R. I. S. t. VI).

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gio 1176

e le braccia al fiero cimento. Qual compagnia di prodi vi si era costituita allo scopo di difendere il carroccio ; quale per la conservazione de' carri falcati; quella della morte comprendeva, dissesi, 900 garzoni armati di usbergo, azza e pugnale, e stretti da giuramento a vincere o morire (1). Calava l'imperatore con nuove genti dal lago di Como per congiungersi colle altre sue schiere presso Pavia; allorchè tra Legnano e il Ticino i suoi scorridori s'abbatterono in 700 cavalli de'confederati. Ributtato quel primo ostacolo collo sforzo di tutto l'esercito, vidersi i Tedeschi incontro la fanteria lombarda, che cogli scudi levati e colle aste piantate attendeva l'assalto, accerchiando il carroccio. Urtata respinse; nè può lingua descrivere il tumulto di quelle due grandi masse mescolate quasi a duello, corpo a corpo. Di qua pugnavasi per la libertà, per gli averi, pe'figli, per se medesimi; di là per desio d'onore, per obbedienza, per ostinazione rabbiosa. Quanto valore, quanti atti meravigliosi di virtù compieronsi tra quelle spade, cui la storia, appena curante d'accennare il risultato, lasciò obbliati senza premio! Alla per fine, cieco di furore l'imperatore stesso cacciasi nella mischia, e, smagliando le prime schiere bresciane, s'appressa al carroccio guardato da'più risoluti. Ma in questo mezzo la cavalleria italiana erasi rannodata, e accresciuta per nuove milizie sopraggiunte; mentre per lo contrario i militi nemici, essendosi dispersi a inseguire i Bresciani, verun riparo non avevano lasciato alle spalle dell'imperatore. Però come breve la resistenza, così irremediabile e

(1) Corio, Ist. di Milano. AA. 1176.

piena fu la rovina de'Tedeschi, tostochè i nostri con molta disciplina e bravura li assaltarono a tergo e nei fianchi. L'erario, lo scudo, la croce, la lancia, il nipote medesimo dell'imperatore, il gonfalone principale dell'esercito rimasero preda a' vincitori: di Federico stesso fu in dubbio la vita, miracoloso lo scampo. Tale fu la giornata combattuta a Legnano dalle vergini milizie de'Comuni italiani (1).

Come premio alla virtù era stato il vincere, premio alla vittoria fu un'onorevole pace. Nel trattato di Costanza venne a'Comuni accordata quanta indipendenza sarebbe stata piucchè bastevole a farli grandi e felici, se pari alla fortezza avessero avuto la modestia, ed all'ardire contro i nemici esteriori la prudenza verso gl'interni.

II.

Ma già la battaglia di Legnano aveva messo in luce le gravi mutazioni introdotte nella milizia da quel rivolgimento politico delle città. Oramai, scomparsa la fanteria servile de'ribaldi e donzelli, militavano a piè cittadini partecipi del governo; a'quali il diritto di comandare in pace imponeva l'obbligo di obbedire in guerra. All'esercizio poi ed alla disciplina, qualità essenziali di qualsiasi milizia, suppliva un segno venerato; prendere il quale o difendere diveniva ultimo scopo del combattimento. Così un solo era il conato, una sola la mente di tutti i fanti attestati intorno ad esso. Quel segno, dir vogliamo del Carroccio, era stato dall'arcivescovo Eriberto fin dall'anno 1039

(1) Romuald. Salernit. p. 215 (R. I. S. t. VII).-Sire Raul, p. 1192 (R. I. S. t. VI).

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preposto a'suoi diocesani, come istrumento di riunione contro la cavalleria; e forse gliene aveva pôrto la prima idea certo carro con una pertica sopravi e un campanello appeso, che i monasteri nel tempo delle ricolte solevano mandare attorno suonando, acciocchè i vassalli accorressero a recare i loro tributi (1). Milano, capo della Lega lombarda, Milano principal cagione della illustre vittoria, trasse quindi le città alleate a seguire gli esempi della sua milizia; e in breve il carroccio fu ricevuto da esse tutte, da Bologna nel 1171, da Parma quattro anni più tardi (2).

Aveva forma solitamente di grandissimo carro, era tirato da quattro o sei buoi di straordinaria statura, e tutto attorno andava vestito di panno di scarlatto o d'altro colore. Sul mezzo elevavasi altissima trave col pomo d'oro in punta, e sotto il pomo sventolava il vessillo maggiore del Comune: la macchina poi era di tal grandezza, che sopra vi si poteva e combattere e celebrare gli augusti misteri. Dodici trombettieri seguitavanla sonando a disteso: fanti e cavalli eletti la mettevano in mezzo.

Dichiarata la guerra, traevasi îl Carroccio fuor della chiesa sulla piazza dell'Arengo, ed ogni sera per alquante settimane toccavasene la campana per avvertire tanto gli amici quanto i nemici della prossima spedizione. E col carroccio per segno di onore e per pompa ivasi incontro a re e pontefici; e sopra il carroccio giuravansi gli accordi tra Comune e Comune; e quivi presso i feriti in battaglia trovavano pronto rimedio al

(1) Chron. Monast. Novalic. L. II. c. 10. p. 706.

(2) Tolosan. Chr. c. 81 (Rer. Favent. Script.). Affò, St. di Parma, t. II. p. 259.

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