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CAPITOLO QUINTO

Declinazione de' Comuni e della loro milizia.

A. 1200-1300 circa.

I. Confusioni nelle città italiane. Battaglie civili. Esigli. Ordinamenti del popolo contro i grandi.

II. La milizia de'Comuni va perciò declinando. Sforzi che si fanno per tenerla in sesto. Cure impiegate per accrescere la popolazione. Affrancamento de' servi. Assoldamento dei mercenarii. Come avvenga, che i fuorusciti abbraccino la professione delle armi. Vicende loro. Storia degli esuli guelfi di Firenze.

III. I nobili del contado al soldo de'Comuni. L'instituzione del podestà favorisce l'introduzione de' mercenarii e della tirannide.

IV. Storia della Casa da Romano. Primi acquisti di Ecelo e di Ecelino il Balbo. Maneggi di Ecelino II nelle città della Marca Trevigiana. Suoi progressi. Gli succede il figliuolo Ezelino III e progressi di costui. Ribellione delle sue masnade.

V. Lega guelfa contro Ezelino III. Ei perciò si abbandona al partito imperiale. Sottomette Verona. Co' mercenarii oltremontani va contro Padova.

VI. Entrata di Ezelino in Padova. Sua politica. Sua disfatta. Gli Scaligeri piantano signoria in Verona.

CAPITOLO QUINTO

Declinazione de'Comuni e della loro milizia.

A. 1200-1300 circa.

I.

Nell' undecimo secolo si composero le ascose fila della italiana libertà; nel seguente si raffermarono colle armi; nel decimoterzo si lavorò a distruggerle. La vittoria partori nuovi nemici, tanto più terribili quantochè interni, e con essi sia il vincere sia il perdere doveva ugualmente condurre alla rovina. All'uscire della lotta col Barbarossa, i nobili, stati fino a quel punto principal guida ed aiuto de'Comuni, trovaronsi con tal potere fra le mani, che fu ben tosto argomento di gara. Gareggiossi tra uguali per desiderio di primeggiare, gareggiossi tra grandi e piccoli, da questa parte per restringere l'autorità altrui, dall'altra per allargare la propria. Di qui le divisioni, e dalle divisioni le battaglie, e dalle battaglie sfinimento e tirannide, nemica ugualmente a tutti i partiti.

Gli abusi nati in questo secolo di tumulti e discordie sono più facili a immaginarsi che a descriversi, non potendo la storia arrivarvi senza abbracciare una straordinaria serie di piccioli fatti. Qua durò più a lungo l'anelito della libertà; sulle contese dei nobili s'innalzò il popolo, su quelle del popolo la plebe, e sull'insensatezza della plebe un signore (1).

(1) Come in Firenze.

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Colà appena conosciuta la libertà svani: il tiranno s'elevò di subito fra le discordie de'grandi, li abbattè, li disperse ma egli veniva poi alla sua volta atterrato dal popolo o da un altro tiranno, e la città andava quindi vacillando tra l'anarchia ed il dispotismo (1). Costi al contrario l'aristocrazia si asside muta sulla plebe depressa (2). Altrove il Comune viene smembrato in opposte consorterie, ed il potere e l'oppressione s' avvicendano dall' una all'altra (5): mentre quivi presso non si contende già dell'innalzamento di una fazione o della indipendenza della patria, ma quale di due famiglie o persone ne otterrà la maggioranza (4).

Del resto ogni fazione passa nel suo dominare a mano a mano per tutte le forme di reggimento: infatti non è appena cacciata una setta, che i vincitori tra loro si dividono, e nuovi esuli s'aderiscono ai primi (5). Quelle forme poi di reggimento mutansi ad ogni tratto; sicchè ciascun partito, vinto o vincitore, ha la sua storia, il suo sorgere, fiorire e tramontare. Così è un continuo rompersi, allearsi, confondersi, guerreggiarsi di uomini e di passioni.

In verità due nomi (e chi non senti ricordare le rabbie dei Guelfi e dei Ghibellini?) usati sovente per nobilitare più basse mire, disgiungono non solo popoli di una stessa contrada, cittadini d'una sola terra; ma i tetti medesimi privati non ne sono salvi, e di una sola

(1) Come in Padova e Verona.

(2) Come a Venezia.

(3) Come in Chieri.

(4) Come in Asti.

(5) Come fecero i Guelfi bianchi co'Ghibellini esuli di Firenze sul principiare del 1300.

famiglia si formano due fazioni, che si combattono a fraterno scempio (1). Come la guerra è al di fuori tra Comune e Comune, così sta pronta al di dentro. Un breve viottolo può separare un nemico dall'altro: l'istante in cui meno tel pensi, può essere quello dell'assalto e della tua disfatta. Quindi, dovunque ti volga, sembianze di guerra. I consorti, gli amici piantano vicin vicino le dimore; le case diventano torri al di fuori merli, piombatoi, bertesche, mangani, balestre, vedette continue le muniscono; al di dentro le pareti sono vestite di armature, e appena la luce si attenta d'introdursi tramezzo alle feritoie aperte fra gli spessi maschii: sopra vi s'innalza una torre per ultimo scampo; sotto stanno orrende prigioni a fredda soddisfazione di vendetta.

A un tratto in tumultuario parlamento decretasi l'eversione di una stirpe: i rintocchi della campana chiamante il popolo alle armi avvisano dell'imminente pericolo. Tutta una contrada, tutto un quartiere piglia in fretta le armi, abbarra le strade, getta ponti dall'una all'altra magione, guernisce le cime delle torri, convoca le masnade dal contado; intantochè gli uomini a cavallo escono ad insultare gli avversi, e si fa sangue sulle piazze, per le vie, appiè de'sacri altari (2). Frattanto si sono radunate le compagnie delle arti e delle armi, ed il capitano del

(1) « In assai famiglie era Guelfi e Ghibellini, e chi tenea una parte e chi un'altra. » Malespini, Cron. c. 160.

(2) « Gli artefici grossi e minuti attendevano a sgombrare le loro mercatanzie, e così i cittadini a fortificarsi di fanti del contado loro amici; e asserragliavansi intorno alle vie e alle case loro, per temenza di non essere rubati e arsi dal popolo minuto.... » Cronich. ant.

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